Gli ucronici anni Settanta

Giovanni Paolo I il GrandeThe Iron Lady vs Il CaudilloI Presidenti della Repubblica SpagnolaSenza la Rivoluzione IranianaDies IRAL'ucronia di Jimmy CarterL'ucronia senza Ronald ReaganE se Stanislav Petrov non fosse stato al suo posto?

Leggendo con attenzione l'ucronia pessimista "Anno 126.400.109 d.C." scritta da Riker, Demofilo ha deciso di scrivere qualcosa relativo a questo grande Papa, poco conosciuto e poco citato...

Giovanni Paolo I il Grande

6 agosto 1978: da Roma arriva la notizia, il papa è morto. Il santo padre Paolo VI, al secolo Giovambattista Montini, si trovava in vacanza nella residenza estiva di Castelgandolfo e le sue condizioni erano state giudicate buone dagli stessi medici personali, ma la sua anima è ritornata nella Casa del Padre. Improvvisamente quindi i cardinali, i principi della Chiesa, sono chiamati nella Città Eterna per l'elezione del nuovo successore di Pietro il pescatore. La data del Conclave è stata fissata per il 25 agosto ed inizia un'autentica "permanente" sulla nuova figura del pontefice: è la prima elezione dopo il grande Concilio Vaticano II e tutti sanno che è fondamentale rilasciare interviste e dichiarazioni. Sembra quasi un "Conclave in piazza", nella piazza mediatica. Ora infatti i mezzi di comunicazione sono cambiati e in televisione ormai ci sono soltanto programmi ed approfondimenti riguardanti i possibili nuovo pontefici.

25 agosto 1978: inizia il Conclave. La processione dei cardinali si dirige verso la Cappella Sistina, dell'elezione del nuovo vicario dell'Uomo di Betlemme.

26 agosto 1978: iniziano le votazioni. Fuori una folla immensa è pronta ad accogliere il nuovo papa. Dentro invece c'è il testa a testa tra il tradizionalista intransigente, il cardinale Giuseppe Sini, arcivescovo di Genova, e il moderato cardinale Albino Luciani, patriarca di Venezia. Ma il cardianale Giuseppe Benelli, arcivescovo di Firenze, di stampo progressista ha tessuto bene la sua tela ed è il "grande elettorale" di Luciani. Alla terza votazione si sfiora l'elezione, racconterà Luciani: "Dopo il terzo scrutonio mi sarebbe piaciuto scomparire nel nulla...". Si procede per la quarta: è eletto con 101 voti su 111, una maggioranza regale, il quorum più alto nei Concalvi del XX secolo in appena ventiquattro ore. Le schede vengono bruciate: è fumata bianca! Alle 17.30 il cardinale Perlicle Felici compare nel balcone della loggia della Basilica di San Pietro: Abemus papam. E Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, compare poco dopo e, dopo la consueta benedizione, prende il microfono e per la prima volta si rivolge direttamente ai fedeli: "Anche in questo caso il Signore utilizza strumenti insufficenti per far adempiere la sua volontà".

27 agoto 1978: Papa Giovanni Paolo I recita il suo primo angelus e ricorda le sue sensazioni prima di diventare pontefice: "Ieri mattina, io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente, mai avrei immaginato cosa stava per succedere..."

3 settembre 1978: solenne cerimonia di inizio del pontificato. Giovanni Paolo I non vuole sentire parlare di "intronazione" ma appunto di inizio del suo lavoro pastorale. Dirà "Sono convinto che anche in questo caso il Signore ha adottato il suo vecchio sistema. Prende i piccoli e li mette in alto, prende le genti dalle reti del mare, dal lago e li porta in alto. E' il suo vecchio sistema. Io sono il piccolo di una volta, io sono quello che viene dal mare, io sono la pura er povera polvere".

28 settembre 1978: Papa Giovanni Paolo I nomina nuovo segretario di stato il cardinale Karol Wojtyla, vescovo di Cracovia dopo il rifiuto del cardinale Benelli.

3 marzo 1979: Papa Giovanni Paolo I si reca in nel paese natale a Canale d'Agordo dove rende omaggio alle tombe dei genitori nel cimitero cittadino.

15 maggio 1979: si reca in Messico, paese che da anni aveva interrotto i rapporti con la Chiesa cattolica. E' un grande trionfo non soltanto per il Santo Padre, ma anche per lo stesso segretario di stato, regista dell'operazione legata ad un specifico obbiettivo: una nuova evangelizzazione delle masse.

9 luglio - 27 luglio 1979: durante le vacanze estive nella casa paterna a Canale, il pontefice scrive la sua prima encilica riguardante la difficoltà di essere cristiani in un tempo che ormai cambia continuamente.

6 aprile 1980: Papa Giovanni Paolo I si reca alle Nazioni Unite, nel Palazzo di Vetro a New York, dove ricorda con forze le parole delle encicliche "Pacem in terra" di Papa Giovanni XXIII e la "Popolorum Progresso" di Papa Paolo VI.

25 dicembre 1980: durante il messaggio natalizio il papa invita i rappresentati della religioni mondiali ad Assisi il 6 giugno per un incontro interreligioso in favore della pace.

13 maggio 1981: in Piazza San Pietro viene arrestato un certo Mehmet Alì Agca, terrorista turco di estrema destra che intendeva uccidere il papa.

6 giugno 1981: incontro delle diverse religioni del mondo ad Assisi in favore della pace. Appello per la fine delle violenze in Medio Oriente da parte di Papa Giovanni Paolo I, il quale dichiara che la guerra non ci deve essere nei luogo dove ha vissuto il Figlio di Dio, il Dio fatto Uomo.

9 luglio 1982: il papa riceve in Vaticano l'Italia Campione del Mondo.

2 agosto 1982: Papa Giovanni Paolo I, il presidente della repubblica Sandro Pertini e il segretario di stato cardinale Karol Wojtyla vengono fotografati mentre passeggiano tranquillamente nei sentieri delle Dolomiti venete.

13 novembre 1982 - 25 gennaio 1983: grande viaggio nel continente africano del Santo Padre che visita tutti paesi del "grande malato". Ricordiamo che quando scese dall'aereo in Liberia, baciò la terra. Celebrò la Santa Messa di Natale a Città del Capo.

25 settembre 1983: con un messaggio invita Usa e Urss a cessare le rivalità della Guerra Fredda e a puntare ad un nuovo assetto internazionale, fondato sulle Nazioni Unite e sul multilateralismo.

15 aprile 1984: invita i giovani a Roma per celebrare un incontro fatto di preghiera e di riflessione. Nascono le Giornate Mondiali della Gioventù.

24 ottobre 1984: Papa Giovanni Paolo I si reca in visita storica al Cremlino dove con forza chiede la fine della "Chiesa del Silenzio". Michail Gorbachev, nuovo segretario del Pcus, dichiara che nell'Urss c'è la libertà religiosa e rinnega l'ateismo e la formula "la religione è l'oppio dei popoli". Durante la visita il Santo Padre rende omaggio alla presnuta tomba che conserva i resti della famiglia imperiale Romanov uccisa dai bolscevichi.

5 maggio 1985: pubblicazione della sua seconda enciclica contro l'utilizzo della guerra come mezzo di risoluzione tra i popoli e come strumento per una successiva stabilizzazione. Esultano i movimenti cattolici pacifisti che ogni anno organizzeranno la "Marcia della Pace" nella capitale italiana.

12 dicembre 1985: terminato il viaggio negli Stati Uniti, Giovanni Paolo I condanna duramente le migliaia di sette che sono sorte negli states e si scaglia contro un integralismo religioso. Il coordinamento generale dei numerati dell'Opus Dei abolisce utilizzo del cilicio e dell'autoflagellazione.

3 febbraio 1986: Papa Giovanni Paolo I si reca nella cattedrale tedesca di Wittemberg, luogo dove nel 1517 Lutero aveva apposto le novantacinque tesi. Qui discute su una stretta collaborazione tra la Chiesa cattolica e le chiese nazionali protestanti e luterane.

26 aprile 1986: viene sventato un grave incidente nucleare nella centrale di Chernobyl, in Ucraina. Papa Giovanni Paolo I, dopo aver ringraziato Dio, condanna fortemente l'utilizzo dell'uranio nella produzione di energia. Un mese dopo si reca a Gerusalemme e prega nella Basilica del Santo Sepolcro.

30 aprile 1987: viaggio in Polonia accompagnato dal segretario di stato cardinale Karol Wojtyla: appoggio ai gruppi cattolici per la democrazia.

12 settembre 1987: Papa Giovanni Paolo I a Bruxelles, parla al Parlamento Europeo in seduta plenaria e dichiara di "essere europeista convinto" e che l'Europa dovrà essere un soggetto autonomo e motore dello sviluppo del mondo nel XXI secolo. Lo stesso giorno annuncia che San Benedetto da Norcia, il padre del monachesimo europeo e della regola "Ora et Labora", diverrà il patrono dell'Europa Unita.

14 maggio 1988: pubblicazione della nuova edizione di "Illustrissimi", la raccolta delle storie che il papa aveva scritto quando era Patriarca di Venezia. Un grande successo editoriale e libro tradotto il 32 lingue.

30 novembre 1988: visita storica di Michail Gorbachev in Vaticano. Anche in questa occasione Papa Giovanni Paolo I ricorda che ormai è finita l'epoca dei muri, che devono essere abbattuti e sostituti con i ponti.

26 settembre 1989: in occasione dell'undicesimo anniversario della sua elezione, Papa Giovanni Paolo I pronuncia il celebre discorso: "Non abbiate paura di aprire le vostre porte a Cristo! Aprite, anzi spalancate le porte del vostro cuore a Cristo!"

11 novembre 1989: si trova in visita di stato nella Repubblica Federale Tedesca quando a Berlino iniziano le contestazioni contro il regime comunista dell'est. Con il cancelliere tedesco Helmut Kohl vola nella capitale, ricordando lo scomparso presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy, dichiara "Ich bin ein Berliner!". Assiste in lacrime all'abbattimento del Muro.

5 marzo 1990: interviene a Montecitorio con un celebre discorso sull'etica della politica. Il presidente della repubblica Francesco Cossiga lo nomina Gran Cavaliere dell'ordine della Repubblica Italiana.

25 ottobre 1990: Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, viene trovato morto per attacco cardiaco nel suo letto. In mano aveva la bozza di un'enciclica sul rapporto tra scienza e fede.

30 ottobre 1990: solenne funerale di Papa Giovanni Paolo I. Circa due milioni di persone accorrono ad assistere all'estremo salito al "Papa del Sorriso", il Pontefice che aveva viaggiato e che avviato una nuova grande evangelizzazione. Ma più di tutti fu il papa della semplicità con il suo inconfondibile sorriso che destava buon umore, un sentimento che i cristiani avevano dimenticato. Dopo agli anni turbolenti del dopo-Concilio era giunto il momento del ritorno all'essenza della vera fede ed era arrivato Giovanni Paolo I. Aveva scritto: "Ti chiedo una grazia, Signore. Vorrei che tu mi tenessi la mano quando chiuderò gli occhi alla terra. Vorrei che tu tenessi la mia mano come fa la mamma con il suo bambino nel momento del bisogno. Grazie Signore mio".

Questi furono gli ultimi pensieri di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I, per dodici anni sul soglio di Pietro, per sempre nel cuore del Padre.

Demofilo

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E ora, l'idea avuta da Enrica S.:

Il 27 novembre 1970, nel corso del suo viaggio nel Sudest asiatico, Paolo VI atterrò a Manila, capitale delle Filippine, ma mentre si trovava ancora all'aeroporto fu vittima di un attentato da parte del pittore boliviano Benjamin Mendoza che, munito di un kriss, gli si avvicinò e lo pugnalò al costato. Il Papa però soffriva di artrite e portava un corpetto rigido, che attutì il colpo, e il provvidenziale intervento del suo segretario personale Pasquale Macchi e dell'organizzatore del viaggio, un certo Paul Marcinkus del quale si sentirà ancora parlare, permise di bloccare l'attentatore, che risultò un semplice squilibrato. Ma che accade se Mendoza impugna invece una pistola, e il Pontefice muore? Albino Luciani gli succederà già allora, governando la Chiesa più a lungo? O l'ultraconservatore Giuseppe Siri ce la farà ad essere eletto, presentandosi come il paladino dell'ortodossia cattolica? Oppure toccherà fin da allora a Wojtyla? Chi altri potrebbe succedere al Pontefice bresciano? E quali contraccolpi avrà la sua morte nella Chiesa e nel mondo?

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Le risponde così Federico Sangalli:

Probabilmente sí. In caso di morte di Paolo VI il nuovo conclave avrebbe visto la contrapposizione di Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, molto liberale e aperto anche al PC, e Giuseppe Siri, il conservatore arcivescovo di Genova, entrambi papabili sette anni prima. Il blocco avrebbe infine portato all'elezione di un moderato di compromesso che io identifico con Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, col nome di Benedetto XVI in onore del Papa che guidò la Cristianità durante i momenti turbolenti della Prima Guerra Mondiale (ricordiamo che sono appena passati o sono in corso la Primavera di Praga, il '68, la guerra in Viet Nam e la strategia della tensione). Non credo che sarebbe stato eletto Luciani, Patriarca di Venezia da appena un anno, il quale sarebbe potuto diventare Segretario di Stato. Benedetto XVI morirebbe poi il 26 ottobre 1982 dopo 12 anni di pontificato. Al secondo conclave Siri ci riproverebbe approfittando della mancanza di Wojtyla, agli arresti domiciliari in Polonia per il suo appoggio a Solidarnosc, e della rinuncia di Giovanni Colombo, arcivescovo emerito di Milano, ma verrebbe sconfitto da Franz König, arcivescovo di Colonia, che prenderebbe il nome di Benedetto XVII in onore del predecessore. Alla sua morte il 13 marzo 2004, gli sarebbe forse succeduto l'arcivescovo emerito di Milano Carlo Maria Martini (Paolo VII in onore dell'ultimo Papa milanese) e poi il 31 agosto 2012 Jorge Mario Bergoglio con il nome di Giovanni Paolo I. Voi che ne pensate?

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C'è anche un'altra proposta sempre di Enrica S.:

Il 13 dicembre 1981 il leader comunista polacco, generale Wojciech Jaruzelski, proclamò la legge marziale: la ribellione di Solidarnosc, fin qui tollerata dal regime di Varsavia, stava per provocare un'invasione sovietica sul modello di quella ungherese del 1956 e cecoslovacca del 1968. Dopo la caduta del Muro di Berlino, Jaruzelski si difese dalle accuse di essere un golpista proprio sostenendo che aveva agito in quel modo per evitare l'intervento militare dell'URSS di Breznev. A scongiurare quest'ultimo contribuì anche il cardinale Józef Glemp, da pochi mesi chiamato da Giovanni Paolo II a raccogliere la difficile successione del carismatico Stefan Wyszyński: molti allora si attendevano da lui un invito alla resistenza. L'uomo di Papa Wojtyla, invece, rivolse un appassionato appello a restare in casa e a non cedere alla violenza; lo accusarono di aver tradito la Polonia e il suo Pontefice guerriero, ma probabilmente salvò migliaia di vite. Supponiamo invece che Glemp sia della stessa pasta di Wojtyla, e inciti i polacchi ad alzare le barricate. Varsavia, come Budapest e Praga, sarà invasa dai tank sovietici, Jaruzelski sarà silurato per incapacità, Glemp incarcerato e Lech Walesa rischierà di finire in Siberia. Come cambia la storia recente dell'Europa Orientale?

