I preoni  

Come abbiamo visto procedendo in questo ipertesto, tutto l'universo, inclusi voi che leggete, è formato da frammenti di materia sempre più piccoli, anche se non sempre più semplici, fino all'estrema barriera subnucleare. Negli ultimi cento anni la ricerca dei costituenti elementari della materia è passata attraverso quattro livelli di struttura: dapprima considerando l'atomo nel suo complesso come una struttura indivisibile, poi descrivendolo come un nucleo circondato da orbite elettroniche, indi frantumando il nucleo nei nucleoni che lo compongono, e infine penetrando dentro i nucleoni fino alla loro struttura fatta di quark.

A questo punto, è naturale porsi una domanda: i quark rappresentano i livelli più elementari della materia, i costituenti davvero fondamentali di tutto, o essi possiedono una loro sottostruttura? La domanda è tutt'altro che peregrina, visto che, come abbiamo visto parlando del Modello Standard, tra particelle, antiparticelle, cariche di colore, bosoni vettori e neutrini esotici, si arriva in tutto a ben 56 particelle fondamentali. In pratica, il Modello Standard comincia a mostrare gli stessi sintomi che avrebbe dovuto curare, cioè l'esplosione demografica della popolazione adronica avvenuta tra gli anni cinquanta e sessanta. Influenzati dalle dottrine storiche-filosofiche tendenti a limitare i costituenti basilari della materia fino ai quattro storici elementi di Aristotele, molti fisici delle particelle si sono impegnati ad elaborare nuove sofisticate teorie le quali introducono nuovi corpuscoli ancora più profondi dei quark e dei leptoni.

Abbiamo visto che, per esplorare la struttura della materia a un livello sempre più piccolo, occorrono energie sempre maggiori e, quindi, apparati sperimentali sempre più giganteschi e costosi. Se dunque una particella ci appare puntiforme, ciò può avvenire perchè nessun impianto di accelerazione ha raggiunto l'energia necessaria per metterne a nudo gli eventuali costituenti. Alcuni indizi sperimentali poi hanno fatto pensare che i quark non siano più particelle elementari: alcune strane deviazioni delle traiettorie delle particelle rivelate al Tevatron del Fermilab hanno spinto qualcuno a pensare ad oggetti microscopici che "ribollono" dentro i quark. Nonostante le difficoltà connesse alla ricerca di costituenti di particelle come i quark che, per colpa della libertà asintotica, non possono neppure essere viste isolate, l'idea non è priva di fascino. Oltre a ridurre in maniera drastica i costituenti fondamentali della materia, potrebbero trovare una spiegazione fenomeni apparentemente inspiegabili come l'oscillazione dei neutrini, o il perchè le famiglie di particelle conosciute sono solo tre.

Il primo modello esplicito di una sottostruttura dei quark e dei leptoni è stato proposto nel 1974 dall'indiano Jogesh Pati (1937-) delI'Università del Maryland a College Park e dal pakistano Abdus Salam (1926-1996), che introdussero il concetto di preone. In questo modello, tutti i quark e i leptoni del Modello Standard potrebbero essere spiegati come una combinazione di preoni, allo stesso modo in cui ciascun adrone si può spiegare come una combinazione di quark. La massa di un quark e di un leptone non sarebbe più una costante arbitraria della natura, ma sarebbe determinata dalla massa dei preoni costituenti e dall'intensità della forza che li tiene assieme. Allo stesso modo si potrebbero spiegare i rapporti esatti che correlano la carica di un quark a quella di un leptone: il quark down ha una carica esattamente pari a un terzo di quella dell'elettrone, benché le due particelle presentino innumerevoli differenze tra di loro. Infatti entrambi i tipi di particelle composte ricaverebbero la loro carica da quella degli stessi preoni costituenti. La struttura completa dei quark e dei leptoni di una famiglia riflette probabilmente alcune regole semplici per combinare i preoni. Anche l'esistenza di più famiglie si potrebbe spiegare in modo naturale: i quark e i leptoni della seconda e della terza famiglia potrebbero presentare una costituzione interna simile a quella delle corrispondenti particelle della prima generazione; le differenze consisterebbero piuttosto nell'energia e nello stato di moto dei costituenti. In altre parole, i quark s e c sarebbero stati eccitati del quark d, e il muone μ e il tauone τ sarebbero stati eccitati dell'elettrone, esattamente come molti adroni sono stati identificati come stati eccitati del protone, aventi la sua stessa composizione in termini di quark, cioè u u d, ma di energia più elevata.

