CENTRALI ELETTRICHE IN TERRITORIO LONATESE

LA "TERMICA" DI TORNAVENTO

(da "La Nona Campana", agosto-settembre 2003)

Lo sviluppo delle ferrovie nella seconda meta del sec. XIX, promosso soprattutto da società private, costituì un'impresa gigantesca sotto il profilo industriale e finanziario. Nelle nostre vicinanze venne attivata nel 1863 la linea Milano-Gallarate; due anni dopo furono aperte le tratte Gallarate-Sesto Calende-Arona e Gallarate-Varese, utilizzando locomotive a vapore per il traino dei carri merce e delle carrozze passeggeri. Successivamente la Gallarate-Varese fu prolungata sino a Porto Ceresio.

Nel frattempo era iniziata la produzione di energia elettrica, dapprima per mezzo di centrali termiche (in Lombardia la prima fu quella di Santa Redegonda a Milano), poi mediante centrali idroelettriche; dall'illuminazione il suo utilizzo rapidamente si estese alle linee tranviarie urbane e poi alle industrie. Vale la pena di ricordare che in Italia i grandi impianti idroelettrici furono costruiti tra la fine dell'Ottocento e gli anni Sessanta.

La disponibilità di motori elettrici più versatili e la soluzione del problema del trasporto dell'energia elettrica a grandi distanze ben presto rese possibile anche il suo impiego per la trazione dei convogli ferroviari. L'impiego dell'energia elettrica non solo permise di svincolare in parte il Paese dalle importazioni di carbone, ma fu pure motivato dall'elevata resa energetica della trazione elettrica (a fronte dello scarso rendimento delle locomotive a vapore), dalla sua autonomia illimitata, oltreché dal maggior conforto per i passeggeri, fattori tutti che giustificarono i rilevanti investimenti finanziari richiesti per la sua produzione e il trasporto e per adattarla alle specifiche caratteristiche dei motori delle locomotive elettriche.

La Società Italiana per le Strade Ferrate del Mediterraneo, che gestiva la concessione della ferrovia Milano-Varese-Porto Ceresio, nel 1898 ottenne dal Governo l'autorizzazione, in via sperimentale, di elettrificarne la trazione con corrente continua a 600 Volt, derivabile mediante la "terza rotaia" (l'altro sistema, attuato sulla linea Lecco-Colico-Sondrio, utilizzava invece corrente alternata trifase a 3.600 volt, con linea di contatto aerea a due fili distinti).

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Tracciato della ferrovia Milano- Varese-Porto Ceresio, azionata dalla centrale termoelettrica di Tornavento

Tracciato della ferrovia Milano- Varese-Porto Ceresio, azionata dalla centrale termoelettrica di Tornavento

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La corrente necessaria alle "Varesine" avrebbe dovuto essere fornita dalla costruenda centrale idroelettrica di Tornavento, animata dalle acque defluenti dalla centrale idroelettrica di Vizzola Ticino e qui condotte da un nuovo canale. Però, a motivo delle lungaggini burocratiche inerenti alla concessione della derivazione delle acque, la "Mediterranea" - in alternativa e in via provvisoria - decise di edificare a Tornavento, in adiacenza alla Casa della Camera, una centrale termoelettrica, alimentata a carbone: essa, comunque, avrebbe dovuto costituire un impianto sussidiario rispetto alla progettata centrale idroelettrica. Entrata in attività nel 1901, la centrale termica funzionò ininterrottamente per undici anni (la centrale idroelettrica di Tornavento venne aperta solamente nel 1942!)

Col passare degli anni la richiesta di energia elettrica andò aumentando, a causa della rapido incremento dei traffici ferroviari. Lo Stato, che dal 1905 si era avocata la gestione delle ferrovie, ritenne troppo oneroso aumentare la potenzialità della centrale di Tornavento, poiché i privati offrivano corrente elettrica a costi inferiori. Per tale motivo, nel 1912, la "termica" di Tornavento cessò la sua attività. La sua struttura muraria venne poi demolita nel 1925 dall'impresa Emilio Bollazzi di Lonate Pozzolo.

