La colonizzazione dell'Atlantide e le guerre civili


197 a.C.: Tito Quinzio Flaminino, inviato a sostegno degli Apax contro gli Aztechi, riporta una completa vittoria presso l'attuale Houston (Seconda Guerra Azteca); profondamente innamorato della cultura indigena, contro il parere del Senato egli proclama solennemente la libertà dei popoli indigeni d'oltre Rio Grande. Questi acclamano Flaminino come un liberatore ed accettano di buon grado l'istituzione di forti romani nei loro territori, ufficialmente a loro difesa. I Romani iniziano la colonizzazione dei territori chiamati Novus Mexicus, e si spingono fin nella penisola di Baja California, da essi chiamata Chersonesus Silvanus per via del territorio selvaggio e quasi inabitabile.

191 a.C.: Siyah K'ak, scacciato da Chichen-Itzà, si rifugia presso Itzcoatl IV, re degli Aztechi, e lo sobilla ad ingaggiare guerra contro Roma. I Romani tuttavia mettono in atto una vera e propria guerra preventiva accettando le richieste d'aiuto di Cavallo Saggio, grande capo della nazione Caerocae (Cherokee), minacciato dalle pretese egemoniche di Aztlàn.

189 a.C.: sbarcate alla foce del Mississippi, fiume cui danno il nome di Eridano, per analogia con uno dei fiumi dell'Oltretomba, le truppe dei Quiriti e dei loro avversari infliggono agli Aztechi una pesantissima sconfitta presso Tlacopàn, terza città del loro impero, conquistata e ricostruita con il nome di Carthago Nova (la nostra New Orleans). Tra le dure condizioni di pace vi sono l'arretramento di Aztlàn nell'interno, la conquista romana dell'intera costa del Golfo del Messico, ricongiungendo così la penisola Flora al resto della repubblica romana, e la consegna di Siyah K'ak. Questi si mette in salvo presso gli Alabama, nemici giurati dei Caerocae, e li organizza come un moderno esercito in grado di tenere testa per un certo tempo ai Romani.

188 a.C.: Cartagine e la Siria intendono entrambe approfittare dell'inarrestabile decadenza dell'Egitto dei Tolomei, e così si scontrano per il predominio nel Mediterraneo orientale. Chiamati in aiuto dal re di Pergamo, minacciato da Antioco III il Grande di Siria, i punici intervengono e distruggono l'esercito siriano a Magnesia. Con la pace di Apamea, Antioco è costretto a rinunciare ai possedimenti in Asia Minore e nella Tracia. Si afferma l'egemonia cartaginese anche nel Mediterraneo orientale.

186 a.C.: una legge bandisce da Roma la maggior parte dei culti pagani importati dagli indigeni messicani, che prevedono spesso e volentieri sacrifici umani. Oltre 7000 persone sono poste sotto giudizio.

183 a.C.: il Senato di Roma media la pace tra Caerocae ed Alabama; la prima condizione di pace è la consegna dell'eterno nemico Siyah K'ak. Per non cadere nelle mani dei suoi nemici giurati, Siyah K'ak beve un veleno che porta sempre con sé in una fiaschetta appesa al collo. Nello stesso anno muore il suo rivale Scipione, ritiratosi in una villa ad Acapulco, sull'oceano Pacifico, deluso per la scarsa riconoscenza mostrata dai suoi concittadini nei propri confronti (risale a quest'episodio la celebre frase: "Ingrata patria, non avrai le mie ossa!")

175 a.C.: spedizione del console Marcello fin sulle rive del Colorado alla ricerca della mitica città di Cibola che, secondo una leggenda indigena, è costruita interamente in oro. La ricerca resta ovviamente senza successo ma porta alla scoperta del Magnum Vallum Coloratum (Gran Canyon del Colorado).

171 a.C.: fondazione della città di Panama sull'omonimo istmo, sotto lo stimolo dell'influsso culturale romano e maya.

