La Patria Europa

di Demofilo


Dopo aver scritto "L'Ascesa delle Destre" e il "Paradiso Comunista in Europa", ritorno a scrivere nella mia vecchia maniera, nella veste cioè di autentico irenista, un'ucronia europeista. Riprendo cioè una tematica che già avevo affrontato in alcune ucronie precedenti: "2 giugno 1946, la vittoria della Monarchia", "15 maggio 1949, la fine dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche", "Il Secondo Dopoguerra 1950-2000" e "L'Altra Storia d'Italia 1943-2006". La pietra angolare di questa ucronia, che non ha uno specifico POD che determina un cambiamento determinante, ma una serie di divergenze storiche che garantiscono una storia ben diversa, è la seguente: all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) nei singoli stati nazionali europei vengono premiate le coalizioni politiche europeiste di matrice moderata e riformista, che avvieranno la nascita di una solida struttura sovranazionale nel vecchio continente. Fondamentali, per lo svolgimento dei fatti, sono le vicende che potrete leggere attentamente nella già citata ucronia "15 maggio 1949, la fine dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche": termina subito la Guerra Fredda e ne nasce uno nuovo scenario geopolitico internazionale.

L'Italia
Il 2 giugno 1946 si svolgono le prime consultazioni democratiche dopo circa vent'anni di regime. Il referedum costituzionale tra monarchia e repubblica conferma l'istituto monarchico con due milioni di voti in più della scelta repubblicana, mentre nell'elezione dell'Assemblea Costituente viene premiata il Partito Popolare del presidente del consiglio Alcide De Gasperi e del suo segretario scudocrociato Giuseppe Dossetti. Umberto II e la regina Maria Josè vengono quindi confermati sovrani della nuova Italia monarchica e democratica mentre De Gasperi forma il suo secondo esecutivo di centro-sinistra con i socialisti democratici di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, i liberaldemocratici di Enrico De Nicola e Benedetto Croce e i democratici del lavoro di Ivanoe Bonomi e Ferruccio Parri. All'opposizione vanni rispettivamente le sinistre socialcomuniste di Pietro Nenni e Palmiro Togliatti e la destra conservatrice di Guglielmo Giannini e Giovanni Malagodi. Il governo di centro-sinistra e De Gasperi vennero confermati a gran voce alle elezioni dell'aprile 1948 e lo statista trentino poteva formare il suo terzo esecutivo, fotocopia del precedente: Pertini vicepresidente con delega alla difesa, Dossetti agli esteri, Bonomi all'interno, Giuseppe Romita alla grazia e giustizia, il tecnico economica Luigi Einaudi al superministero dell'economia, finanza, bilancio e programmazione economica e sviluppo indutriale mentre alla pubblica istruzione andava il latinista e rettore emerito dell'università di Padova Comcetto Marchesi mentre alla cultura andava Croce e Giorgio La Pira alla sanità. Re Umberto II nominò senatori a vita don Luigi Sturzo, Enrico De Nicola, Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele Orlando mentre la ricostruzione e lo sviluppo del paese continuavano in modo incessante. Il secondo governo De Gasperi terminò con la fine della prima legislatura del nuovo corso monarchico. L'esecutivo del centro-sinistra aveva completato la ricostruzione materiale del paese, aveva governato uno sviluppo sostenibile che potesse essere parallelo ad una forte legislazione sociale ed aveva puntato ad una nuova politica energetica con l'accordo Roma-Teheran siglato da Enrico Mattei con l'agenzia petrolifera iraniana. Nel 1953 De Gasperi decise di non candidarsi per problemi di salute. Suo sostituto da Sandro Pertini, candidato alla carica di primo ministro e sostenuto dal Partito Popolare, dai Socialisti Democratici e dall'Unione Democratica Nazionale. La destra si presentava con Giannini cadidato a Palazzo Chigi, la nuova sede del Consiglio dei Ministri a Roma, sostenuto dall'Uomo Qualunque, dal Partito Conservatore di Malagodi e i Nazionalisti di Vincenzo Selvaggi.. Le elezioni politiche del marzo 1953 diedero la maggioranza al centro-sinistra ma confermavano il trend che vedeva ormai la destra come unico contrappeso alla maggioranza; la sinistra socialcomunista infatti era praticamente scomparsa visto il poco consenso elettorale e la fine dell'Urss. Pertini fu quindi incarica da Umberto II di formare il nuovo governo: agli esteri andò Giorgio La Pira, alla difesa fu designato Riccardo Lombardi, all'economia fu scelto Saragat con la delega alla vicepresidenza mentre il ministero della cultura fu assegnato a Giuseppe Ungaretti. Ricordiamo che il nostro paese aderì alla Comunità dell'Europa Unita, nata nella primavera del 1949: lo stesso Alcide De Gasperi ne sarà il primo presidente.

