Ucronie Diluviane

Il Secondo DiluvioIl Lago NeroFønikiaIl remake di "Noah"L'Epopea di Gilgamesh nella Bibbia!I Popoli del MareLe Amazzoni e Atlantide

1) Il Secondo Diluvio

di Det0

POD: Verso il 2300 a.C. un enorme evento tellurico sommerge l’intera area mesopotamica spazzando via le popolazioni che la abitano.

2340 a.C. Un immenso evento tellurico sommerge l’area della mezzaluna fertile: la Palestina, la Mesopotamia, Elam e la Persia, e una piccola parte di mare tra la Penisola Arabica e l’Egitto.
Le popolazioni che la abitano sono distrutte ad eccezione dei Sumeri, che grazie al re Lugalzagesi riescono a salvarsi e a emigrare in, ormai un isola, Arabia; dove rifondano città e ricostruiscono il loro regno.

2338 a.C. Lugalzagesi, dopo aver fondato la città di Tarim, sede del palazzo e capitale del regno, si dirige verso il sud dell’isola alleandosi e sottomettendo i popoli e i mercanti che abitavano la regione.

2336 a.C. Lugalzagesi giunge fino all’attuale Oman e comincia le guerre contro i regni pre-islamici di Aksum e Himyar.

2331 a.C. I sumeri distruggono Najran, capitale del regno di Aksum.

2328 a.C. Lugalzagesi espugna Zafar e Aden, le più grandi città del regno di Himyar, facendolo capitolare e assumendo il dominio della regione.

2319-2313 a.C. Scoppiano guerre contro i regni di Qataban e Hadhramaut, nel sud dell’Arabia, che vengono sconfitti rispettivamente nel 2317 e 2314, ma nell’assedio di Samharm Lugalzagesi muore ma questo viene portato a termine e i Sumeri prendono il possesso dell’intera isola.

2312 a.C. A Lugalzagesi succede il figlio Lugalzagesi II.

2307 a.C. Lugalzagesi II, governando malamente, viene preso sotto tiro da alcuni attentatori e ben presto il sud di Sumer comincia ad attuare delle rivolte.

2303 a.C. Lugalzagesi II scende nel sud di Sumer e reprime duramente le sommosse e nell’estate del 2303 si nomina dittatore.
Il regime dittatoriale potrebbe sembrare una scelta sbagliata, ma con questa Lugalzagesi II riesce a mantenere un ferreo controllo su tutti i possedimenti sumeri che, sotto la dittatura, diventano un vero e proprio regno e non più una confederazione di città-stato.

2298 a.C. Lugalzagesi II viene ucciso dal generale Shardma che regna ormai su uno stato ormai forte e unitario.

XXIII sec. a.C. Le prima navi partono dalla città cretese di Cnosso verso est, destinate a instaurare commerci nel nuovo Mare Mesopotamico.

2215 a.C. Primo contatto accertato tra Cretesi e Sumeri, cominciano i primi scambi tra Creta e Sumer, con il conseguente arricchimento di entrambe.

XXII sec. a.C. Fase palaziale a Creta: vengono costruiti i grandi palazzi nelle città dell’isola, prospera grazie ai floridi commerci.

2132 a.C. Battaglia di Rosetta: dei pirati cretesi attaccano il porto di Rosetta, la flotta egizia viene sconfitta e la città saccheggiata.

2130 a.C. Il faraone Neferkara invia una flotta per attaccare Creta, in inverno questa si scontra con quella cretese ne sud dell’isola, i minoici perdono la battaglia e Neferkara ne approfitta per inviare nuove truppe, al fine di conquistare Creta.

2116 a.C. Cnosso viene espugnata dalle truppe egizie, Creta viene conquistata e sottomessa al controllo del faraone Kheti.

XXI sec. a.C. I faraoni lanciano una serie di campagne militari mirate a conquistare la costa libica e la Nubia.
La costa libica viene presto sottomessa dagli egizi e assiste alla fondazione di numerose e prospere città; la Nubia impegna le truppe egizie dal 2050 al 2035 ma alla fine viene conquistata.
Truppe vengono anche inviate, verso il 2020, nell’Italia meridionale, nell’attuale Tunisia, in Spagna e a Cipro.

2007 a.C. Il faraone Sanktauef commette un errore tremendo, approfitta della conquista della Nubia per prendere il controllo di alcune parti della costa di Sumer, ma il re sumero Urukagina V vendica l’ingiuria e conquista una parte della penisola del Sinai e libera Creta.
Creta prende Urukagina V come un liberatore e, terminata la guerra tra egizi e sumeri, torna indipendente.

XX sec. a.C. Creta riacquista la sua autonomia e si impossessa dei territori egizi fuori dall’Africa, fonda molte città ed empori e commercia per tutto il Mediterraneo e il Mare Mesopotamico. Intanto gli egizi e i sumeri fermano la guerra e limitano i loro possedimenti i primi all’Africa e i secondi a Sumer, vivendo in pace.
IXX sec. a.C. Il periodo più prospero per Creta, si entra nella fase neopalaziale, vengono ricostruiti gli antichi palazzi distrutti dalle scorrerie egizie; si aprono nuove rotte commerciali che attraversano sconfinate distanze: dalle coste dell’attuale Catalogna e le Baleari fino all’Eritrea e alla Persia.

XVIII sec. a.C. I cretesi ampliano la loro influenza: verso il 1750 attraversano lo Stretto di Gibilterra e arrivano fino in Britannia, importantissima per il commercio dei metalli; circa nel 1710 i cretesi passano attraverso il Golfo Persico e arrivano fino in India.

1690 a.C. Una popolazione sopravvissuta al grande cataclisma del 2300, i Cimmeri, si stanzia a nord del Mare Mesopotamico e vi fonda un forte regno.

1660 a.C. Il Regno dei Cimmeri conosce una continua espansione toccando, nel 1660, le coste del Mar Nero.

1620 a.C. I Cimmeri arrivano a conquistare il Caucaso.

XVI sec. a.C. Il Regno dei Cimmeri si apre verso est e prende il controllo della Persia e dell’Elam.
C’è un tentativo di annessione dell’Anatolia da parte dei re cimmeri ma sono fermati da un popolo stanziato in quella zona, gli Ittiti.

1526 a.C. I Cimmeri tentano l’assedio di Hattusa, capitale dell’Impero Ittita, ma vengono sconfitti.

XV sec. a.C. Ittiti e Cimmeri espandono i loro possedimenti: i primi prendono il controllo dell’Anatolia e di Cipro mentre i secondi si spingono verso l’altopiano iranico e il Lago Aral fino ad arrivare a controllare un vastissimo impero.

1330 a.C. I Micenei si espandono verso la Troade e Creta per ragioni economiche, ma subiscono gravi sconfitte da entrambi i fronti.

1300 a.C. I Micenei riprovano l’attacco a Creta ma vengono nuovamente sconfitti, così si rivolgono all’Italia, nella quale fondano colonie nella zona centrale e meridionale.

1280 a.C. I Micenei espugnano la città di Troia e si impongono nell’Anatolia superiore, fondano anche alcune colonie sul Mar Nero.

1200 a.C. Le invasioni dei Popoli del Mare attaccano le popolazioni dei mari Mediterraneo e Mesopotamico, che però, grazie alla loro amicizia e alleanza, riescono a scacciare gli invasori e a vivere pacificamente.

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Il mondo nel 1200 a.C.

Il mondo nel 1200 a.C.

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2) Il Lago Nero

Questa è una proposta alternativa di Pedro Felipe:

Secondo una recente teoria, l'innalzamento dei mari avvenuto intorno al 5600 a.C. in seguito al disgelo dopo una glaciazione, avrebbe portato il Mar Mediterraneo ad aumentare il suo livello e a riversarsi nel Mar Nero, che allora era un lago d'acqua dolce separato dal Mediterraneo da un ponte di terra dove ora si trova il Bosforo. Questo cataclisma avrebbe spazzato via moltissime terre bagnate dal Mar Nero e portato al collasso un'intera civiltà, localizzata nel nord dell'attuale Turchia, la prima civiltà della storia. Resti di questa civiltà sono ad esempio le città di Catal Hüyük e molte strutture sommerse al largo dell'attuale Sinope, in Turchia. Questi popoli avevano una religione neolitica matriarcale e adoravano il toro. Dopo il cataclisma i loro discendenti sarebbero fuggiti dando vita a varie popolazioni, come i Sumeri e i popoli delle steppe russe. La leggenda delle Amazzoni verrebbe proprio dai discendenti di questa civiltà, presenti nell'area del Mar Nero fino in epoca classica. Il ricordo dell'inondazione avrebbe creato poi i vari miti del diluvio, come quello biblico e sumerico, che identificano come luogo di raccolta dei sopravvissuti proprio l'area del Caucaso prospiciente al Mar Nero. Ora, cosa succede se il ponte di terra del Bosforo è più alto? Sicuramente il Mediterraneo dovrebbe trovare un altro sbocco, magari inondando zone costiere pianeggianti, oppure sfondando l'istmo di Suez. La civiltà di Catal Hüyük sopravvive: quali saranno le conseguenze sulla storia?

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Così gli risponde il solito Bhrg'hros:

Di solito si pensa che, se nella Preistoria c'era una comunità umana che parlava una lingua e da questa lingua sono storicamente derivate molte lingue diverse, tra le due fasi deve essere avvenuto un processo di espansione della comunità preistorica di parlanti, in sèguito al quale l'unica lingua originaria si è differenziata a seconda delle altre lingue con cui veniva a contatto durante l'espansione. Questo quadro è suscettibile di critiche in generale, ma specificamente è prossimo alla falsificazione nel caso degli Indoeuropei: esistono infatti prove linguistiche che l'indoeuropeo comune non si è differenziato DURANTE l'espansione, bensì in massima parte DOPO essersi espanso e il motivo più probabile di ciò è che NON abbia incontrato molte lingue diverse espandendosi (per il fatto che si è espanso solo su zone in precedenza non abitate da uomini anatomicamente moderni, mentre nelle zone dove si parlavano le molte altre lingue - non indoeuropee - non si sarebbe affatto espanso).

D'altra parte, a un certo punto l'indoeuropeo, che a lungo è rimasto un semplice continuum di dialetti, molto esteso territorialmente ma non solcato al proprio interno da profondi confini (bensì da tanti piccolissimi confini locali), deve aver cominciato a differenziarsi localmente a un ritmo molto più veloce, fino a dare origine - entro la fine della Protostoria - a classi linguistiche mutuamente non più comprensibili. Per rendere più accettabile questa ricostruzione, a prima vista controintuitiva, va precisato che il lessico indoeuropeo si deve essere costantemente modificato nel corso del tempo (lentamente e in direzioni divergenti a seconda dei luoghi), mentre ciò che risulta essere rimasto praticamente inalterato dalle origini preistoriche fino al termine della Protostoria è la fonologia.

Con l'Età del Bronzo, invece, da un lato il diasistema della fonologia indoeuropea comune si spezza in almeno una ventina di regioni, dall'altro le centinaia di piccole tribù indoeuropee differenziate lessicalmente tendono a riunirsi appunto nella ventina di regioni di cui sopra, le quali sono poi l'origine delle nazioni indoeuropee storiche (Celti, Germani, Slavi, Italici, Greci, Armeni, Indiani ecc.).

È comunemente accettato (in mancanza di alternative concepibili) che la diversificazione della fonologia anatolica (Ittiti, Luvî ecc.) e indoiranica dalla precedente fase indoeuropea sia dovuta al contatto con le lingue semitiche orientali e col sumerico. Lo stesso meccanismo interlinguistico è in grado di spiegare (anche se di solito l'argomento non suscita altrettanto interesse) le trasformazioni fonologiche che hanno portato all'identificazione delle altre nazioni indoeuropee: la trasformazione dall'indoeuropeo balto-scandinavo al protogermanico, per esempio, è riconducibile alla stratificazione di un influsso sociolinguistico cimmerio seguìto da uno scitico e infine da uno etrusco-italico (forse coevo all'introduzione della scrittura runica). In pratica, tutte le trasformazioni fonologiche che hanno mutato il continuum dialettale indoeuropeo in una ventina di nazioni vistosamente diverse proprio a livello fonematico sono sistematizzabili in una catena multipla di reazioni agli iniziali fenomeni di contatto interlinguistico avvenuti tra Sumeri, Accadi e Indoeuropei degli Altipiani Iranico e Anatolico (per completezza, bisogna aggiungere anche l'interazione tra locutori di semitico nordoccidentale e Indoeuropei egeo-anatolici).