168 a.C.: Aztlàn si ribella contro la pace del 189 a.C. ed attacca i territori colonizzati dai Romani, ma subisce una durissima sconfitta a Pixnàn, sull'Eridano. Il suo territorio è allora smembrato in quattro province e sottoposto alla diretta amministrazione di Roma, che estende così il suo diretto controllo fino alla regione abitata dagli indigeni Tennessee, il cui nome va alla provincia omonima. Il confine settentrionale è stabilito sul Missouri, che i romani chiamano Lete, nome di un altro dei fiumi dell'oltretomba. Inizia la colonizzazione della provincia di Arizona e delle isole delle piccole Antille. Il nome di Aztlàn viene esteso dal Senato a tutto quanto il continente che per noi è l'America, il quale, in accordo con la profezia del re delle Isole Fortunate, prende il nome di Atlantide (Insula Atlantis).

168-164 a.C.: ribellione degli Ebrei contro Antioco IV Epifane che intendeva sostituire il loro monoteismo con il culto di Zeus. I fratelli Maccabei infliggono dure sconfitte ai siriani rendendosi praticamente indipendenti da Antiochia, e stringono un'alleanza strategica con Cartagine.

149 a.C.: gli Apax non accettano più la sudditanza ai Romani, la cui ingerenza nelle loro questioni interne si è fatta asfissiante. Mummio, un soldataccio ignorante che, a differenza di Flaminino, odia sinceramente le primitive tribù indigene, batte la coalizione di Apax, Comanci (i Comanche) e Kiova (i Kiowa) nella località da lui chiamata Leucopetra (la nostra città di Dallas) e riduce le tribù in stato di semischiavitù. Da questa data in poi la guerra tra romani ed indigeni amerindi (pardon, atlantidi, come li chiama il Senato) proseguirà tra attacchi di guerriglia ed atrocità di ogni genere da entrambe le parti. Nello stesso anno, in Europa, un certo Andrisco tenta di far insorgere la Macedonia contro il predominio cartaginese, ma è sconfitto ed il regno di Macedonia cessa di esistere, assorbito dall'impero punico. Spedizione via terra del generale cartaginese Isbaal fino alle foci del Danubio, mentre regolari rotte commerciali congiungono il Mediterraneo con il Baltico, dove i cartaginesi si riforniscono di ambra e pelli pregiate. Ciò provoca l'ascesa culturale e politica dei popoli Germani che abitano la Scandinavia.

147 a.C.: si consuma l'estremo dramma delle città stato Maya. Marco Porcio Catone detto il Censore, l'esponente dell'ala del Senato più intransigente ed ostile alle novità in campo politico e sociale, predica incessantemente la distruzione di Chichen-Itzà e delle sue alleate, considerandola un potenziale pericolo che poteva rinascere in ogni momento dalle sue ceneri. Prendendo a pretesto la guerra ingaggiata dai Maya contro una tribù di Zapotechi senza il permesso di Roma, Catone riesce ad ottenere che Roma lanci alle città Maya un inumano ultimatum: dovranno essere distrutte e ricostruite a sud del confine meridionale romano. Le città stato si ribellano e decidono di resistere ad oltranza alla prepotenza di Roma. L'assedio, condotto da Publio Cornelio Scipione Emiliano, nipote del vincitore di Siyah K'ak, si  risolve nella primavera del 146 a.C. con la completa distruzione delle gloriose città e la riduzione in schiavitù dei loro abitanti. 900 strenui difensori periscono volontariamente nell'incendio del tempio del dio del mais, nel quale si sono asserragliati. Lo storico greco Polibio, testimone oculare dei fatti, afferma che lo stesso Scipione Emiliano piange sulla rovina delle città. Viene fondata la colonia di Utica, sulla punta settentrionale dello Yucatàn, per fungere da capoluogo della provincia appena conquistata. Il sistema viario romano ricopre ormai tutta la Repubblica dall'Arkansas all'Honduras.

136 a.C: i Romani raggiungono la costa pacifica di una terra da essi chiamata California dal nome di una mitica regione ricca di perle e di tesori (ma c'è chi dice che il nome derivi dal latino Calida Fornax). Liquidati i pacifici indigeni atlantidi della costa, vi vengono subito scoperti ricchi filoni d'oro. Coloni romani e messicani si riversano in massa nella regione, dando vita alla prima Corsa all'Oro della storia di Atlantide.