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Le risponde Enrico Pellerito:

Davvero molto interessante come prospettiva.
Aggiungo che quando Breznev impose a Jaruzelsky di risolvere la questione, molti analisti militari occidentali, in primis quelli del Pentagono, convennero che l'impegno sovietico in Afghanistan stesse davvero diventando sempre più oneroso per Mosca, tanto da dover "delegare" la questione polacca alle locali forze armate, in quanto un intervento del PdV avrebbe comportato un ulteriore salasso in termini di risorse economiche che sarebbe stato meglio evitare.
Certo sarebbero potute intervenire, nel caso la rivolta del popolo polacco si fosse concretizzata, anche forze cecoslovacche, bulgare, ungheresi e addirittura della DDR, ma la presenza sovietica, in quota maggioritaria, nella qualità di "guida", sarebbe stata assolutamente necessaria.
Ed è altamente probabile che lo STAVKA abbia fatto presente a Breznev e compagni che si sarebbe ulteriormente dovuto ricorrere alle forze schierate in Bielorussia e in Ucraina, che sarebbero dovute essere completate nei ranghi per l'azione e sostituite nel presidio da una sostanziale mobilitazione delle riserve attraverso il richiamo di almeno l'ultima classe di militari congedati dal servizio di leva... e quando si parla di mobilitazione, anche se parziale, non si sa mai come l'altra parte ad occidente si comporterà.

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Non può mancare il contributo di MorteBianca:

The Iron Lady vs Il Caudillo

Premesse:

a) Francisco Franco non tira le cuoia nel 1975, ma anzi resiste fino al 1980.
b) La Spagna, insieme al Portogallo, non si unisce alla NATO e non entra negli accordi europei, rimanendo comunque alleata con gli Stati Uniti in ottica anticomunista.
c) La Thatcher, che già nel 1975 era a capo del Partito Conservatore, riesce a diventare primo ministro nel 1977.

Francisco Franco, nel tentativo di rinvigorire la propaganda governativa legata alla sua figura ed all'idea di Spagna Forte, decide di attaccare Gibilterra al fine di occuparlo. L'attacco non è preceduto da alcuna maratona propagandistica, è una vera sorpresa per il popolo spagnolo, che solo dopo l'occupazione (rapidissima grazie a delle truppe di paracadutisti pre-addestrate in gran segreto, una serie di infiltrati che hanno piazzato delle bombe alle stazioni di polizia e l'arrivo dei carri armati nella piazza centrale che hanno posto fine alle proteste) inizia la retorica dell'ultima terra irredenta, dell'occupazione ingiusta da parte della potenza straniera, del ritorno della potenza spagnola.

Il Caudillo fu accorto nel non inimicarsi nessun altro, almeno in linea teorica: pochi mesi prima dell'attacco aveva preso accordi con tutte le principali potenze europee (tranne, ovviamente, il Regno Unito), soprattutto con la Francia (nella speranza forse di riaccendere la vecchia rivalità ufficialmente terminata con l'Intesa). La Spagna rimaneva uno degli alleati fondamentali degli Stati Uniti, avendo lottato in passato con i comunisti apertamente, ed essendo una nazione ancora dichiaratamente fascista che poteva reprimere liberamente ogni sommossa tendente al rosso. Poche settimane dopo arrivarono le congratulazioni ufficiali da Salazar, che salutò il gesto dell'amico/rivale Franco come "atto eroico di rivalsa contro le potenze demoplutocratiche", ed anche da numerosi dittatori dell'America del Sud, che iniziarono ad avere grilli per la testa analoghi nel voler rioccupare piccole isole o enclavi britanniche, soprattutto l'Argentina con le Falkland. La Spagna è circondata da una serie di alleate "ufficiose", che ironicamente sono le sue ex colonie e territori occupati. Fra queste figura persino Cuba, in ottica anti-colonialista.

La Iron Lady ha da poco preso il potere, è la prima donna a ricoprire la sua carica, e non intendeva certo dimostrarsi debole proprio ora che le varie ex colonie spagnole iniziavano a mandare minacce tramite le ambascerie, chiedendo la consegna delle terre irredente. La Thatcher decise di fare di Gibilterra un esempio, rispondendo al fuoco.

L'Europa tentennò, per molteplici ragioni: anzitutto Gibilterra era vista come l'ennesima colonia che la madrepatria non vuole lasciare andare, ed insindacabilmente spagnola. Molti europei erano stizziti dalle uscire palesemente anti-Europee della Thatcher, considerando la Spagna più "Mediterranea" ed autenticamente europea del Regno Unito. La Thatcher chiese aiuto agli Stati Uniti, che inizialmente risposero in modo vago, cercando di sminuire la cosa. Si trattava, in fondo, di isole estremamente lontane dalla madre patria, attaccate da una potenza straniera che aveva il chiaro dominio territoriale della situazione. La Thatcher replicò che tale caso era assolutamente analogo a quello delle Hawaii ed i domini nel Pacifico americani, minacciati dal Giappone, estremamente lontani dagli altri 49 stati, ed il Regno Unito venne in soccorso come alleato. C'è da dire che il paragone non è storicamente corretto (Il Regno Unito era già in guerra con l'Asse). Intanto nella Gibilterra occupata il governo tentò la "Rispagnolizzazione". I nomi delle strade e dei porti vennero cambiati con nomi spagnoli.

Nonostante le pressioni diplomatiche, alla fine le due nazioni giunsero alla rottura totale. Il Portogallo rappresentava diplomaticamente la Spagna presso il Regno Unito, la Svizzera invece il Regno Unito in Spagna. Gli Stati Uniti fornirono solo supporto spionistico, senza emettere condanne ufficiali. Il Regno Unito si propagandava come nazione democratica, attaccata da una dittatura, la Spagna invece presentava una tesi terzomondista e di auto-determinazione. L'ONU si schierò con il Regno Unito (poiché la Spagna basava le proprie pretese dai tempi precedenti la nascita dell'ONU. Se tutte le nazioni avessero iniziato ad usare antichi pretesti, il mondo sarebbe caduto nel caos). L'azione militare fu presto organizzata: il Regno Unito organizzò la propria flotta da Malta. Data l'autonomia maltese la Iron Lady dovette fare forti pressioni sulla ex colonia per ottenere il porto e le basi aeree, e questo la fece apparire come una leader forte e decisa quando ottenne il consenso.

La flotta mediterranea inglese era molto scarna, considerando che l'assetto militare inglese era preparato in clima di Guerra Fredda a fronteggiare i sottomarini sovietici nei mari del Nord, non certo un attacco nel Mediterraneo.

La flotta nell'Atlantico e nella Manica iniziò i preparativi per il viaggio fino a Gibilterra.

Inizialmente le due flotte di scontrarono a distanza, e ci furono principalmente scontri aerei. Malta era troppo lontana per quasi tutti i tipi di bombardieri, ma con l'aiuto delle portaerei il raggio iniziò lentamente a chiudersi. Fondamentale fu la chiusura dello Stretto da parte della Flotta Spagnola concentrata in loco (Franco sapeva che il Regno Unito non avrebbe provato un'invasione da terra). Ma delle due l'una: se voleva tenere lo Stretto, doveva lasciare Gibilterra scoperta ai bombardamenti.

Forti pressioni vennero fatte sul Marocco per permettere un lasciapassare alle truppe britanniche. Poi ci fu un'operazione sotto copertura per infiltrarsi nel piccolo ex territorio, conclusasi molto male. Infine avvenne lo sbarco.

Due possibili epiloghi:

1) Franco riesce a convincere le altre ex colonie ad attaccare le altre isole, principalmente l'Argentina con le Falkland. Gli Stati Uniti possono permettersi di perdere un alleato (di qualsiasi fazione esso sia), ma troppo alleati a discapito di uno, per quanto forte, è troppo, e così smettono di supportare spionisticamente il Regno Unito e passano ad una condanna verbale più che altro. Il Regno Unito non ha le forze per respingere tutti questi attacchi, ed anche se riuscisse a rioccupare Gibilterra la Spagna, vedendo tutti i domini oltreoceano inglesi cadere uno ad uno, prosegue l'occupazione ad oltranza, sapendo che non potrà venire invaso via terra (e che via terra ha il vantaggio assoluto). Il Marocco dopo un po' capisce dove tira il vento e rinforza il blocco, magari spinto da qualche mira "Granadista".
La Francia comprende la situazione e, terrorizzata all'idea che i suoi pochi territori facciano la stessa fine, inizia ad ostacolare come può il Regno Unito. L'Europa alla fine fa blocco comune contro gli "invasori" inglesi ed euroscettici, chiudendo i mercati di armi come ha fatto il Belgio, per tutelare la pace. l'URSS pone veti (a difesa di una nazione fascista!) per qualsivoglia azione anti-spagnola. Il Caudillo forte della propaganda diventa un eroe anti-colonialista.
Alla fine le opposizioni alla Thatcher vincono su ogni fronte: geopolitico, coloniale, territoriale (Scozia ed Irlanda del Nord si infiammano) e politico (le opposizioni iniziano a prendere voti). Il suo stesso partito la silura.
Il Regno Unito esce sconfitto, questa viene considerata l'ultima grande lotta contro il colonialismo. Le varie colonie vengono cedute, le altre se ne vanno spontaneamente, pochissime restano ma con autonomie così grandi da essere virtualmente nazioni estranee. L'Irlanda del Nord è infiammata, in Scozia c'è un referendum per l'Indipendenza, i Conservatori perdono contro i Laburisti, i comunisti iniziano a prendere piede in Inghilterra, si prospetta una futura votazione fra Monarchia e Repubblica, il Regno Disunito entra in Europa con la coda fra le gambe. La Donna di Ferro è stata abbattuta, e con lei cade la corona.

2) L'Occupazione rapida e pulita di Gibilterra nonostante la soverchiante superiorità militare viene vista come un atto eroico quasi Termopoliaco. Il Caudillo si ritrova fortissime opposizioni, foraggiate sia dall'Inghilterra Stessa, attraverso l'insospettato Portogallo che non ha mai smesso di sognare una rivalsa (suono di Salazar che sibila con una lingua biforcuta), favorendo una coalizione liberale ed il Monarca stesso, che invece proclama la Pace e la convivenza, e dall'URSS che non ha mai dimenticato la Guerra Civile e supporta le formazioni popolari e socialiste.
Le colonie vengono zittite o spaventate dagli Stati Uniti, che supportano l'Inghilterra in modo più deciso.
L'Embargo verso la Spagna cresce: prima l'Inghilterra, poi tutto il Commonwealth, poi l'Europa, poi gli Stati Uniti, il blocco di varsavia. La Spagna si ritrova isolata persino dal vicino Portogallo, unico porto(gallo, eheh) rimasto aperto.
Il Marocco lascia passare di tutto: aerei inglesi, truppe inglesi, navi inglesi, ed anzi inizia a fare pressioni navali sulla Spagna, sperando di poter raccogliere qualche briciola. Alcune ex colonie spagnole decidono paradossalmente di schierarsi con il Regno Unito, in pieno dispetto alla vecchia madre patria. La dittatura di Franco è in stabilità decrescente, proprio come la sua salute, proprio ora che le azioni militari richiedono la sua presenza. Le milizie comuniste da Nord (supportare dall'URSS), quelle monarchiche da Ovest (supportate da Portogallo e Regno Unito), quelle basche da Est (che vogliono l'indipendenza), scioperi ovunque. Anche il Marocco alla fine si butta in un attacco "Italian Style" sulla Spagna morente. Franco muore, forse avvelenato, la sua giunta si spacca fra oltranzisti e moderati, alla fine viene chiesto un trattato di pace. La Spagna rinuncia per sempre a Gibilterra ed anzi cede diversi arrotondamenti territoriali, adesso un grosso pezzo dello stretto sarà gestito dal Regno Unito, che lo riempie di sue navi, porti, armate ed investimenti. Il Marocco rimane a bocca asciutta, ciò darà il via ad un irredentismo marocchino.
In Spagna subito si affrontano i tre fronti: indipendentisti, comunisti, monarchici. I comunisti alla fine perdono (questo perché i Baschi in gran parte sono cattolici e i partiti indipendentisti sono nazionalisti e conservatori, oltretutto gli ex franchisci appoggiarono en masse i monarchici, e lo spirito cattolico spagnolo è abbastanza filo-monarchico), ma la Sinistra sarà rappresentata sempre da un Partito Comunista Spagnolo sempre strenuamente repubblicano, anti-monarchico di larghe intese ed unito. Insieme al Partito Comunista Francese e a quello Italiano sarà fra i fautori dell'Eurocomunismo. Per via dell'esperienza comunista così vicina il PCS non crollerà ed anzi rimarrà il punto di riferimento della sinistra spagnola fino ai giorni nostri, oggi infatti Zapatero ed Iglesias sono i due volti della sinistra spagnola (uno socialista ed europeista, l'altro radicale e comunista). Celebre la frase di Zapatero "Siamos mica aqui por lucidar los ghepardos". La Spagna entrerà in Europa in ritardo come nazione di secondo ordine, iniziando un processo di democraticizzazione. Il Portogallo gongola nel suo successo, ottenendo qualche trattato di favore nelle riparazioni di guerra e negli accordi di mercato, ma si è anche condannato a rimanere senza alleati fascisti in Europa. Salazar morirà poco dopo Franco. L'Iron Lady esce rafforzata da questo scontro, una donna ha retto una situazione di grande pressione interna ed esterna, un conflitto militare asimmetrico in posizione di isolamento, in una tendenza di continue sconfitte e perdite, interrompendo la fuga di colonie. La politica Thatcheriana da questo momento sarà molto forte nelle questioni coloniali, così come in tutte le cose, e non ci sarù nessun compromesso, tanto nel rifiuto di entrare nell'Europa così come nelle politiche economiche. La Thatcher ha la strada spianata per demolire lo stato sociale ed i diritti dei lavoratori inglesi.

MorteBianca

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Così commenta Federico Sangalli:

Ucronia approfondita e ben studiata come sempre, mi complimento! Tra la Thatcher e Franco mi metti in una pessima posizione però: tra due personaggi così ultraconservatori non saprei cosa dire, sono generalmente un sostenitore di Gibilterra spagnola (giacché non é, a mio parere, una colonia ma una base militare), ma piuttosto che sostenere un fascista come Franco mi taglio una mano! Per cui rilancio con una piccola variante: ultimamente Gibilterra é infatti tornata al centro delle tensioni anglospagnole. Finora l'UE si era sempre mantenuta neutrale poiché per costituzione non può parteggiare contro uno stato membro; tuttavia, ora che la Gran Bretagna si appresta a mollare gli ormeggi, il Presidente Donald Tusk ha ufficialmente rotto gli indugi e ha espresso sostegno alla Spagna, dichiarando che la sua posizione prominente nella questione gli concede nei fatti un diritto di veto sulle condizioni Brexit di Gibilterra (cosa non campata per aria visto che é Madrid a garantire molti dei bisogni civili della Rocca). Contemporaneamente la Spagna ha annunciato che non porrà il veto ad un'eventuale e rapida adesione (o permanenza) scozzese nell'UE poiché gli inglesi non hanno una costituzione scritta che vieti la secessione, mentre invece la Spagna sì, per cui Madrid si sente coperta circa una possibile secessione catalana, ritenendo che l'UE non accetterà una nazione che é andata esplicitamente contro le leggi di uno stato membro. Londra ovviamente é furiosa perchè pensa che si sia trattato di un mercanteggiamento per incoraggiare i secessionisti scozzesi e i nazionalisti spagnoli e ha già minacciato guerra se sarà costretta a "cedere" la propria sovranità su quel lembo di terra. E se la situazione precipitasse, la May si credesse la nuova Iron Lady e Rajoy cantasse "Que viva Gibraltar!"?