È evidente che tali dinamiche interlinguistiche sono l'effetto di processi sociolinguistici - a loro volta sottoinsieme di processi sociologici di contatto interetnico - avvenuti nel contesto del primo sviluppo dell'urbanesimo in Mesopotamia (con una connessa 'appendice' nei Bacini dell'Indo e della Saraswati) nonché nel contiguo Levante mediterraneo.

Questo è il motivo per cui la rimozione (ucronica!) della cesura intervenuta nella Civiltà di Çatal Hüyük in conseguenza dell'apertura del collegamento tra Mar Nero e Mediterraneo potrebbe creare le condizioni per una diversa cronologia e localizzazione dello sviluppo dell'urbanesimo, le quali avrebbero sicure conseguenze - come le ha avuto l'urbanesimo storicamente documentato - sulla differenziazione linguistica del continuum dialettale indoeuropeo e, per il fatto di avvenire in anticipo rispetto alla nostra linea storica, avrebbero prevenuto alcuni sviluppi e ne avrebbero determinati altri (alternativi) al loro posto. In particolare, una minore consistenza di quelle che nella nostra Storia sono state le profondissime relazioni protostoriche indoeuropeo-semitiche (forse in parte 'sostituibili' da altrettanto profonde relazioni indoeuropeo-attiche, ma per il resto semplicemente non sostituibili da alcuna relazione interlinguistica) non sarebbe stata in grado di scatenare la catena multipla di reazioni fonistoriche che conosciamo (ce ne sarebbero state di diverse, ma probabilmente non altrettanto numerose).

Che importanza hanno sul piano storico queste considerazioni linguistiche? I confini linguistici sono un sintomo (marginalissimo, ma perciò assai significativo) di confini nella circolazione culturale. La cronologia delle stratificazioni lessicali indoeuropee preistoriche dimostra che, fino al Calcolitico, tutte le tribù indoeuropee sono state collegate in un unico, vastissimo continuum territoriale. L'orizzonte culturale delle singole tribù era probabilmente molto circoscritto, ma la rete generale dei contatti era per tre quarti limitata solo da confini naturali. In una situazione del genere, non ci sono condizioni per la nascita di grandi nazioni differenziate: la vita si svolge per millenni sempre uguale, le poche innovazioni tecnologiche si diffondono lentamente ma senza limiti, finché (come avvenuto nelle Americhe, in Australia e Nuova Guinea) l'accelerazione tecnologica postneolitica - non accompagnata da una corrispondente accelerazione delle comunicazioni - frantuma il continuum dialettale in una miriade di comunità distinte. (In America, specialmente al Nord, si è poi avuta una serie di riaggregazioni regionali, analoghe a quelle eurasiatiche.) Ciò che sarebbe potuto succedere in un'Indoeuropa investita da un'ondata innovatrice protourbana non accompagnata da significative alterazioni dovute a contatti interetnici con comunità linguisticamente abbastanza distanti (quale quella protosemitica) è presumibilmente da avvicinare a ciò che era accaduto fino ad allora con le precedenti ondate innovatrici (neolitica e calcolitica): l'innovazione si espande su tutto il territorio indoeuropeo, tribù dopo tribù, continuando a impedire la nascita di forti confini interni.

Di fatto, qualcosa di simile è realmente avvenuto nella storia delle nazioni indoeuropee: il "Grande Īrān" è appunto la continuazione - ridotta - della relativa unità (= assenza di profondi confini interni) indoeuropea, 'limitata' all'area compresa (molto approssimativamente) tra il Danubio a Nord-Ovest e l'Indo a Sud-Est.

Entro il "Grande Īrān" (che includeva gli Sciti, i Saci e le popolazioni īrāniche dell'Impero Achemenide) si è poi creata una grande frattura geopolitica tra le tradizioni di Pax Nomadica proprie delle popolazioni delle Steppe e uno dei massimi imperi a base (anche) urbana dell'Antichità, quello Persiano; tuttavia tale frattura è anche un'inevitabile conseguenza del fatto che la base urbana dell'Impero Persiano era in considerevole parte al di fuori del territorio īrānico (poiché l'urbanesimo si è sviluppato anzitutto in Mesopotamia) e che la costruzione della 'Nazione Persiana' ha coinvolto, alla fine, in notevole misura popolazioni non īrāniche (né - se il particolare può avere rilevanza - indoeuropee).

Se dunque proviamo a immaginare uno sviluppo storico strutturalmente uguale, ma con punto di partenza così mutato (Anatolia, VI. millennio a.C.), il prodotto più 'naturale' che otterremmo dopo cinque o seimila anni potrebbe essere un... Impero Indoeuropeo, oppure no, 'solo' una Pax Nomadica (ce ne sono state tante di simile estensione), ma comunque in associazione a una 'coscienza nazionale' a questo punto vastamente indoeuropea. Mi pare una conseguenza enorme: forse l'unica ucronia - o comunque la più diretta (più che la tanto suggestiva "prosecuzione dell'unità romana") - in grado di produrre nella metà occidentale dell'Eurasia (con ampie fette di regioni centro-orientali e meridionali) quanto di più simile si possa pensare al fenomeno della Cina.

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C'è da aggiungere anche la proposta di Lord Wilmore: l'Atlantonesia!

Cosa sarebbe accaduto se alcuni monti sottomarini dell'Oceano Atlantico fossero stati un po' più alti, e ci fossero state molte più isole tra il Vecchio e il Nuovo Mondo? (cliccare sulla cartina per ingrandirla)

Ecco alcune idee. 10 milioni di anni fa l'aumento dell'attività vulcanica nelle placche tettoniche nordamericane e eurasiatiche causa l'affioramento di nuove grandi isole atlantiche. Verso il 13.000 a.C. i cacciatori europei dell'età della pietra appartenenti alla cosiddetta Cultura Solutreana giungono nel Nord America durante l'ultima era glaciale, usando le isole dell'Atlantico come trampolini. Durante l'era glaciale il livello del mare era più basso, dunque esistevano ancora più isole e più grandi di quelle attualmente esistenti. I nomadi europei accrescono la diversità genetica dei nativi americani principalmente siberiani, specialmente sulla costa orientale del continente nordamericano. Inoltre alcune popolazioni rimangono nella più grande delle Azzorre Maggiori. Nel 10.000 a.C. circa termina l'ultima era glaciale e i ghiacci si ritirano verso i poli. I ghiacci in scioglimento sollevano il livello del mare di 120 metri (leggenda del Diluvio Universale), e quasi tutte le grandi isole dell'Oceano Atlantico sono sommerse. Sopravvivono soltanto diverse isole più piccole. I Micenei, i Fenici e poi i Romani colonizzano varie di tali isole e scoprono l'America in anticipo. Il geografo Strabone conia il termine Atlantonesia per indicare la totalità delle isole sparse nell'Atlantico. E poi?

(ispirata a questa pagina)

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3) Fønikia

di Ainelif

260 milioni di anni fa, più o meno nel Permiano, come sappiamo, l'Europa è ancora in formazione.

Arriviamo fino a 90 milioni di anni fa (più o meno), quando la Tetide si chiude formando il Mediterraneo. Ma la grande terra che collega le isole Britanniche alla Scandinavia non viene sommersa e le Shetland non esistono, così come tutti i fiordi scozzesi e norvegesi; anche l'attuale mar di Norvegia non esiste.

Con l'estinzione dei dinosauri e la comparsa delle stagioni e del dominio dei mammiferi,arrivano anche le Ere Glaciali che congelano tutta l'Europa Settentrionale e Continentale.

Soprattutto l'ultima, la glaciazione di Würm, installa nella zona del Mare del Nord enormi ghiacci che si scioglieranno dopo millenni, con il raffreddamento della temperatura in quella zona.

Che cosa succede? Come cambia la storia con questo piccolo cambiamento geologico sull'Europa?

I fenici dal Mediterraneo cominciano a spingersi verso il 600 a.C. nelle isole Britanniche alla ricerca dello stagno, dove ce n'è in abbondanza.

Sbarcano in Britannia e arrivano fino in Scozia spingendosi nel territorio che la unisce alla Scandinavia; qui conoscono i barbari antenati dei vichinghi, e la ricchezza del sottosuolo permette la fondazione di molte colonie fenicie in questa zona.

Quando gli Assiri annientano i Fenici in Medio Oriente, essi fuggono dal Mediterraneo rifugiandosi nella colonia in Britannia. La rinominano Fenicia, unificando tutte le colonie commerciali e fondando città come Neocartagine, commerciando con i barbari ed alleandosi con questi.

Intanto in Medio Oriente le truppe di Alessandro Magno invadono la Persia e sottomettono l'Egitto arrivando fino nella penisola indiana, e creando un immenso impero sotto la sua corona.

Quando Alessandro muore, il suo immenso impero si dissolve, mentre nel Mediterraneo ascende la potenza di Roma.

La Fenicia intanto si sviluppa con le sue città stato, in isolamento rispetto ai mari caldi.

Intanto si forma l'Impero Romano che comprende Italia,penisola balcanica, Tracia, Gallia, Hispania e Nord Africa. I Romani sbarcano in Britannia nell'intenzione di conquistarla, e vengono a contatto con i Fenici; naturalmente dichiarano loro guerra.

La guerra è lunga, ma i Romani vincono e i Fenici si arrendono. La Fenicia diventa colonia romana e al confine con la Scandinavia viene eretto il Vallo di Adriano, che segna il confine tra Romani e barbari.

Quando gli Unni arrivano in Europa, travolgono e distruggono l'Impero Romano nel 376, entrano anche nel corridoio che separa l'Atlantico dal Mare del Nord ed entrano in Britannia, annientando le ultime resistenze.

Entriamo in pieno Medioevo quando nella penisola balcanica si forma l'Impero Latino d'Oriente come sopravvivenza di quello Romano, mentre in Italia si forma il Regno degli Ostrogoti, che poi ha fine con la sua distruzione da parte del vicino Impero Latino.

Ma l'Ostrogotia viene presa d'assalto dai Longobardi che con una serie di battaglie vittoriose sottomettono l'Elvetia, la Germania e l'Italia fondando l'Impero di Lombardia.

L'Hispania o Spagna viene invasa dagli arabi che vi fondano il Califfato di Cordova.

Nei secoli seguenti Carlo Magno conquista la Lombardia e parte della Spagna, fondando il Sacro Romano Impero, poi rottosi in Francia ad ovest e in Sassonia ad est.

Intanto in Britannia si stabiliscono definitivamente i vichinghi senza l'arrivo dei Sassoni. I Vichinghi dominano la Fenicia, da essi ribattezzata Fønikia.

La penisola iberica, riconquistata dai cristiani, si suddivide in tanti regni e principati, mentre al centro-sud sopravvive il califfato musulmano.

Intanto i turchi sottomettono l'Anatolia premendo sull'Impero Latino.

Arriviamo nel 1348: l'Italia è divisa in due: a nord si è formato un Regno d'Italia vassallo dei francesi, il sud rimane sotto il Regno d'Aragona.

I vichinghi dichiarano guerra alla Francia, la guerra dura 116 anni e i francesi subiscono dolorosissime sconfitte che portano all'occupazione del loro territorio da parte vichinga.

Per molti secoli la Normandia, la Bretagna e l'Aquitania rimangono sotto i Vichinghi, dopodichè la Sassonia si allea con i francesi, attraversa il Mare del Nord e sbarca in Fønikia. I sassoni si scontrano con i vichinghi e li sconfiggono, alleandosi con i ribelli scozzesi di Braveheart. I francesi intanto si sono riorganizzati e nel 1460 finalmente cacciano gli inglesi dalla Francia con Giovanna d'Arco.

Gli scozzesi fondano un regno tutto loro,ma si trovano in conflitto con i sassoni che hanno occupato la Fønikia come "colonia".

Nel 1492 Cristoforo Colombo non viene ascoltato né dai portoghesi, né dagli spagnoli, e si affida ai sassoni che hanno enormemente potenziato la loro flotta navale militare. Con 14 navi da guerra arrivano in Groenlandia e Islanda, ma si spingono oltre sbarcando in quello che oggi è il Canada.

La notizia della scoperta di un nuovo continente suscita poco scalpore, poiché una tremenda peste bubbonica dal porto di Genova dilaga in Europa trucidando milioni di persone e spopolandola.