Tanto per cominciare, tutti i quark e i leptoni si possono identificare in modo inequivocabile elencando soltanto tre delle loro proprietà: la carica elettrica, il colore e il numero della famiglia. Tali proprietà suggeriscono allora un modo immediato di costruire un gruppo di particelle costituenti. Sono necessarie tre tipologie di preoni: nella prima tipologia i preoni hanno carica elettrica, nella seconda trasportano il colore e nella terza hanno qualche proprietà che determina il numero della famiglia. Qualsiasi quark e leptone si costruisce scegliendo esattamente un preone da ogni tipologia. I preoni che determinano il numero della generazione sono detti somoni, dal greco "soma" ("corpo"), perché essi hanno un effetto predominante sulla massa dei sistema composto. Dal momento che esistono tre famiglie di quark e di leptoni, devono esistere tre somoni. Il colore dei sistema composto viene determinato da preoni chiamati cromoni. Ne esisterebbero quattro: uno rosso, uno giallo, uno blu e uno incolore. La restante tipologia di preoni, a cui è assegnato il ruolo di definire la carica elettrica, richiede solo due corpuscoli, in modo da poter identificare in modo univoco tutti i quark e i leptoni. A questi ultimi preoni e stato dato il nome di flavoni, da "flavor" ("sapore"), il misterioso termine che indica qualsiasi proprietà che contraddistingue il quark u dal quark d, il c dall's, il neutrino dall'elettrone, e così via. Nel modello a preoni la classificazione di una particella composta deriva direttamente dall'insieme dei suoi preoni. Per esempio, tutti i leptoni sono caratterizzati da un cromone incolore e tutte le particelle della prima famiglia devono avere al loro interno un somone della prima generazione.

Nell'attribuzione della carica elettrica nasce invece una complicazione. Se esistono soltanto due flavoni e se essi sono i soli portatori di carica elettrica, non si possono riprodurre tutti i valori di carica osservati in natura. Per esempio, il quark u e il neutrino devono avere la stessa carica, perché comprendono lo stesso flavone, e per la stessa ragione il quark d e l'elettrone. La difficoltà si può superare assegnando una carica elettrica sia ai flavoni che ai cromoni, e la carica totale di una particella composta risulta uguale alla somma dei due valori, ma in tal modo siamo costretti ad abbandonare il principio che ogni tipo di preone trasporti solo una proprietà; e questo fa apparire tutto il modello troppo artificioso. Un altro aspetto controverso del modello a preoni è il requisito che le particelle composte si possono formare solo estraendo un preone per ogni tipologia. Perché non esistono, per esempio, particelle formate da tre cromoni o da due somoni e un flavone? Le proprietà particolari di tali particelle le renderebbero estremamente numerose, e dunque, se esistessero, sarebbero già state rivelate. Altri fisici hanno proposto molte varianti dei modello a preoni, utilizzando lo stesso principio. Fra tutti i modelli proposti, tuttavia, quello più semplice ed elegante è il cosiddetto modello a rishoni, proposto nel 1979 da Haim Harari (1940-) dell'Hebrew University di Gerusalemme, da Michael A. Shupe dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign e da Nathan Seiberg (1956-) del Weizmann Institute of Science a Rehovot. Questo modello postula soltanto due specie di mattoni fondamentali chiamati rishoni, dall'ebraico "rishon", cioè "primario", indicati con le lettere T e V. Haim Harari ha dato questi nomi alle sue particelle essendo le iniziali dell'espressione "Tohu Vavohu", che in ebraico significa « informe e vuoto », la descrizione dello stato iniziale dell'universo che leggiamo nel secondo versetto del primo capitolo della Genesi. Il rishone T ha carica elettrica + 1 / 3, e dunque T può essere anche l'iniziale di "Third", mentre il rishone V è elettricamente neutro, e dunque V può anche essere l'iniziale di "Vanish". Gli antirishoni corrispondenti hanno cariche – 1/3 e zero e sono indicati con T e V.