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C'è anche questo sogno ad occhi aperti di William Riker:

Dal sito del Corriere della Sera dell'11/9/2023:

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La palla passa a Federico Sangalli:

I Presidenti della Repubblica Spagnola

POD: Juan Carlos rimane in silenzio durante il Tejerazo del 1981, implicitamente acconsentendo al golpe. Il colpo di stato però fallisce lo stesso perché uno sciopero generale paralizza il paese e convince il resto dei militari a confermare la loro reazione iniziale, restando fermi nelle caserme. Senza sostegno i golpisti sono costretti a rilasciare gli ostaggi e il colpo di stato fallisce. Indignati per la percepita complicità del Re, gli spagnoli reclamano a gran voce un referendum sulla monarchia, considerata intrinsecamente golpista e anti-democratica (facile pensarlo visto che in questa TL ha sostenuto la dittatura di Rivera, poi quella di Franco e infine quella tentata dei generali del 1981). La consultazione popolare, tenutasi poco dopo la vittoria dei socialisti alle elezioni del 1982, vede il trionfo dei repubblicani, anche se Juan Carlos non verrà mai incriminato per nessun crimine essendo l'inazione non punita dal codice penale, rimanendo così una figura pubblica attiva e molto controversa. Il Presidente della Repubblica, seguendo l'esempio dell'esperienza repubblicana del 1931-1939, viene eletto dal Parlamento.
Ed ecco la lista dei Presidenti della Terza Repubblica Spagnola:

1 Fernando Moràn (Socialista) 1982-1989
Un rispettato diplomatico di lungo corso, Moràn aveva aderito all'opposizione socialista fin dalla metà degli Anni Settanta ed era stato eletto Senatore, divenendo il responsabile esteri del Partito Socialista. Promosso Ministro degli Esteri all'insediamento del primo Governo Gonzales, venne scelto dal giovane premier come nuovo capo dello stato per rassicurare con un volto conosciuto le cancellerie straniere preoccupate di una deriva anti-europea dopo l'abolizione della monarchia e anche per rimuovere con tatto un ministro con il quale vi erano sotterranei contrasti sull'opportunità della Spagna di adesione alla NATO. In effetti Moràn divenne un noto critico dell'adesione spagnola al patto atlantico ma non poté opporsi dopo che Gonzales ebbe vinto un apposito referendum.

2 Jorge Semprùn (Indipendente di sinistra) 1989-1996
Deciso a evitare l'errore di sette anni prima, Gonzales optò per scegliere un nome prestigioso ma dal profilo meno politico e dunque meno interventista. La scelta ricadde su Jorge Semprùn, un noto scrittore e dissidente anti-franchista, ex comunista ma espulso da tempo dal partito e lontano dalla politica finché non aveva accettato la carica di Ministro della Cultura nel Secondo Governo Gonzales. Celebrato come un simbolo della rinata democrazia spagnola, Semprùn avrebbe concluso il suo mandato senza particolari scossoni.

3 Antonio Fontàn (Popolare) 1996-2003
Eletto da poco, il nuovo governo di centrodestra guidato da José Maria Aznar ebbe l'opportunità di eleggere il nuovo capo dello stato, una possibilità scivolosa: molti dei grandi vecchi del PP infatti avevano trascorsi franchisti che avrebbe messo in dubbio la conversione democratica dei popolari. Dall'altra parte però una scelta concordata con le opposizioni avrebbe potuto offendere i tradizionalisti e andava contro gli istinti destrosi di Aznar. La scelta così ricadde su Antonio Fontàn: un aristocratico prima che la repubblica abolisse tutti i titoli nobiliari, un devoto cattolico e un membro attivo dell'Opus Dei, Fontàn non poteva suscitare obiezioni in seno al Partito Popolare. Allo stesso tempo la sua tenace difesa della libertà di espressione, che lo aveva portato a fondare un giornale poi chiuso dai franchisti, a farsi eleggere in Senato e a diventare l'autore degli articoli della Costituzione sulla libertà di stampa e di parola, lo avevano reso un candidato accettabile e al di sopra di ogni sospetto di autoritarismo. E fu così: anche se la sua vicinanza agli ambienti cattolici di destra avrebbe suscitato polemiche tra i difensori della laicità dello stato, Fontàn avrebbe concluso il suo mandato come un presidente rispettato e il simbolo di una sana alternanza democratica. Declinando inoltre un secondo mandato Fontàn istituì la tradizione del singolo mandato.

4 Fernando Alvarez de Miranda (Popolare) 2003-2010
Il primo Presidente delle Cortès eletto democraticamente dopo la fine del Franchismo, monarchico e cattolico, de Miranda aveva servito come ambasciatore e come difensore civico nazionale dopo aver lasciato la guida della camera bassa. Considerato vicino alla sinistra democristiana, la sua scelta fu una sorpresa per molti osservatori ma si ritiene che Aznar optò per un candidato più conciliante per guadagnare consensi in vista delle prossime elezioni generali, escludendo al contempo candidati meni graditi alla destra come Landelino Lavilla, che scontò il suo ruolo nel far fallire il golpe del 1981.

5 Maria Teresa Fernandes de la Vega (Indipendente di sinistra) 2010-2017
Magistrata e poi responsabile giustizia per i socialisti, venne scelta dal premier Zapatero per riscattare le declinanti sorti del suo partito come una scelta storica, la prima donna capo dello stato in Spagna dai tempi della Regina Isabella. Nonostante questo, o forse proprio per questo, è rimasta una Presidente poco popolare presso la destra che l'ha spesso accusata di parzialità.

Presidente Supplente Ana Pastor (Popolare) 2017
Dopo che le elezioni del 2016 non ebbe prodotto alcuna maggioranza, il Primo Ministro conservatore Rajoy riuscì a formare un complicato governo di minoranza grazie all'astensione dei liberali di Ciudadanos e dei socialisti. L'elezione del nuovo Presidente si tramutò presto in un'ordalia con numerosi nomi bruciati e nessuna maggioranza. I socialisti in particolare finirono in mezzo al fuoco di fila tra chi propugnava l'elezione di un presidente di sinistra sostenuto da Podemos e dagli autonomisti e chi chiedeva il rispetto del patto coi popolari. Allo scadere del mandato di de la Vega la Presidente della Cortès Ana Pastor, terza carica dello stato, assunse ad interim la Presidenza dopo che Rajoy, in qualità di premier, ebbe declinato l'incarico a causa della forte contrarietà dell'intero arco politico.

6 José Manuel Romay Beccaria (Popolare) 2017-2024
Dopo l'elezione più lunga della storia, i popolari riuscirono a convincere abbastanza socialisti a convergere sul nome di Romay Beccaria, un anziano ex ministro che da tempo si era ritirato per diventare Presidente del Consiglio di Stato spagnolo. Le controversie per il cedimento dei vertici del partito contribuì a riaprire al ritorno dell'ex segretario Pedro Sanchez, contrario all'accordo con la destra. Nonostante le controversie che circondarono la sua elezione, l'anziano Romay Beccaria è stato un Presidente poco controverso e di basso profile, una specie di "Mattarella spagnolo". Molti stanno già iniziando a rimpiangerlo davanti alla prospettiva che la coalizione di destra tra popolari e Vox vinca le elezioni nel 2023 e poi elegga il prossimo capo dello stato. Preoccupati che i timori di un ritorno dei franchisti ai vertici dello stato danneggino le proprie chance di elezioni, i popolari stanno promuovendo l'idea di proporre un indipendente, al di sopra delle parti ma comunque accettabile per la destra (si fanno i nomi dell'ex procuratrice generale Consuelo Madrigal, nota per aver adottato la linea dura a seguito del fallito referendum secessionista catalano, e del magistrato Càndido Conde-Pumpido, attivo sul fronte della lotta al terrorismo).

Federico Sangalli

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E adesso, la parola a Generalissimus, che ha tradotto per noi questa ucronia:

Senza la Rivoluzione Iraniana

Quando pensa all'Iran la maggior parte degli Americani pensa all'atomica, alla Crisi degli Ostaggi e alle bandiere date alle fiamme.
Nel 1979 un regime Islamico teocratico prese il controllo dell'Iran dopo aver rovesciato l'autocratico Scià Mohammad Reza Pahlavi, ma l'Iran che vediamo oggi è solo una delle strade che la nazione avrebbe potuto prendere, in una TL alternativa l'Iran avrebbe potuto essere diverso, ma questo dipende da quali eventi sarebbero cambiati.
Prima di parlare di come le cose sarebbero potute essere diverse, dobbiamo esplorare la storia recente dell'Iran.
Due importanti rivoluzioni nel 20° secolo cambiarono l'Iran drasticamente: l'Operazione Ajax, sostenuta da USA e Regno Unito contro il governo democratico iraniano, in seguito alla quale lo Scià amico dell'Occidente ottenne il controllo totale del paese, trasformandolo in uno stato autoritario ma moderno; la seconda fu la Rivoluzione iraniana del 1979: dopo decenni di dominio c'era una disconnessione crescente tra il popolo e lo Scià.
Il suo governo si scagliava contro gli oppositori politici, ma alla fine i conservatori religiosi e qualche liberalsocialista ne ebbero abbastanza e cacciarono lo Scià, mettendo al suo posto l'Ayatollah Khomeini, che trasformò il paese in una teocrazia Islamica anti-occidentale.
Per i tre decenni successivi l'Iran sarebbe diventato uno stato canaglia, il suo popolo era rimasto amareggiato per il colpo di stato del 1953, che aveva portato al potere un dittatore, e la nazione avrebbe combattuto una brutale guerra settennale contro Saddam Hussein, che risultò in uno stallo.
Con la morte dell'Ayatollah il paese cominciò lentamente a modernizzarsi di nuovo, ma le libertà sociali vengono ancora calpestate.

Dato che questa storia è molto complicata, quest'ucronia si dividerà in due scenari:

1) E se l'Operazione Ajax non fosse mai avvenuta?
2) E se la Rivoluzione iraniana non fosse mai avvenuta?

E se l'Operazione Ajax non fosse mai avvenuta? Beh, ma cosa la causò esattamente? Prima del 1953 l'Iran era una monarchia costituzionale, lo Scià era il capo dello stato, ma era il parlamento a controllare il governo.
Ad avere un ruolo chiave nel governo era il Primo Ministro Mohammad Mossadeq, che voleva un Iran laico e democratico artefice del suo destino.
Come poteva essere artefice del suo destino? Grazie al petrolio.
Ma chi controllava il petrolio? Gli Inglesi.
Per mezzo del loro impero.
La Anglo-Iranian Oil Company aveva il controllo del petrolio iraniano, la maggior parte del profitto andava all'Inghilterra e all'Iran rimanevano le briciole.
Mossadeq pensava che questo fosse ingiusto e che il petrolio iraniano appartenesse di diritto all'Iran, così divenne un campione della nazionalizzazione del petrolio del paese.
I lavoratori stranieri nel paese vennero espulsi, l'Iran iniziò a trarre profitto dalle proprie risorse e l'Inghilterra non ne fu felice.
Per niente.
All'inizio l'Inghilterra corse dagli USA col desiderio di rovesciare il governo di Mossadeq e riprendersi il petrolio, ma all'America importava pochissimo dei problemi imperiali dell'Inghilterra e disse no.
Gli USA in segreto nutrivano simpatie per l'Iran, ma tutto cambiò quando venne eletto Eisenhower.
Il Regno Unito riuscì a convincere Eisenhower che Mossadeq simpatizzasse per i Comunisti, cosa non vera, visto che simpatizzava per Eisenhower.
Ma a causa della paura scatenata dalla Guerra Fredda l'America entrò in modalità anticomunista, USA e Regno Unito organizzarono un colpo di stato che rovesciò il governo democratico, Mossadeq e tutti i giacimenti di petrolio nazionalizzati.
Lo Scià Mohammad Reza Pahlavi, estremamente amico dell'Occidente, ottenne pieni poteri e l'Iran si trasformò in una monarchia autocratica, ad USA e Regno Unito venne permesso di tornare.
Ironicamente, gli USA che temevano il Comunismo agitarono la loro possente mazza della libertà e colpirono la giovane e innocente democrazia persiana.
E se questo colpo di stato non avvenisse? Cosa cambierebbe? Beh, ecco una TL alternativa: il Regno Unito aveva bisogno dell'aiuto americano per rovesciare il governo iraniano, in questa TL alternativa Eisenhower dice semplicemente no.
Gli USA convincono l'Inghilterra a raddoppiare la loro produzione di petrolio altrove per recuperare le perdite, e in questo modo il governo democratico di Mossadeq diventa artefice del proprio destino.
Questi profitti fanno decollare l'economia iraniana e la ricchezza del popolo.
Mossadeq credeva che la ricchezza derivata dal petrolio dovesse essere usata per aiutare il cittadino medio, perciò i progetti verrebbero usati a beneficio della popolazione, e così facendo diventerebbe un eroe dell'Iran.
Non è semplice predire il futuro di questo governo, ma una cosa è sicura: con i profitti del petrolio questo Iran alternativo riesce a migliorare la propria economia generale e il proprio welfare.
Questo Iran avrebbe relazioni tese con l'Inghilterra per i decenni successivi, ma poi stringerebbe dei legami.
Se rimarrà sul sentiero della democrazia di Mossadeq l'Iran oggi sarà una potenza laica del Medio Oriente.

Ora passiamo al secondo scenario, e se la Rivoluzione iraniana non avvenisse mai? Beh, cosa causò esattamente la Rivoluzione iraniana? Lo Scià aveva esercitato il suo potere assoluto per più di 20 anni, ed era diventato impopolare tra la maggior parte degli Iraniani per due motivi principali: il suo rapido progressismo e la sua repressione degli oppositori politici tramite l'utilizzo della sua polizia segreta.
Lo Scià voleva migliorare rapidamente l'Iran, essendo stato influenzato pesantemente dagli ideali europei laici.
Voleva usare il suo potere per creare una moderna nazione occidentalizzata, disse perfino ai suoi vicini conservatori sauditi di lasciare che le donne indossassero le minigonne e di costruire delle discoteche.
Parte del suo piano era la Rivoluzione Bianca, una combinazione di riforme terriere, privatizzazioni e miglioramenti nell'istruzione.
Le riforme terriere non ebbero molto successo e tolsero diritti agli agricoltori.
L'educazione raggiunse nuove persone nel paese e lo Scià permise a compagnie straniere di investire nell'economia, costruendo nuove fabbriche.
Lo Scià, però, creò anche un divario nella ricchezza: la famiglia reale prosperava grazie alle riserve di petrolio, ma il denaro raramente raggiungeva i comuni cittadini.
La Rivoluzione Bianca, però, concesse più diritti alle donne e perciò si fece molti nemici tra la popolazione Musulmana dominante.
Uno di questi era un ecclesiastico chiamato Ayatollah Khomeini, che era in aperta critica con lo Scià, che considerava un fantoccio dell'Occidente, e disprezzava le sue riforme.
Dopo aver insultato lo Scià, Khomeini fu prima messo agli arresti domiciliari e poi mandato in esilio.
Col passare degli anni il fuoco della rivoluzione crebbe, dato che le opposizioni laica e Islamista allo Scià si fecero più forti.
La miccia si accese nel 1978, lo Scià voleva negoziare con i manifestanti, e decise di togliere le limitazioni alla stampa e fermare la corruzione.
Tutto si calmò fino a quando un enorme attacco terroristico causato dagli Islamisti ma addossato allo Scià non riaccese la ribellione.
Le proteste crebbero, divennero violente, altre persone morirono, e alla fine l'economia andò in pezzi.
La salute dello Scià peggiorò, e l'influenza di Khomeini crebbe.
Alla fine lo Scià se ne andò e Khomeini tornò.
Dopo qualche conflitto interno la monarchia collassò, e i 2500 anni dell'era delle dinastie persiane ebbe fine.
Khomeini implementò la sua idea di stato Islamico e trasformò l'Iran in una teocrazia.
Il governo passò da un regime occidentale e moderno ad un regime Islamico anti-occidentale.
E se la Rivoluzione iraniana non avvenisse? La rivoluzione fu una reazione alle politiche occidentali dello Scià, molti nella società iraniana pensavano che lo Scià stesse attaccando l'Islam e la loro cultura, perciò, perché lo Scià mantenga il potere dovrebbe rallentare la modernizzazione.
Il cambiamento ci sarebbe comunque, ma sarebbe graduale.
Khomeini dovrebbe morire prima di diventare un leader influente, il risentimento contro lo Scià crebbe perché Khomeini soffiò con forza su quella fiamma, e il suo coinvolgimento accelerò la rivoluzione.
In questa TL alternativa Khomeini muore e qualsiasi ribellione non ha alcun leader prominente che la guidi.
Se lo Scià non cade, l'Iran continuerà a modernizzarsi, le imprese e le industrie internazionali investono nel paese proprio come facciamo noi in Cina.
Ottimisticamente, il gap nella ricchezza migliorerebbe, ma questo sta a voi deciderlo.
Lo Scià Mohammad Reza Pahlavi morirebbe come nella nostra TL, permettendo a suo figlio Reza Ciro Pahlavi di diventare re.
L'Iran rimarrebbe alleato e amico degli Americani per i decenni successivi.
Nella nostra TL la rivoluzione in Iran permise a Saddam di invadere il paese, ma questo risultò in uno stallo che predispose l'Iraq a invadere il Kuwait.
In questa TL la Guerra del Golfo non ci sarebbe, perché non ci sarebbe la Guerra Iran-Iraq a causa della mancata Rivoluzione iraniana.
Nel 21° secolo l'Iran sarebbe un alleato chiave nella guerra al terrore grazie ai suoi uomini e alle sue basi, e a causa di un evento simile all'11 Settembre invaderebbe l'Afghanistan assieme alle nazioni occidentali.
In questa TL alternativa l'Iran ha le armi nucleari, nella nostra TL durante gli anni '50 l'Iran iniziò un programma nucleare assieme agli USA chiamato Atomi per la Pace, se la rivoluzione non ci fosse oggi il governo degli Scià sarebbe dotato di armi nucleari.
In questa TL alternativa l'Iran sarebbe una nazione industrializzata, moderna come la Cina e occidentalizzata come il Giappone.
Non è facile prevedere se il governo sarà meno corrotto e come cambierà la società persiana nel 21° secolo, queste sono solo supposizioni, non conclusioni certe al 100%, ma teorizzare è interessante.
Le rivoluzioni in Iran cambiarono drasticamente il modo in cui sarebbe potuta essere la nazione.
Una disputa sul petrolio la portò sulla strada dell'amarezza e dell'isolamento, se la rivoluzione del 1953 non avesse avuto luogo, certamente non ci sarebbe stata nessuna teocrazia Islamica.
Fa strano pensare che uno dei principali avversari degli USA sarebbe potuto essere uno dei suoi più grandi amici.