Conquiste romane in Africa Nova (il nostro Sudamerica) dal 202 a.C. al 115 d.C.

134 a.C.: Tiberio Sempronio Gracco, nipote per parte di madre di Scipione, il vincitore di Siyah K'ak, è eletto tribuno della plebe (intendendosi ora con questo termine la popolazione meticcia di Roma, guardata dall'alto in basso dai Quiriti di puro sangue latino e greco) e propone ardite riforme democratiche, ma il pontifex maximus Scipione Nasica, appoggiato dall'aristocrazia del danaro, lo fa trucidare assieme a trecento dei suoi sostenitori.

133 a.C.: Attalo III di Pergamo lascia il suo regno in eredità ai Cartaginesi, che mettono piede per la prima volta in Asia.

129 a.C.: una spedizione navale romana tocca per la prima volta quello che per noi è il continente sudamericano.

124-121 a.C.: Caio Gracco, fratello di Tiberio, ritenta l'avventura politica del fratello e cerca di imporre una legge agraria rivoluzionaria, spezzando il monopolio del Senato nell'amministrazione della giustizia e nella distribuzione delle terre (periodo della "dittatura democratica"), ma il console Lucio Opimio, leader del partito aristocratico, decreta lo stato d'assedio traendo pretesto dall'uccisione di un suo littore nei comizi tributi, fa accerchiare i seguaci di Caio e ne mena strage. Caio si fa uccidere da un suo liberto, ma le sue idee non muoiono e danno linfa al Partito Democratico che cambierà la storia di Roma.

118 a.C.: con la soppressione dei Gracchi il Senato sembra tornato padrone dell'Urbe, e porta a compimento la conquista della provincia di Georgia (così detta dal greco gheorgos, pastore, per via dei popoli dediti alla pastorizia che la abitano). Capitale della provincia è la colonia di Atlanta (da Atlantide). I Romani usano la Georgia come base per occupare facilmente anche le nostre Nord e Sud Carolina, riducendo a mal partito le indifese popolazioni indigene che le abitano. Chi non sottostà al dominio romano e non ha i mezzi per difendersene, migra verso nord e verso ovest passando a nord del Lete (Missouri).

115 a.C.: Micipsa, re delle tribù atlantidi del Nicaragua e del Costarica (Costa Opima in latino), che si sono organizzate in regno sotto lo stimolo culturale dei Romani, muore lasciando il regno ai figli Iempsale e Aderbale e al nipote Giugurta (i nomi sono le trascrizioni latine di termini indigeni per noi quasi impronunciabili). Quest'ultimo fa però uccidere Iempsale, e Aderbale, per timore di fare la stessa fine, chiede l'arbitrato di Roma, la quale divide il regno in due, assegnando il Nicaragua a lui e il Costarica a Giugurta. Scontento, Giugurta attacca il Nicaragua, ne conquista la capitale Managua e, ignorando gli avvertimenti di Roma, fa scorticare vivo Aderbale. Il Senato non può accettare l'affronto e muove guerra a Giugurta (guerra giugurtina).

107 a.C.: un "homo novus" imposto dal Partito Democratico, Caio Mario, succede all'aristocratico Cecilio Metello nel comando delle operazioni in Nicaragua. Caio Mario, un meticcio cresciuto dal nulla, recluta volontari anche tra gli atlantidi nullatenenti, modificando completamente la composizione delle legioni romane. La guerra però è risolta da Silla, questore di Mario, solo nel 105 a.C. che convince Bocco, re della regione occidentale dell'istmo di Panama, suocero e alleato di Giugurta, a tradirlo e a consegnarlo a Roma. Giugurta è deportato e strangolato in carcere. Il Nicaragua diventa provincia romana mentre la Costa Opima è aggiunta al regno di Bocco in premio del suo tradimento.