In seguito a questo drammatico evento, sempre più spedizioni di nazioni europee vengono organizzate,e centinaia di migliaia di navi fuggono dalla peste in Europa per arrivare nel nuovo continente, che viene denominato America da Amerigo Vespucci, il quale su una nave portoghese è sbarcato in Sudamerica.

Nei decenni a venire,gli europei cominciano a spartirsi l'America: la Sassonia occupa il Canada e la Groenlandia rinominandole "Terre della Nuova Sassonia" e installando nuove città e colonie commerciali. I Vichinghi hanno bisogno di decenni per riprendersi dalla guerra contro la Francia e la Sassonia, ma poi cominciano a spingersi in America Centrale colonizzando le Bahamas, Cuba, le Antille, l'Honduras e la Florida. La Spagna prende Argentina, Cile, Bolivia, Venezuela e il Messico.

Il Giappone si modernizza molto prima della nostra Timeline, e colonizza l'Alaska.

In Russia nel 1613 tutti i principati vengono unificati sotto il potere del primo zar dei Romanov Michele I, che fonda l'Impero Russo.

Nel 1660 in Inghilterra sale al potere il vichingo Olaf Kromland (Oliver Cromwell) che proclama la Repubblica Vichinga sotto la sua dittatura.

L'Impero Latino crolla definitivamente e i turchi lo conquistano; il Regno d'Aragona lotta in tutti i modi per non farsi annettere dal Regno di Castiglia.

Il regno d'Italia cade sotto il controllo del Regno di Sassonia che ne fa un suo satellite.

I Vichinghi d'Inghilterra invadono prima il Regno di Scozia che cede e viene annesso, poi anche la Fønikia che cade sotto il loro dominio dopo la sconfitta dei sassoni nel 1721.

La Francia si lancia in America e colonizza tutta la zona occidentale americana, poi invade l'Indocina.

Nel 1789 scoppia la rivoluzione francese, il re Luigi XVI viene decapitato con sua moglie Maria Antonietta e viene proclamata la Repubblica Francese, che però si trasforma in una dittatura sanguinaria di Robespierre.

Nel 1798 prende il potere Napoleone Bonaparte che si autoproclama imperatore di Francia ed invade il Regno d'Aragona, annettendolo e mette sul trono suo fratello Giuseppe; la Castiglia invece resiste. L'Italia viene invasa totalmente dai francesi che vi instaurano delle repubbliche sorelle.

Le truppe napoleoniche conquistano anche la Svezia e la Fønikia; alleandosi con la Scozia Napoleone conquista la Repubblica Vichinga che crolla e cade sotto il diretto potere monarchico napoleonico,, mentre le 13 colonie fondate dai Vichinghi in America Centrale sotto la guida di Wassynsen (Washington) dichiarano l'indipendenza, approfittando del fatto che la madrepatria è occupata.

Spagna, Russia e Sassonia si coalizzano per liberare l'Europa, sconfiggono Napoleone e lo relegano a Sant'Elena fino alla sua morte nel 1821.

In Inghilterra salgono al potere i Wynsen (Windsor) che restaurano la monarchia annettendo l'Irlanda, la Scozia e la Fønikia. Gli Stati Uniti di Centroamerica si avviano a diventare la prima potenza mondiale, e la lingua vichinga, opportunamente semplificata, diventa la lingua franca del mondo intero.

Ainelif

Mappa della Fønikia realizzata da Edoardo Secco

Mappa della Fønikia realizzata da Edoardo Secco

 

4) Il remake di "Noah"

di Enrica S.

Non si può parlare di ucronie diluviane senza ricordare il film "Noah" di Darren Aronofsky, uscito nel 2014 e preceduto da un'incredibile grancassa pubblicitaria. Questo film era stato presentato come la più grandiosa trasposizione cinematografica del racconto biblico del diluvio; ma, dopo averlo visto, mi sono reso conto che con il racconto dei capitoli 6-9 della Genesi esso ha in comune solo l'idea di fondo e i nomi di alcuni dei personaggi, ed esso si è rivelato niente più che il solito blockbuster americano, fatto per incassare soldi al botteghino e non certo per trasmettere un messaggio di fede, nonostante Aronofsky sia un Ebreo osservante. Voglio perciò cimentarmi nella riscrittura della trama del film in modo coerente con il racconto biblico!

Il film narra la celebre impresa biblica compiuta dal patriarca Noè, che costruì un'imponente arca, la più grande imbarcazione in legno che abbia mai solcato i mari nella storia dell'uomo, allo scopo di salvare la razza umana dal diluvio universale voluto dal Signore: così viene chiamato Dio per l'intero film [ in HL invece viene chiamato in modo inappropriato solo "il Creatore", titolo divino sconosciuto alla Genesi ].

Diecimila anni fa, nel pieno della Preistoria. Noè, discendente di Set, è ancora un bambino quando assiste impotente all'assassinio di suo padre Lamech da parte del capotribù dei discendenti di Caino, Tubalcain. Questi governa sul suo popolo seminomade con pugno di ferro: ormai i discendenti di Caino si sono espansi su tutta la Terra conosciuta, diffondendovi odio e violenza dappertutto. Disgustato da tutto ciò, Noè sceglie di vivere da solitario cacciatore-raccoglitore con la sposa Naama e di non far mai violenza a nessuno. Noè e Naama diventano genitori di tre figli: Sem, Cam e il piccolo Jafet. Di notte il patriarca comincia a vedere in sogno una misteriosa inondazione che sommerge la Terra uccidendo uomini ed animali [ in HL solo gli animali, gli unici cui a Noè preme salvare ] e la montagna dove vive suo nonno Matusalemme, l'uomo più vecchio e saggio del mondo. Egli si rende conto che non si tratta di incubi, ma che il Signore lo sta mettendo in guardia: sterminerà tutti gli uomini colpevoli di aver corrotto la bellezza della Creazione. "Cosa pensi che farà Egli?" gli domanda la moglie, dopo che lui le ha confidato tutto, e lui: "Distruggerà il mondo!" Per saperne di più e verificare se è possibile far cambiare idea al Signore, Noè decide di intraprendere un difficile viaggio con i suoi familiari fra terre improduttive ed impervie per dirigersi a nord, dove abita Matusalemme, e chiedergli risposte.

Durante il viaggio, la piccola tribù trova l'accampamento in fiamme di una tribù completamente massacrata dai Cainiti. L'unica superstite è una bambina di nome Ila ferita gravemente al ventre. Naama, la moglie di Noè, la cura e la prende con loro, ma avverte suo marito che a causa della ferita ella non potrà mai avere figli. Più a nord, si imbattono in un gruppo di orrendi giganti di pietra che li cattura. "Ma chi sono?" domanda Naama. "Temo che siano i Vigilanti", replica un terrorizzato Noè. Il loro capo, Samyaza, ordina di gettare gli uomini in una fossa e lasciarli morire; uno di loro però, il Guardiano Og, li libera e si offre inaspettatamente di accompagnarli a destinazione. Egli spiega loro che un tempo i Vigilanti erano angeli di pura luce che, vedendo la stirpe di Adamo ed Eva abbandonata fuori dall'Eden in un mondo ostile, contravvenendo agli ordini del Signore, decisero di aiutarla, scendendo sulla Terra, anche se qui il fango e la roccia li imprigionarono fatalmente ("A quel tempo c'erano i Giganti sulla Terra", dice la Genesi). Grazie al loro aiuto gli uomini sopravvissero, ma col tempo resero schiavi i Vigilanti, facendo di loro l'ennesimo strumento di violenza. Ci fu un uomo, però, che li salvò da questo destino, e quell'uomo era proprio Matusalemme. Di qui, la gratitudine di Og verso suo nipote.

Arrivati alla montagna, Noè entra nella grotta del nonno, al quale racconta i suoi incubi. Matusalemme, depositario dell'intera saggezza del mondo [ nel film è descritto invece come uno stregone mezzo matto e paranoico ], il quale afferma che il Signore è apparso in sogno anche a lui, e gli suggerisce di costruire un'arca dove mettersi in salvo per far sopravvivere l'umanità dopo il diluvio, e dove stivare una coppia per ogni specie di animale. Matusalemme fa inoltre al nipote un regalo inaspettato: un seme proveniente dal giardino dell'Eden, consegnatogli da suo padre Enoch. Quella sera stessa Noè pianta il seme nella terra. La mattina dopo Noè è ridestato dal trambusto: i Vigilanti li hanno inseguiti, e Og, colpevole di aver aiutato l'uomo e la sua famiglia, per ordine di Samyaza sta per essere portato via dai Vigilanti Magog e Rameel. A questo punto però scoppia a piovere, e dal seme dell'Eden germoglia in pochi minuti una gigantesca foresta. Matusalemme spiega a Samyaza che, se accetterà di aiutare Noè e i suoi cari, il Signore riammetterà in Cielo i Vigilanti, e il Gigante accetta. Inizia così la costruzione dell'Arca.

Passano dieci anni, la costruzione dell'arca sta volgendo quasi al termine e si moltiplicano i segnali (terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche, segni nel cielo...) che il diluvio sia imminente. Nel frattempo, Sem si innamora di Ila, dalla quale è ricambiato, anche se lei pensa che il suo amato debba meritare una donna fertile che possa donargli una discendenza. Cam invece, al contrario del fratello, non ha moglie, ha uno spirito ribelle e non vorrebbe più essere trattato come un bambino dal padre. Alla fine dei lavori, Noè e famiglia vengono raggiunti da una tribù di nomadi discendenti di Caino, comandati da Tubalcain, lo stesso che aveva ucciso Lamech. L'uomo è convinto che Noè stia costruendo una fortezza per resistere ai Cainiti, deride Sem quando questi si lascia scappare che la fine del mondo è vicina e li spazzerà via tutti, e sta per ordinare l'assalto quando si mostrano i Vigilanti, che terrorizzano i suoi guerrieri. Tubalcain è costretto ad andarsene, ma promette che tornerà per prendere possesso dell'arca. Noè ha l'intuizione che il disastro è imminente e che dovrà difendersi dall'assalto degli uomini di Tubalcain, per cui con l'aiuto dei Vigilanti comincia ad approntare le difese [ nel film invece si convince di essere uguale a Tubalcain, che nessun uomo può sfuggire all'odio e alla violenza di Caino, e decide che al termine della tempesta nessun altro uomo dopo di loro dovrà mai vivere sulla Terra, capovolgendo così il messaggio biblico ]. Gli animali intanto, per volere divino, salgono spontaneamente sull'arca e vi cadono in letargo fino alla fine del diluvio.

Tuttavia Cam ha un brusco litigio col padre e si allontana, per unirsi a Tubalcain, che considera un vero guerriero. Ila, amareggiata, va a cercarlo nonostante il pericolo rappresentato dai Cainiti; raggiunta la montagna di Matusalemme, questi le fa bere una pozione di erbe che la rende nuovamente fertile e la benedice, poi muore dopo una vita lunghissima [ nel film invece è alla ricerca di bacche e muore nelle acque del diluvio ]. Tornata indietro, Ila si imbatte in alcuni Cainiti che vorrebbero violentarla, ma Sem li uccide e la salva. La giovane ha un rapporto sessuale con il marito e rimane incinta. In quel momento però il diluvio ha inizio e dal cielo comincia a cadere una pioggia torrenziale, mentre il terremoto distrugge colline e foreste; anche la montagna di Matusalemme crolla. Noè capisce che la morte del giusto Matusalemme è stato il segnale della fine del mondo vecchio, si pente di aver maltrattato Cam, lo va a cercare, gli rivela che i Cainiti hanno cercato di uccidere Ila e lo convince a venire con lui. Mentre rientrano, tra fulmini e alberi che crollano, trovano in una fossa di cadaveri uccisi da Tubalcain una ragazza di nome Na'el che stringe al collo la sorellina, e le portano entrambe con loro [ in HL invece Na'el muore nel diluvio perchè Noè si è rifiutato di aiutarla, e Cam e Jafet restano assurdamente senza moglie ]. Tubalcain capisce allora il vero significato dell'arca e con i suoi soldati attacca Noè, ma questi viene aiutato dai Vigilanti, i quali combattono come furie la tribù nemica. Intanto, all'orizzonte compare uno tsunami alto duecento metri: sono gli oceani che si sono sollevati [ nel film invece il diluvio è prodotto da incomprensibili getti d'acqua provenienti da sotto terra ].