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A questo punto, Andrea Mascitti ha proposto:

Il 12 ottobre del 1984 Patrick Magee, membro dell' IRA, fece esplodere una bomba al Grand Hotel di Brighton dove si stava svolgendo il Congresso del partito Conservatore a cui era presente anche la Thatcher allora primo ministro. L'ordigno era stato piazzato nella camera in cui aveva alloggiato Magee, proprio sopra la suite della conferenza della Thatcher. La Thatcher comunque non fu ferita. E se invece, nell'attentato la Thatcher avesse perso la vita, come si sarebbe evoluta la situazione?

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Così gli replica Federico Sangalli:

Dies IRA

"Declared Martial Law in Northern Island: violence erupted"
The Guardian, 19 ottobre 1984

"Ogni invasore inglese che porrà piede sulla terra della Libera Irlanda sappia che c'è un solo modo per andarsene: con i piedi in avanti!"
Comunicato ufficiale dell'IRA, 22 ottobre 1984

"....sì, avete sentito bene: una bomba è appena esplosa presso la Chiesa di San Pietro di Belfast, mentre era in corso la Messa natalizia. Le vittime paiono numerose, secondo le prime indiscrezioni dei comandi militari britannici. L'attacco, rivendicato dalle milizie protestanti unioniste come vendetta per l'assassinio della Premier inglese Margaret Thatcher, è il culmine di un autunno di violenze..."
Edizione notturna della CNN, 25 dicembre 1984

"Piangiamo oggi la morte del nostro confratello, il Vescovo Daly, e degli altri 31 fedeli periti nell'attacco di Natale, giorno della Nascita di Nostro Signore, portatore di pace. L'esempio di questi moderni martiri deve spingerci ad aprire il nostro cuore alla pace..."
Angelus Straordinario di Papa Giovanni Paolo II, 28 dicembre 1984

"Cahal Daly era un grande vescovo e il leader di quei cattolici che si opponevano alle violenze dell'IRA: il suo brutale assassinio non fece altro che infiammare la già precaria situazione"
Steve Frosby, Harvard University, autore di "Ireland, History of the British Vietnam (1979-1999)"

"...studio, qui la situazione è molto tesa, la polizia ci ha chiesto...[iniziano urla e tafferugli]... no, sembra che siano in corso degli scontr...[si odono i primi spari] Stanno sparando, oh Dio, stanno sparando! [si odono distinantamente le secche raffiche di mitraglietta dei blindati britannici. La gente corre tra le urla, la telecamera sobbalza violentemente, la reporter grida e cade la comunicazione]"
Registrazione del servizio di una troupe della NBC durante il Gran Massacro di Derry, 5 gennaio 1985

"Sixty-one dead: Derry in flames"
New York Times, 8 gennaio 1985

"Cazzo, George, lo so anch'io che gli inglesi sono i nostri migliori alleati, dannazione! La Thatcher mi piaceva, davvero, era forse il miglior Primo Ministro che l'Inghilterra avesse dai tempi del vecchio Wiston, ma Tip [O'Neil, Speaker della Camera] e Ted [Kennedy, Senatore del Massachusetts] stanno facendo fiamme d'inferno là al Congresso e non posso dargli torto. I miei nonni erano americani ed irlandesi e quegli idioti in uniforme hanno appena ammazzato sessanta civili irlandesi e una giornalista americana in diretta televisiva: Cristo, entro stasera l'americano medio vorrà la loro testa!"
Il Presidente Ronald Reagan al Vice-Presidente George Bush, Studio Ovale, Casa Bianca, Washington DC, USA, 9 gennaio 1985

"Eravamo soldati, facevamo quello che ci veniva ordinato, ma non eravamo pronti per questo. Nessuno di noi era mai stato in Vietnam, i cecchini, le trappole esplosive, le mine... Poi venne l'attacco alla caserma di Belfast, me lo ricordo bene, ero di guardia fuori, un lavoro brutto e schifoso, che ti lasciava esposto a tutti, ma ringrazio il Cielo per averlo avuto, se no non sarei sopravvissuto. Il primo colpo di mortaio colpì il locale mensa..."
Intervista a Mark Jordan Bronson, soldato del Settimo Northumberland, distaccato a Belfast nel febbraio 1985

"Onorevoli Colleghi della Camera dei Comuni,
sono triste nell'annunciarvi la morte di 79 soldati del Royal Army, Settimo Reggimento del Northumberland, nel proditorio attacco con i mortai contro la caserma militare di Belfast del 28 febbraio scorso. I primi pensieri del Governo di Sua Maestà vanno alle famiglie delle vittime, cadute nell'adempimento del loro dovere durante la difesa di questo grande paese contro il terrorismo. Il Governo non intende tuttavia limitarsi a blande parole di cordoglio ma ha tra le sue più ferme priorità annunciare a questa assemblea le misure che intende intraprendere per garantire la sicurezza del Regno: da oggi a mezzanotte tutte le misure di coprifuoco saranno inasprite e la frontiera con l'Irlanda sarà ufficialmente chiusa e sorvegliata militarmente da reparti dell'esercito; diecimila nuovi soldati, in particolare modo reparti altamente addestrati della SAS e dei Reali Reggimenti dei Parà, verranno dispiegati nelle prossime settimane in Nord Irlanda; secondo le disposizioni concordate con il comando militare, qualunque cittadino nordirlandese dovrà collaborare con le autorità militari preposte, ogni tentativo di resistenza sarà interpretato come fiancheggiamento dei terroristi e trattato di conseguenza; il governo irlandese è invitato a collaborare pienamente con le richieste inglesi riguardanti l'estradizione di soggetti sospettati di appartenere all'IRA, la lotta alla propaganda terrorista, le perquisizioni dei covi sud irlandesi dei fiancheggiatori con la partecipazione di unità investigative britanniche..."
Discorso del Primo Ministro William Whitelaw alla Camera dei Comuni, 4 marzo 1985

"Ordine, ordine! Vi richiamo all'ordine, Onorevoli Colleghi!" Tom Fitzpatrick, Presidente del Dáil Éireann, letteralmente Assemblea dell'Irlanda, Camera Bassa del Parlamento irlandese
[continuano gli insulti e le urla]
"Non voteremo mai qualcosa che possa pregiudicare la politica di pacifica neutralità da sempre adottata dalla sovrana Repubblica d'Irlanda, mai!" Dick Spring, leader del Partito Laburista irlandese
[continuano gli insulti nonostante le grida del Presidente Fitzpatrick]
Dibattito parlamentare presso il Parlamento irlandese, 9 aprile 1985

"Il Primo Ministro irlandese Fitzgerald era già ai ferri corti con i suoi alleati laburisti in una difficile gross koalition sul bilancio pubblico e aveva già perso i più nazionalisti con la sua politica di appeasement sulla questione dell'Ulster e i più liberali con la sua reticenza nell'appoggiare la legalizzazione di aborto e contraccettivi. L'ultimatum britannico fu solo il colpo di grazia"
Steve Frosby, Harvard University, in "Ireland, History of the British Vietnam (1979-1999)"

"Garrett Fitzgerald's Goverment falls: President Hillery calls for new elections"
Washington Post, 2 maggio 1985

"Vote Haughey or vote Britain!"
"Vote Fianna Fáil and british will fail!"
Slogan elettorali del Fianna Fáil ("Soldati del Destino") per le elezioni del giugno 1985

"Haughey wins in a landslide: tension grows in Ireland"
The Guardian, 9 giugno 1985

"...e lo faremo al solo scopo del bene indissolubile dell'Irlanda... e degli irlandesi! Viva l'Irlanda Libera! Viva l'Irlanda Unita!"
Discorso d'insediamento di Charles Haughey come Primo Ministro d'Irlanda, 24 giugno 1985

"Londra annuncia manovre militari nel Mar d'Irlanda dopo il rifiuto dell'ultimatum da parte del governo di Dublino"
Corriere della Sera, 11 agosto 1985

"...e ci colleghiamo di nuovo con il nostro corrispondente di Londra, dove, lo ripetiamo, un'autobomba dell'IRA è esplosa stamane nei pressi di Whitehall, sede del Ministero della Difesa..."
Edizione della CNN, 3 settembre 1985

"Un sondaggio mostra come la causa irlandese abbia il 49% di simpatia nel pubblico tedesco. In fondo, come a sottolinearlo pochi giorni fa il Presidente Hillery in visita a Bonn, siamo entrambe nazioni divise contro la nostra volontà"
Der Spiegel, 17 settembre 1985

"Un'autobomba è esplosa stamane a Cork, Irlanda: secondo la polizia locale obiettivo dell'attentato era Patrick Dubney, un ufficiale dell'Irish Republican Army, che è rimasto ucciso mentre usciva da casa sua. Altri quattro passanti, tra cui due donne di 74 e 46 anni, sono rimasti uccisi nell'esplosione. Rispondendo alle domande se il governo irlandese ritiene l'MI6 responsabile dell'attacco terroristico, il portavoce del Ministero degli Interni ha dichiarato..."
Edizione della CNN, 2 ottobre 1985

"L'Operazione Ruled Britannia, lanciata dal governo inglese nell'autunno 1985, era la versione britannica dell'Operazione Ira di Dio, lanciata dal governo israeliano contro i dirigenti arabi e palestinesi dopo l'Attentato delle Olimpiadi di Monaco da parte di Settembre Nero: giustificata? Forse, ma gli attentati terroristici su obiettivi spesso civili in nazioni estere e magari neutrali non sono mai stati molto popolari"
Steve Frosby, Harvard University, autore di "Ireland, History of the British Vietnam (1979-1999)"

"Dopo mesi di indagini, abbiamo le prove inoppugnabili che le armi usate dai terroristi dell'IRA nei brutali attentati di Brighton e Belfast sono armi fornire dai servizi segreti libici. Il Governo di Sua Maestà non intende rimanere insensibile a questa minaccia ai suoi cittadini né intende lasciare impunito un complice di questi assassini. Noi invochiamo dunque lo spirito del Trattato Atlantico e chiediamo la solidarietà delle altre nazioni occidentali per distruggere questa centrale del terrore"
Discorso del Primo Ministro William Whitelaw al termine dell'inaugurazione del Thatcher Brighton Memorial in occasione del primo anniversario dell'omonima strage, 13 ottobre 1985

"Questi attentati sono inaccettabili! Non potete bombardare le nostre strade in questo modo!"
"Non so di cosa stia parlando, Signor Ambasciatore, ma sono sicuro che la violenza diminuirebbe se permetteste alle nostre forze di entrare in Irlanda..."
Discorso tra l'Ambasciatore irlandese presso il Regno Unito e il Primo Ministro William Whitelaw, 19 ottobre 1985

"Due ordigni sono esplosi oggi verso l'ora di pranzo a Belfast, durante la parata per la commemorazione dei caduti protestanti nella Grande Guerra: 28 persone sono rimaste uccise, tra cui dieci civili e una donna incinta. L'attacco, rivendicato dall'IRA..."
Edizione della BBC, 8 novembre 1985

"Chiediamo perdono alle famiglie dei civili uccisi, il nostro bersaglio erano e restano le truppe inglesi che occupano l'Irlanda: spero che il Primo Ministro le ritiri prima di causare ulteriori, inutili lutti"
Comunicato dell'IRA, 9 novembre 1985

"Gheddafi killed during the Tripoli bombing; President Reagan says: Mission Accomplished"
Washington Post, 14 novembre 1985

Numero 10 di Downing Street, Londra, Regno Unito, 20 novembre 1985
William Whitelaw, Primo a Ministro del Regno Unito "Ciò che è successo è sconveniente, dobbiamo accelerare i nostri piani. Cominciate a dispiegare le truppe"
Generale Edwin Bramall: "Milord... tutto ciò è...legale?"
Whitelaw "Io lo renderò legale!"

"Se gli irlandesi non vengono agli inglesi, gli inglesi andranno dagli irlandesi"
Anonimo funzionario del Ministero della Difesa britannico, inverno 1985

"Libya turns in chaos after Gheddafi's death: Italy asks for a UN Peace Mission"
New York Times, 24 novembre 1985

"Detto fra noi, credo che questa faccenda abbia ormai superato la fase dei negoziati"
Anonimo diplomatico del Dipartimento di Stato USA, commentando l'Incidente del Mar d'Irlanda, 30 dicembre 1985

Numero 10, Downing Street, Londra, 26 febbraio 1986
Generale Edwin Bramall "Sir, una comunicazione da Dublino: è il Presidente Hillery in persona"
[sullo schermo compare l'immagine del leader irlandese]
Primo Ministro di Gran Bretagna William Whitelaw "Ci rincontriamo, Signor Presidente. Il Regno Unito ne é lieto"
Presidente della Repubblica d'Irlanda Patrick Hillery "Non sarà lieto quando sentirà ciò che ho da dirle, Signor Primo Ministro. Il vostro blocco è finito. Ho ricevuto notizia che il Congresso americano sta finalmente votando in merito alle vostre minacce"
Whitelaw "Mi pare di capire che ne conosca già l'esito. Mi domando perché si disturbino a votare"
Hillery "Basta con questa farsa, Signor Primo Ministro. So che gli ambasciatori delle Nazioni Unite sono lì da lei in questo momento e che le è stato ordinato di raggiungere un accordo"
Whitelaw "Non so nulla di ambasciatori. Lei si sbaglia"
Hillery "Stia attento, Signor Primo Ministro... Il Regno Unito sta passando il segno questa volta"
Whitelaw "Mister Hillery, non faremmo mai nulla che sia contro la volontà dell'ONU. Lei è in errore"
Hillery "Staremo a vedere"
[la comunicazione si interrompe]
Bramall "Pensa che sospetti un attacco, Sir?"
Whitelaw "Non lo so, ma dobbiamo sbrigarci a interrompere tutte le loro comunicazioni"

Áras as Uachtaráin, residenza del Presidente d'Irlanda, Dublino, Repubblica d'Irlanda, 26 febbraio 1986
[il Presidente della Repubblica Hillery, il Primo Ministro Haughey e il Ministro della Difesa Jim McDaid stanno parlando con il Senatore Ted Kennedy, in collegamento da Washington DC]
Kennedy "Com'è possibile? Il Presidente mi ha dato assicurazioni... i suoi ambasciatori sono arrivati!"
[l'immagine inizia a offuscarsi mentre un crepitio elettrostatico disturba le parole]
"Deve essere la...negoziare..."
[cade la comunicazione]
Hillery "Senatore Kennedy! Cosa succede?"
McDaid [rivolgendosi agli assistenti] "Controllate i generatori di trasmissione!"
Haughey "Un interruzione delle comunicazioni può voler dire solo una cosa: invasione!"
Hillery "Non salti alle conclusioni, Signor Presidente. Il Regno Unito non oserebbe tanto"
McDaid "Le Nazioni Unite imporrebbero loro delle sanzioni e sarebbero rovinati"
Hillery "Dobbiamo continuare a contare sui negoziati"
Haughey "Negoziati?Non possiamo più comunicare! E dove sono finiti gli ambasciatori? Come facciamo a negoziare?!?"
McDaid "Questa è una situazione pericolosa, Signor Presidente. Le forze armate della Repubblica non possono competere con il Royal Army"
Hillery "Non giustificherò una linea d'azione che ci porti alla guerra!"