102 a.C.: Mario, reduce dal suo trionfo a Roma, con soli tremila soldati affronta ad Aquae Sextiae (la nostra Colorado Springs) un esercito di diecimila guerrieri Caiennae (Cheyenne) guidati da Mano Gialla, che avevano ripetutamente invaso la provincia romana del Coloratum e sterminato i coloni, e li sbaraglia. Egli è ormai il miglior generale della Repubblica; sua l'istituzionalizzazione della legione, formata da 6000 uomini divisi in 10 coorti di 600 legionari l'una, ciascuna delle quali è ripartita in tre manipoli di due centurie. E' perciò abbandonata l'antica distinzione in hastati, principi e triarii, corrispondente un tempo ai diversi gradi di istruzione delle truppe; tutta la legione è addestrata con lunghe marce, lavori campali e l'erezione di forti. Mario crea così un esercito di soldati professionisti che sostituisce l'antica coscrizione obbligatoria, tanto deleteria per l'economia delle classi disagiate. Mario diventa il beniamino dei meticci e dei proletari, e riesce a far approvare la distribuzione di terreni nelle province a tutti coloro che, romani o non romani, avessero militato sotto le sue insegne per almeno sette anni, cioè dai tempi della guerra giugurtina. Mario porta così a compimento le riforme dei Gracchi.

100-50 a.C. circa: nelle pianure a nord del limes settentrionale romano, con un anticipo di oltre 1800 anni rispetto alla "nostra" storia, nasce la grande nazione Sioux con la migrazione degli indigeni atlantidi della costa orientale nelle grandi Pianure, e l'adozione di uno stile di vita nomadico che prevede il passaggio dall'orticultura alla caccia del bisonte, da una società matriarcale ad una patriarcale, e naturalmente all'uso del cavallo, che si è rinselvatichito nelle grandi praterie.

91 a.C.: Marco Livio Druso, figlio dell'assassino di Caio Gracco, propone di restituire i tribunali ai senatori, di estendere il Senato a 300 membri ammettendovi i cavalieri e di estendere la cittadinanza romana a tutti i messicani, da Oaxaca al Rio Grande. La sua riforma però suscita nei partigiani di Mario il sospetto che egli voglia sollevare i messicani contro i romani, e così egli viene assassinato a colpi di pugnale. I nativi messicani si rendono così conto che, per vie pacifiche, essi non otterranno mai la sospirata cittadinanza, e danno vita alla Guerra Sociale, cosiddetta perchè mossa dai Socii, gli alleati di Roma nel Messico.

88 a.C.: la Guerra Sociale si esaurisce grazie alla concessione della cittadinanza a tutti i messicani che deporranno spontaneamente le armi. Lo stato cessa di essere solo romano ed allarga le sue basi all'intero Messico, dando vita ad una nuova realtà, la civiltà messicana (il corrispondente della nostra civiltà italica). Tuttavia la Repubblica Romana si trova in un tale stato di caos, che una federazione di tribù Navaho, Hopi, Ute ed Anasazi conquista i territori del Nuovo Messico e dell'Arizona, causando una carneficina di 10.000 tra romani e messicani, e minaccia direttamente Neapolis (Los Angeles) e Ilium Novum (San Francisco), le due grandi città romane della California. La perdita delle miniere d'oro sarebbe disastrosa per l'economia romana, e così a condurre la guerra contro Dieci Bisonti, capo della suddetta federazione atlantide, è designato l'aristocratico Lucio Cornelio Silla, distintosi nella Guerra Sociale. I Democratici tentano di sostituirlo con Caio Mario, da poco tornato alla vita pubblica, ma Silla marcia su Roma, usando per la prima volta l'esercito non per difendere la Repubblica, bensì per prenderne il controllo! Dopo aver messo in fuga il partito popolare, Silla ricrea un Senato a lui fedele e subito dopo parte verso il nord in fiamme.

87 a.C.: mentre Roma affronta la ribellione di Dieci Bisonti, nel vecchio mondo Cartagine deve resistere ad un analogo attacco da parte di Mitridate VI, sovrano del Ponto, ma il generale Gerubbaal lo sconfigge e lo uccide, annettendo le coste del Mar Nero all'impero punico.