Naama riesce a far salire sull'arca Sem, Ila, Cam, Na'el, sua sorella e Iafet, mentre i Vigilanti, per via del loro nobile gesto, abbandonano i loro corpi di pietra e vengono infine riaccolti in Cielo. L'onda di tsunami arriva e si abbatte sull'arca, Noè fa in tempo a chiudersi dentro ma anche Tubalcain riesce ad infiltrarsi nell'arca, dopo essere stato gettato contro di essa dall'onda anomala. L'onda solleva l'arca che finalmente galleggia, mentre le rocce scompaiono sotto l'acqua e chiunque è fuori dall'arca trova la morte. I famigliari di Noè sono sconvolti dal fato di essere gli unici sopravvissuti dell'universo, ma il patriarca racconta loro la storia della Creazione in sette giorni [ senza alcun riferimento alla scienza moderna, a differenza della HL ]. Noè apprende della gravidanza di Ila e ne è felice [ nel film di Aronofsky invece Noè si è messo in testa che la sopravvivenza della razza umana rappresenterebbe una disobbedienza verso il Creatore e decide che, se dovesse nascere una femmina, egli sarebbe costretto ad ucciderla poiché in grado di procreare altri uomini, un comportamento davvero incredibile e anti-biblico ].

Sull'arca, intanto, Cam scopre che Tubalcain è riuscito a salire a bordo ma decide di tenerlo nascosto al padre e di aiutarlo a riprendersi dalle ferite ricevute in battaglia. La pioggia finisce, ma le acque persistono sulla Terra per centocinquanta giorni. Durante il parto di Ila, che tiene impegnata tutta la famiglia, Tubalcain, ripresosi dalle ferite, decide di usare Cam come esca per uccidere finalmente Noè. I due ingaggiano quindi una feroce lotta, Tualcain sta per avere la meglio e promette a Noè di prendersi la sua arca e la sua donna, ma a questo punto Cam prende le difese del padre e uccide Tubalcain pugnalandolo alle spalle. Intanto Ila ha dato alla luce non una bensì due gemelle femmine, e anche Na'el scopre di essere incinta [ nel film Noè tenta di uccidere le nipoti, ma si pente all'ultimo momento, e solo alla fine si renderà conto di aver sbagliato ].

Finalmente le acque si prosciugano e l'arca si arena sul massiccio dell'Ararat. Gli animali si risvegliano e ripopolano la Terra, che ricomincia a germogliare. Noè è sopraffatto dai rimorsi per non aver salvato l'intera umanità: allontanatosi dai famigliari, diventa agricoltore, pianta la vite, fabbrica il vino e si ubriaca; è Cam che lo trova per primo, nudo in mezzo alla spiaggia, e chiama Sem e Jafet che però lo coprono con una coperta camminando all'indietro; al risveglio, Noè chiede dove sia Cam, ma il figlio gli rinfaccia di avergli sempre preferito il primogenito Sem e sua moglie e abbandona l'accampamento con la moglie Na'el, attraversando terre impervie alla ricerca di un posto tutto per loro. Noè è disperato, ma Ila lo convince che è stata merito suo, la salvezza dell'umanità attraverso la catastrofe del diluvio, e lo esorta: "Aiutaci a ricominciare e, stavolta, a fare meglio!" Noè capisce e torna dai suoi familiari, elevando a Dio un sacrificio sulla montagna. Il film termina con l'arcobaleno che solca la la volta celeste e con la Benedizione di Dio su Noè e sulla sua famiglia: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, e con tutti gli animali della terra: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra."

Fine.

Enrica S.

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5) L'Epopea di Gilgamesh nella Bibbia!

di William Riker

Ormai è assodato che nei testi biblici, molto successivi, come nell'epica classica, compaiono svariate affinità con diversi elementi dell'antichissima Epopea di Gilgamesh. Si pensa che alcuni temi dell'Epopea fossero diventati largamente diffusi nel mondo antico e si presume l'influenza di essa sugli Ebrei del periodo della Cattività Babilonese. Le somiglianze degli elementi della trama e dei personaggi dell'Epopea con quelli della Bibbia comprendono ad esempio il Giardino dell'Eden e il racconto del Diluvio universale. E se l'intero argomento dell'Epopea di Gilgamesh fosse confluita nel testo della Genesi arrivato fino a noi? Come avrebbe potuto apparire la versione "ebraicizzata" del più antico poema epico della storia? Ecco la mia risposta.

Nimrod il Cacciatore
(Genesi, capitolo 11)

1 Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.
2 Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono.
3 Si dissero l'un l'altro: « Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco ». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento.
4 Poi dissero: « Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra ».
5 Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, ai quali nacquero figli dopo il Diluvio.
6 Ora Cam generò Cus e Cus generò Nimrod, colui che vide i confini del mondo: egli cominciò a essere potente sulla terra di Sennaar,
7 ed era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: « Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore ».
8 L'inizio del suo regno fu Babele, Ur, Accad e tutte le città del paese di Sennaar.
9 Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobot-Ir, Càlach,
10 e Resen tra Ninive e Càlach. Infine edificò le mura di Uruch; questa è la grande città.
11 Ora Nimrod il cacciatore costringeva il popolo di Babele a guerreggiare contro tutte le altre città, così da essere sempre più potente sulla terra abitata dagli uomini.
12 I padri e le madri dei guerrieri, che perdevano la vita per l'ambizione di uno solo, elevarono le loro preghiere al Signore Dio, il quale suscitò Magog, figlio di Iafet.
13 Magog viveva solo nella foresta dei cedri sui monti di Basan insieme agli animali, e li difendeva da Nimrod, il valente cacciatore di Babele.
14 Nimrod allora inviò la sua concubina Shamat a Magog. Ella iniziò al piacere Magog, ed egli cessò di abitare con le fiere nella foresta dei cedri.
15 Shamat portò Magog con sé a vivere nella città degli uomini. Quando Nimrod e Magog si incontrarono, i due cominciarono a combattere per decidere chi tra i due fosse più forte.
16 Dopo tre giorni e tre notti di combattimento, Magog ebbe la meglio, ma riconobbe nel re di Babele il suo più degno avversario, e i due si giurarono eterna amicizia.
17 Or la terra scarseggiava di legname per la costruzione della reggia di Nimrod e della Torre di Babele.
18 Nimrod convinse allora Magog ad accompagnarlo nella foresta dei cedri dove tagliare il legno necessario e conquistare una fama imperitura.
19 Ma la foresta dei cedri era presidiata dal terribile guardiano Og, gigante della stirpe dei Rephaim.
20 Nimrod e Magog affrontarono Og in duello e lo sconfissero. Nonostante il guardiano avesse più volte invocato clemenza, Magog convinse Nimrod ad ucciderlo.
21 Or il Signore Dio non gradì che i due non avessero risparmiato la vita ad Og, che aveva implorato pietà, e mandò sulla Terra il mostro Behemoth, la prima delle opere di Dio, tanto che solo il suo Creatore lo minacciava di spada.
22 Nimrod e Magog tuttavia unirono le loro forze ed ammazzarono il mostro Behemoth, nonostante le sue ossa fossero come travi di bronzo e le sue cartilagini come lastre di ferro.
23 Il Signore Dio allora mandò l'angelo della morte da Magog, reo di aver ucciso Og e il Behemoth.
24 Nimrod si disperò per la morte dell'amico e sognò il suo spirito nello Sheol, che conduceva una vita miseranda costretto a nutrirsi di polvere e a vivere nella tenebra.
25 Spaventato dalla morte, l'unico nemico che non poteva sconfiggere, andò alla ricerca di Noè, l'unico sopravvissuto al Diluvio, che viveva sulle Montagne dell'Ararat, ai confini del mondo.
26 Dopo aver superato la montagna su cui nidificava l'uccello gigante Ziz e dopo aver attraversato i fiumi Pison e Ghicon, Nimrod raggiunse il suo avo Noè, che gli narrò come grazie al Signore Dio era scampato al Diluvio.
27 Noè spiegò a Nimrod che non avrebbe mai potuto vivere per sempre, a causa della disobbedienza di Adamo suo padre.
28 Gli rivelò tuttavia l'esistenza di una pianta, che cresceva sulla tomba di Adamo grazie a semi del giardino di Eden donati dal Signore a suo figlio Set, mangiando il cui frutto si poteva tornare giovani.
29 Nimrod raggiunse la tomba di Adamo, colse il frutto e lo portò con sé nel viaggio di ritorno verso Babele, per essere nuovamente giovane.
30 Ma, giunto alle porte della sua città, il re sostò presso una pozza d'acqua per compiere le necessarie abluzioni, dopo aver valicato la montagna dell'uccello Ziz.
31 Un serpente, la più astuta delle creature della terra, rubò il frutto, lo mangiò e rinnovò la sua pelle. Per questo da allora il serpente muta la sua pelle e ritorna giovane.
32 Disperato, Nimrod si rese conto che sarebbe stato costretto a condividere il destino di tutti gli altri uomini.
33 Nimrod figlio di Cus, il valente cacciatore, regnò centoventisei anni su Babele, Càlach, Accad e Uruch. In tutto la vita di Nimrod fu di centosessantanove anni, poi morì.
34 Dopo la morte di Nimrod, il Signore scese a vedere la torre che gli uomini stavano costruendo.
35 Il Signore disse: « Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.
36 Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro ».
37 Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.
38 Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

William Riker

Note: a Gilgamesh qui corrisponde Nimrod il Cacciatore, come qualcuno ha supposto anche nella HL.
A Uruk, regno di Gilgamesh, corrisponde Babele, cioè Babilonia, il cui significato è "porta di Dio", ma che al versetto 37 è interpretata pseudoetimologicamente come "confusione" (balal), perchè in essa Dio confuse le lingue degli uomini. Del regno originario di Gilgamesh resta menzione al versetto 10: Uruch è "la grande città".
A Enkidu, l'uomo selvaggio, corrisponde Magog, personificazione delle tribù nomadi delle steppe.
Al mostro Humbaba corrisponde il gigante Og di Basan, nella Transgiordania settentrionale.
Al Toro Celeste corrisponde il mostro Behemoth, tipico della mitologia ebraica (vedi il capitolo 40 del Libro di Giobbe), secondo alcuni trasfigurazione dell'ippopotamo.
Alle acque di morte attraversate da Gilgamesh corrispondono i misteriosi fiumi Pison e Ghicon che secondo Gen 2, 11-13 escono direttamente dal Paradiso Terrestre. Secondo alcuni si tratta di immissari oggi disseccati dell'Eufrate.
Alla mitica "foce dei fiumi" dove viveva Utnapištim corrispondono le montagne dell'Ararat (Urartu, l'Armenia) dove Noè si è stabilito dopo il diluvio.
Agli uomini scorpione corrisponde l'uccello Ziz, altro mostro della mitologia ebraica, citato nei Salmi 50,11 e 80,13-14, talmente grande da poter nascondere il Sole con la sua apertura alare. Corrisponde dunque all'uccello Roc della mitologia persiana e dei racconti di Simbad il marinaio.

