La grande unificazione delle forze  

Oltre alla curiosità, innata in ogni uomo, di conoscere l'intima struttura della materia, e che ci ha portato dalla scoperta del nucleo atomico fino al Modello a Preoni, uno dei principali scopi della Fisica del XXI secolo consiste nel descrivere la varietà dei fenomeni in modo unificato, attraverso una chiave comune di interpretazione. Arrivati a questo punto, ormai sappiamo che lo sviluppo storico della Fisica in genere è andato di pari passo con il tentativo di unificare ambiti molto diversi della scienza:

1) Galilei, Kepler e Newton hanno unificato la meccanica terrestre con la meccanica celeste (vedi)
2) Maxwell ha unificato i fenomeni elettrici, quelli magnetici e l'ottica (vedi)
3) Einstein ha unificato la teoria gravitazionale con l'analisi della geometria dello spazio-tempo (vedi)

Come naturale conseguenza di questa logica di sintesi, Albert Einstein si domandò: se la Relatività Generale da lui formulata é applicabile così bene al campo gravitazionale, perché non lo é anche a quello elettromagnetico? In altre parole, é possibile mettere in relazione gli effetti di un'accelerazione su di un sistema con quelli di un campo di natura diversa da quello di gravità? Einstein dedicò gli ultimi quarant'anni di vita alla soluzione di questo problema, ma senza ottenere risultati soddisfacenti. Questa impresa divenne ancora più arduo dopo la scoperta della forza nucleare forte e della forza nucleare debole. Oggi questo sforzo concettuale è noto con il nome di grande unificazione delle forze.

Nello schema: la forza nucleare forte opera solo sui quark. La forza elettromagnetica opera sui leptoni carichi. La forza nucleare debole opera su tutti i quark e i leptoni. La forza di gravità interagisce con tutte le particelle mediante il campo di Higgs.

Le quattro forze della natura (elettromagnetica, gravitazionale, nucleare debole, nucleare forte) erano in origine considerati tipi differenti di interazione, senza alcuna possibile causa o meccanismo comune, un po' come prima di Darwin le specie viventi erano considerate come atti separati della Creazione Divina, né si pensava che la loro origine potesse essere la medesima. I Fisici della seconda metà del XX secolo cominciarono invece ad intuire che le quattro interazioni potrebbero essere aspetti diversi di un'unica forza originaria, i cui effetti sono diversi a seconda del tipo di oggetto tra cui interagisce: le masse per la forza di gravità, le cariche elettriche per la forza elettromagnetica, le cariche barioniche per la forza nucleare forte, le particelle dotate di "stranezza" per la forza nucleare debole.

A tutto ciò si aggiunsero poi altre domande, restate finora senza risposta: perchè le forze fondamentali sono proprio quattro e non sette o una sola? E perchè hanno proprio quei valori? Quest'ultima, in particolare, non è affatto una domanda di natura semplicemente filosofica: se i valori delle forze fossero anche solo di poco differenti, l'universo in cui viviamo sarebbe completamente diverso! Per esempio, nel celebre romanzo di Isaac Asimov (1920-1992) intitolato "Neanche gli déi" (1972), la razza umana entra in contatto con una specie senziente che vive in un universo parallelo in cui la forza nucleare forte è molto più elevata che nel nostro, e dunque in cui le stelle sono molto più piccole delle nostre, tanto che una stella come il nostro Sole esploderebbe immediatamente in supernova; in tale universo, il plutonio ha anche isotopi stabili, contrariamente a quanto accade da noi!

Tutti questi problemi hanno indotto negli ultimi decenni molti Fisici ad elaborate nuovi modelli, che vanno al di là del Modello Standard fin qui descritto, nella convinzione che, in qualche modo, alla fine si arriverà a costruire una teoria onnicomprensiva" in grado in linea di principio a dare conto di ogni fenomeno naturale: è quella che alcuni ottimisti si sono spinti a battezzare la "TEORIA DEL TUTTO". Essa naturalmente dovrà riuscire ad unificare tutte le interazioni fondamentali in una sola. Questo obiettivo è ben lontano dall'essere raggiunto, ma alcuni del pezzi del puzzle sembrano già essere andati al loro posto.