"Alle ore 7 di questa mattina unità aeree della Royal Air Force e navali della Royal Navy hanno iniziato un bombardamento esteso contro obiettivi sensibili sul suolo della Repubblica d'Irlanda. Un portavoce del governo inglese ha precisato come si tratti di un'offensiva diretta contro gli impuniti covi dell'IRA su suolo irlandese. Ci colleghiamo quindi con Dublino, dove i bombardieri della HMS Ark Royal hanno colpito la centrale telefonica..."
Edizione della CNN, 27 febbraio 1986.

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E Tommaso Mazzoni aggiunge:

Da brividi; mi si permetta una sola chiosa.

1987: dopo un anno di bombardamenti la situazione umanitaria in Irlanda è terribile, ma gli attentati si sono moltiplicati; le sanzioni internazionali stanno mettendo in ginocchio l'economia del Regno Unito;
Da ormai cinque mesi Whitelaw rifiuta di riferire settimanalmente alla Regina.
All'improvviso, durante l'ennesima seduta fiume del parlamento, le porte della sala si aprono e sua Maestà entra, con indosso la corona, e accompagnata da Filippo e da Carlo in divisa militare; alle proteste dello Spekerper questa irritualità sua Maestà risponde "Siamo veramente dispiaciute di dover violare in tal modo le consuetudini; ma il nostro gesto è motivato da una, ed una sola ragione! L'amore per questo nostro regno; l'atto che ci apprestiamo a compiere è, ce ne rendiamo contro, un atto grave, ma in quanto sovrano di questo regno Unito, noi non possiamo più tollerare la continuata sofferenza dei nostri sudditi! E non la tollereremo!" Guardando Whitelaw con sguardo di ghiaccio la Regina disse "nel rispetto dell'atutorità di questo parlamento, noi, Elisabetta, II del Nostro Nome, Regina del Regno Unito e dei Reami del Commonwealth, capo del Commonwealth e Difensore della Fede chiediamo l'immediata sfiducia per il Primo Ministro, e la sua messa immediata sotto accusa, per aver abusato del suo potere, e trascinato il Regno in una guerra illegittima, senza il consenso né nostro, né del popolo del Regno Unito!" Dai banchi dell'opposizione, si levano immediatamente applausi, ai quali si uniscono, timidamente anche una buona parte della maggioranza. William Whitelaw è immediatamente sfiduciato e arrestato. Sarà processato dalla Camera dei Lords e condannato all'ergastolo.
Un nuovo governo di unità nazionale raggiungerà la pace con l'Irlanda; Nel 1988 un Referendum sancisce l'unione dell'Irlanda del Nord all'Eire come regione a statuto speciale; le elezioni anticipate consegnano ai Laburisti il paese.

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Ora cediamo la parola ad Ipotetico Sole:

L'ucronia di Jimmy Carter

Quella che propongo ora è una ucronia che ipotizza la rielezione a presidente degli Usa nel novembre 1980 di Carter, l'ex governatore della Georgia democratico, che fu eletto nel 1976 e sconfitto nell'80 da Ronald Reagan. Carter fu paladino dei diritti civili e fautore di una politica energetica che doveva puntare su altre risorse oltre il petrolio. Un personaggio insomma sconvolgente ma rassicurante per l'America postnixoniana.  

Come sarebbe stato il suo secondo mandato? Sarebbe riuscito a far dimenticare agli americani l'insuccesso di Teheran, dove non riuscì a liberare gli ostaggi dell'ambasciata? Sarebbe riuscito a dialogare con Gorbaciov?Avrebbe riaperto con la Cina? chissà...

4 novembre 1980: Jimmy Carter, nonostante i sondaggi lo dessero sfavorito, riesce a recuperare il gap dallo sfidante repubblicano, l'ex attore Ronald Reagan. Vince in California, Texas, Nebraska, New York e in altri importanti stati.

20 gennaio 1981: inizia il secondo mandato di Carter. Nel suo discorso d'insediamento il riconfermato presidente Usa afferma che L'Urss è arrivato al capolinea e che ora che il destino dei paesi satelliti di Mosca si separi da quello dello stato sovietico.

22 gennaio 1981: Una nota del Cremlino, definisce "drammatica" l'affermazione del presidente americano, ma nella stessa notte Leonid Breznev muore d'infarto.

24 gennaio 1981: A Mosca si elegge il nuovo segretario PCUS, Mikahil Sergeevic Gorbaciov. Carter, consigliato anche dall'ambasciatore americano in terra russa, decide di prendere contati segreti col nuovo leader sovietico.

12 aprile 1981: Gorbaciov annuncia la convocazione di un nuovo congresso del partito e la discussione di un ritiro dalla Polonia delle truppe sovietiche.

1° maggio 1981: Carter, in visita in Gran Bretagna, elogia il sorprendente passo di Gorbaciov e annuncia che è pronto a invitarlo in America per un vertice sulla questione degli armamenti nucleari.

2 maggio 1981: Gorbaciov accetta l'invito di Carter, ma chiede che si svolga in Svizzera, per non dare segni di cedimenti interni.

13 maggio 1981: A Roma, in piazza san Pietro, viene arrestato un terrorista turco, Alì Agcà, che stava per sparare al Papa polacco. il militante dei Lupi grigi confessa di essere stato assoldato dal Kgb.

14 maggio 1981: Gorbaciov, a seguito dello scandalo legato alla confessione di Agca, decide di sospendere le trattative per la fissazione di un incontro al vertice con Carter, ma allo stesso tempo ordina l'arresto dei dirigenti del suo servizio segreto.

23 maggio 1981: Giovanni Paolo II decide di rilanciare il dialogo Est-Ovest e invia il suo segretario di Stato, il cardinale Agostino Casaroli in Russia, per portare un messaggio a Gorbaciov. Il segretario generale accetta e rende pubblico il messaggio, che prevede il patrocinio del Vaticano per un vertice da tenersi per giugno nella città di Assisi. Il governo italiano è d'accordo.

25 maggio 1981: Carter accetta la proposta lanciata dal Vaticano e annuncia il suo viaggio in Italia per il 2 giugno.

2 giugno 1981: I due leader delle superpotenze arrivano nella città umbra. Ad aspettarli è il segretario di Stato dello stato vaticano, Casaroli. Si decide, alla fine di reincontrarsi entro la fine dell'anno in Unione Sovietica.

13 dicembre 1981: Gorbaciov accoglie Carter a Mosca. Sul tavolo la proposta di disarmo sulle armi nucleari strategiche a corta gittata nello scenario europeo. L'Urss chiede lo smantellamento dei siti in Italia e in Germania fornendo in cambio l'assicurazione del disarmo degli SS 20. Carter propone a Gorbaciov un ritiro congiunto delle truppe Nato-Patto di Varsavia dalle due Germanie.Gorbaciov accetta.

15 dicembre 1981: Viene firmata l'intesa del Cremlino. Smantellamento degli euromissili e ritiro delle truppe dalla Germania sono i due punti chiavi. Schmidt, il cancelliere socialdemocratico tedesco è personalmente contrario all'abbandono delle truppe americane dal suolo della RFT, ma decide di dare fiducia a Carter e appoggia la proposta.

20 dicembre 1981: Erick Hoenecker viene contestato dal suo nucleo dirigente. un giovane attivista della Sed, Gregor Gysi, pur riconfermando la fiducia nel partito, dice che è ora che termini il monopolio dello stesso nella vita pubblica e politica della DDR.

22 dicembre 1981: cade il Muro di Berlino. Hoenecker, dopo avere ordinato ai Vopos di sparare sulla folla che si accalcava alle spalle della porta di Brandeburgo, viene destituito. I varchi vengono lasciati aperti e i soldati dell'est solidarizzano con quelli dell'Ovest.

23 dicembre 1981: Gorbaciov e Carter affermano in due distinte dichiarazioni che la Guerra Fredda è finita. Gorbaciov propone lo scioglimento del suo partito e la nascita del Partito Socialista democratico dell'Urss e convoca la creazione di una assemblea costituente per il 1982. Carter invita Gorbaciov a visitare gli Usa per l'anno successivo e afferma che da questo momento in poi nascerà una politica diversa in Europa.

12 febbraio 1982: il generale Jaruszelski, capo di stato provvisorio in Polonia, convoca Lech Walesa a Varsavia e gli affida l'incarico di formare un governo misto comunisti-solidarnosc per preparare una assemblea costituente per giugno. L'ex elettricista di Danzica, accetta a sorpresa l'incarico, nonostante qualche mese prima, il militare lo avesse fatto arrestare.

14 febbraio 1982: Cadono tutti i regimi dell'Europa Orientale. Gorbaciov dichiara che L'Urss considera "morta" la dottrina Breznev. Ritorna dall'esilio Sacharov.

11 luglio 1982: Si vota in Urss per l'assemblea costituente. Il partito socialdemocratico di Gorbaciov ottiene il 44,4% dei voti mentre l'Alleanza per la Russia, movimento liberale guidato da Sacharov ottiene il 47%. Si decide di adottare la formula del "passo condiviso". I due partiti governeranno l'Urss fino a quando non sarà stato completato il ritiro dall'Afghanistan, altra spinosa questione che Gorbaciov ha ereditato da Breznev.

25 luglio 1982: La Cina Popolare a sorpresa attacca l'Urss dalla Siberia, lanciando un massiccio bombardamento aereo a Vladivostock. Il governo di Pechino ha paura che il nuovo corso di Mosca possa far cadere il regime.

26 luglio 1982: Scatta l'offensiva convenzionale dell'Urss. si decide di bombardare dei porti militari sul Pacifico, ma allo stesso tempo si rimette la questione all'Onu.

26 luglio 1982: Carter, decide di lanciare un ultimatum alla Cina. Completo ritiro delle navi e dei sommergibili al largo di Vladivostock pena altrimenti una reazione "esemplare". Gorbaciov ringrazia gli Usa di questo inatteso sostegno.

27 luglio 1982: La Cina, violando l'ultimatum carteriano decide di far esplodere una atomica a Vladivostock. Carter ordina ai bombardieri nucleari americani di tenersi pronti per una reazione in caso di un attacco agli Usa. Gorbaciov, a malincuore, decide di passare alla risposta nucleare. L'attacco è minimo, ma è teso a eliminare tutte le basi aeree e missilistiche. La Cina conterà alla fine di questa assurda guerra nucleare locale, ben 200 milioni di morti.

28 luglio 1982: Carter decide di inviare truppe americane in Cina per soccorrere le popolazioni colpite e allo stesso tempo invita Gorbaciov a dimettersi.

29 luglio 1982: Gorbaciov rassegna le dimissioni e Presidente dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche democratiche diventa Andrej Sacharov. Sacharov nel suo primo discorso da Capo dello Stato ricorda che se Gorbaciov ha sbagliato, la vera colpa è del governo di Pechino che ha voluto lo scontro e ha distrutto Vladivostock.

1° dicembre 1982: Le truppe sovietiche democratiche si ritirano dall'Afghanistan.

2 dicembre 1982: Un regime teocratico guidato dal giovane 26enne saudita Laden prende il potere a Kabul.

21 gennaio 1983: L'Iran riesce a sfondare a Bassora. il regime di Saddam Hussein cade e il dittatore viene ucciso in un complotto di palazzo. L'ayatollah Khomeini ordina l'instaurazione di un nuovo regime teocratico a Baghdad.

23 febbraio 1983: Israele viene attaccata da Siria e da Iran. Gli Usa di Carter decidono di difendere lo stato ebraico ma prima chiedono al governo di Begin, l'impegno per la creazione di uno stato palestinese. La richiesta viene firmata segretamente a Roma dal ministro degli esteri del Likud Sharon.

25 febbraio 1983: Dalle basi italiane e inglesi viene lanciato un bombardamento americano su Damasco e Teheran che dura 3 mesi continuati. In uno di questi perde la vita Khomeini. L'Ursd decide di attaccare l'Iran.

27 febbraio 1983: cade il regime teocratico degli ayatollah. Ritorna in Iran il figlio dello Scià, Ciro, che decide di convocare una assemblea costituente per decidere entro la fine dell'anno se l'Iran rimarrà repubblica ( seppur democratica e di stampo occidentale) o ritornerà ad essere una monarchi.

23 maggio 1983: Carter incontra Sacharov a Napoli, all'interno della Base Nato. Questioni in ballo sono la decisione americana di inglobare nella Nato entro 10 anni, i paesi dell'est. Sacharov, personalmente favorevole, deve comunque sottostare ad una opinione pubblica profondamente delusa dal nuovo corso, per via dei disagi economici. Carter avvia il Piano "Vance" per la ricostruzione della Ursd e dell'europa orientale. Sacharov torna a Mosca da trionfatore.

febbraio 1984: Iniziano le Primarie per decidere nel Partito Democratico, il successore di Carter. Walter Mondale, il vice presidente, avanza la sua candidatura, ma anche il governatore di New York Mario Cuomo si fa avanti. Nel Partito Repubblicano George Herbert Bush, classe 1924, decide di candidarsi, dopo avere sfiorato la vicepresidenza 4 anni prima.

luglio 1984: Nel Partito Democratico il Ticket Presidenziale é Cuomo Presidente-Bill Clinton (38 anni, governatore dell'Arkansas) vice presidente.

agosto 1984: Per i Repubblicani è Bush-Dole il ticket da proporre agli elettori.

2 novembre 1984: Mario Cuomo batte Bush e diviene il successore di Carter.

20 dicembre 1984. Mario Cuomo muore improvvisamente. Bill Clinton assume i suoi poteri come presidente eletto.

20 gennaio 1985: Bill Clinton, a sorpresa, giura a soli 39 anni come Presidente Usa. Il suo vicepresidente è l'altrettanto giovane senatore del Connecticut, Al Gore.

Ipotetico Sole

 

Questa è la risposta di William Riker

La tua ucronia è davvero interessante, Angelo, per vari motivi. Anzitutto assorbe e fagocita quella da te tentata in caso di morte di Wojtyla nell'attentato del 1981, perchè qui semplicemente l'attentato è sventato: mostra le conseguenze politiche di un terremoto sia in casa USA che in casa URSS; toglie di mezzo Reagan (che come interlocutore di Gorbachev non era credibile) e lo sostituisce con il ben più moderato Carter; imprime un'accelerata agli eventi cui noi abbiamo assistito dieci anni più tardi; fa sì che Gorbachev e Clinton prendano il potere con largo anticipo; "taglia" di dieci anni il comunismo mondiale anche se riduce in esso il ruolo di Giovanni Paolo II; favorisce la pace tra Palestinesi ed Israeliani; conferisce al falco Sharon l'aureola della Colomba; e non manca di far notare le nuove politiche energetiche volute da Carter (non tutti lo sanno ma, come me, era laureato in ingegneria nucleare), che poi Reagan abolì. Unica cosa: il povero Cuomo vive molto meno di quanto accade nella nostra linea temporale. Il secondo presidente cattolico e primo italoamericano governa solo per due mesi. Sniff!