La Gran Bretagna
Le elezioni politiche del giugno 1945 diedero al Partito Laburista la maggioranza della Camera dei Comuni e re Giorgio VI diede l'incarico al leader laburista Clement Attlee che formò un governo di coalizione con il partito dei liberaldemocratici inglesi, avviando un processo di fusione con la formazione centrista e riformista britannica. Programma fondamentale di Attlee fu la conversione dal Warfare State al Welfare State, dallo "stato di guerra" allo "stato sociale". Tale trasformazione doveva però entrare nei canoni dello stile anglosassone: la Gran Bretagna infatti era la patria del liberismo e la costruzione dello Stato Sociale in "stile British" fu adattata dall'economista Lord William Beveridge già nel 1942, in piena guerra. Il piano Beveridge prese forma nell'estate del 1947 con l'apertura delle prime cliniche sanitarie specializzate pubbliche a Londra e la nascita del sistema sanitario nazionale che puntava a curare ogni individuo "dalla culla alla bara". Non dimentichiamo poi il forte clima di concertazione con le classi sociali che l'esecutivo ebbe, in particolare con le Trade Unions. Ma l'avvenimento più importante fu l'adesione, nel 1949, alla Comunità dell'Europa Unita: era un cambiamento nella linea della politica estera britannica. Dopo anni di isolazionismo e di "missione civilizzatrice" in giro per il mondo con l'occupazione di terre ed avamposti, la Gran Bretagna si legava finalmente all'Europa. Nel 1951 Attlee avallò la costruzione di un tunnel sotterraneo sotto la Manica, dopo un incontro con De Gasperi. Attlee restò al governo con la coazione lab-lib fino al 1955, superando quindi le elezioni politiche del febbraio 1950. Nel 1955 la maggioranza dei voti avrebbe premiato il nuovo leader dei laburisti britannici, Harold Wilson, il quale aveva in cantiere un'importante progetto per avviare la "decolonizzazione solidale": il primo ministro Wilson fonderà infatti il 5 novembre 1955 il Commonwealth, un'associazione che legava la Gran Bretagna alle sue colonie, le quali avevano maggiori autonomie ma rientravano nell'orbita dell'influenza britannica. La riforma del Commonwealth era stata formulata e presentata dal James Rmsay MacDonald, primo ministro laburista tra la prima e la seconda guerra mondiale, ma il progetto non era stato affossato con lo scoppio delle ostilità. Tutto però era ripartito dopo il "Natale di Sangue" del 1952: il 25 dicembre infatti le truppe inglesi massacrarono 3200 indiani che manifestavano contro l'aumento della tassa sul sale. Il leader della manifestazione, Mohandas Karamchad Gandhi, riuscì a scampare all'attentato e il 1 gennaio 1953 scrisse le famose "12 Asserzione per l'Indipendenza" che furono sottoscritte dal Pandit Nehru, leader del Partito del Congresso, che riuscì a portare le ragioni al governo di Londra, vista la posizione intransigente del governatore e del vice-re in India. Nel 1962 l'India decise di uscire dal Commonwealth e l'anno successivo l'Irlanda chiese la stessa cosa. Wilson allora, dopo aver concesso ad indiani ed irlandesi l'indipendenza da Londra, riformò la costituzione inglese con l'introduzione del federalismo.