Il maggiore exploit teorico compiuto finora in questa direzione è senz'altro rappresentato dal lavoro teorico di Sheldon Lee Glashov (1932-), Steven Weinberg (1933-) ed Abdus Salam (1926-1996) , che nel 1968 proposero di unificare le forze elettromagnetica e debole nell'unico campo "elettrodebole", lavoro per il quale Weinberg e Salam vinsero il Premio Nobel nel 1979. La loro idea venne confermata dalla scoperta degli astenoni W, W+ e Z0, mediatori della forza elettrodebole, avvenuta nel 1984 ad opera di Carlo Rubbia (1934-) e Simon van der Meer (1925-2011). Entrambi gli scienziati furono premiati con il Nobel nello stesso anno.

Carlo Rubbia (Gorizia, 31 marzo 1934 – vivente)

Carlo Rubbia (Gorizia, 31 marzo 1934 – vivente)

Questo successo spinse i Fisici delle Particelle a cercare una teoria ancora più generale, che riesca ad unificare la forza elettromagnetica e la forza nucleare debole con la forza nucleare forte. Questa è stata battezzata GUT ("Grand Unified Theory", "Teoria della Grande Unificazione"). Vi sono molte versioni di tale teoria, ma quella più nota è il cosiddetto Modello di Georgi–Glashow, proposto nel 1974 da Sheldon Lee Glashov e da Howard Georgi (1947-). In esso i quark e i leptoni sarebbero tra loro equivalenti e intercambiabili, ed i quanti di materia potrebbero essere trasformati in quanti di forza. Di conseguenza il Modello di Georgi–Glashow ha la caratteristica di non conservare più né il numero barionico B né il numero leptonico L, ma solo la differenza B – L. Oltre ai 12 portatori di forza del Modello Standard, questa teoria prevede che esistano altri 12 bosoni vettori dotati di carica elettrodebole e di colore, raggruppati complessivamente sotto il nome di bosoni X ed Y. Essi sarebbero composti da quark e leptoni, consentendo la violazione della conservazione del numero barionico e leptonico. Il bosone X avrebbe i seguenti canali di decadimento:

X → u + u
X → e+ + d

Il bosone Y avrebbe invece i seguenti canali di decadimento:

Y → e+ + u
Y → d + u
Y → d +
νe

La comparsa di questi nuovi bosoni permetterebbe nuovi fenomeni, altrimenti vietati dal modello standard, tra cui, il più importante è senz'altro il decadimento del protone! Infatti, sarebbe possibile la seguente reazione, mediata da un bosone X:

u + u → e+ + d

E quindi il protone avrebbe un canale di decadimento in un positrone e in un pione neutro:

p → e+ + π0

Come si vede, in questo decadimento non viene conservato né il numero barionico (a sinistra vale + 1, a destra zero) né il numero leptonico (a sinistra vale zero, a destra – 1), mentre è conservata la loro differenza B – L, che a sinistra vale + 1 – 0 = + 1, e a destra vale 0 – ( – 1 ) = + 1. Ma quanto varrebbe la vita media del protone? I calcoli di Georgi e Glashov parlano di 1029 anni, cioè 10 miliardi di miliardi di volte più lunga dell'età dell'universo!

Come fare per sottoporre questa teoria a verifica sperimentale? Cercare di osservare il decadimento del protone appare arduo, con un'emivita così lunga! Ma bisogna ricordare che il decadimento radioattivo è un fenomeno probabilistico: in media la metà dei protoni dell'universo dovrebbe essere decaduta entro 1029 anni, ma alcuni potrebbero decadere molto prima. Per aumentare la probabilità di osservare tali decadimento, bisogna considerare un grandissimo numero di protoni. Per questo nel 1982 nella miniera di Kamioka in Giappone iniziò la costruzione di un grande osservatorio sotterraneo, per iniziativa dell'Institute for Cosmic Ray Research dell'Università di Tokyo; posto a 1.000 m di profondità per evitare i disturbi provenienti dai raggi cosmici, intercettati dalla roccia, il laboratorio venne completato nell'aprile del 1983. L'esperimento Kamiokande (Kamioka Nucleon Decay Experiment) era un serbatoio cilindrico di 16 m in altezza e 15,6 m di diametro, contenente 3.000 tonnellate di acqua purissima e circondato da circa 1.000 tubi fotomoltiplicatori collegati alla superficie interna. I fotomoltiplicatori dovevano captare le luci Čerenkov emesse dalle particelle cariche che attraversano l'acqua. Infatti il positrone e gli altri prodotti del decadimento del protone possono muoversi più velocemente della luce nell'acqua (ma ovviamente, più lentamente della luce nel vuoto). Ciò genera un lampo di luce, detto radiazione Čerenkov, che è l'equivalente ottico del boom sonico di un aereo che supera il muro del suono. Il lampo Čerenkov genera tracce distintive di luce che vengono registrate e forniscono informazioni sulla direzione e le caratteristiche delle particelle incidenti.