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Luca Boffa fa notare:

Lo sapevate che Gilgamesh in effetti era noto agli esegeti cristiani mediorientali del Medioevo? Inoltre, tra gli scrittori occidentali Claudio Eliano, vissuto nel secondo secolo dopo Cristo, è l'unico a citare Gilgamesh in una fonte greca! L'opera è "De Natura Animalium" ("Περὶ ζῴων ἰδιότητος"), e in essa si legge testualmente:

« Ἴδιον δὲ τῶν ζῴων καὶ ἡ φιλανθρωπία. ἀετὸς γοῦν ἔθρεψε βρέφος. καὶ εἰπεῖν τὸν πάντα λόγον ἐθέλω, ὡς ἂν γένηται μάρτυς ὧν προεθέμην. Βαβυλωνίων βασιλεύοντος Σευηχόρου Χαλδαῖοι λέγουσι τὸν γενόμενον ἐκ τῆς ἐκείνου θυγατρὸς τὴν βασιλείαν ἀφαιρήσεσθαι τὸν πάππον. τοῦτο ἐκεῖνος πέφρικε, καὶ ἵνα εἴπω τι καὶ ὑποπαίσας Ἀκρίσιος γίνεται ἐς τὴν παῖδα· ἐφρούρει γὰρ πικρότατα. λάθρᾳ δὲ ἡ παῖς (ἦν γὰρ τοῦ Βαβυλωνίου σοφώτερον τὸ χρεών) τίκτει ὑποπλησθεῖσα ἔκ τινος ἀνδρὸς ἀφανοῦς. τοῦτο οὖν οἱ φυλάττοντες δέει τοῦ βασιλέως ἔρριψαν ἐκ τῆς ἀκροπόλεως· ἦν γὰρ ἐνταῦθα ἀφειργμένη ἡ προειρημένη. οὐκοῦν ἀετὸς τὴν ἔτι τοῦ παιδὸς καταφορὰν ὀξύτατα ἰδών, πρὶν ἢ τῇ γῇ προσαραχθῆναι τὸ βρέφος, ὑπῆλθεν αὐτὸ καὶ τὰ νῶτα ὑπέβαλε, καὶ κομίζει ἐς κῆπόν τινα, καὶ τίθησι πεφεισμένως εὖ μάλα. ὁ τοίνυν τοῦ χώρου μελεδωνὸς τὸ καλὸν παιδίον θεασάμενος ἐρᾷ αὐτοῦ καὶ τρέφει· καὶ καλεῖται Γίλγαμος, καὶ βασιλεύει Βαβυλωνίων. εἰ δέ τῳ δοκεῖ μῦθος τοῦτο, σύμφημι πειρώμενος ἐς ἰσχὺν κατεγνωκέναι αὐτόν· Ἀχαιμένη γε μὴν τὸν Πέρσην, ἀφ' οὗ καὶ κάτεισιν ἡ τῶν Περσῶν εὐγένεια, ἀετοῦ τρόφιμον ἀκούω γενέσθαι. » (De Natura Animalium 12,21)
[L'amore per l'uomo è un'altra caratteristica degli animali. Ad ogni modo un'aquila ha allevato un bambino, e vi voglio raccontare l'intera storia in modo da poter portare prove a favore della mia affermazione. Quando Seuechorus era re di Babilonia, i Caldei predissero che il figlio nato da sua figlia avrebbe strappato il regno a suo nonno. Questo lo fece spaventare e (se mi è permesso il piccolo scherzo) fece quello che fece Acrisio a sua figlia: la rinchiuse in una gabbia dalle maglie fittissime. Tuttavia, poiché il destino era più astuto del re di Babilonia, la ragazza divenne madre, restando incinta di un uomo sconosciuto. Così le guardie, per timore del re, scagliarono il fanciullo dalle mura della cittadella, perché lì era stata imprigionata la suddetta fanciulla. Ora, un'aquila che vide con il suo occhio penetrante il bambino mentre cadeva, prima che fosse scagliato a terra, volò sotto di essa, lo raccolse al volo con il proprio dorso, lo condusse in qualche giardino e lo depose lì con la massima cura. Ma quando la custode del luogo vide il bel bambino, se ne innamorò e lo allattò; e fu chiamato Gilgamos, e divenne re di Babilonia. Se qualcuno la considera una leggenda, io, dopo averla verificata al meglio delle mie capacità, concordo nel verdetto. Ho sentito dire però che Achemenes il Persiano, da cui discende l'aristocrazia persiana, fu allattato da un'aquila.]

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6) Fanta-popoli del mare

di MorteBianca

Arrivano gli Indoeuropei, che colonizzano tutta l'Europa soppiantando i popoli pre-esistenti. Saranno parte di tale nucleo anche i famosi Popoli del Mare.

L'Atlantide di cui si parla nelle varie mitologie, chiamata con vari nomi da vari popoli, altro non è che una manifestazione della Talassocrazia dei popoli del Mare. Tra questi figurano gli Shardana (Sardi), Shekelesh (Siciliani), gli Ekwesh (futuri greci), Pheleset (Palestines), Lici (Troiani), Teresh (Etruschi?) e Liguri. Tali popoli fanno vanto di grande potenza e del fatto che non potranno mai venire sconfitti, cambieranno solo nome e bandiera.

Forte correlazione tra Troiani ed Etruschi, da cui deriva il mito di Enea.

La civiltà dei popoli del Mare si conclude quando una gigantesca catastrofe di natura vulcanica a Santorini (o Thera) distrugge completamente una delle città centrali, devasta con uno Tsunami i porti maggiori, distrugge la flotta e rende nulli i traffici marittini, terminando il dominio dei Popoli del Mare. Il Diluvio e altre catastrofi sono rappresentazioni di ciò.

I greci dell'entroterra, seppur influenzati dai Popoli del Mare e loro coloni (forse Atene stessa nasce come colonia marittima) vedono tale talassocrazia come un dominio sgradito, e ad un certo punto cessano di pagare i tributi.

Il tributo in risorse e uomini armati viene trasposto mitologicamente come la donazione di giovani bambini, che vengono divorati dal Toro, ossia il simbolo di Cnosso, uno degli avamposti dei Popoli del Mare e la loro confederazione. Teseo viene rappresentato come l'eroe indipendentista (ma, guardacaso, non è il primo Re di Atene, indicando che dunque i Re ateniesi erano vassalli dei popoli del Mare), il legame con Arianna è la discendenza matrimoniale con i loro ex dominatori.

Anche gli Egiziani avevano le scatole piene dei Popoli del Mare che frequentemente gli rompevano i cabbasisi, giungendo a depredare il Nilo anche in profondità. Come molti popoli in parte cercano di liberarsi dal dominio residuale, ma in parte persistono legami con ciò che resta dell'antica nobiltà e le armate dei Popoli del Mare che si integrano nei nuovi stati indipendenti. In Egitto in particolare vengono accolti da tempo diversi popoli (di stirpe Indoeuropea, di lingua Semita) provenienti dai territori di Caanan (luogo conquistato dall'Egitto per un breve periodo). Questi popoli arrivano migrando in Egitto, anche se si tratta di un mix di Immigrazione/Invasione (modello Impero Romano), con popoli nomadi e pastori indistinti e separati che vengono a stanziarsi in Egitto. Tale immigrazione/invasione, dai connotati mai del tutto chiariti (non ci fu una vera e propria dichiarazione di guerra, mancando un governo unitario che invade), è rappresentata dall'arrivo di Giuseppe in Egitto. Tra i popoli del mare infatti ricordiamo che ci sono i Pheleset, e che due dei popli del mare potrebbero essere tribù israelite.

Questi popoli si integrano nella classe dirigente egiziana, si mescolano agli egiziani e prendono il controllo addirittura di un pezzo d'egitto. Vengono chiamati Hyksos, creando uno stato fantoccio egiziano. Nascono due narrative su questa storia: una filo-egiziana (che parla dei veneratori di Set come malvagi e crudeli) ed una filo-Hyksos (che parla invece di un benigno governo retto da uomini estranei alla cultura egiziana). La seconda narrativa è rappresentata da Giuseppe che diventa primo ministro egiziano e permette all'Egitto di prosperare.

L'Egitto alla fine riesce a riconquistare il suo dominio da tempo perduto, ma gli Hyksos sono ancora lì e la loro burocrazia e cultura hanno lasciato l'impronta. Gli Hyksos e tutti questi popoli semiti, ex popoli del mare e cananiti vivono tutti come schiavi in quartieri-ghetto, assumono una cultura comune e una lingua comune. Si caratterizzano per il loro Monoteismo, contrapposto al politeismo egizio. Un tempo importanti, sono ora schiavizzati in massa, ma si stanno riproducendo e ben presto in certe zone d'egitto gli egiziani "etnici" (Schiavi o meno) saranno una minoranza.

Akhenaten, per ottenere il dominio diretto sull'Egitto, decide di prendere in prestito il monoteismo e parte della cultura di questi popoli istituendo un culto solare, l'Atonismo (da qui il suo nuovo nome), reprime i privilegi della casta sacerdotale ed aumenta il suo potere personale. Molti nella classe dirigente sono a lui fedele (Atonisti), è un momento di breve ripresa delle condizioni di questi popoli, che da Hyksos sono ora chiamati "Ebrei".

Akhenaten chiama il suo figlio Tutankhaten. Questo però alla sua morte riprende gli dei egiziani, si proclama Tutankhamon e sopprime il culto atonista. Molti però nella classe dirigente sono Atonisti, e taluni hanno discendenze Hyksos. Gli ebrei tornano a venire repressi brutalmente.

E così arriviamo a Seti I. La situazione è ormai grave, ci sono troppi ebrei e si teme una rivolta. Per tal motivo Seti ordina un eccidio di massa di tutti i bambini ebrei per bloccare la crescita di questo popolo. Egli però non sa che il nemico è "alle porte" e ci sono ancora molti Atonisti e discendenti Ebrei tra i suoi. Tra questi c'è appunto Mosè (nome egiziano, di cultura e portamento palesemente nobiliari).

Ramses II, suo figlio, si dimostra crudele con gli Ebrei, e per gelosia fa scacciare Mosé e lo condanna alla damnatio memoriae. Mosé, dopo un periodo nel deserto, rientra a contatto con le sue radici e decide di provocare una rivolta.
Tale rivolta non sarà popolare, o almeno non subito: prima sarà necessario rendere gli egiziani terrorizzati e sminuire i loro dei, su cui tutto si basa, risvegliando l'Atonismo dormiente.

L'esplosione di Santorini ha prodotto un cambiamento climatico notevole, che produce una siccità che ha un grave effetto sui campi, ma soprattutto il Nilo ora ha un'acqua più densa e argillosa, nella quale si diffondono particolari alghe che rendono l'acqua di colore scurissimo, simile al sangue, molti pesci emergono morti e le acque diventano ancor più putrefatte. Gli egiziani hanno difficoltà a bere, Mosé proclama ciò un segno divino. I sacerdoti riescono a replicare il miracolo con dei coloranti. E' la prima piaga.

Il fiume così oscurato causa la fuoriuscita di tutti i rospi nelle città (spesso vicinissime all'acqua), che poi muoiono, non prima di aver terrorizzato il popolino. E' la seconda piaga. Molti egiziani si riconvertono ad Aton, o addirittura all'ebraismo. Altri sono scettici.

I cadaveri dei pesci e delle rane produce un gigantesco sciame di larve, zanzare e mosche negli ambienti vicini al Nilo (spesso paludosi ed umidi), che attaccano le città. Questi stormi si diffondono ovunque infastidendo il popolino. E' la terza piaga insieme alla quarta. Inoltre senza i rospi gli insetti non hanno il loro predatore primario.

Le punture continue e gli scambi da una puntura all'altra producono una grande epidemia zoologica, che fa morire tutto il bestiame. La carestia si aggrava. Quinta piaga. Ormai un terzo del popolo egiziano è almeno a minimi livelli convinto che qualcosa dell'Ebraismo sia vero.

Sesta piaga, la grande malattia viene trasmessa dalle pulci tra animale e uomo. Si diffondono bubboni e piaghe nella pelle, gli umani poi se la trasmettono. Le scarse condizioni igieniche, l'assenza di cibo peggiorano la crisi. Più di metà del popolo egiziano inizia a dare retta ai sacerdoti ebrei.

Nuove eruzioni vulcaniche producono pioggie di fuoco e lapilli dal cielo. La popolazione è in delirio di massa, c'è panico per le strade. L'Atonismo è religione di maggioranza, gli ebrei egiziani aumentano a ritmo giornaliero. Diserzioni di massa dai templi e dalle armate egiziane. E' l'Ottava piaga.

Nona piaga: il mix di cambiamenti climatici (recenti e antichi), fumi causati dai roghi di cadaveri, essiccamento della Terra, inquinamento cittadino e maltempo produce la totale assenza del giorno. Ciò, unito all'Eclissi Solare, produce nei superstiziosi egiziani un timore gigantesco per il loro destino. La temperatura si abbassa, i raccolti già miseri per via delle cavallette sono ora impossibili, le notti sono rigide. Gli ebrei intanto lavorano per aumentare la propaganda: distruggono di notte gli idoli egiziani (facendolo sembrare un incidente), incendiano i templi già vuoti. Il Faraone ha ormai al suo seguoto soltanto i sacerdoti più ortodossi e i nobili egiziani la cui economia dipende dalla schiavitù, più qualche sparuto fedelissimo, che tuttavia dubita ed è terrorizzato. Gli ebrei illuminano i loro quartieri con torce offrendo rifugio agli egiziani.