Per costruire un quark o un leptone utilizzando i rishoni basta seguire una regola semplice: tre rishoni o antirishoni qualsiasi possono essere raggruppati per formare un sistema composto, ma in una sola particella non possono essere mescolati rishoni e antirishoni. Questa regola dà origine a 16 combinazioni, che riproducono esattamente le proprietà dei 16 quark, antiquark, leptoni e antileptoni della prima famiglia, contando separatamente le particelle di ogni colore, come mostra la seguente tabella:

Particella

Rishoni

colore Q
e+ TTT incolore + 1
u VTT rosso + 2 / 3
TVT verde
TTV blu
d TVV antirosso + 1 / 3
VTV antiverde
VVT antiblu
νe VVV incolore 0
e TTT incolore − 1
u VTT antirosso − 2 / 3
TVT antiverde
TTV antiblu
d TVV rosso − 1 / 3
VTV verde
VVT blu
νe VVV incolore 0

 

La combinazione TTT ha una carica totale di 1/3 + 1/3 + 1/3 = + 1 e corrisponde quindi al positrone; alto stesso modo, TTT ha una carica totale di – 1/3 – 1/3 – 1/3 = – 1 e viene identificato con l'elettrone. Le combinazioni VVV e VVV sono entrambe elettricamente neutre e rappresentano rispettivamente il neutrino elettronico e l'antineutrino elettronico. Le altre combinazioni permesse sono T, T e V con una carica 1/3 + 1/3 + 0 = + 2/3, il che porta al quark up, e T, V e V, con una carica 1/3 + 0 + 0 = + 1/3, cioè l'antiquark down. Gli analoghi stati di antirishoni sono V, V e T, con una carica – 1/3 – 1/3 + 0 = – 2/3, e V, T e T, con una carica – 1/3 + 0 + 0 = – 1/3; essi dunque corrispondono rispettivamente al quark down e all'antiquark up. E con le cariche siamo a posto.

Il modello spiega anche con successo il colore dei sistemi composti. Infatti un rishone T può avere uno qualsiasi dei tre colori rosso, giallo e blu, mentre un rishone V ha un anticolore. Combinazioni quali TTT e VVV, che designano leptoni, si possono rendere incolori, dal momento che comprendono un rishone di ciascun colore o uno di ciascun anticolore. Le altre combinazioni, che danno origine a quark, devono avere un colore risultante. Per esempio, uno stato TTV potrebbe avere colori di rishone rosso, blu e antiblu; l'antiblu cancellerebbe il blu, lasciando il sistema con un colore risultante rosso. In questo modo viene evidenziata la connessione tra colore e carica elettrica, intuita ma non spiegata dal Modello Standard. Per il modo in cui ai rishoni vengono assegnati carica elettrica e colore, tutti i sistemi composti con carica frazionaria risultano colorati, mentre tutti i sistemi con carica elettrica intera si possono rendere incolori.

Anche altre regolarità del Modello Standard perdono la loro aria di mistero quando si introducono i rishoni. Si consideri ad esempio l'atomo di idrogeno, formato da un protone e da un elettrone, o, in termini di quark e di leptoni, da due quark up, un quark down e un elettrone. Il contenuto totale di rishoni nei quark e di quattro T, un T, due V e due V. La carica elettrica di T annulla la carica di un rishone T, e anche V e V si annullano (sono comunque privi di carica), lasciando il protone con una carica complessiva uguale a quella di un sistema TTT. Il contenuto in rishoni dell'elettrone è l'opposto: TTT. È quindi evidente perché il protone e l'elettrone hanno cariche di ugual modulo e perché l'atomo di idrogeno è neutro: le fonti ultime della carica sono coppie di particelle e di antiparticelle accoppiate. Vediamo ora come il modello a rishoni può interpretare una reazione nucleare. Consideriamo quella che è alla base del  decadimento beta meno:

d → u + e + νe

Sostituiamo ad ogni particella la corrispondente struttura rishonica:

VVTTTV + TTT + VVV

I tre antirishoni V, V evidenziati in giallo e l'antirishone T evidenziati in verde, che vediamo a primo membro, li ritroviamo anche a secondo membro, evidenziati con gli stessi colori; a secondo membro l'energia necessaria per la reazione si materializza dando vita a tre coppie rishone-antirishone: T e T evidenziati in azzurro, T e T evidenziati in rosa, e V e V, evidenziati in arancione, e la reazione è completa.

Il modello a rishoni e molti altri modelli che spiegano la prima famiglia di particelle incontrano difficoltà nello spiegare la seconda e la terza famiglia. Tali modelli infatti spiegano ogni particella di queste famiglie di livello superiore come uno stato eccitato della corrispondente particella della prima generazione. A esempio il muone sarebbe formato dagli stessi rishoni che costituiscono l'elettrone, ma con energia più elevata, tanto che tenderebbe a decadere in un elettrone. Si tratta di un'idea semplice ed elegante ma, purtroppo, poco pratica, perchè lo schema implica differenze di energia tra i successivi stati eccitati motto maggiori delle differenze reali. E allora? Sono stati presi in esame altri possibili meccanismi di creazione di famiglie successive. Taluni fisici hanno suggerito che le particelle di un dato stato nelle famiglie di livello superiore si potrebbero creare aggiungendo un Bosone di Higgs. Dal momento che tale bosone non possiede né carica elettrica né colore né spin, l'aggiunta di uno di essi a un sistema composto ne modificherebbe soltanto la massa. Quindi un elettrone potrebbe essere trasformato in un muone aggiungendogli un bosone di Higgs o in un tauone aggiungendogli due o più bosoni di Higgs. Haim Harari e Nathan Seiberg invece hanno proposto che si potrebbe formare una particella della seconda o della terza famiglia mediante l'aggiunta di coppie di rishoni e di antirishoni. In una coppia come questa infatti tutte le cariche e le altre proprietà dovrebbero annullarsi, e in tal modo verrebbe modificata ancora una volta soltanto la massa. In ogni caso, l'esistenza di tre famiglie di particelle è tuttora uno dei più grandi enigmi irrisolti della Fisica. Un altro territorio inesplorato riguarda la possibilità di considerare come particelle composte non soltanto i quark e i leptoni, ma anche le particelle-forza: secondo Harari, l'astenone W+ sarebbe composto dai sei rishoni TTTVVV, e l'astenone W dai rishoni TTTVVV.

Il professor Haim Harari (18 novembre 1940 – vivente)

Il professor Haim Harari (18 novembre 1940 – vivente)