L'edificio

La centrale di Tornavento, altrimenti denominata "Officina Mediterranea", era costituita da un edificio in mattoni a pianta quadrata, alto 15 metri, con ciminiera del diametro interno di 3 metri, alta 62,5 metri. La struttura era suddivisa in due saloni di 42 x 22 metri ciascuno: la sala caldaie e la sala macchine. Il pavimento della prima era posto al livello del suolo, per facilitarvi il trasporto del carbone; quello della seconda era sopraelevato di 1,5 metri, poiché ospitava le tubazioni di adduzione e di scarico del vapore (1).

Le caldaie

Le otto caldaie erano ripartite in quattro batterie di tipo multitubolare. Ogni caldaia era munita di una griglia del focolaio di 5,6 mq, disponeva di una superficie riscaldante di 290 mq e possedeva due "domi" per la raccolta del vapore, alla pressione di 12 kg/cm2.

Tutti i "domi" erano raccordati ad un unico collettore, dal quale si dipartivano le prese di vapore per le tre turbine collegate agli alternatori e per le due turbine accoppiate alle dinamo eccitatrici. L'acqua di alimentazione delle caldaie veniva sollevata da due pompe dal pozzo di raccolta, raccordato ai condensatori delle turbine e, prima di giungere nelle caldaie, veniva preriscaldata dai gas di combustione dei focolai.

La rilevante quantità di carbone necessario per l'alimentazione delle caldaie - erano necessari da 1,5 a 1,7 q di carbone, secondo la qualità, per ogni KWh di energia prodotta - giungeva per ferrovia dai porti della Liguria fino a Oleggio e, da qui, veniva trasportata sul piazzale della centrale mediante carri trainati da cavalli. Da qui i fuochisti provvedevano a trasportarlo con carriole e a spalarlo a mano nei focolai delle caldaie.

La sala macchine

Il salone delle macchine conteneva tre gruppi di turbine accoppiate ad altrettanti alternatori, e due gruppi di turbine abbinate alle dinamo eccitatrici degli alternatori (di queste ultime due una era di riserva, in caso di guasto dell'altra) che fornivano corrente continua a 125 volt.

Ogni turbina degli alternatori erogava una potenza di 1410 HP ed era collegata ad un volano di 5,5 metri di diametro, del peso di 36 tonnellate. Ogni alternatore trifase, ad indotto fisso e induttore rotante, del peso di 44 tonnellate, forniva una tensione di 12.000 volt a 25 Hz alla velocità di rotazione di 94 giri al minuto

Ad eccezione del materiale elettrico costruito dalla Thomson-Huston, tutta la restante parte dell'impianto era stato prodotto dalla Franco Tosi di Legnano.

Durante gli undici anni di attività, la "termica" di Tornavento funzionò ininterrottamente per 17-19 ore ogni giorno, prolungando la sua attività sino a 21 ore nei giorni festivi. Normalmente risultavano in attività due coppie di turbine-alternatori e una dinamo eccitatrice. La potenza generata era normalmente di 2000 KW, a fronte di un utilizzo giornaliero medio da 800 a 1800 KW; nei giorni di intenso traffico ferroviario l'utilizzo arrivava anche a 2400 KW e in tale circostanza occorreva attivare anche la terza coppia di turbine-alternatori. L'energia elettrica veniva trasmessa alle sottostazioni di Parabiago e di Gallarate mediante due condotte aeree. Però dal 1905 la tratta Varese-Porto Ceresio fu alimentata con corrente prodotta da una centrale idroelettrica.

Rino Garatti

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(1) I dati tecnici sono stati desunti dal contributo di S. Albé, La centrale termica di Tornavento (1901-1912), in "Contrade Nostre", VI (1984), n.14.

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Un vero reperto di archeologia industriale: la cabina che si trovava in via Sormani, costruita alla fine dell'ottocento per rifornire di elettricità la vicina filanda. Purtroppo è stata abbattuta alla fine del 2007

Un vero reperto di archeologia industriale: la cabina che si trovava in via Sormani, costruita alla fine dell'ottocento per rifornire di elettricità la vicina filanda. Purtroppo è stata abbattuta alla fine del 2007, ma questa mia foto scattata poco prima della sua demolizione la consegna alla storia.