A seguito della piaga, sul terreno, si sedimentano ceneri e polveri di ogni tipo discendenti da quei fumi tossici che stanno infestando il cielo. I campi sono irrigati dall'acqua tossica del Nilo, gli animali superstiti sono malati ed infettati da quest'acqua e da questi sedimenti. Tutto questo produce un avvelenamento di massa da cibo, mai visto nella storia dell'umanità. Gli egiziani ancora fedeli agli idoli sono ovviamente i nobili, che quindi danno estrema importanza alla primogenitura, quindi sono i primogeniti a venire nutriti di più con cibo fresco (mentre i secondogeniti mangiano cibo conservato e più frugale, come gli ebrei che ormai non toccano più cibo lievitato o carne e predicano uno stoico digiuno). Gli ebrei negli ultimi giorni affermano di usare il sangue di un agnello per segnare le porte, affinché la morte non passi laddove "il popolo ha creduto". Quasi tutti gli egiziani seguono l'esempio, ed inconsapevolmente seguono anche le direttive dietetiche degli ebrei. Molti di loro neanche avevano accesso a cibo del genere. Di fatto a venire colpita è solo una porzione minuscola della popolazione ancora miscredente (Solo gli egiziani autoctoni (di una popolazione davvero scarna), solo i nobili, solo quelli strenuamente anti-ebrei e solo i primogeniti, qualora questi fossero presenti). E' anche possibile che dei gas fossero risaliti dal terreno, e dato che i primogeniti usavano dormire in un piano separato dagli altri figli, questa potrebbe essere la spiegazione. Dopo diversi giorni avviene la strage, tutti i primogeniti sono morti (anche nel bestiame, per i motivi esplicati).

Anche il Faraone è stato colpito, e dopo questo ennesimo colpo anche la sua fede negli idoli egiziani cessa (visto che ogni piaga ha colpito nell'intimo le principali divinità del pantheon). Ramses concede agli ebrei di partire. Una gigantesca massa di persone (di origine davvero eterogenea: Hyksos, altri popoli del mare, Pheleset, Cananei, Semiti, schiavi di vario genere, egiziani atonisti, popolo rivoltoso, neoconvertiti ecc.....) avvia un grande Esodo. Gli Egiziani tentano di colpirli alle spalle tagliando loro la ritirata, ma si verifica un fenomeno climatico estremamente raro: il Mar Rosso, in un punto particolarmente pieno di secche, in cui il tragitto dall'altro lato è molto più breve e pieno di canne, durante questo periodo di siccità subisce una folata di vento particolarmente distribuita che produce di fatto un passaggio sicuro, con il ritiro delle acque. Mosè conduce il popolo libero dalla crudele monarchia egizia per il mare. L'armata egizia cerca di inseguirli ma il mare si richiude, e molti muoiono.

Inizia un lunghissimo viaggio nel deserto, durante il quale il neonato popolo inizia a legiferare (Dieci Comandamenti), si struttura (simboleggiato dalla nascita dei Leviti come sacerdoti), vengono eliminati i politeismi residui (Vitello d'oro) ed inizia in questa moltitudine culturale ad eliminare rivoltosi, criminali e visioni divergenti, fino ad arrivare a Caanan ormai uniformati.

La Profezia dei Popoli del Mare di fatto è realizzata: I Sardi sono stati dominatori del mare, I Pheleset sono diventato gli Ebrei, da cui deriva il Cristianesimo, che ha dominato per millenni. I Lici hanno dato i natali agli etruschi e proprio in quella zona sono sorti ben due imperi orientali (Romano ed Ottomano), Gli Etruschi hanno dato i natali a Roma,i Greci hanno dominato il mondo durante l'Ellenismo, I Siciliani hanno per ben tre volte fatto parte (principale o secondaria) di enormi imperi (Normanno, o Trinacria, Carlo V e poi i Borbone delle Due Sicilie, richiamati anche in Spagna a governare). Quando secoli dopo Hitler proclama la superiorità della Razza ariana sulla cultura Romana egli dimentica dei tempi in cui i Popoli del Mare dominarono l'Europa, e la loro cultura si è poi diffusa nel mondo. E questa è ovviamente solo una compagine dell'influenza degli Indoeuropei: sono pochi i territori nel Pianeta a non essere stati sotto il controllo di una stirpe indoeuropea ad un certo punto della storia, e ancor meno quelli che non hanno subito la cultura (namely religiosa, come il Buddhismo), forse solo la Liberia.

MorteBianca

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A questo punto, il grande Bhrihskwobhloukstroy interloquisce:

Però anche la visione vulgata che prima degli Indoeuropei ci fossero Popolazioni (di sapientēs) preindoeuropee è in realtà un'ucronia: tutti gli indizi in Europa sono solamente indoeuropei, prima dei quali si riconoscono esclusivamente i Neanderthaliani...

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Alessio Mammarella gli obietta:

E le lingue egee, tirseniche, paleoispaniche? Non sono forse tracce di "qualcun altro" oltre a neanderthaliani ed indoeuropei?

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Allora Bhrihskwobhloukstroy parte a ruota libera:

No, sono lingue indoeuropee, anche se il Pubblico non lo sa ancora. L’argomento è lunghissimo; per chi è interessato, cerco di sintetizzarlo nella formulazione più breve possibile.

Anzitutto il criterio. Per stabilire una parentela genealogica fra lingue è indispensabile individuare corrispondenze regolari fra fonemi; per esempio: il fonema italiano (toscano) /t/ corrisponde, fra vocali, al fonema spagnolo (castigliano) /d/ nella stessa posizione (per esempio i participî in -ado, -ido). Quando due lingue presentano queste corrispondenze regolari (= senza eccezioni) è perché derivano dalla medesima (proto)lingua: per esempio, il toscano e il castigliano presentano corrispondenze regolari perché sono entrambi trasformazioni del latino.

Le lingue in esame sono:

egee: cretese (minoico), pelasgico, lelegico, cario;
tirseniche: lemnio, etrusco, retico;
paleoispaniche: celtiberico/ispanoceltico, lusitanico, tartessio, iberico, vasconico (basco).

Il lelegico non ha testi e sono incerte anche le sue attestazioni onomastiche, quindi in pratica non se ne può dire niente (tutto quel che se ne potrebbe dire riguarda parole che più verosimilmente sono greche o cretesi o carie). Il cario è certamente anatolico, quindi indoeuropeo (l’indoeuropeità dell’anatolico è dimostrata dal 1916 e nessuno la contesta). Il pelasgico è di identificazione incerta (non ci sono testi, solo possibili relitti lessicali od onomastici), ma dovunque si sia creduto di riconoscerlo è risultato tracio (quindi indoeuropeo) oppure (per un solo autore, Furnée) georgiano (ma si noti che il georgiano è, da duecento anni a questa parte, sospetto di essere una lingua indoeuropea, sia pure molto trasformata; in ogni caso è sicuramente apparentata con l’indoeuropeo).

Il minoico è attestato da molti testi, ma resta di affiliazione incerta. Le proposte correnti sono: anatolico (quindi indoeuropeo), ḫattico, semitico. Il ḫattico è una lingua (estinta) dell’Anatolia Orientale e che si ritiene connessa con le attuali lingue caucasiche settentrionali, le quali a loro volta sono sicuramente apparentate con l’indoeuropeo e il basco e forse (novità dell’ultimo decennio) sono indoeuropee tout court. Dato che il basco è stato dimostrato indoeuropeo (nove anni fa; Gianfranco Forni), le affiliazioni del minoico si riducono a due alternative: indoeuropeo (nella maggior parte dei casi) oppure semitico. Anche nel caso che fosse semitico, niente dimostra che sia anteriore alle lingue indoeuropee circostanti (greco e anatolico).

Le lingue tirseniche sono sicuramente apparentate fra loro; la meglio documentata è l’etrusco. Per l’etrusco sono state proposte molte affializioni, ma le uniche basate su corrispondenze fonetiche regolari sono con l’ungherese (lingua ugrofinnica, quindi della famiglia uralica) o con l’anatolico (indoeuropeo). L’uralico e l’indoeuropeo sono sicuramente apparentati, ma l’ungherese non è (evidentemente) l’anatolico, quindi almeno una delle due affiliazioni deve essere sbagliata. Ora, i confronti con l’ungherese sono sulla base di radici e suffissi molto brevi, mentre i confronti con l’anatolico riguardano radici e suffissi appena appena più lunghi. Siccome una coincidenza casuale è meno probabile fra sequenze lunghe che fra sequenze brevi (per esempio: è più facile che due persone diverse coincidano per caso a pensare un numero di una cifra – ossia da zero a nove – che uno di due, possiamo affermare che il confronto dell’etrusco con l’anatolico è più probabile di quello con l’ungherese (si noti che perfino l’Autore di quest’ultima proposta, Mario Alinei, l’ha abbandonata, sia pure per una ancora meno probabile, col turco).

Le lingue paleoispaniche non sono tutte strettamente apparentate fra loro. Il celtiberico/ispanoceltico è, chiaramente, celtico; anche il tartessio è stato recentemente dimostrato come celtico (John Koch, Terrence Kaufman), mentre il lusitanico è sicuramente indoeuropeo ma forse non celtico e il basco è stato appunto anch’esso di recente dimostrato indoeuropeo (Gianfranco Forni), perfino vicino al celtico, ma non celtico vero e proprio. L’iberico è apparentato al basco oppure al tartessio, quindi è sicuramente indoeuropeo e forse addirittura celtico.

I nomi di luogo di tutte queste regioni sono sempre di etimologia indoeuropea; nessuna delle etimologie non indoeuropee (che pure sono state proposte) è altrettanto probabile di quelle indoeuropee, perché o sono irregolari (= basati su corrispondenze fonetiche non regolari) oppure sono fondate sul confronto con parole di lingue indoeuropee solo ipoteticamente mutuate (le parole) da lingue non indoeuropee (fra l’altro non attestate).

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Alessio Mammarella si informa:

Sul popolamento del continente europeo potrebbe quindi aver ragione Mario Alinei, rispetto alle teorie che contemplano gli indoeuropei come "invasori" attraverso le pianure russe (Gimbutas) o l'Anatolia (Renfrew)?

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E Bhrihskwobhloukstroy gli risponde:

Solo in parte, perché Alinei ritiene indoeuropei i Cacciatori-Raccoglitori Paleolitici (il che è molto probabile), ma semiti gli Agricoltori Neolitici (che è assolutamente controfattuale; sui Neolitici è molto più probabile Renfrew) e altaici i Kurganici (dimostrabilmente falso; la Tesi Gimbutas-Mallory è inattaccabile per la pars cōnstruēns e infatti lo stesso Renfrew la mantiene). In pratica sono stati Indoeuropei (paleolitici) + Indoeuropei (neolitici) + Indoeuropei (calcolitici).

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Interviene anche Perchè No?:

E l'uomo di Cheddar che ha fatto tanto sudare gli Inglesi ? Quale lingua poteva parlare?

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Al che il solito Bhrihskwobhloukstroy gli replica:

Nel 7150 a.C. l'indoeuropeo preistorico di area destinata a diventare celtica (quindi un indoeuropeo già con coloritura regionale molto spiccata, me sempre in fonologia preistorica).

Comunque, per ritornare al nocciolo dell'ucronia di MorteBianca, bisogna dire che per molti di noi Atlantide è il culmine di ogni interesse... Anch'io ci ho dedicato decenni e come criterio di orientamento fra tutte le ipotesi (premesso che l'assenza del presunto testo egizio è una lacuna che tutte devono scontare) ho scelto il criterio della relativa distanza da questi tre dati del racconto platonico:

1) dall'epoca di ambientazione (intendere gli anni come “mesi” è una tradizione antica, ma pur sempre un'emendazione, quindi ha un prezzo epistemologico di cui, se non altro, tener conto);

2) dal luogo di ambientazione (intendere le Colonne d'Ercole come diverse da quelle tradizionali è una congettura lecita, ma anche questa ha un prezzo di cui tener conto);

3) dai fatti descritti (ogni interpretazione allegorica o metaforica è seducente, ma appunto implica un compromesso e anche di questo va tenuto conto);

4) dai fatti indipendentemente dimostrati dall'attuale Ricerca (Scientifico-Naturale).