Siccome il Kamiokande conteneva in tutto circa 1033 protoni, avrebbe dovuto essere osservato almeno un decadimento del protone all'anno; invece, dopo vent'anni non ne aveva osservato neanche uno. La vita media del protone ha insomma come limite inferiore non meno di 1,6 x 1033 anni. Questo mise in crisi la fiducia che molti scienziati avevano nella GUT, che venne messa da parte a vantaggio di teorie alternative, in particolare la supersimmetria e le superstringhe. In cambio, pur non essendo riuscito a rilevare il sospirato decadimento del protone, l'esperimento Kamiokande captò molti neutrini, sfuggenti particelle che possono attraversare chilometri di roccia senza interagire con nessuna altra particella; la miniera giapponese venne così "riciclata" con grande successo come osservatorio di neutrini, tanto da venire potenziato per dar vita al Super-Kamiokande, che nel 1998 fornì la prima prova dell'oscillazione dei neutrini. Una bella rivincita, per un esperimento che si considerava fallito!

L'interno del Super-Kamiokande

Il SuperKamiokande con i suoi fotomoltiplicatori (da questo sito)

Vi è però un altro motivo per cui è molto difficile ottenere conferme sperimentali dirette della GUT: i bosoni X ed Y avrebbero una massa incredibile, dell'ordine di 1015 GeV, mentre oggigiorno si possono effettuano esperimenti al massimo con energie dell'ordine di 10 TeV, ossia cento miliardi di volte di meno! Si calcola che per creare queste super-particelle occorrerebbe un acceleratore di dimensioni paragonabili a quelle della nostra galassia! Voi mi direte: ma come fanno due quark up, che certo non "pesano" così tanto, a generare un bosone con una massa di 1015 GeV, cioè 1,6 x 105 J? Per fare in modo che essi "reagiscano" tra di loro dando vita a un bosone X, e quindi decadano in un positrone e in un antiquark d, occorre accelerarli in un opportuno sincrotrone cedendo loro un'energia straordinaria, che poi si "materializzerebbe" in un bosone X.

Come si intuisce, il vero problema per riuscire a sintetizzare la moltitudine dei fenomeni e la varietà delle forze è puramente energetico. Come per verificare l'intima correlazione fra la forza elettromagnetica e la forza nucleare debole è stato necessario spingere i protoni negli acceleratori fino a un'energia di circa 100 GeV, la GUT richiede una perfetta simmetria tra le tre forze fondamentali esclusa la gravità proprio a circa 1015 GeV. Man mano che aumenta l'energia in gioco, le forze tendono a confluire in una sola. Appare logico pensare che, ad un certo punto, anche la forza gravitazionale potrebbe essere unificata alle altre. Si pensa che anche la gravitazione potrebbe unirsi alle altre tre forze in una "TEORIA DEL TUTTO" intorno ai 1019 GeV, come mostra questo schema:

La speranza di raggiungere le energie necessarie per verificare sperimentalmente anche solo la GUT appartiene alla fantascienza: gli ordini di grandezza delle energie sono infatti al di fuori delle attuali possibilità tecnologiche e probabilmente anche al di fuori di quelle future. Questo fatto, unitamente al fallimento da parte del Modello di Georgi–Glashow della previsione dell'emivita del protone, ha spinto vari fisici a postulare viversi modelli e diverse leggi di simmetria per cercare di giungere all'unificazione delle quattro forze fondamentali. Uno dei campi in cui gli scienziati hanno riposto più speranze negli anni Duemila è la cosiddetta Supersimmetria (o SuSy, dalle iniziali dei termini inglesi), introdotta dai fisici teorici Sergio Ferrara (1945-), Julius Wess (1934-2007) e Bruno Zumino (1923-2014). In essa ad ogni particella di materia di tipo fermionico (a spin semintero) deve corrispondere un superpartner bosonico (a spin intero), e ad ogni quanto di forza di tipo bosonico deve corrispondere un partner supersimmetrico di tipo fermionico. Questi superpartner potrebbero anche spiegare quella misteriosa entità fisica che oggi va sotto il nome di materia oscura. Confermare o meno l'esistenza della Supersimmetria, della quale parleremo meglio più avanti, è uno degli scopi per i quali è stato progettato e costruito l'LHC di Ginevra.