86 a.C.: mentre Silla è al nord a combattere gli atlantidi, Caio Mario e Cornelio Cinna rovesciano i sillani ed instaurano un regime di terrore. Subito dopo però Mario muore e Cinna resta il solo leader del partito democratico. Silla allora lascia il suo giovane luogotenente Gneo Pompeo a continuare la guerra, rientra a Roma dove Cinna è stato assassinato e, con l'appoggio del magnate Marco Licinio Crasso, ingaggia una terribile guerra civile che si conclude solo nell'82 a.C.

82 a.C.: sconfitta definitiva dei mariani a Porta Collina. Subito Silla fa eliminare tutti i suoi oppositori i cui nomi sono inclusi nelle famigerate "liste di proscrizione". Egli instaura un feroce regime personale e trasforma di fatto la Repubblica in un'autocrazia, pur senza proclamarsi formalmente re "perchè nessuno può essere re a Roma". Infatti, due anni dopo, avviene il colpo di scena: Silla rinuncia ad ogni carica pubblica e si ritira a vita privata nei suoi possedimenti sul Pacifico, dove muore poco dopo di malattia. Con Silla ci si avvia al tramonto della Repubblica e si avvicina l'avvento dell'Impero.

80 a.C.: Gerubbaal conquista la Cilicia, la Cappadocia e la Siria, e riduce la Palestina e l'Armenia a stati vassalli di Cartagine.

77 a.C.: gli ultimi superstiti del partito democratico, guidati da Quinto Sertorio, si rifugiano nella penisola Flora. Gneo Pompeo è inviato dal Senato a snidarli, ma ci riesce solo perchè i partigiani di Sertorio commettono violenze contro la popolazione locale, la quale lo tradisce e lo fa trucidare durante un banchetto.

73-71 a.C.: rivolta di Spartaco, gladiatore Maya (vero nome Pardacucha) che solleva gli schiavi contro il dominio di Roma e minaccia la stessa capitale ("Guerra Servile"), ma alla fine è sconfitto e fatto crocifiggere da Crasso e da Pompeo. Questi ultimi due divengono consoli e tengono in pugno l'intera Repubblica, il primo con la forza del denaro, il secondo con quella delle armi. Ascesa politica di Marco Tullio Cicerone, abile avvocato ed oratore che riesce a far condannare Caio Verre, responsabile di ruberie e soprusi nell'amministrazione della provincia di Furia (Cuba).

67 a.C.: Pompeo debella i pirati che infestano il Golfo del Messico e rendono difficili i collegamenti tra il Messico e le Antille.

66-63 a.C.: sbarcato nella nostra Colombia, base dei pirati cui egli dà il nome di Africa Nova, trovandosi a sud di Roma, Gneo Pompeo conquista i territori dei Mochica e dei Cauca, giungendo fino alla baia di Maracaibo dove fonda la colonia di Leptis Magna. Tornato a Roma con un ingente bottino in oro, Pompeo riceve il titolo di Magno.

63 a.C.: fallito colpo di stato dell'ex sillano Lucio Sergio Catilina, la cui cospirazione è sventata dal console Cicerone con i discorsi rimasti celebri come "Catilinarie". Il 9 novembre Catilina è costretto a lasciare Roma e a rifugiarsi a Pistoia, colonia romana sulle montagne della Sierra Madre (chiamata Alpes dai Romani), dove è sconfitto e ucciso. Cicerone fa condannare a morte senza processo tutti i congiurati; contro questo sopruso si leva a parlare solo un giovane militare di 27 anni, Caio Giulio Cesare. Sallustio ci ha lasciato una precisa descrizione di questi eventi nel suo "De coniuratione Catilinae").

60 a.C.: dopo l'evidente vittoria aristocratica contro la congiura di Catilina, volendo, Gneo Pompeo Magno potrebbe ripetere l'avventura di Silla e proclamarsi dittatore assoluto, ma la sua innata lealtà gli impedisce di muoversi al di fuori della legge, e così egli si accorda con Cesare e con Crasso, dando vita al Primo Triumvirato, una vera e propria spartizione dei poteri, ma in forma privata e non istituzionale. Cesare ottiene il proconsolato nella Georgia e nei territori più settentrionali, ancora minacciati dalle scorrerie dei nativi atlantidi; il Senato accetta di buon grado di allontanare da Roma quello che percepisce come il più pericoloso dei suoi nemici.