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Anche Never75 ha la sua proposta:

Ho appena finito di leggere il fumetto "Watchmen", di Alan Moore (quello di "V per Vendetta"). In questo caso l'ucronia-distopia è data dal POD che gli USA (a causa di Mr. Manhattan e dei suoi poteri straordinari) sono ai tempi della guerra fredda una superpotenza di gran lunga superiore all'URSS e pertanto vincono nel Vietnam. Nixon riesce a farsi eleggere presidente per il terzo mandato. L'URSS, più debole, deve ritardare l'invasione dell'Afghanistan ma sconfina nel Pakistan e questo rischia di scatenare la terza guerra mondiale. E se tutto questo si realizzasse davvero?

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A questo punto, Generalissimus ha tradotto per noi altre ucronie:

L'ucronia senza Ronald Reagan

Ah, Ronald Reagan, per alcuni è un difensore della libertà senza compromessi che grazie al suo comportamento saggio ha distrutto il Comunismo e portato l'America in un'età dell'oro fatta di doppi archi dorati, per altri è una figura che ha creato i problemi attuali e l'ineguaglianza economica che vediamo tra le classi.
Non importa chi sei, devi ammetterlo: Reagan, o perlomeno la sua amministrazione, ha influito direttamente sull'America sia politicamente che culturalmente, dando vita alle idee sulle quali dibattiamo costantemente.
Perciò, e se lo eliminassimo dalla storia? E se Ronald Reagan non diventasse mai Presidente degli Stati Uniti? Diciamo che perde le elezioni contro Carter (sopportatemi), perde le primarie contro un altro candidato Repubblicano o non si candida mai di persona, come cambierebbe ciò il mondo e, cosa più importante, l'America? Sto scherzando (no, non scherzo).
Ma prima di poter discutere dello scenario alternativo, ecco un po' si contesto: nelle elezioni del 1980 la gara era tra Jimmy Carter, che voleva ottenere un secondo mandato, e l'ex attore e governatore Repubblicano della California Ronald Reagan, il cui ottimismo carismatico riguardo al futuro dell'America conquistò molti cuori.
Tra i due ci fu un testa a testa… No, ho mentito, Reagan stravinse alla grande.
Lo spirito di Reagan mise completamente in ombra l'umile Jimmy Carter, che era diventato il volto della crisi petrolifera, della crisi degli ostaggi e di molte altre crisi degli anni '70.
Il 20 Gennaio 1981 la presidenza di Reagan vide l'immediato rilascio degli ostaggi in Iran.
Il motivo del loro rilascio è ancora dibattuto oggi, ma non è questo il punto, quello che simbolizzò è che le cose sarebbero andate in modo molto diverso, e così fu.
Il mantra dell'amministrazione Reagan era riportare l'America ad un'epoca più semplice: "Make America Great Again".
Sì, era davvero quello il loro motto.
Per parafrasare il suo discorso inaugurale, Reagan vedeva il governo come il principale difensore dei diritti americani e il modo migliore per proteggere la libertà era mettere dei limiti al governo.
Ma questo accadde davvero? Ehhh… L'amministrazione di Reagan in realtà non ridimensionò il governo nel complesso, ma, come avevano fatto tutte le amministrazioni dai tempi di FDR, ridefinì semplicemente quali erano le aree in cui il governo doveva fare spese prioritarie.
Nel 1981 furono implementati tagli alle tasse, ci fu una deregolamentazione per le compagnie e le spese militari arrivarono a picchi mai visti prima.
Le politiche dell'amministrazione Reagan promossero l'idea che l'America non stava perdendo solo la sua identità a causa del crescente coinvolgimento del governo, ma anche la sua identità culturale e religiosa, ma ciò che promuoveva principalmente Reagan era una nuova rinascita del capitalismo americano.
Tenete in mente che era stato eletto dopo gli anni '70, che non furono certo famosi per la loro prosperità economica, perciò la gente voleva un cambiamento.
Diffuse un'idea nota come Reaganomics, che è troppo complessa da poter spiegare in un video di due minuti, ma le sue caratteristiche principali furono un drastico taglio delle tasse per gli Americani, specialmente quelli ricchi, e una forte deregolamentazione economica per le imprese.
Oggi questa idea fa ancora parte dell'economia ed è estremamente controversa, perciò non ne parlerò.
Molte persone associano Reagan alla sua forte posizione anticomunista.
Invece di contenere il Comunismo Reagan ebbe l'idea di allargare le crepe nel regime Sovietico: incrementò le spese militari su una scala senza precedenti per "mandare in bancarotta i Sovietici", e queste enormi forze armate sono ancora in giro oggi; propose il programma Strategic Defense Initiative, con laser spaziali e altre cose, che spaventò i Sovietici e li fece sedere al tavolo dei negoziati.
Per semplificare al massimo la presidenza Reagan, quando lasciò l'incarico nel 1988 gli USA avevano visto anni di crescita economica quasi senza precedenti, milioni di nuovi posti di lavoro, un movimento conservatore rivitalizzato, tasse più basse e un'Unione Sovietica sull'orlo del collasso.
Forza squadra.
Molti attribuiscono questo successo solo alla leadership di Reagan, cosa che ancora oggi è motivo di dibattito, perciò diciamo che tutto questo non accade: e se Reagan non diventasse mai presidente? In questo scenario alternativo Reagan non corre mai per la presidenza (dico questo solo perché non riesco a pensare ad alcun motivo per il quale possa perdere, i suoi sfidanti furono Carter alle presidenziali e Bush nelle primarie, quindi non ebbe mai sfidanti seri).
Ora, che lui non corra è molto improbabile dato che nella nostra TL quasi sconfisse il presidente in carica Gerald Ford nelle primarie del 1976 di quattro anni prima, ma rimanete con me: è il 1980, un 1980 alternativo, Reagan non corre per la presidenza e le elezioni sono fra il Presidente Jimmy Carter, che ha guidato un'amministrazione non eccelsa e che non ha la migliore reputazione, e il candidato Repubblicano George H. W. Bush.
Dato che Reagan non si è mai candidato è stato Bush a vincere le primarie, ed è lui che affronta Carter alle presidenziali.
Tenetelo a mente, il ricordo della crisi petrolifera e dell'Iran sono ancora radicati nelle menti del pubblico americano, quindi Carter non avrebbe avuto nessuna possibilità contro chiunque avesse corso contro di lui.
In questo scenario alternativo, George H. W. Bush viene eletto presidente nel 1980.
Invece dello spirito vanitoso e da despota di Reagan l'amministrazione Bush è più riservata, ma comunque ottimista, e mentre il carattere di Reagan si adattava al nuovo spirito degli anni '80, Bush sarebbe in forte contrasto con la nuova era: dotato di una forte volontà, intelligente, ma anche silenzioso, questa nuova amministrazione potrebbe sembrare sconnessa dalla gente.
Le idee di Reagan erano così influenti che c'è un motivo per il quale si parla di Rivoluzione di Reagan, non si trattò di una semplice legislazione, fu un cambiamento nell'atteggiamento del paese.
Reagan ridefinì il modo in cui gli Americani vedevano il loro paese, in contrasto con gli anni '60 e '70, creò un nuovo tipo di nazionalismo, concentrato sulla moralità, la fede e la forza.
In questo scenario alternativo non c'è nessuna Rivoluzione di Bush, non c'è nessun cambiamento culturale come con Reagan.
Sì, la gente si sente economicamente meglio negli anni '80, ma il substrato culturale della nazione non cambia.
Bush, anche se era religioso, non credeva che far diventare la religione una questione politica fosse una cosa buona, mentre Reagan… Oooh, Reagan la rese una cosa normale per una generazione.
In quest'era Bush alternativa degli anni '80 non c'è alcuna massiccia rinascita del conservatorismo religioso, e questo ci porta all'oggi alternativo: i movimenti Evangelici non ottengono l'attenzione del pubblico generale o il potere come nella nostra TL.
Reagan ridefinì il conservatorismo morale, e utilizzò la sua immagine per promuoverlo, Bush, anche se era molto orientato verso la famiglia e guidato da una morale, non aveva il carisma per rendere queste idee popolari.
Essendo un attore, Reagan rese popolari le politiche morali facendole sembrare sincere.
Il presidente alternativo Bush verrebbe visto come un burocrate, servì come ambasciatore alle Nazioni Unite e come direttore della CIA, perciò il suo campo d'azione era la politica estera, era noto per interessarsi poco ai problemi interni (io probabilmente farei lo stesso, perciò non prendetevela troppo con lui).
Questa mancanza di una mentalità interna andò bene nel 1988, quando l'economia stava già vedendo un boom, ma nel 1980 si dimostrerebbe più un problema.
Ciò che verrebbe influenzato sarebbe l'economia, senza Reagan non ci sarebbe la Reganomics, ma la Reaganomics promosse un'idea nota come supply-side economics, che come ho detto prima è il "tagliare le tasse ai ricchi e deregolamentare".
Non inizierò un dibattito su se la supply-side economics abbia causato il boom degli anni '80, perciò non ne parlerò in questo scenario, ma Bush non era un fan di questo modello economico, infatti lo chiamò "economia voodoo".
Perciò in questa TL alternativa questo cambiamento economico non prende mai piede, e senza quest'azione il recupero degli anni '80 non è così forte.
Certo, l'economia può comunque recuperare, c'è un cambiamento nel modo in cui la gente consuma, vende e compra le cose, l'economia potrebbe perfino fiorire sotto Bush, solo non nel modo in cui ha fatto in HL.
Senza il nuovo ottimismo speranzoso di Reagan che equiparava il nuovo decennio ad una nuova alba non c'è il drastico cambiamento di attitudine rispetto agli anni '70.
Bush è ottimista, ma senza l'arte del vendere non riesce a diffondere il suo ottimismo, anche se l'economia va meglio non c'è la mentalità da "nuovo giorno".
Molti aspetti negativi degli anni '70 vengono trasferiti e hanno effetti duraturi sulla coscienza americana.
A proposito di effetti duraturi, parliamo dell'URSS: senza Reagan, cosa accade all'URSS? Anche se Reagan era un forte anticomunista ed incrementò le spese militari, non contribuì completamente alla caduta dell'Unione Sovietica, furono gli stessi Sovietici a danneggiarsi da soli.
Anche se i motivi specifici del perché l'Unione Sovietica è caduta sono oggetto di dibattito, è comunemente accettato che Reagan non la distrusse completamente, ma grazie alla sua pressione aggressiva sui Sovietici aiutò a velocizzare il processo almeno di un anno o due.
Il sistema Sovietico stava praticamente soffocando e Reagan mise il piede sul suo collo per accelerarne il decesso, quindi l'Unione Sovietica cade comunque intorno ai primi anni '90 come nella nostra TL.
In questi anni '80 alternativi gli Stati Uniti hanno una politica molto simile sotto il Presidente Bush, ma ci sono meno vanterie e più realismo.
Bush fa scendere la libertà da 10 ad un 8: gli USA sostengono comunque i Mujaheddin, finanziano comunque gruppi anticomunisti in tutto il mondo e invadono comunque i paesi che ritengono necessario invadere, perciò certe cose non cambiano mai.
È il 1988 alternativo, il Presidente Bush ha sicuramente ottenuto un secondo mandato perché, anche se non ha la teatralità drammatica della Nuova America di Reagan è stato comunque un presidente di successo.
La sua amministrazione ha visto dei successi diplomatici, un progresso nelle relazioni con l'URSS e nel disgelo della Guerra Fredda simile al nostro, perciò lascia l'incarico con l'immagine di presidente di successo.
La nuova domanda comunque è: chi prenderà il suo posto? Se Bush è stato un buon presidente allora il suo successore, un Repubblicano, avrebbe buone probabilità di vincere.
In questa TL alternativa diciamo che è Bon Dole a diventare Presidente degli USA nel 1988.
Ora, questa è solo una predizione, ma abbiamo bisogno di qualcuno al comando.
La presidenza di Dole vedrà la caduta dell'Unione Sovietica, la frammentazione della Jugoslavia, la Guerra del Golfo e una nuova alba del terrorismo Islamico.
Prima la Guerra del Golfo: Saddam invade il Kuwait perché è in una brutta situazione dopo la Guerra Iran-Iraq.
Ovviamente la Guerra del Golfo avviene comunque, l'Iraq viene battuto, forza America.
Ma adesso Dole deve decidere se esautorare Saddam oppure no.
Bush, grazie alla sua esperienza in politica estera, sapeva che invadere l'Iraq avrebbe causato una tremenda destabilizzazione (immagino che questo non sia genetico), Dole in questo scenario è un po' una wild card, non possiamo predire come agirà e c'è la possibilità che gli USA invadano l'Iraq e rovescino Saddam nel 1991.
Tenete in mente che non c'è nessun 11 Settembre, quindi l'invasione dell'Iraq non avviene per via delle armi di distruzione di massa, ma perché Saddam ha invaso un altro paese, il che ha senso (almeno all'inizio).
Perciò cosa accade all'Iraq? Beh, dipende da una cosa: se gli USA non dissolvono il Partito Ba'th e le forze armate irachene allora non c'è nessuna insurrezione, ma se il presidente Repubblicano decide di farlo comunque, allora abbiamo un problema.
In questa TL alternativa senza Reagan, non c'è Bush alla presidenza nel 1991, ma qualche Repubblicano a caso una cui singola decisione potrebbe alterare la politica estera degli anni '90.
Gli anni '90 potrebbero non essere un periodo di crescita per gli USA, ma potrebbero vedere la nascita in anticipo dei problemi degli anni 2000.
La politica da seguire in Medio Oriente potrebbe diventare una questione centrale degli anni '90, ma è improbabile che avvenga l'11 Settembre.
Il terrorismo non diventa un nemico improvviso, ma un nemico che gli USA stavano già combattendo.
Il terrorismo si espande in Afghanistan, Somalia, Yemen ecc., se i foreign fighters arrivano in Iraq per combattere gli USA le loro organizzazioni vennero prese di mira in tutto il mondo.
Gli USA sul piano internazionale sono meno isolati in questi anni '90 alternativi.
La Jugoslavia si frammenta comunque, ma i conflitti successivi sono connessi alla politica estera americana.
Forse c'è qualche azione più immediata per fermare il diffondersi di terrorismo ed estremismo.
Se Bob Dole (o chiunque altro) invade l'Iraq e finisce in un pantano, non viene rieletto e probabilmente toccherà a Bill Clinton ripulire il macello.
Questa è solo una predizione a caso, potrebbe anche essere eletto un altro candidato democratico, perciò chissà? Ma quello che certamente cambia è che i 2000 non sono un decennio definito dall'11 Settembre, dal terrorismo e dall'Iraq, ma sono un periodo di recupero e di ottimismo speranzoso dopo una guerra nel Golfo Persico e tutto questo accade perché un uomo non è diventato presidente.
Cambia l'ordine di successione e alla fine vengono influenzate la mentalità nazionale, la cultura e le vite americane.
Comunque, questo era solo uno scenario, non sapremo mai davvero come le cose sarebbero potute andare se Reagan non fosse mai diventato presidente, ma fare teorie è divertente.

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E se Stanislav Petrov non fosse stato al suo posto?