Un altro campo di ricerca che ha suscitato grandi entusiasmi negli anni settanta, ottanta e novanta del Novecento è quello della cosiddetta Teoria delle Superstringhe, che descrive tanto le particelle-massa quanto le particelle-forza come modi di vibrazione di sottilissime corde quantistiche la cui lunghezza e cosi piccola (10–35 m!) che nessun esperimento potrebbe mai rivelarle in maniera diretta. La teoria delle Supoerstringhe può essere formulata in maniera coerente solo ipotizzando che lo spazio-tempo nel quale le stringhe si muovono e interagiscono fra loro abbia almeno undici dimensioni, invece delle quattro (tre per lo spazio e una per il tempo) a cui siamo abituati nel nostro mondo. Anche questa teoria, tuttavia, come quella supersimmetrica e quella dei preoni, soffre del grave problema di non poter essere sottoposta a verifica sperimentale, e negli ultimi anni sembra arrivata in un vicolo cieco, nonostante vari tentativi di rivitalizzarla, ad esempio introducendo la Teoria delle Brane. Anche alle Superstringhe dedicheremo una delle prossime lezioni.

E non è finita. Nel 2010 il fisico olandese Erik Verlinde (1962-) ha suggerito che la gravità possa essere una forza "entropica", ovvero una manifestazione dell'entropia (la grandezza che misura il grado di disordine di un sistema) di un gran numero di unità macroscopiche di informazione. La teoria non specifica quale sia la natura di questi "bit" di spazio-tempo, ma le analogie tra gravità e termodinamica sono sufficientemente intriganti da aver suscitato un certo interesse nella comunità scientifica. Secondo Verlinde, quello che la maggior parte dei fisici ha finora interpretato come le prove dell'esistenza di misteriose particelle elementari debolmente interagenti, potrebbe essere semplicemente un effetto su grande scala della natura entropica della gravità.  In un'intervista con il giornale "de Volkskrant" Verlinde ha affermato che a livello microscopico le leggi di Newton non si applicano, ma a livello di pianeti sì, come per la pressione dei gas: le molecole del gas in sé non hanno alcuna pressione, ma un contenitore pieno di gas sì. In particolare, i risultati di Verlinde riproducono correttamente le previsioni di quello che, fino a oggi, e stato il principale scenario alternativo ai modelli di materia oscura, ovvero la modifica della gravità proposta dal fisico israeliano Mordehai Milgrom (1946-) all'inizio degli anni ottanta. Milgrom aveva mostrato come le osservazioni anomale delle curve di rotazione galattica, uno dei principali indizi a favore dell'esistenza della materia oscura, potessero essere spiegate introducendo una deviazione dal comportamento newtoniano della forza di gravità sulle distanze cosmiche. Fino a oggi non c'erano ragioni fondamentali per giustificare la modifica suggerita da Milgrom, ma essa sembra scaturire in modo naturale nello scenario proposto da Verlinde. Inoltre l'approccio di Verlinde permette di spiegare la bassissima densità della cosiddetta energia oscura, problema oggi considerato uno tra i più imbarazzanti della storia della Fisica Teorica. Molti scienziati hanno dei dubbi su questo scenario, perché i processi entropici romperebbero la coerenza quantistica, come dimostrano vari esperimenti con interferometro a neutroni in campo gravitazionale: il dibattito è tuttora apertissimo.