La Francia
Finita la Seconda Guerra Mondiale, il governo repubblicano fu retto fino al maggio del 1946 dal maresciallo Charles De Gaulle, coordinatore della resistenza antinazista. Era il cosiddetto governo della "concentrazione democratica nazionale" che univa la destra liberale francese, legata alla figura di De Gaulle, il Movimento Popolare Repubblicano Francese di Robert Schuman e Valery Giscard d'Estaing e il Partito Socialista. Tale esecutivo realizzò importanti nazionalizzazioni in campo finanziario ed industriale e assicurò la ricostruzione. Tuttavia le divergenze al suo interno erano forti e sfociarono nella famosa "crisi di Natale" del 1945. Il patto tra le forze costituzionali fu infatti rotto e furono indette nuove elezioni per la primavera del 1946. Si presentava prima di tutto l'Unione per la Repubblica, il partito del presidente in carica, la destra liberale e conservatrice che aveva raccolto anche nelle proprie file ex-esponenti del Fronte Nazionale, i centristi del Movimento Popolare Repubblicano con Schuman candidato all'Eliseo mentre Vincent Auriol era il candidato della Sezione Francese dell'Internazionale Operaia. Le conusltazioni diedero una larga vittoria al cartello centrista di Schuman che poté formare il suo primo esecutivo, dove trovavamo non solo personalità cattolico popolari come lo stesso Giscard d'Estaing, ma anche tecnici di estrazione liberale democratica e riformatrice e socialdemocratici come il giovane Francois-Marie Mitterrand. Il governo francese iniziò la ricostruzione del paese grazie soprattutto alle risorse che venivano dalle colonie francesi in Africa ed Asia. Con il decreto "salva patria" Schuman puntò a far affluire in Italia numerosi immigrati, soprattutto tunisini ed algerini, che con la loro manodopera a basso prezzo garantirono poche spese e una veloce ricostruzione degli impianti industriali che i bombardamenti avevano gravemente danneggiato. Schuman cominciò a finanziare poi un gruppo di scienziati con l'obbiettivo di utilizzare fonti di energia rinnovabile come anche se il petrolio era ancora e rimarrà ancora una fonte inesauribile di ricchezza per la Francia. Il presidente e il resposabile della diplomazia transalpina aderirono alla Comunità dell'Europa Unita, nata nel maggio del 1949, è partita proprio in seguito ad un documento, il "Protocollo per l'Europa", stilato dallo stesso Schuman. Nel 1951 ci furono le nuove consultazioni elettorali: il MPRF di Schuman e Giscard d'Estaing confermò la scelta di campo "europeista e riformista" e l'alleanza con il neonato Partito Socialdemocratico Francese del ministro uscente Mitterrand mentre il il cartello delle destre, l'Unione per la Repubblica, confermava l'appoggio incondizionato al leader dell'opposizione conservatrice De Gaulle. Vinse il governo in carica e Schuman, riconfermato a furor di popolo all'Eliseo, sede istituzionale a Parigi, avviò un piano per la ristrutturazione dei diversi distretti industriali francesi e investì denaro nelle nuove tecniche della coltivazione agricola, ma non possiamo dimenticare la decisione di avviare una veloce decolonizzazione. I reparti francesi lasciarono nel giro di tre anni, tra il 1954 e il 1957, tutte le colonie francesi ma sul posto erano rimaste delle squadre di civili con l'obbiettivo di risolvere problematiche nate con l'autonomia. La bandiera però dell'esecutivo francese fu l'europeismo, valore che Schuman aveva messo al sopra degli stessi interessi della Francia. Và in questo senso ricordato l'accordo tra il ministro degli esteri francese Giscard d'Estaing e il presidente dell'Europa Unita Adenauer sulla cessione di alcuni poteri agli organi decisionali europei. Tale scelta fece infuriare la destra di De Gaulle e alcuni ambienti dell'alta finanza e della grande borghesia ma fu approvata dall'elettorato che confermò l'esecutivo Schuman per un terzo mandato, fino al 1961.