Per esempio, se Atlantide viene posta 9000 mesi (anziché anni) prima di Solone e nello Stretto di Sicilia, ha già due punti in meno per il primo e secondo criterio. Non è una bocciatura, ma di certo appartiene a un gruppo di Ipotesi distanziato di almeno due lunghezze dal gruppo di Ipotesi che soddisfano al 100% tutti e quattro i criterî, ossia di Atlantide posta 9000 anni prima di Solone, al di là delle Colonne d'Ercole (N.B. alla lettera «al di là» significa che per arrivarci dalla Grecia per mare bisogna superare le Colonne d'Ercole, tutto qui; a quel punto anche il Sudafrica può andar bene), più grande dell'Africa e dell'Asia (conosciute dai Greci) messe insieme, estesa nel Mediterraneo ((in direzione dela Grecia) fino alla Tirrenia e corrispondente a sommersioni note alla Paleogeografia.

Noè e suo figlio Sem parlamentano con due Nephilim (immagine creata con openart.ai)

Noè e suo figlio Sem parlamentano con due Nephilim (immagine creata con openart.ai)

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Ed ora, a proposito di diluvi e di Atlantide, eccovi un testo inviatoci dall'amico Liutprand, che in realtà è vecchio di quasi 2100 anni!

7) Le Amazzoni e Atlantide

di Diodoro Siculo (90–20 a.C.)

LIII. Si racconta che ai confini della terra e all’occidente della Libia abiti una nazione governata da donne, che hanno costumi del tutto diversi dai nostri. Le donne usano prestare servizio militare durante un periodo di tempo determinato, conservando la propria verginità. Quando il termine del servizio militare è raggiunto, si accostano agli uomini per averne dei figli, e coprono le magistrature e tutte le funzioni pubbliche. Gli uomini trascorrono tutta la propria vita a casa, come le nostre casalinghe, dedicandosi solamente a occupazioni domestiche; sono tenuti lontani dall’esercito, dalla magistratura e da ogni altra funzione pubblica che possa ispirare loro l’idea di sottrarsi al giogo delle donne. Dopo aver partorito, le Amazzoni consegnano il neonato tra le mani degli uomini, che pensano a nutrirlo di latte e di altri alimenti appropriati per la sua età. Se il bambino è una femmina, le si bruciano le mammelle, per impedire a tali organi di svilupparsi con l’età, perché delle mammelle prominenti sarebbero scomode per l’esercizio guerriero; ciò spiega il nome di Amazzoni che i Greci hanno dato loro. Secondo la tradizione, le Amazzoni abitavano in un’isola chiamata Espera, posta a occidente, nel lago Tritonide. Questo lago, che si trova presso l’Oceano che circonda la terra, trae il proprio nome dal fiume Tritone, che vi si getta. Il lago Tritonide si trova in vicinanza dell’Etiopia, al piede della più alta montagna di quel paese, che i Greci chiamano Atlante, e che tocca l’Oceano. L’isola Espera è abbastanza grande e piena di alberi da frutto di ogni specie, che forniscono cibo agli abitanti. Questi si nutrono anche del latte e della carne, delle quali hanno grandi greggi, ma non hanno ancora appreso la coltivazione del grano. Spinte dai propri istinti guerrieri, le Amazzoni sottomisero prima con le armi tutte le città dell’isola, tranne una sola che si chiamava Mené, ed era considerata sacra. Questa città era abitata da Etiopi mangiatori di pesce, vi si vedevano esalazioni infiammate, e vi si trovavano molte pietre preziose, come quelle che i Greci chiamano carbonchi (rubini), sardoines (pietre di calcedonio) e smeraldi. Dopo, le Amazzoni soggiogarono le terre circostanti, molte tribù libiche e costruirono, nel lago Tritonide, una città che chiamarono Cherconeso, a causa del suo aspetto.

LIV. Incoraggiate dai loro successi, le Amazzoni percorsero diverse parti del mondo. Si dice che i primi uomini attaccati da loro fossero gli Atlanti, il popolo più civilizzato di quelle terre, che abitavano in una regione ricca, con grandi città. Fu presso gli Atlanti e nel paese vicino all’Oceano che, secondo la mitologia, nacquero gli dèi; e ciò si accorda abbastanza bene con i racconti dei mitologi greci; più avanti ne parleremo dettagliatamente. Si dice che Myrina, regina delle Amazzoni, raccolse un esercito di trentamila donne di fanteria, e di ventimila a cavallo; esse si applicavano in modo particolare all’esercizio del cavallo, per la sua utilità in guerra. Usavano portare come difesa delle pelli di serpente, poiché in Libia si trovano rettili enormi. Le loro armi offensive erano spade, lance e archi. Sapevano servirsene molto bene, non solo per attaccare, ma anche per respingere chi le avesse messe in fuga. Dopo aver invaso il territorio degli Atlanti, esse sconfissero in battaglia campale gli abitanti di Kerne e inseguirono i fuggiaschi, si dentro le mura. S’impadronirono della città e maltrattarono i prigionieri, per diffondere il terrore tra i popoli vicini. Passarono a fil di spada tutti gli uomini puberi, ridussero in schiavitù le donne e i bambini, e demolirono la città. Quando la voce del disastro dei Kerneani si diffuse in tutto il paese, gli altri Atlanti ne furono talmente terrorizzati che tutti, di comune accordo, consegnarono le loro città e promisero di fare tutto ciò che fosse stato loro ordinato. 
La regina Myrina li trattò con dolcezza, accordò loro la propria amicizia e, al posto della città distrutta, ne fondò un’altra a cui diede il proprio nome. La popolò con tutti gli indigeni, da lei fatti prigionieri, che volessero abitarvi. Dopo di che, gli Atlanti le fecero doni magnifici e le tributarono pubblicamente grandi onori, ed ella accettò i segni del loro affetto e promise di proteggerli. Poiché gli Atlanti erano spesso attaccati dalle Gorgoni, che stavano nelle vicinanze e che da sempre erano loro nemiche, la regina Myrina andò a combattere le Gorgoni nel loro paese, dietro preghiera degli Atlanti. Le Gorgoni si schierarono in battaglia e il combattimento fu accanito, ma infine le Amazzoni le sopraffecero e uccisero un gran numero delle nemiche, e fecero più di tremila prigioniere. Poiché le altre erano fuggite nei boschi, Myrina, che voleva distruggere completamente quella nazione, appiccò il fuoco; non essendo riuscita in tale disegno, si ritirò alle frontiere del paese.

LV. Una notte le Amazzoni, eccitate dal successo, facevano la guardia con negligenza. Allora le Gorgoni prigioniere riuscirono a riprendersi le spade e ne sgozzarono un gran numero, ma furono ben presto circondate dalle Amazzoni e sopraffatte dal numero. Furono tutte uccise, dopo una vigorosa resistenza. Myrina fece bruciare su tre roghi i corpi delle compagne uccise e fece innalzare con la terra tre grandi tumuli, che sono chiamati ancor oggi le tombe delle Amazzoni. In seguito le Gorgoni, che si erano moltiplicate, furono attaccate anche da Perseo, figlio di Zeus (Dia); Medusa era allora la loro regina. Infine le Gorgoni, così come la razza delle Amazzoni, furono sterminate da Eracle, quando, durante la sua spedizione a Occidente, pose una colonna in Libia, poiché non poteva tollerare che, dopo tutti i benefici che egli aveva offerto al genere umano, ci fosse una nazione governata da donne. 
Si dice che il lago Tritonide sia completamente scomparso a causa di terremoti, che hanno fatto rompere la diga verso l’Oceano. 
Myrina, dopo aver percorso con il suo esercito gran parte della Libia, entrò in Egitto, dove si legò di amicizia con Horus, figlio di Iside, che era in quel tempo il re del paese. Di là, andò a fare la guerra agli Arabi, e ne sterminò un grandissimo numero. In seguito, sottomise tutta la Siria; gli abitanti della Cilicia le andarono incontro offrendole doni e promettendole di sottomettersi volontariamente ai suoi ordini. Myrina lasciò loro la libertà, poiché erano venuti ad arrendersi spontaneamente. Perciò ancor oggi essi sono chiamati Eleuthero–Cilici. Dopo aver fatto la guerra ai popoli che abitano presso il monte Tauro, famosi per la loro forza, ella entrò nella grande Frigia, situata presso il mare, e, dopo aver percorso con il proprio esercito diverse terre lungo il mare, terminò la sua spedizione lungo il fiume Caïcus. Nel paese conquistato, scelse i luoghi più adatti per la fondazione di città; ne costruì parecchie, tra le quali una portò il suo nome. Alle altre città diede il nome delle Amazzoni che avevano comandato i principali corpi d’armata, come le città di Cyme, di Pitana e di Priene, che si trovano sul mare, e ne fondò diverse altre all’interno. Sottomise anche alcune isole e particolarmente Lesbo, ove fondò la città di Mitilene, dal nome di sua sorella, che aveva partecipato alla spedizione. Mentre andava a sottomettere altre isole, la sua nave fu colpita da una tempesta; e, implorando la madre degli dèi per la propria salvezza, fu gettata su un’isola deserta; seguendo un avvertimento ricevuto in sogno, consacrò tutta quell’isola alla dea che aveva invocato, le eresse degli altari e istituì sacrifici in suo onore. Diede a quell’isola il nome di Samotracia che, tradotto in greco, significa « isola santa ». Alcuni storici sostengono che quell’isola dapprima si chiamasse Samos e che dopo divenne Samotracia, dai Traci che vi abitavano. Comunque sia, quando, secondo la tradizione, le Amazzoni ebbero conquistato il continente, la madre degli dèi portò in quest’isola, a lei gradita, dei coloni per popolarla, tra i quali i propri stessi figli, i Coribanti, il cui padre è rivelato solo a coloro che sono iniziati ai misteri. Quella dea insegnò loro i misteri che ancor oggi sono celebrati nell’isola, e vi consacrò un tempio inviolabile. A quell’epoca, Mopso di Tracia, bandito dalla patria da parte del re Licurgo, invase il paese delle Amazzoni con un esercito. Sipilo, della nazione degli Sciti, bandito a sua volta dalla propria patria, la Scizia, limitrofa della Tracia, si unì alla spedizione di Mopso. Vi fu una battaglia; le truppe di Mopso e di Sipilo riportarono la vittoria. Myrina, la regina delle Amazzoni, e la maggior parte delle sue compagne furono massacrate. Vi furono in seguito diversi altri combattimenti nei quali i Traci rimasero vincitori, e ciò che rimaneva dell’esercito delle Amazzoni si ritirò in Libia. Questa fu, secondo la mitologia, la fine della spedizione delle Amazzoni.

LVI. Poiché abbiamo menzionato gli Atlanti, pensiamo che non sia fuori luogo riferire ciò che essi raccontano sulla nascita degli dèi. Le loro tradizioni non sono, a tal proposito, molto lontane da quelle dei Greci. Gli Atlanti abitano sul litorale dell’Oceano, in una terra molto fertile. Sembrano distinguersi dai loro vicini per la loro pietà e la loro ospitalità. Pretendono che il loro paese sia stato la culla degli dèi, e il più celebre di tutti i poeti della Grecia sembra condividere tale opinione, quando fa dire a Hera: "Parto per visitare i limiti della Terra, l’Oceano, padre degli dèi, e Teti, loro madre". Ora, secondo la tradizione mitologica degli Atlanti, il loro primo re fu Urano. Quel principe radunò tra le mura di una città gli uomini, che prima di lui erano sparsi per le campagne. Ritirò i suoi sudditi dalla vita selvaggia, insegnò loro l’uso dei frutti e la maniera di conservarli, e trasmise loro diverse altre invenzioni utili. Il suo impero di estendeva su quasi tutta la terra, ma principalmente verso occidente e verso il nord. Preciso osservatore degli astri, egli predisse diversi eventi che dovevano accadere nel mondo, e insegnò alle nazioni a misurare l’anno tramite il percorso del sole, e i mesi con il corso della luna, e divise l’anno in stagioni. Il volgo, che ignorava l’ordine eterno del movimento degli astri, ammirava queste predizioni e guardava colui che le aveva fatte come un essere soprannaturale. Dopo la sua morte, i popoli gli decretarono onori divini, in ricordo dei benefici che avevano ricevuto da lui. Diedero il suo nome all’universo; sia perché gli attribuivano la conoscenza della levata e del tramonto degli astri e di altri fenomeni naturali, sia per testimoniare la loro riconoscenza con gli onori eminenti che gli rendevano. Infine lo chiamarono re eterno di tutte le cose.