Guardando indietro alla Guerra Fredda, quei quattro decenni di tensioni tra USA e URSS, è davvero sorprendente che siamo riusciti a superarla indenni.
Entrambe le parti si odiavano l'un l'altra, ma erano troppo potenti per combattersi, perché sapevano che ciò avrebbe portato alla fine di tutto (perciò ben fatto, umanità, non siamo diventate scimmie radioattive).
Ma è anche spaventoso sapere quanto ci siamo andati vicini, o a causa di crisi politiche o di incidenti (e no, per "incidenti" non intendo qualcuno che inciampa e cade sul bottone rosso).
Semplici problemi tecnici dei computer o errate comunicazioni portarono quasi alla fine del mondo diverse volte, ma grazie alla semplice fortuna ce la siamo cavata e non ci siamo fatti saltare in aria.
Evviva! Ma cosa succederebbe se in una TL alternativa lo avessimo fatto? La Guerra Fredda si chiama Guerra Fredda perché non è mai diventata calda.
"Wow, grande osservazione, te li meriti tutti quegli iscritti".
"Diventare calda" per molti vuol dire guerra nucleare, poi muoiono tutti (e i terminator conquistano il mondo), ma è molto più complesso di così, la storia non finisce quando vengono premuti i bottoni (e no, non sto parlando di Fallout).
In questa TL alternativa, da qualche parte nel 20° secolo, quel giorno arriva e muoiono milioni di persone.
La Guerra Fredda occupa quasi la metà del 20° secolo e durante quel periodo cambiarono le armi atomiche, la politica, la tecnologia militare, avete afferrato il concetto, perciò gli effetti di una guerra nucleare dipendono interamente dal decennio in cui scoppia.
In questa TL alternativa è il 1983, la Guerra Fredda si è di nuovo riscaldata quando l'anticomunista Ronald Reagan ha chiamato l'Unione Sovietica "impero del male".
I Russi sono paranoici e il Cremlino teme che all'orizzonte possa esserci qualcosa di terribile.
Il 26 Settembre 1983 il sistema di allerta nucleare di una base nucleare segreta da qualche parte nell'Unione Sovietica si attiva.
Due volte.
Uno dei satelliti spia rileva il lancio di quattro missili in arrivo dal Nordamerica, il giorno che tutti temevano è arrivato.
Senza pensarci troppo, il comando sovietico dà il via alla rappresaglia, premendo il bottone nucleare.
In tutta la Russia viene scatenata la potenza dell'arsenale nucleare sovietico, centinaia di missili si sollevano dai silo e raggiungono l'atmosfera, diretti verso gli Stati Uniti e l'Europa occidentale.
In questo momento anche il radar di sicurezza americano si attiva.
Gli Americani sono stupiti: "Come è possibile?" Innumerevoli missili si trovano ora a meno di un'ora dagli Stati Uniti.
Reagan viene informato che i Sovietici hanno lanciato centinaia di missili verso l'America e i suoi alleati, dà il via libera alla rappresaglia e l'amministrazione si dirige verso i bunker.
Vedete, in realtà gli USA non hanno mai lanciato i missili per primi, si è trattato di un errore di un satellite spia sovietico che ha scambiato la luce riflessa dalle nuvole per bombe nucleari, ma ora è troppo tardi, la minaccia è reale.
Nella nostra TL ci FU davvero un errore tecnico, il radar sovietico si È attivato due volte rilevando dei presunti missili nucleari dall'America, ma un ufficiale sovietico, Stanislav Petrov, si fidò del suo istinto invece che della tecnologia e fu solo la sua decisione che in QUEL momento impedì ad una guerra nucleare di obliterare l'umanità.
In questa TL alternativa Petrov semplicemente non è lì, il problema tecnico si verifica e in un nuovo momento di tensione tra i due stati nel peggior momento possibile quell'errore tecnico viene preso sul serio, entrambi i paesi pensano semplicemente che stanno eseguendo una rappresaglia contro l'altro e ora la guerra nucleare è una realtà.
Allora cosa accade nel poco tempo rimasto alla società moderna? In pochi minuti i primi missili colpiscono ignare città europee.
Missili a corto raggio attraversano in volo i confini di una città divisa, annientando le forze americane e sovietiche schierate lì.
Inghilterra e Francia lanciano i loro missili, ma non prima che Londra e Parigi vengano annichilite qualche minuto dopo.
Non pensate che siano le uniche, in pratica vengono lanciati così tanti ordigni che quasi tutte le città subiscono gli effetti delle esplosioni.
In pochi minuti la maggior parte dell'Europa da ENTRAMBE le parti della Cortina di Ferro è una zona contaminata radioattiva.
Nel momento in cui l'Europa viene nuclearizzata i missili nucleari americani lanciati dall'Europa e dai sottomarini raggiungono la loro destinazione in Russia.
I bersagli? Ufficialmente il piano era colpire le strutture economiche e militari russe, ma sappiamo tutti che con la mutua distruzione assicurata nessun civile rimane illeso.
Molte strutture militari russe erano vicine ai centri abitati, perciò un'atomica lanciata su una di esse distruggerebbe la città adiacente.
Moltiplicate ciò per diverse dozzine.
Nel frattempo, negli Stati Uniti si accendono le sirene, la popolazione è completamente confusa, ma è troppo tardi.
Uno ad uno i missili piovono dal cielo e le coste occidentale e orientale nella loro interezza eruttano in una pura luce bianca abbagliante.
L'Emergency Alert System avvisa i telespettatori americani delle atomiche e gli dice di trovare riparo per non venire coinvolti.
Milioni di persone sulla costa est vengono vaporizzate all'istante, venti a 970 Km/h distruggono i grattacieli, un terzo degli USA orientali e occidentali diventano dei deserti nucleari.
Questa guerra, la Terza Guerra Mondiale, chiamatela come volete, dura solo un giorno, se non poche ore.
Alla fine di essa gli Stati Uniti, il Canada, tutta l'Europa, la Russia occidentale, le zone più popolose della Cina, il Giappone e la Corea vengono tutte obliterate dal fuoco nucleare, ma la civiltà non è finita, o almeno non ancora.
Nelle aree rurali della Russia, dell'Asia centrale e dell'America piccole sacche di popolazione potrebbero essere sopravvissute, molto probabilmente in Idaho o nelle Grandi Pianure.
Se vivi in Siberia, congratulazioni, sei vivo! Ma ti trovi comunque in Siberia, perciò mi dispiace.
L'Europa è semplicemente morta, ma tutto quello che è a sud dell'Equatore è rimasto più o meno indenne, non è mai stato bombardato perché non ci sono aree strategiche da nuclearizzare (prendetene atto).
Per quelli che si trovano nell'emisfero boreale sta per arrivare l'inverno nucleare.
"Avresti potuto dire che l'inverno nucleare sta arrivando e citare il Trono di Spade".
Mio Dio, Jimmy, non sai quanto ti odio.
Per quelli che non hanno familiarità col concetto, l'inverno nucleare avviene quando la cenere e le particelle create dagli incendi delle bombe nucleari fluttuano nell'atmosfera e, comportandosi come le ceneri vulcaniche, bloccano i raggi solari.
In questo scenario migliaia di bombe 10 volte più potenti di quella di Hiroshima sono esplose in tutto il mondo, gli incendi da esse causati sono ora paesaggi infernali della grandezza di stati.
Se sei sopravvissuto all'esplosione nucleare, immagina di guardare a distanza e vedere una palla di fuoco senza fine.
L'estensione di questo inverno nucleare, comunque, dipende interamente da quanti ordigni nucleari vengono fatti detonare.
La vera guerra nucleare e l'oscurità completa si ottengono solo quando vengono fatte detonare praticamente tutte le testate nucleari sulla Terra, ma questo è improbabile che accada.
Secondo Robert Lamb se scoppiasse una guerra che vedesse la detonazione di circa 12-18.000 testate nucleari, come in questo scenario alternativo, l'emisfero australe, anche se affronterebbe condizioni difficili, potrebbe stare bene.
Dopo la Guerra del 1983 il mondo viene diviso in due per sempre.
Per un po' l'emisfero boreale sarebbe un inferno nucleare fatto di inverni impietosi e acqua inquinata.
Se davvero la teoria dell'inverno nucleare si realizzasse, avrebbe luogo nell'emisfero boreale.
Temperature gelide uccidono tutti i raccolti e il bestiame, i sopravvissuti devono migrare o morire.
Non ci saranno bande di predoni in stile Fallout, ma solo dei barbari tristi e congelati.
Mi dispiace.
L'emisfero boreale è ora solo un'ombra nei libri di storia, ma a sud dell'Equatore la storia cambia.
Non è tutto rose e fiori, il clima è diventato molto più rigido, le stagioni sono diventate o troppo calde a causa dell'assenza di ozono o troppo fredde a causa delle ceneri nucleari, ma si può sopravvivere.
Aree già vulnerabili alle carestie come l'Africa Subsahariana e il Medio Oriente semplicemente non possono sopravvivere a questa pressione.
In tutto il mondo in via di sviluppo iniziano conflitti a poche settimane dal lancio delle atomiche.
Rivoluzioni, guerre civili, genocidi, avete capito.
I dittatori finanziati dall'URSS o dagli USA probabilmente non sopravviverebbero al 1984, pochissimi paesi sopravvivono davvero, ma non con i loro confini attuali.
Quella che noi consideriamo civiltà diventa semplicemente più piccola, città, villaggi, perfino città-stato unite.
Le ripercussioni della Guerra Boreale sono troppe da sostenere e i confini cadono, specialmente i confini africani artificiali.
La maggior parte della storia dell'Emisfero Boreale è in gran parte distrutta, le informazioni che si trovavano nelle librerie prima dell'invenzione di internet sono ora perse per sempre.
Col passare dei decenni i ricordi di queste terre a nord dell'Equatore svaniscono mentre l'umanità ricostruisce una nuova eredità.
È probabile che il 75-80% dell'umanità, 3 miliardi di persone, moriranno per via della stessa guerra, del risultante inverno al nord e delle carestie in tutto il mondo.
Non recupereremmo mai, sarebbe una svolta demografica di una scala inimmaginabile, ma almeno l'umanità sopravvivrebbe.
Questo è semplicemente uno scenario, uno scenario che dipende interamente dal numero delle atomiche lanciate e da chi effettivamente viene colpito.
Non sapremo mai davvero cosa sarebbe successo se la Guerra Fredda fosse diventata calda, ed è spaventoso quanto questa situazione sarebbe facilmente potuta diventare realtà, ma è divertente fare teorie.

Il 18 Settembre 2017 è stata data la notizia che a Maggio era morto Stanislav Petrov.
Ora, qualcuno di voi si starà chiedendo chi diavolo è Stanislav Petrov e perché dovrebbe importarmene della sua morte.
Beh, sono qui per dirvelo.
Il 26 Settembre 1983 il Tenente Colonnello Stanislav Petrov stava lavorando in un bunker per il rilevamento dei missili a sud di Mosca, in Unione Sovietica.
Il suo computer lo avvisò che gli Stati Uniti avevano lanciato cinque missili nucleari contro l'URSS, ma Petrov pensò che fosse un falso allarme, dato che si presumeva che un primo attacco degli Stati Uniti avrebbe coinvolto centinaia di missili, non solo cinque.
Inoltre egli sapeva che il sistema che stava utilizzando era altamente inaffidabile, e quindi Petrov, che era l'unico ufficiale proveniente da un'educazione civile quella notte, decise di non fare rapporto ai suoi superiori, il che voleva dire disobbedire ad un ordine diretto.
Fortunatamente per lui (e per noi) alla fine venne confermato che un errore tecnico del sistema aveva causato un falso allarme.
Quello che è importante della decisione di Petrov è semplicemente quanto fosse alta la probabilità che una guerra nucleare potesse scoppiare nel 1983.
Le tensioni tra gli Americani e i Sovietici erano ai massimi storici a causa dell'abbattimento del volo Korean Air Lines 007 l'1 Settembre dopo che era sconfinato nello spazio aereo sovietico, nel quale morirono tutti i suoi occupanti, incluso un membro del Congresso americano.
A causa di questo molti funzionari sovietici temevano che fosse probabile un primo attacco americano, e questa credenza era causata in parte dal piano dell'allora Presidente Ronald Reagan di schierare i missili nucleari Pershing II in Germania Ovest e dall'annuncio della Strategic Defense Initiative, che prevedeva la messa in orbita di armi nucleari.
I Sovietici comunque erano già in fibrillazione riguardo agli Americani prima che questi annunci venissero fatti.
Nel 1981 l'allora Segretario Generale Leonid Brežnev e il capo del KGB Jurij Andropov, che in seguito gli sarebbe succeduto come Segretario Generale nel 1982, annunciarono a due alti ufficiali del KGB che un attacco nucleare segreto americano contro l'URSS era imminente.
Quindi possiamo presumere che i Sovietici sarebbero stati rapidi a far partire qualsiasi rappresaglia al minimo segno d'attacco.
Perciò, come potete vedere, Petrov fece la cosa giusta e impedì l'inizio della Terza Guerra Mondiale.
Anche se inizialmente venne lodato dai suoi superiori, Petrov non venne mai encomiato ufficialmente, dato che aveva messo in imbarazzo gli scienziati e i potenti leader sovietici che si erano fatti promotori di quel sistema d'allerta precoce.
Invece, Petrov venne riassegnato ad un incarico meno rilevante e alla fine venne mandato in pensione anticipatamente.
Il resto del mondo, comunque, non venne a sapere di ciò che aveva fatto Petrov fino a dopo la caduta dell'Unione Sovietica.
Ma avremmo potuto perdere tantissimo, e per dimostrarlo dobbiamo farci la domanda: e se Petrov non fosse stato lì? Cosa sarebbe accaduto dopo? Per cominciare, presumiamo che quella notte ci sia qualcun altro in servizio, qualcuno di meno istruito e più propenso a seguire gli ordini e basta.
Una volta rilevato l'allarme sarebbe stato fatto immediatamente rapporto ai superiori, ma va detto che presumibilmente questi superiori sarebbero potuti arrivare alla stessa conclusione di Petrov, ma considerata la fortissima sfiducia nell'America è possibile che avrebbero fatto partire un attacco di rappresaglia contro gli Stati Uniti e i loro alleati.
Forse quando i missili sovietici saranno già in aria quell'errore tecnico sarà stato scoperto, ma per allora sarà troppo tardi.
Il sistema d'allerta precoce americano avrà intercettato l'attacco nucleare in arrivo e l'America lancerà il proprio arsenale.
La Terza Guerra Mondiale avrebbe inizio.
Determinare quali posti verranno nuclearizzati è difficile, dato che Americani e Sovietici non hanno mai pubblicato mappe con delle X che dicono "bombardare qui", ma possiamo fare delle ipotesi plausibili.
Per esempio, bersagli prioritari sarebbero i silo missilistici e le basi militari, perché entrambe le parti spererebbero di rendere impossibile la capacità dell'avversario di condurre una guerra.
Altri bersagli includerebbero i centri di governo e gli hub dei trasporti e delle comunicazioni, i centri manifatturieri, industriali, tecnologici e finanziari, le raffinerie, le centrali elettriche, gli impianti chimici e i principali porti e aeroporti.
Dato che le grandi città tendono ad avere una se non più di queste cose, il numero delle vittime civili sarà estremamente alto una volta che le bombe inizieranno a cadere.
Voglio dire, guardate il numero di attacchi che avrebbe potuto ricevere l'area di Chicago, in alto a destra in questa mappa!
Io non ero ancora nato nel 1983, ma i miei genitori sì, e vivevano lì all'epoca, dubito che sarebbero sopravvissuti a quella situazione, e quindi niente Alternate Historian.
Verrebbero presi di mira anche gli alleati degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica verrebbero presi di mira.
I membri della NATO e del Patto di Varsavia e qualunque altro paese fortemente allineato con una delle due superpotenze, come le coree, il Giappone, Taiwan, Cuba e altri subirebbero bombardamenti nucleari.
Dato che Inghilterra e Francia avevano i propri arsenali nucleari, anch'esse li lancerebbero contro i Sovietici, causando ancora più danni.
Perciò la maggior parte del Nordamerica e dell'Eurasia verrebbero devastati, anche se alcuni paesi non verrebbero presi di mira, incluse nazioni neutrali come la Svizzera e la Jugoslavia.
Forse persino Berlino potrebbe sopravvivere a causa del grande numero di personale e risorse che entrambe le parti possedevano nella città, personale e risorse che non vorrebbero far cadere vittime del fuoco amico.
Un argomento più controverso da trattare è se anche la Cina verrebbe presa di mira dai Sovietici.
Sebbene entrambi i paesi fossero Comunisti le relazioni tra Sovietici e Cinesi erano deteriorate dopo la morte di Stalin, perché entrambi i paesi si consideravano i leader del mondo Comunista.
Le cose peggiorarono a tal punto che combatterono una serie di schermaglie di confine alla fine degli anni '60 che sfociarono quasi in una guerra nucleare.
Presumibilmente la leadership dell'URSS temeva che anche se avesse vinto una guerra nucleare contro gli USA, il paese sarebbe stato troppo debole per difendersi dalle trame della Cina, perciò per la propria sicurezza la Cina deve essere eliminata, anche se presumibilmente userà le proprie armi nucleari contro i Sovietici.
E quindi il mondo si è fatto saltare in aria, cosa accade il giorno dopo l'apocalisse? Per riassumere: il caos.
Milioni sono morti a causa delle esplosioni, chiunque sia rimasto vivo nell'area delle esplosioni morirà a causa delle ferite subite perché i servizi d'emergenza saranno o saturi o inesistenti, altri moriranno per gli incendi che infuriano fuori controllo perché non c'è nessuno a spegnerli e col passare dei giorni sorgerebbero nuovi problemi, come le malattie causate dalle radiazioni e le carestie.
Col passare degli anni la gente sarà sempre più a rischio di cancro e le nascite caleranno in maniera significativa.
La carestia sarà un grave problema in tutto il mondo, il fallout diffuso dai venti impatterà anche le aree lontane dagli attacchi.
Acri di terra coltivabile, inclusa gran parte della Corn Belt americana saranno inutili, e questo causerà diffuse carestie.
L'inverno nucleare, causato da tutti i detriti lanciati in aria che bloccano i raggi del sole, porteranno a estati più miti e inverni più freddi in tutta la Terra, cosa che non farà che peggiorare la carestia globale.
Inoltre la guerra e le sue conseguenze creeranno la più grande crisi dei rifugiati di tutti i tempi.
Nel frattempo l'economia globale collasserebbe rapidamente a causa della distruzione delle nazioni sviluppate del mondo.
La gente combatterebbe per le poche risorse rimaste e nelle aree colpite la legge e l'ordine sarebbero inesistenti.
Non è semplice determinare quale nazione sopravvivrebbe alla Terza Guerra Mondiale, la maggior parte dei paesi aveva dei piani su cosa fare nel caso fosse scoppiata una guerra simile, ma pianificare è molto diverso dal cercare effettivamente di sopravvivere.
Per esempio, il governo americano potrebbe non avere abbastanza tempo per evacuare Washington una volta che tutti si sono accorti dell'attacco sovietico in arrivo, perciò il 27 Settembre l'America potrebbe svegliarsi con le sue principali città in fiamme e nessun governo federale al quale chiedere aiuto.
Non è facile speculare su cosa sarebbe potuto accadere in seguito, ma il peggiore degli scenari possibili potrebbe coinvolgere fazioni in competizione tra di loro che affermano di essere il governo federale e che combattono contro ogni governo statale o signore della guerra opportunista che abbia deciso di andare per la propria strada.
Detto questo, non credo che l'Unione Sovietica se la caverà meglio: anche se i suoi capi riuscissero a fuggire da Mosca, l'URSS sarebbe a pochi anni dal suo collasso nella nostra TL.
Una guerra nucleare accelererebbe facilmente quel processo, a prescindere da quanti leader sopravvivrebbero.
Al di fuori delle superpotenze vedremo arrivare al potere dittature militari o governi che istituirebbero misure d'emergenza mentre le nazioni colpite cercherebbero di affrontare la guerra con i mezzi più brutali ed efficaci possibili.
Forse potreste vedere regioni con una grande popolazione di minoranza secedere durante il caos, facendo diventare la mappa del mondo molto diversa rispetto a come è oggi, proprio come questa mappa di una TL che ha lo stesso POD di questo video.