Nel novembre 2019 ha suscitato grande scalpore la possibile scoperta di una nuova particella, battezzata provvisoriamente X17, che potrebbe rivoluzionare il quadro delle forze fondamentali della natura. Nel 2015 infatti il team di Attila Krasznahorkay, dell'Istituto per la Ricerca Nucleare in Ungheria, ha osservato che nel decadimento di atomi di berillio in certe transizioni venivano prodotte, coppie di elettroni e positroni, come si attendeva, ma vi era un'anomalia: il numero di coppie che si separano con un angolo di circa 140° sono molte di più rispetto alle previsioni del modello. Questo potrebbe essere spiegato dalla presenza di una nuova particella, che decade in un elettrone e un positrone, e che ha una massa di 17 Megaelettronvolt. Krasznahorkay e il suo team hanno continuato a lavorarci e, a tre anni da quelle prime evidenze, hanno pubblicato un nuovo studio (non ancora sottoposto a revisione) in cui descrivono un’anomalia simile anche per gli atomi di elio, con un angolo differente. Ora, una nuova particella, un bosone, potrebbe significare la scoperta di una nuova interazione, oltre alle quattro conosciute, che regolano il comportamento della materia nell’Universo. Inoltre un nuovo bosone potrebbe aprirci squarci sui misteri della materia oscura: se fosse un bosone vettore, come il fotone che ha spin 1, potrebbe essere quello che viene chiamato fotone oscuro, associato alla materia oscura in certi modelli teorici, e potrebbe aggiungere una nuova forza al modello standard. Diversamente, se avesse spin 0 come il bosone di Higgs, potrebbe essere una specie di estensione scalare del modello standard. Naturalmente l'ipotetico bosone X17 decade in 10–14 secondi, mentre invece un'eventuale particella di materia oscura dovrebbe essere stabile. Come diceva Carl Sagan, affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie, quindi bisogna attendere per arrivare alle conclusioni, perché potrebbe trattarsi di anomalie legate al nucleo degli atomi di berillio ed elio 4. Attendiamo fiduciosi nuovi risultati.

Vi sono poi scienziati davvero "controcorrente", che esprimono punti di vista completamente diversi da quelli delle teorie di unificazione delle forze cui abbiamo appena accennato. Per esempio, secondo John Archibald Wheeler (1911-2008) dell'Università di Princeton, inventore del termine "buco nero", non può esistere una equazione universale che sia alla base di una "TEORIA DEL TUTTO", per il semplice motivo che ogni equazione e ogni teoria non rappresentano principi naturali preesistenti, bensì un processo di elaborazione mentale, direttamente connesso con lo schema con cui gli uomini di scienza costruiscono le domande da porre alla natura.

Lasciamo però da parte queste posizioni un po' stravaganti, e torniamo all'idea di base, secondo cui per accoppiare le forze è necessario aumentare le energie in gioco. È vero che, come abbiamo detto sopra, queste energie non potranno mai essere raggiunte in un laboratorio costruito da mani umane. Tuttavia, è molto probabile che in passato queste condizioni estreme si siano già verificate: immediatamente dopo il Big Bang quando, per l'appunto, l'energia, la temperatura, la densità e la pressione del cosmo neonato raggiungevano davvero valori eccezionali e al di là di ogni nostra immaginazione. Per esempio, è quasi certo che le energie richieste dalle GUT per accoppiare forza elettromagnetica, forza nucleare debole e forza nucleare forte caratterizzavano spontaneamente l'universo quando esso aveva un'età compresa fra 10–43 e 10–35 secondi, cioè pochi attimi dopo la sua nascita. Ed è per questo che, per comprendere appieno come funziona il nostro mondo su scala piccolissima, dovremo fare una rapida escursione nella Cosmologia, cioè nella branca della Fisica che studia come funziona il nostro mondo su scala grandissima. Chi vuole seguirmi lungo questa strada impervia quanto affascinante, clicchi qui e parta assieme a me!

Unificazione

Protagonisti

Anno

mondo celeste e mondo terrestre

Galileo

1632

gravità celeste e gravità terrestre

Newton

1687

forze elettriche e forze magnetiche

Maxwell

1875

spazio e tempo, massa ed energia

Einstein

1905

onde e particelle

De Broglie

1925

forza elettromagnetica e forza debole

Weinberg e Salam

1968

forza elettrodebole e forza forte

Georgi e Glashov

1974

le quattro forze

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Le otto unificazioni della storia della Fisica