58-51 a.C.: campagne di Cesare nelle terre a nord del nostro capo Hatteras, cui egli dà il nome di Gallia Nova. Con una serie di fulminei attacchi egli riduce all'obbedienza tutta quella che noi chiamiamo New England e, nel 55 a.C., giunge per primo in vista dei Grandi Laghi. Qui egli si scontra con il valore dei Delavarii (Delaware), degli Uroni (Huron), degli Illinois e soprattutto degli Irocaeses (Irochesi). In particolare il capo Irochese Vergine Toro gli scatena contro una spietata guerriglia ma, sconfitto ad Alesia (la nostra Allentown in Pennsylvania), è costretto ad arrendersi. La Repubblica Romana spinge così i suoi confini fino al nostro Massachussets, dove Cesare fonda la colonia di Bastia (Boston). Sono edificate anche le città di Filadelfia, abitata da discendenti dei coloni greci, e Baltea Mariana (Baltimora). Il confine occidentale della nuova provincia è posto sull'Eridano (Mississippi).

55 a.C.: crollo dell'Egitto di Tolomeo XIII, conquistato da Cartagine che ora domina l'intero bacino del Mediterraneo e del Mar Nero, la Spagna, la Gallia, il Belgio, le coste della Germania e la Danimarca. Decadenza politica della coalizione di città stato greche in Britannia e in Irlanda.

53 a.C.: Crasso, invidioso delle vittorie di Cesare nel nord, vuole imitarlo e va all'estremo sud a combattere il regno di Quito nel nostro Ecuador, ma è sconfitto ed ucciso in battaglia. Secondo la tradizione il re di Quito fa versare oro fuso nella bocca della sua testa mozzata, dicendo: "Hai bramato l'oro, ed io te ne do in abbondanza." Pompeo invece resta a Roma e ne domina la vita politica d'intesa con il Senato.

52 a.C.: anch'esso timoroso della crescente potenza di Cesare e del suo ascendente sulle truppe, il Senato si schiera con Pompeo e lo nomina "Console senza collega" e cerca di sbarrare a Cesare la prevista e temuta marcia verso il potere, ma sbaglia completamente i calcoli cercando di arginarne l'ascesa solo con la semplice autorità della legge. La proposta che Cesare e Pompeo congedino contemporaneamente i rispettivi eserciti è respinta dai senatori su istigazione di Pompeo.

Giulio Cesare decide di varcare il Rio Grande in armi (immagine creata con openart.ai)

Giulio Cesare decide di varcare il Rio Grande in armi (immagine creata con openart.ai)

49 a.C., 7 gennaio: con il Senatus Consultum Ultimum, il Senato conferisce a Pompeo il compito di difendere la Repubblica, mentre non rinnova a Cesare la carica di proconsole della Georgia e della Gallia Nova, lo richiama in patria e pretende che i suoi veterani siano congedati. Cesare risponde varcando in armi il Rio Grande e pronunciando la celebre frase "Alea Iacta Est!" ("il dado è tratto"). Dopo la riforma sillana, questo equivale ad una dichiarazione di guerra. Inizia così la Seconda guerra Civile. Pompeo e il grosso dei senatori, che non si aspettano quella mossa, fuggono via mare nell'Honduras costeggiando lo Yucatàn. Giulio Cesare vi giunge via terra dopo aver conquistato la Nova Italia e il Guatemala (vittoria di Ilerda), ed il 9 agosto infligge a Pompeo una sconfitta durissima presso la colonia romana di Farsalo (la nostra San Pedro). Ventimila pompeiani si arrendono, mentre Pompeo fugge per nave nel regno di Panama, dove spera nella protezione del sovrano locale, Bocco III. Quest'ultimo però lo fa assassinare per ingraziarsi il favore di Cesare.