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IL "CANALE INDUSTRIALE DEL TICINO"

E LA CENTRALE IDROELETTRICA DI VIZZOLA

(da "La Nona Campana", febbraio 2005)

Già nel 1886 l'ing. G. Cipolletti aveva presentato una memoria nella quale proponeva di "ampliare" l'alveo del Canale Villoresi per farvi scorrere anche i 60 metri cubi/secondo di competenza del Naviglio Grande e di "farli poi cadere sotto Tornavento": con un salto di 38 metri sarebbe stato possibile produrre "23.000 cavalli di potenza".

Tale progetto venne solo più tardi parzialmente ripreso (2), con la costituzione nel 1897 della Società Lombarda per la distribuzione di energia elettrica che rilevò il diritto, accordato con Regio Decreto 6 dicembre 1896, di prelevare dal Ticino 55 metri cubi di acqua al secondo mediante l'edificio di presa del Canale Villoresi e di costruire il "Canale Industriale del Ticino" per azionale la costruenda centrale idroelettrica di Vizzola Ticino.

Si legge nella convenzione più avanti citata: "Il Canale Industriale del Ticino è destinato alla produzione di una forza potente (ben 19.000 cavalli dinamici) per fornire energia elettrica alla zona lombarda fra il Ticino e 1'Olona. Ha vita al bacino di presa del Canale Villoresi nella località detta il Panperduto, con regolatore d'efflusso al bacino di presa identico a quello attuale del Villoresi.

Corre parallelo all'andamento del Villoresi sin dopo la gran trincea di Castelnovate, dove si biforca: il ramo verso est serve alla restituzione delle barche in Ticino a mezzo di due coppie di conche, 1'altro verso ovest porta l'acqua al costruendo edificio dei motori elettrici ove, a mezzo di turbine, si produrrà la forza desiderata. Con un percorso di 6,2 chilometri si formerà un salto di 28 metri".

La costruzione del canale e della centrale coinvolse direttamente i lonatesi, poiché nei 55 m3/s della concessione venivano compresi 1,5 m3/s di pertinenza della roggia molinara (3), da tempo immemorabile prelevati dal Ticino mediante bocca libera in località Barbelera, poco a sud del "porto natante" di Castelnovate.

L'inclusione della competenza della roggia nella concessione del Canale Industriale fu però accolto di buon grado dal Consorzio della Gora Molinara, che stipulò un'apposita convenzione con la "Lombarda" nel gennaio del 1898.

Con essa si stabiliva che la portata della roggia sarebbe stata erogata direttamente dalla centrale di Vizzola, sollevando così il Consorzio dal grave impegno di ripristinare con grave fatica la "filarola" e la bocca della presa sul Ticino dopo ogni piena del fiume. Con detta convenzione la "Lombarda" si accollava inoltre l'onere di ripristinare immediatamente la "filarola" e la presa della roggia alla Barbelera - ed anche di spurgare il tratto iniziale della roggia, dalla presa sino alla centrale di Vizzola - tutte le volte che il canale sarebbe stato asciugato per le riparazioni periodiche (4).

La stesura della convenzione da proporre alla "Lombarda" venne demandata alla "assemblea dei delegati" del Consorzio, composta da: nob. Ippolito Parravicino, nob. Lodovico Oltrona Visconti, arch. Ulisse Bosisio, Arcangelo Colombo, Achille Cormanni, Fortunato Ferrario, Gerolamo Ferrario, Giovanni Ferrario, Luigi Ferrario, Carlo Gadda, Giovanni Gagliardi, Paolo Regalia, Giulio Tapella, Vincenzo Tapella.

Rino Garatti

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(2) Sarebbe stato completato solamente nel 1942, con la costruzione della centrale idroelettrica di Tornavento. La somma dei salti delle centrali di Vizzola Ticino (30,13 metri, dopo la rettifica del tracciato del canale industriale) e di Tornavento (7,12 metri ) confermano l'esattezza del calcolo dell'ing. Cipolletti.

(3) La roggia per circa nove secoli fu il corso d'acqua più importante per i lonatesi. Essa azionava sei mulini da grado e irrigava i prati in valle, preziosissimi per i contadini, tanto che era abituale il detto "Ul prô a Tisin 1'e la dotä di paisän" (Il prato a Ticino e la dote dei contadini).

(4) L'attività dei mulini non poteva subire interruzioni nemmeno durante l'inverno.

La centrale idroelettrica di Vizzola Ticino fotografata nel 1939

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Interno della stessa, ai primi del novecento

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Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

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