Ma non è tutto. Qualsiasi modello a preoni, indipendentemente dai suoi particolari, deve fornire un qualche meccanismo per tener legati i preoni, tra i quali deve esistere una potente forza attrattiva. Una strategia e quella di postulare una nuova forza fondamentale della natura analoga nelle sue azioni alla forza di colore del Modello Standard. Per evidenziare questa analogia, la nuova forza è detta forza di ipercolore, e le sue particelle mediatrici sono dette ipergluoni. I preoni avrebbero ipercolore, ma si combinerebbero formando sistemi composti senza ipercolore, allo stesso modo in cui i quark, dotati di carica di colore, si combinano a formare protoni e neutroni incolori. La forza di ipercolore probabilmente dà anche origine a una libertà asintotica, analogamente alla forza di colore. Quindi tutti i preoni ipercolorati sarebbero intrappolati all'interno di particelle composte, il che spiegherebbe perché non si osservano preoni liberi negli esperimenti. Un'idea del genere è stata proposta per primo dall'olandese Gerard 't Hooft (1946-), Premio Nobel per la Fisica nel 1999. Il tipico raggio di confinamento dell'ipercolore deve essere inferiore a 10–16 centimetri: solo sondando la materia a distanze inferiori a quest'ultima sarebbe possibile osservare gli ipotetici preoni e i loro ipercolori. A una distanza di 10–15 centimetri l'ipercolore praticamente scompare; i soli oggetti osservabili a tale scala di risoluzione, cioè i quark e i leptoni, sono neutri rispetto all'ipercolore. A una distanza di 10–13 centimetri anche la carica di colore svanisce, e il mondo appare formato interamente da oggetti privi sia di colore sia di ipercolore: protoni, neutroni, elettroni e così via. La nozione di ipercolore si adatta bene al modello a rishoni: Harari e i suoi colleghi supposero che, oltre alla carica elettrica e al colore, i rishoni abbiano un ipercolore e gli antirishoni un anti-ipercolore. Sono permesse soltanto combinazioni di tre rishoni o di tre antirishoni perchè soltanto combinazioni del genere sono neutre rispetto all'ipercolore. Un sistema misto di tre particelle del tipo TTT non può esistere perchè esso non sarebbe senza ipercolore. L'assegnazione degli ipercolori spiega perciò la regola per formare sistemi composti da rishoni.

Se l'obiettivo di un modello a preoni è quello di semplificare la comprensione della natura, postulare una nuova forza fondamentale non pare sia di molto aiuto. Nel caso dell'ipercolore, però, potrebbe esservi qualche vantaggio. Si consideri il neutrino: esso non ha né carica elettrica né colore, ma solo carica debole. Secondo il Modello Standard, due neutrini possono interagire soltanto attraverso la forza nucleare debole a breve raggio d'azione. Se i neutrini sono composti da preoni ipercolorati, però, potrebbe esistere un'ulteriore sorgente di interazioni tra i neutrini. Quando due neutrini sono molto lontani, in pratica non vi sono tra di essi forze di ipercolore, ma quando essi sono a breve distanza, i preoni ipercolorati all'interno di un neutrino sono in grado di «vedere» gli ipercolori interni dell'altro. Il risultato e una serie di complesse attrazioni e repulsioni a breve raggio d'azione. Ne consegue che la forza debole a breve raggio d'azione potrebbe essere in realtà un caso particolare della forza di ipercolore. Secondo questa ipotesi, come visto, anche gli astenoni W+, W e Z0 devono essere oggetti composti da certe combinazioni degli stessi preoni che compongono i quark e i leptoni. Se così fosse, l'elenco delle forze fondamentali avrà ancora quattro protagonisti: gravitazione, elettromagnetismo, colore e ipercolore.

L'ipercolore non è il solo candidato per una forza di legame tra i preoni. Un'altra interessante possibilità è stata suggerita da Jogesh Pati e Abdus Salam. Anziché introdurre una nuova forza di ipercolore, essi hanno preso in prestito un'idea da tempo familiare, cioè la forza magnetica, e l'hanno adattata a un nuovo scopo. Un magnete ordinario ha sempre due poli, che non si possono pensare separati l'uno dall'altro. Da tempo però esistono motivi teorici per supporre che possano esistere anche cariche magnetiche isolate, dette monopoli magnetici. Pati e Salam hanno pensato che i preoni potrebbero essere monopoli magnetici, e le forze che li legano potrebbero avere una nuova e interessante origine.

Il momento di massimo fulgore per il modello a preoni si ebbe intorno al 1980, e lo segnala anche l'interesse dimostrato nei suoi confronti dalla fantascienza. Nel romanzo scritto da Vonda McIntyre (1948-) basandosi sulla sceneggiatura del celebre film del 1982 « Star Trek II: L'ira di Khan », Vance Madison e Delwyn March, due componenti del team guidato dalla dottoressa Carol Marcus, ex moglie del famoso capitan Kirk, hanno lavorato al cosiddetto progetto Genesis, il cui scopo è quello di terraformare dal nulla e in breve tempo dei pianeti aridi e senza vita. Essi hanno scoperto particelle preoniche che hanno nominato "boojums" e "snarks", nell'ambito di una teoria che per scherzo hanno chiamato "kindergarten physics", cioè "la fisica dell'asilo" perché si occupa di un livello inferiore a quello "elementare", con analogia ai gradi di istruzione dei bambini. L'idea di Vonda McIntyre è che Genesis terraformi i pianeti agendo direttamente sulla struttura preonica delle loro particelle, così da cambiare completamente il loro volto, sostituendo i deserti con foreste e coltivazioni. Ed anche il romanzo dell'inglese James P. Hogan (1941-2010) "Voyage from Yesteryear", del 1982, tira in ballo i preoni, da lui chiamati tweedles, la cui fisica ha un ruolo centrale nella trama del libro.