48 a.C: Cesare, giunto a Panama, interviene nella questione dinastica deponendo Bocco III e sostituendolo con la sorellastra Clea, con la quale intreccia una relazione. Secondo la leggenda, la bellissima regina atlantide Clea riesce ad eludere la sorveglianza delle guardie del fratello, facendosi trasportare dentro l'alloggio di Cesare avvolta in un tappeto. Il popolo, irritato, si rivolta e tiene bloccato il generale sull'istmo per oltre un anno. Giuntigli i soccorsi dalla Georgia, sbaraglia però facilmente i panamensi, annette la Costa Opima come provincia ed insedia Clea sul trono di Panama.

47-46 a.C.: accorso sull'isola Manlia (Haiti), il cui procuratore è un pompeiano convinto, Cesare lo sconfigge a Zela (nella nostra linea temporale si tratta di Santo Domingo), inviando a Roma il semplice messaggio "Veni, vidi, vici". Rientra poi nell'Italia Nova in preda al caos, vi ristabilisce l'ordine e passa nello Yucatàn, dove sconfigge un'altra armata pompeiana presso Uxmal; Catone l'Uticense, nipote di Catone il Censore, leader del partito repubblicano, si suicida ad Utica per non cadere nelle mani del vincitore. La sua morte simboleggia il tramonto definitivo della Repubblica.

45 a.C.: vittoria di Munda (la nostra Medellin in Colombia) sui figli di Pompeo nella provincia meridionale di Africa Nova. E' questo l'ultimo successo militare di Cesare, che rientra a Roma ed accentra su di sé tutte le cariche: console per dieci anni, comandante in capo dell'esercito, pontifex maximus, detentore a vita della tribunicia potestas, praefectus morum e, infine, dittatore a vita. Istituzione del Calendario Giuliano, elaborato da un sacerdote Maya, e dell'anno bisestile.

44 a.C, 15 febbraio: Marco Antonio, luogotenente di Cesare, gli offre la corona regale, ma il dictator perpetuus, come già aveva fatto Silla, rifiuta. Egli commette però un errore amnistiando i suoi avversari politici: questi ultimi organizzano una congiura e lo assassinano alle idi di Marzo dentro l'aula del Senato, alla vigilia di una spedizione contro il regno di Quito per vendicare Crasso. Alla congiura partecipano anche Cicerone e Marco Giunio Bruto, figlio adottivo di Cesare (il quale, morendo, avrebbe esclamato: "Tu quoque, Brute, fili mi!") Il Senato assume nelle sue mani la direzione della Repubblica, abolisce la dittatura, conferma tutti i provvedimenti di Cesare ed amnistia i suoi assassini ("cesaricidi"), nonostante il popolo, sobillato da Marco Antonio, li voglia morti; per salvarsi la vita, Bruto e gli altri congiurati devono lasciare precipitosamente l'Urbe. Il dictator perpetuus prima di morire aveva designato come successore ed erede il pronipote Caio Ottaviano, di soli 19 anni, ma Marco Antonio si fa eleggere console e si impossessa dell'eredità, estromettendo Ottaviano.

43 a.C.: Decimo Bruto, cui Cesare aveva affidato l'amministrazione della Gallia Nova, si vede deposto dal Senato e gli viene assegnata la turbolenta Africa Nova. Egli non riconosce la decisione e si rinchiude a Modena (oggi nell'Ohio), dove viene assediato da Marco Antonio. Ottaviano, con il titolo di propretore ed un esercito privato, va incontro a Marco Antonio e lo sconfigge, quindi richiede il consolato. al secco rifiuto dei senatori si fa acclamare console dal popolo; tutti gli indigeni atlantidi sono con lui e lo acclamano come un liberatore. Per vedersi riconosciuta la carica egli decide di accordarsi con Marco Antonio e, l'11 novembre, assieme a Lepido i due danno vita al Secondo Triumvirato. A differenza del Primo, questo è istituzionalmente riconosciuto con la Lex Titia. Antonio impone però ai colleghi delle nuove liste di proscrizione, e vengono così uccisi 130 senatori e 2000 cavalieri, tra i quali Cicerone, nonostante questi si fosse schierato con Ottaviano. Secondo la tradizione, la testa di Cicerone è esposta nel Foro con la lingua tutta irta di spilli: Antonio non gli ha perdonato le filippiche pronunciate contro di lui.