LVII. Secondo le stesse tradizioni, Urano ebbe quarantacinque figli, da diverse donne ; ne ebbe diciotto da Titea. Questi ultimi, ciascuno dei quali aveva un nome particolare, furono identificati col nome collettivo di Titani dal nome della loro madre. Titea, conosciuta per la sua saggezza e la sua benevolenza, fu, dopo la morte, elevata al rango degli dèi da coloro che aveva colmato di beni, e il suo nome fu mutato in quello di Gea (Terra). Urano ebbe anche parecchie figlie, e le due maggiori furono le più famose, Basilea e Rea, che qualcuno chiama anche Pandora. Basilea, la più grande e al tempo stesso la più saggia e la più intelligente, allevò tutti i suoi fratelli e prodigò loro le cure di una madre. Perciò fu soprannominata la Grande Madre. Quando suo padre fu elevato al rango degli dèi, ella salì sul trono col consenso dei popoli e dei suoi fratelli. Era ancora vergine e, per un eccesso di saggezza, non voleva sposarsi. Più tardi, per avere dei figli che potessero succederle nella regalità, Sposò Hyperion, quello tra i fratelli che più amava. Ne ebbe due figli, Helio e Selene, entrambi ammirevoli per bellezza e saggezza. La sua felicità attirò a Basilea la gelosia dei fratelli i quali, temendo che Hyperion s’impadronisse del regno, concepirono un disegno esecrabile. Complottarono tra loro e sgozzarono Hyperion e annegarono nell’Eridano suo figlio Helio, che era ancora un bambino. Quando tale disgrazia fu scoperta, Selene, che amava molto il fratello, si precipitò dall’alto del palazzo. Mentre Basilea cercava lungo il fiume il corpo di suo figlio Helio, si addormentò per la stanchezza e vide in sogno Helio che la consolò, raccomandandole di non affliggersi per la morte dei suoi figli ; aggiunse che i Titani avrebbero ricevuto il meritato castigo, che sua sorella e lui si sarebbero trasformati in esseri immortali per ordine di una provvidenza divina; che quello che un tempo si chiamava il cielo del fuoco sacro sarebbe stato indicato dagli uomini col nome di Helio (Sole), e che l’antico nome di Mene sarebbe stato mutato in quello di Selene (Luna). Al suo risveglio, ella raccontò al popolo il sogno che aveva avuto, e le sue disgrazie. Poi ordinò di accordare ai suoi figli onori divini, e proibì a chiunque di toccare il loro corpo. Dopo di che, fu presa da una specie di mania. Afferrava i giocattoli della figlia, e strumenti rumorosi, e andava in giro per tutto il paese, con i capelli sciolti, danzando come al suono dei timpani e dei cimbali, causando sorpresa in chi la vedeva. Tutti ebbero pietà di lei; qualcuno cercò di fermarla, quando arrivò una gran pioggia, accompagnata da tuoni in continuazione. Il quel momento, Basilea scomparve. Il popolo, rimasto attonito per l’evento, collocò Helio e Selene tra gli astri. Furono innalzati altari in onore della loro madre e si offrirono sacrifici, con altri onori, al suono di timpani e cimbali, imitando ciò che ella aveva fatto.

LVIII. I Frigi raccontano in modo diverso la nascita di questa dea. Secondo la loro tradizione, Meone, che regnava un tempo sulla Frigia e la Lidia, sposò Dindima e ne ebbe una figlia. Non volendo allevarla, ma espose sul monte Cibelo. Là, protetta dagli dèi, la bambina fu nutrita dal latte delle pantere e di altri animali feroci. Alcune donne, che portavano le loro greggi a pascolare sulla montagna, furono testimoni di questo fatto miracoloso; presero con sé la bambina e la chiamarono Cibele, dal nome del luogo ove l’avevano trovata. La ragazza, crescendo, si fece notare per bellezza, intelligenza e spirito. Inventò il primo flauto a diverse canne e introdusse nei giochi e nella danza i cimbali e i timpani. Compose rimedi purificanti per gli animali malati e i neonati e, poiché guariva molti bambini, che teneva tra le braccia, con canti magici, ricevette per tali buoni gesti il nome di Madre della montagna. Si dice che il suo amico più intimo fosse Marsia il Frigio, un uomo ammirato per il suo spirito e la sua saggezza. Marsia diede una prova del suo spirito quando inventò il flauto semplice, capace di imitare da solo tutti i suoni del flauto a diverse canne, e si può valutare la sua castità dal fatto che morì senza aver conosciuto i piaceri di Venere. Tuttavia, arrivata all’età della pubertà, Cibele amò un giovane del paese, chiamato prima Attis e poi Papas. Ebbe con lui rapporti intimi e rimase incinta, quando fu riconosciuta dai suoi genitori.

LIX. Ricondotta al palazzo del re, fu dapprima ricevuta come una vergine dal padre e dalla madre. La sua colpa fu poi scoperta e il padre fece uccidere le pastore che l’avevano nutrita, e Attis, e lasciò insepolti i loro corpi. Trasportata dall’amore per quel giovane e afflitta dalla sorte delle sue nutrici, Cibele impazzì e percorse il paese coi capelli sciolti, gemendo e battendo il tamburo. Marsia, preso dalla commiserazione, si mise a seguirla volontariamente, in ricordo dell’amicizia che un tempo le aveva portato. Arrivarono così insieme presso Dioniso a Nisa e qui incontrarono Apollo, celebre in quel tempo come suonatore di cetra. Si pretende che Hermes sia stato l’inventore di questo strumento, ma che Apollo sia stato il primo che se ne servì con metodo. Marsia entrò in gara con Apollo per l’arte della musica, e scelsero gli abitanti di Nisa come giudici. Apollo suonò per primo sulla cetra, senza accompagnamento di canto, ma Marsia, col suo flauto, colpì maggiormente gli ascoltatori per la novità del suono e per la melodia della sua arte, se sembrò in grado di vincere di gran lunga sul rivale. Convennero di riprendere la gara e di dare ai giudici una nuova prova della loro abilità. Apollo suonò dopo il rivale e, mescolando il canto al suono della cetra, sorpassò di gran lunga il suono primitivo del flauto da solo. Marsia, indignato, protestò agli uditori la propria frustrazione contro l’ingiustizia; perché bisognava valutare l’esecuzione strumentale e non la voce, ma si trattava di sapere se fosse la cetra o il flauto a vincere per armonia e melodia del suono. In una parola, era ingiusto impiegare due arti contro una sola. Apollo rispose, secondo quanto raccontano i mitologi, che non aveva preso alcun vantaggio su di lui; che aveva fatto come Marsia che soffiava nel suo flauto e che, affinché la lotta fosse uguale, bisognava che nessuno dei due antagonisti si servisse della bocca nell’esercizio della propria arte, oppure che entrambi non si servissero delle dita. Gli uditori trovarono che Apollo aveva ragionato giustamente e ordinarono una nuova prova. Marsia fu vinto ancora e Apollo, che era rimasto inasprito dalla lotta, lo scorticò vivo. Apollo tuttavia se ne pentì poco tempo dopo e, constatando quanto aveva fatto, ruppe le corde della sua cetra e fece scomparire il modo armonico che aveva inventato. Le Muse poi ritrovarono la Mese, Linus Lichanos, Orfeo e Thamiris, Hipate e Paripate. Apollo depose nella grotta di Dioniso la sua cetra e i flauti di Marsia, divenne amante di Cibele e l’accompagnò nei suoi spostamenti sino agli Iperborei. In quell’epoca, i Frigi erano afflitti da una malattia e la terra era sterile. Nella loro sventura, gli abitanti si rivolsero all’oracolo, che ordinò loro di seppellire il corpo di Attis e di onorare Cibele come una dea. Ma poiché il corpo di Attis era stato interamente corroso dal tempo, i Frigi lo raffigurarono come un giovane uomo. Davanti a lui facevano grandi lamentazioni, per calmare la collera di colui che era stato ingiustamente messo a morte. Questa cerimonia si è conservata sino ad oggi. Compiono anche sacrifici annuali in onore di Cibele sui loro antichi altari. Infine le costruirono un magnifico tempio a Pisinunte, in Frigia, e le dedicarono delle feste. A questa solennità contribuì grandemente il re Mida. La statua di Cibele è circondata da leoni e da pantere, perché si ritiene che la dea fosse allattata da quegli animali. Ecco quello che i Frigi e gli Atlanti, che abitano sulle rive dell’Oceano, raccontano della madre degli dèi.

LX. Dopo la morte di Hyperion, i figli di Urano si divisero il regno. I più celebri furono Atlante e Cronos. Le terre litorali erano toccate in sorte ad Atlante, che diede il suo nome ai suoi sudditi Atlanti, e alla più alta montagna del suo paese. Atlante eccelleva nell’astrologia e fu il primo a raffigurare il mondo come una sfera. Di là viene la favola, secondo la quale Atlante porta il mondo sulle sue spalle. Atlante ebbe parecchi figli; ma Espero si distinse solo per la sua pietà, per la sua giustizia e la sua dolcezza. Salito in cima all’Atlante per osservare gli astri, Espero fu improvvisamente portato via da un vento impetuoso. Il popolo, toccato dalla sua sorte, e ricordandosi le sue virtù, gli decretò gli onori divini, e consacrò al suo nome il più brillante degli astri. 
Atlante fu anche padre di sette figlie che, dal nome del padre, furono chiamate Atlantidi; i nomi di ciascuna di loro sono: Maia, Elettra, Taigete, Asterope, Merope, Alcione e Celeno. Esse si congiunsero ai più nobili degli eroi e degli dèi, e generarono figli che furono i capi di molti popoli e che in seguito divennero famosi come i loro padri. Maia, la maggiore di tutte, ebbe da Zeus (Dia) un figlio chiamato Hermes, che fu l’inventore di parecchie arti utili agli uomini. Le altre Atlantidi ebbero pure figli celebi; gli uni diedero la nascita a diverse nazioni, e gli altri fondarono città. Perciò non solo alcuni Barbari, ma anche i Greci, fanno discendere dalle Atlantidi la maggior parte dei loro antichi eroi. Queste donne erano di una saggezza notevole; dopo la loro morte, elles furono venerate come divinità e poste nel cielo, sotto il nome di Pleiadi. Le Atlantidi furono chiamate anche Ninfe, perché nel loro paese si chiamavano così tutte le donne.

LXI. Secondo il racconto dei mitologi, Cronos, fratello di Atlante, si fece invece notare per la sua empietà e avarizia. Sposò sua sorella Rea, e generò Zeus (Dia), in seguito soprannominato l’Olimpico. Ci fu un altro Zeus (Dia), fratello di Urano e re di Creta, ma era inferiore in gloria a quello che nacque dopo, perché quest’ultimo divenne padrone del mondo intero. Zeus (Dia), re di Creta, ebbe dieci figli chiamati Cureti; chiamò l’isola di Creta Idea , dal nome di sua moglie ; vi fu sepolto e si mostra ancor oggi il luogo della sua tomba. Tuttavia i Cretesi raccontano le cose in modo differente, e vi ritorneremo parlando della storia di Creta. Cronos regnò sulla Sicilia, la Libia, e persino sull’Italia. In breve, estese il suo impero su tutti i paesi dell’Occidente. Costruì in questo paese fortezze, affidate a guardie, e fortificò tutti i punti elevati. Ecco perché si chiamano ancor oggi Saturniani (Cronou) i luoghi elevati che si vedono in Sicilia e nei paesi occidentali. Zeus (Dia), figlio di Cronos, condusse una vita del tutto opposta a quella di suo padre; si mostrò dolce e benevolo verso gli uomini. Perciò gli uomini lo chiamarono Padre. Succedette al comando dell’impero, sia che Cronos glie lo avesse ceduto volontariamente, sia che vi fosse stato costretto dai suoi sudditi, che lo odiavano. Zeus (Dia) vinse suo padre, che era venuto ad attaccarlo coi Titani, e s’impadronì del trono. In seguito percorse tutta la terra per spargere i suoi benefici sulla razza degli uomini. Dotato di gran forza e di molte altre qualità, divenne ben presto padrone del mondo intero. Si sforzò di rendere felici i suoi sudditi, puniva severamente gli empi e i malvagi. Così, dopo la sua morte, gli uomini gli diedero il nome di Zeus, perché aveva insegnato loro a vivere bene. Per riconoscenza lo elevarono al cielo e gli decretarono il titolo di dio e di signore eterno di tutto l’universo. Ecco in breve quali sono le tradizioni degli Atlanti, relative all’origine degli dèi.

DIODORO SICULO, BIBLIOTHECA HISTORICA, libro III, LIII–LXI

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