In seguito però, con la formulazione della rivoluzionaria teoria delle superstringhe, che superava il concetto di particelle sempre più elementari dando ai costituenti della materia un significato inaspettato, l'interesse per i Rishoni di Harari andò scemando, come per altri modelli analoghi, vista l'oggettiva impossibilità di ottenerne delle conferme nell'ambito degli esperimenti di collisione tra particelle elementari. Nei primi anni del XXI secolo, tuttavia, la sfiducia subentrata nei confronti del modello a superstringhe, che sembrava giunto a sua volta in un vicolo cieco, e del quale a sua volta nessuno era riuscito ad ottenere conferme sperimentali, ha portato ad un rinnovato interesse per modelli a preoni, basati sulla classica idea di particelle sempre più piccole annidate nel cuore della materia. Fu allora che, come si parla di plasma di quark e gluoni, si cominciò a parlare di plasma di preoni ed ipergluoni, un nuovo stato esotico della materia, che può esistere solo a temperature e densità davvero... astronomiche, e che sarebbe esistito nel Big Bang durante i primissimi istanti dell'infanzia dell'universo. E non solo: da qui al concetto di "stelle di preoni", il passo fu breve. L'esistenza di questi enigmatici astri fu teorizzata nel 2005 da Fredrik Sandin e Johan Hansson, dell'Università Tecnologica di Luleå in Svezia, secondo i quali avrebbero potuto formarsi da stelle con una massa enorme che collassano oltre lo stadio che le porterebbero a diventare stelle di neutroni, ma non abbastanza per degenerare in un buco nero. Secondo i loro calcoli, una sfera con un raggio di un metro e una massa pari a quella di 100 terre potrebbe degenerare in una stella di preoni, con un fortissimo campo magnetico e un'altissima velocità di rotazione. Finora però nessun candidato ad essere una stella di preoni è stato mai individuato.