Anche le nazioni che hanno evitato gli attacchi nucleari dovranno comunque affrontare i problemi più grandi derivanti dal conflitto, come il diffondersi delle radiazioni, l'inverno nucleare, la crisi dei rifugiati e il collasso dell'economia globale.
Potrebbero perfino scoppiare nuovi conflitti perché non ci sono più le superpotenze a tenere a bada i vari antagonisti.
Per esempio, Israele, essendo un forte alleato degli Stati Uniti, potrebbe subire attacchi dell'Unione Sovietica e gli stati arabi confinanti potrebbero approfittarne per invaderlo e distruggerlo una volta per tutte.
Perciò Israele potrebbe scegliere l'Opzione Sansone e lanciare il proprio arsenale nucleare contro i suoi nemici in tutto il Medio Oriente, diffondendo la distruzione nucleare in un'altra regione del globo.
Nel frattempo la maggior parte delle nazioni africane eviterà di essere colpita direttamente durante la guerra, ma la fine degli aiuti stranieri e il collasso dell'economia globale potrebbero far sì che l'anarchia si diffonda in tutto il continente, e ci vorranno decenni perché le cose si stabilizzino.
Il Sudafrica, che nel 1983 era ancora nel mezzo dell'apartheid, potrebbe finire vittima di una sanguinosa guerra civile razziale.
Ma non tutto è perduto: regioni come il Sudamerica, l'Asia meridionale e l'Oceania potrebbero riuscire a superare il peggio della Terza Guerra Mondiale relativamente intatte.
Sarà qui che si sposteranno nel mondo postbellico i centri di potere politici ed economici, paesi come Brasile e India avranno buone possibilità per riempire il vuoto di potere lasciato dalle superpotenze distrutte, e potrebbero fornire il capitale e le industrie necessarie ad iniziare l'arduo compito di ricostruire il mondo.
Anche se non avrebbero la potenza militare prebellica delle ex superpotenze, potrebbero comunque iniziare il processo per guidare il mondo fuori dalle rovine fino al nostro presente.
O magari no, non sapremo mai esattamente cosa accadrebbe se la guerra nucleare scoppiasse nel 1983, ma sapete, questa è una cosa buona.
Stanislav Petrov non è un nome familiare, il che, a mio modesto avviso, è una vergogna.
Petrov è un buon esempio di persona che non esegue semplicemente gli ordini senza fare domande, prese una decisione difficile mettendo a rischio la propria carriera, e probabilmente salvò milioni di vite.
Se ci troveremo di nuovo sull'orlo della guerra nucleare spero che avremo il coraggio di fare la cosa giusta come fece Petrov.
Riposa in pace, Stanislav Petrov, terremo d'occhio il mondo per te.

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Diamo ora la parola a Dario Carcano:

Caccia all'Aurora Rossa

Molti di voi hanno visto il film "Caccia a Ottobre Rosso", oppure hanno letto l'omonimo romanzo di Tom Clancy.
Scommetto che però quasi nessuno di voi conosce la vera storia che ha ispirato l'autore, ovvero la storia del tentato golpe di Valerij Sablin.

Valerij Sablin, chi era costui? Sablin nacque il 1° gennaio 1939, figlio di un ufficiale di Marina. Si diplomò all'Istituto Navale Frunze di Leningrado nel 1960 e prestò servizio nella Flotta del Nord. Sablin non ebbe mai paura di esprimere apertamente le sue opinioni; nel 1962, quando aveva 23 anni, scrisse una lettera a Nikita Chruščëv con la richiesta di "liberare il Partito Comunista dagli adulatori e dagli elementi corrotti", cosa che causò a Sablin un rimprovero dai suoi superiori.
Nel 1973 si laureò all'Accademia politico-militare Vladimir Lenin, e fu nominato commissario politico.
Come avrete capito, Sablin era un convinto Leninista e un devoto comunista, che però era disilluso da come il comunismo era messo in pratica dal regime sovietico. Sablin era talmente fanatico da credere di poter cambiare il mondo da solo, e abbastanza pazzo da provarci sul serio, così nel novembre 1975 mise in atto il suo piano per riaccendere il fuoco rivoluzionario nell'Unione Sovietica.

L'8 novembre 1975, il capitano di 3° rango Valery Sablin sequestrò la Storozhevoy, una fregata missilistica sovietica della classe Burevestnik, e confinò il capitano e gli altri ufficiali in uno sgabuzzino. Il piano di Sablin era quello di portare la nave dal Golfo di Riga a nord nel Golfo di Finlandia e a Leningrado, attraverso il fiume Neva, ormeggio del dimesso incrociatore Aurora (simbolo della rivoluzione russa), da dove avrebbe protestato per radio e televisione contro la corruzione dilagante nel governo Brežnev. Aveva intenzione di dire quello che molti dicevano in privato: che la rivoluzione e la patria erano in pericolo; che le autorità al potere erano coinvolte fino al collo nella corruzione, nella demagogia, nella corruzione e nella menzogna, e stavano portando il paese in un abisso; che gli ideali del comunismo erano stati scartati; e che c'era un urgente bisogno di far rivivere i principi leninisti di giustizia.
Prima della partenza verso Leningrado, un ufficiale fuggì dalla detenzione e chiese assistenza via radio. Quando la Storozhevoy superò la foce del Golfo di Riga, dieci bombardieri e aerei da ricognizione e tredici navi da guerra erano all'inseguimento, sparando una serie di colpi di avvertimento sulla prua. Diverse bombe furono sganciate davanti e dietro la nave, bersagliata anche dal fuoco dei cannoni. Il timone della Storozhevoy venne danneggiato e alla fine fu fermata. Le navi inseguitrici si avvicinarono e la fregata fu abbordata da un commando di marines sovietici.
A quel punto, tuttavia, Sablin era stato già colpito al ginocchio e imprigionato dal suo stesso equipaggio, che aveva anche liberato il capitano e gli altri ufficiali prigionieri.

Messo di fronte alla corte marziale, Sablin fu accusato di tradimento e nel giugno 1976 fu dichiarato colpevole. Sebbene questo crimine di solito comportasse una pena detentiva di 15 anni, Sablin fu giustiziato il 3 agosto 1976. Il suo secondo in comando durante l'ammutinamento, Alexander Shein, ricevette una pena detentiva di otto anni. Gli altri ammutinati furono liberati.
L'Unione Sovietica cercò fin da subito di nascondere quest'incidente, in particolare le sue finalità politiche e ideologiche, cercando di far passare il tutto come un tentativo di diserzione verso l'Occidente di un equipaggio sovietico.
Il Golfo di Riga può essere lasciato verso nord solo attraverso uno stretto passaggio tra le isole estoni di Saaremaa e Hiiumaa e la terraferma. Una nave diretta a Leningrado da Riga, che però desidera evitare tale percorso, deve inizialmente dirigersi a ovest, verso l'isola svedese di Gotland. Sablin percorse questa rotta, il che diede l'impressione errata che la Storozhevoy si stesse dirigendo verso la Svezia, o persino verso la Danimarca, membro della NATO, invece che a Leningrado.
Fino alla fine della Guerra Fredda, l'intelligence occidentale continuò a credere che l'equipaggio avesse pianificato di disertare.

Gregory D. Young fu il primo occidentale a indagare sull'ammutinamento, prima come parte della sua tesi di laurea magistrale del 1982 'Mutiny on Storozhevoy: A Case Study of Dissent in the Soviet Navy', e successivamente nel libro 'The Last Sentry'. La tesi di Young venne collocata negli archivi dell'Accademia Navale degli Stati Uniti, dove venne letta da Tom Clancy, allora venditore di assicurazioni, che la usò come ispirazione per scrivere 'Caccia a Ottobre Rosso'.

E a questo punto il PoD: e se il piano di Sablin andasse a buon fine, e il capitano di marina riuscisse nel suo intento di risvegliare la coscienza dei cittadini sovietici, come cambierebbero la storia dell'URSS e della Guerra Fredda?

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Gli risponde Alessio Mammarella:

Credo che la storia sarebbe finita con le autorità sovietiche che fermano il sottomarino e ne arrestano l'equipaggio. Formalmente i sovietici rispettano la legalità internazionale e si dicono intenzionati a restituire quanto prima il battello (nel frattempo ci entrano per fotografarlo e studiarlo in ogni dettaglio). Anche per quanto riguarda l'equipaggio l'idea è di rispedirlo quanto prima in patria, ma nelle ore successive al sequestro ufficiali e marinai vengono interrogati dal KGB. Per coloro che si dichiarano disponibili a collaborare (o che addirittura chiedono proprio asilo all'URSS) viene organizzata una fuga. Viene annunciato il trasferimento dei prigionieri da una sede all'altra mediante aereo/elicottero (un trabiccolo che viene lasciato precipitare e che in realtà non ha bordo alcun prigioniero) e in seguito annunciata la loro morte. Da quel momento i disertori diventano dei fantasmi, e ricevono una nuova identità come cittadini sovietici. Coloro che invece si sono rifiutati tornano regolarmente negli Stati Uniti, dove vengono processati.

La difficoltà di queste storie è che un sottomarino è una macchina estremamente complessa ed è impossibile da mandare avanti efficacemente senza l'intero equipaggio. Un capitano ammutinato, pertanto, dovrebbe portare avanti la sua missione il più possibile con l'inganno, rendendolo noto solo quando è troppo tardi per tornare indietro e tutto l'equipaggio è compromesso (nessuno può più dire "non ne sapevo nulla, non volevo, non sono complice". A quel punto il resto dell'equipaggio, pure se non concorde con l'obiettivo del comandante, sarebbe costretto ad andare avanti puntando a salvare la pelle e guadagnarsi una nuova vita, al riparo da una probabile condanna a morte. In alternativa (ma è ovviamente più difficile) l'equipaggio dovrebbe essere pressoché concorde magari perché affiatato e accomunato da qualche esperienza che ha determinato molta sfiducia nel sistema.

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Chiudiamo per ora con l'ulteriore proposta del francese Perchè No?:

Il vostro connazionale Beppe Grillo mi ricorda un altro attore francese degli anni '80, Michel Colucci (Coluche per i Francesi). Colucci era figlio di immigranti italiani ed era diventato comico negli anni 70, quando la sua irriverenza era una vera novità per la tv francese, allora solo pubblica e assai puritana. Egli diventò una vera Coluche celebrità e un giorno per scherzo annunciò alla radio la sua candidatura alla presidenza della repubblica nel 1981. Dichiarò di essere l'unico candidato che non aveva ragioni di mentire. Quella che era solo una battuta diventò poi realtà quando il 16% degli Francesi dichiarò di voler votare per lui. La casta politica francese fu atterrita e gli impedì di parlare alla tv, lui e i suoi furono minacciati e un suo amico fu assassinato. Alla fine rinunciò alla candidatura nell'aprile 1981 ed abbandonò la politica.

Ma se Coluche dopo l'aprile 1981 non rinuncia alla politica e continua, incoraggiato dalla popolazione presto delusa da Mitterrand? L'anno seguente fonda la sua associazione di aiuto alle persone più povere ("ristoranti del cuore") e la organizza in modo efficace. Aiutato dai numerosi giornali satirico-politici dell’epoca e da un  gran numero di giovani militanti, prosegue la denuncia della casta politica e della sua corruzione, nonché del razzismo e deòl'antisemitismo. Nel 1984 organizza il primo « va te faire foutre ! » Day (vi lascio il piacere di indovinare la traduzione!), che riunisce un gran numero di persone sugli Champs Elysées.

Nel 1986 sopravvive a un tentativo di assassino organizzato dall'estrema destra, che aumenta ancora la sua popolarità. Lo stesso anno si svolgono le prime (e uniche) elezioni legislative su base proporzionale (poi questo sistema sarà abolito), il che permette alle liste cittadine di Colucci di guadagnare 10 deputati all’assemblea nazionale e di farne una vera forza politica di opposizione. Sarà lo stesso per le prime elezioni regionali del stesso anno. Questo gruppo si caratterizza per una mancanza totale d’attenzione ai problemi dell'economia, si interessa piuttosto ai problemi della vita quotidiana e ha anche la regola di non prendersi sul serio e di poter essere controllati in ogni momento da ogni elettore. Nel 1988 si presenta sul serio alla presidenza contro un Mitterrand accusato di bugie e uno Chirac all'epoca poco stimato (non solo oggi). Politicamente Colucci si considera di sinistra tra i socialisti e comunisti, ma non vuole creare un nuovo partito. Nel maggio 1988 a sorpresa (e tra lo scandalo delle elite) Michel Colucci diventa il quinto presidente della Quinta Repubblica francese. Come evolverà questa Francia governata da un uomo del popolo, non della casta, e quale sarà il suo peso nelle vicende europee e mondiali?

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Per farmi sapere che ne pensate, scrivetemi a quest'indirizzo.


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