42 a.C.: Marco Giunio Bruto è sconfitto da Marco Antonio nella battaglia di Filippi, colonia greca nella Costa Opima. Secondo Plutarco, uno spettro aveva preannunciato a Bruto la sconfitta ("Ci rivedremo a Filippi!") Dopo questa vittoria, marco Antonio si fa assegnare tutte le province a sud dell'Honduras, mentre ad Ottaviano sono assegnate le province settentrionali della Georgia e della Gallia Nova, e a Lepido la California. Antonio sposa Ottavia, sorella di Caio Ottaviano.

39 a.C.: patto di Miseno con Sesto Pompeo (figlio di Pompeo Magno) che, occupate le isole Furia e Manlia, con la sua pirateria blocca i rifornimenti di grano provenienti dalle praterie dell'Atlantide. Sesto Pompeo ottiene il controllo delle Antille purchè provveda a rifornire Roma di mais. L'anno dopo il triumvirato è rinnovato per altri cinque anni.

37 a.C.: Erode il Grande diventa re di Giudea sotto la protezione dell'impero punico.

36 a.C.: Marco Vipsanio Agrippa sconfigge Sesto Pompeo presso Nauloco. Lepido è estromesso dal triumvirato e contentato con la carica di Pontefice Massimo. Ripudiata la moglie Ottavia, Marco Antonio sposa Clea, regina di Panama, e in sua compagnia conduce un'infruttuosa campagna contro il regno di Quito. Egli però commette l'errore di donare a Clea quasi tutte le province dell'Africa Nova affidategli dal Senato: stregato dalla bellissima regina, della quale si dice che se avesse avuto un naso diverso la storia del mondo sarebbe cambiata, egli tenta di costituire un regno romano-atlantide basato sul consenso delle popolazioni indigene. Cesarione, figlio di Cesare e di Clea, è nominato re del nuovo stato sotto la reggenza della madre, mentre Marco Antonio comanda le legioni. Massimo splendore della città di Panama, sull'omonimo istmo.

33 a.C. Ottaviano rivela al Senato di Roma le intenzioni di Marco Antonio leggendo pubblicamente il suo testamento, nel quale tutte le province meridionali sono donate a Cesarione e a Clea. Il Senato dichiara decaduto il triumvirato, e Marco Antonio è dichiarato "nemico pubblico". Il pronipote di Giulio Cesare ottiene il comando della flotta per debellare il regno di Clea e riconquistare il sud. Comincia la Terza Guerra Civile.

31 a.C., 2 settembre: battaglia di Azio, combattuta nell'omonima baia del Pacifico al largo di quella che per noi è la costa colombiana davanti a Buenaventura. L'ammiraglio Marco Vipsanio Agrippa, amico fraterno e in seguito genero di Ottaviano, sbaraglia la flotta congiunta di Marco Antonio e di Clea. Le 19 legioni al comando di Marco Antonio si arrendono senza combattere, e i sovrani si rinchiudono a Panama, subito cinta d'assedio per terra e per mare.

30 a.C., 3 agosto: presa di Panama. Antonio si suicida con un colpo di spada, mentre Clea, rinchiusasi nel tempio della dea della fertilità, si fa mordere da un crotalo, che secondo la tradizione è stato introdotto nel tempio nascosto in un cesto di papaye. Cesarione è passato per le armi perchè Ottaviano non vuole rivali con i quali spartire l'eredità politica di Giulio Cesare; i due figli minorenni di Marco Antonio e di Clea sono invece graziati, ma sono costretti a seguire il carro di Ottaviano durante il suo trionfo per le vie di Roma. Le province meridionali sono riconquistate e Panama diventa provincia romana. Ottaviano distribuisce le ricche terre del sud ai suoi 120.000 veterani e dichiara finito il secolo delle guerre civili. Le province della Gallia Nova e dell'Arizona vengono definitivamente pacificate.


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