Tutte queste teorie sembrano molto convincenti, e sicuramente vi chiederete perchè i Fisici delle Particelle continuino a chiamare "corpuscoli elementari" i quark e i leptoni, quando con due rishoni T e V e con i due corrispondenti antirishoni T e V (in tutto quattro come i quattro elementi di Aristotele!) sembrerebbe possibile costruire tutto quanto l'universo creato. Per non creare inutili entusiasmi, tuttavia, bisogna tenere conto del fatto che il Modello a Rishoni ha anche molti punti oscuri. Il principale di questi riguarda il fatto che, finora, l'elettrone, che ormai viene studiato da più di un secolo, non ha mai rivelato alcuna sottostruttura. In particolare, tutte le esperienze fin qui condotte non hanno mai osservato alcuna deviazione da una forma perfettamente sferica. Eppure eventuali deviazioni da questa sfericità potrebbero contribuire a spiegare lacune fondamentali nella nostra comprensione della fisica, tra cui il motivo per cui l'universo contiene materia anziché il nulla. Gli esperimenti sono oggi così sensibili che, se un elettrone fosse grande come la Terra, potrebbero rilevare una protuberanza al Polo Nord pari all'altezza di una molecola di zucchero!! Eppure, abbiamo le prove che l'elettrone è più rotondo di così. Secondo la meccanica quantistica, all'interno della nube di carica negativa dell'elettrone si formano in continuazione coppie di particelle ed antiparticelle. La presenza di alcune particelle "virtuali" oltre il Modello Standard farebbe apparire la forma dell'elettrone un po' meno sferica, con una "estremità" di carica leggermente più positiva e l'altra un po' più negativa, come in un dipolo elettrico. Il Modello Standard prevede per l'elettrone un momento di dipolo elettrico un milione di volte più piccolo di quello che le tecniche attuali possono rilevare, e quindi, se con gli esperimenti odierni i ricercatori dovessero rilevare una forma dipolare, ciò rivelerebbe tracce di nuova Fisica e indicherebbe ciò che potrebbe mancare al Modello Standard. Per determinare il momento di dipolo dell'elettrone, gli scienziati hanno cercato una variazione dello spin della particella: se l'elettrone è perfettamente sferico, non può esercitare una coppia, in caso contrario lo spin dell'elettrone ruoterà. Nel 2011 alcuni ricercatori dell'Imperial College London hanno dimostrato di poter amplificare questo effetto ancorando l'elettrone a una molecola pesante, e da allora vari gruppi di ricerca si sono superati ogni anno con misurazioni sempre più precise. Nell'ultimo decennio le misurazioni dei gruppi in competizione sono aumentate di 200 volte in termini di sensibilità, senza che si sia ancora visto alcun momento di dipolo. In particolare l'esperimento della Northwestern University, chiamato Advanced Cold Molecule Electron Dipole (o ACME, ispirandosi all'azienda immaginaria citata di continuo nei cartoni animati di Willy il Coyote e Beep Beep), spara un fascio di molecole neutre attraverso il laboratorio, sondandone decine di milioni al secondo, ma solo per pochi millisecondi ciascuna, mentre l'istituto JILA dell'Università del Colorado a Boulder in un analogo esperimento misura meno molecole, ma più a lungo, intrappolando alcune centinaia di molecole alla volta e misurandole per un massimo di tre secondi. La tecnica di intrappolamento degli ioni, sviluppata per la prima volta da Eric Cornell, fisico dell'Università del Colorado a Boulder che dirige il gruppo del JILA, è stato un passo avanti da gigante e ha potuto verificare la sfericità dell'elettrone con una precisione mai vista prima.

Ma allora, se i preoni in generale e i rishoni in particolare esistono davvero, di sicuro debbono essere estremamente piccoli. Il limite più rigoroso alle loro dimensioni è fornito indirettamente dalle misurazioni del momento magnetico dell'elettrone, che grazie ai lavori di ACME e JILA è in accordo con i calcoli dell'Elettrodinamica Quantistica con una precisione straordinaria: le misure sperimentali danno un valore di μe = 1,0011596577, mentre i calcoli teorici, eseguiti supponendo che l'elettrone sia puntiforme, forniscono un valore di 1,0011596553! La divergenza fra i due valori appare solo alla nona cifra dopo la virgola. I calcoli dicono chiaro e tondo che, per non mettere in crisi questa perfetta corrispondenza, la scala di distanze caratteristica della struttura interna dell'elettrone deve trovarsi al di sotto di 10–16 centimetri, cioè su scala non femtometrica ma attometrica. Questo è il massimo raggio di un elettrone, e qualsiasi rishone deve trovarsi all'interno di esso: se essi fossero distribuiti su un raggio maggiore, la loro presenza sarebbe già stata rivelata da un pezzo. Quanto al neutrino, che ha una massa piccolissima e quasi trascurabile rispetto alle altre particelle, è ancora più difficile pensare a una sua eventuale struttura interna. Il Modello Standard fino ad oggi ha ricevuto soltanto conferme: le ultime sono state la scoperta del Bosone di Higgs e l'osservazione delle onde gravitazionali. E nessun aspetto del Modello Standard prevede che quark, leptoni e particelle-forza abbiano una composizione profonda. Forse una nuova generazione di super-acceleratori di particelle che saranno progettati nel XXI secolo permetterà di esplorare la materia e l'energia a livelli fino ad oggi impensabili; certamente però l'affermazione che quark e leptoni siano composti da sottostrutture dovrà superare ostacoli formidabili per avere un futuro.