La Germania
La sconfitta nella guerra aveva portato alla divisione della Germania in un due paesi, ma tale situazione geopolitica cambiò dopo la caduta di Stalin e la fine dell'Unione Sovietica e del blocco orientale. Il 21 settembre 1949 a Berlino il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, sotto la porta di Brandeburgo, dichiarò ufficialmente nata la nuova Repubblica Federale Unita Tedesca e il 18 ottobre dello stesso anno ci furono le prime elezioni politiche del nuovo stato, finalmente riunificato. Fino a quel momento la parte Est, sotto l'occupazione militare sovietica era stata governata da una giunta militare che eseguiva gli ordini del Cremlino mentre nella parte Ovest le cose erano più complicate. Prima di tutto la commissione alleata aveva organizzato le prime elezioni nel gennaio del 1946 e l'esito aveva premiato l'Unione Democratica Cristiana (la Cdu) di Adenauer e il Partito Socialdemocratico Tedesco (la Spd). Fu varato quindi un governo "bianco-rosso" che vedeva Adenauer cancelliere e il socialdemocratico Willy Brand ministro degli esteri. Durante il primo congresso dell'Unione Democratica Cristiana, tenuto a Colonia nel marzo del 1947 la componente conservatrice e liberista, guidata dall'economista Ludwig Erhard, chiese ufficialmente la nascita di un polo conservatore da contrapporre al socialdemocratici, che avevano intanto stretto un'intesa programmatica con i liberaldemocatici. La posizione di Erhard prevalse e nel giugno dello stesso anno, dopo una crisi ministeriale, nacque il secondo governo Adenauer, composto interamente da esponenti del partito di centro. Tale esecutivo cominciò la ricostruzione utilizzando i canoni del classico liberismo ma i sindacati tedeschi proclamarono ben tre scioperi generali, in sei mesi, contro il mancato aumento dei salari e la mancanza di una politica sociale. Nel 1949 il mondo cambia e cambia quindi anche la Germania. La riunificazione infatti cambiò radicalmente la situazione politica nel governo: in primis il cancelliere tedesco decise di aprire l'esecutivo ai socialdemocratici e ai liberaldemocratici convinto che i problemi della riunificazione della ricostruzione dovevano essere affrontanti con maggioranze solide e compatte. Ma Erhard, contrario a tale scelta, prima tentò di licenziare Adenauer durante il consiglio nazionale del partito ma era in minoranza. Decise quindi di fondare un nuovo partito, il Partito dei Conservatori Tedeschi (il Cpd) che si schierò subito all'opposizione e si presentò a capo di un polo conservatore per le prime elezioni politiche della nuova Germania riunificata. Alle politiche del 1950 si confrontarono quindi due ex-colleghi: da una parte Adenauer, a capo dell'Intesa tra la Cdu e la Spd; dall'altra Erhard e l'alleanza tra il Cpd e numerose liste liberiste e reazionarie. La vittoria andò ad Adeanuer che continuò il programma che aveva impostato in precedenza, integrato dopo il seminario di Bad Godesberg del marzo 1950: continuazione del processo federativo europeo, costruzione del Welfare State in linea con le direttive europee, sviluppo economico sostenibile con le richieste delle parti sociali, la cosiddetta "concertazione renana" che avrebbe garantito l'aumento dei salari e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Tale ricetta, definita dagli economisti del tempo la "la via europea" poiché era stata adottata dai paesi che nel 1949 avevano fondato la Comunità dell'Europa Unita, fece della Germania la locomotiva del continente e la portò ad alti livelli a livello internazionale. L'esecutivo Adenauer fu riconfermato nel 1955, ma il cancelliere dal 1954 aveva anche la carica di presidente dell'Europa Unita e fece combaciare gli interessi europei con quelli tedeschi. Ad ogni modo và ricordato il gravoso compito di risanare i bilancio dello stato che erano il tallone d'achille della repubblica tedesca; Adenauer e l'intesa "bianco-rossa" furono riconfermati sia nel 1960, sia nel 1965. Nel 1967 Adenauer, durante il congresso della Cdu a Monaco diede le dimissioni dalla carica di leader dell'Intesa tra democratici cristiani e socialdemocratici tedeschi. Lo stesso anno sarà scelto il segretario della Spd, Willy Brand, ministro degli esteri durante i ventenni di governo Adenauer.

Il Vaticano
Con i pontefici del secondo dopoguerra, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, la Comunità dell'Europa Unita strette un forte legame, in particolare perchè il pensiero europeista era di matrice moderata e riformista con una massiccia presenza dei cattolici democratici e dei cristiano sociali. In questo dopo la stessa Chiesa Cattolica inizierà un percorso di rinnovamento e di apertura al mondo.

La Comunità dell'Europa Unita
Il 30 aprile 1949, ad Aquisgrana, la capitale del vecchio Sacro Romano Impero di Carlo Magno, si ritrovarono re Umberto II e il primo ministro Alcide De Gasperi, re Giorgio VI e il primo ministro Clement Attlee, il presidente Robert Schuman, il cancelliere Konrad Adenauer, re Leopoldo III e il primo ministro Paul Henri Spaak, la regina Giuliana e il primo ministro Joseph Cals, la granduchessa Carlotta e il primo ministro Gaston Thorn. E proprio in quella sede Schuman illustrò il suo celebre "Protocollo per l'Europa", una specie di libro bianco per la collaborazione, la costruzione e la federazione dell'Europa Unita. Un'unità che in più occasioni era stata chiesta e proposta anche da De Gasperi e da Adenauer, fondatori del Movimento Federalista Europeo, guidato da Altiero Spinelli. Il protocollo prevedeva la nascita della Comunità dell'Europa Unita una federazione appunto che univa il Regno d'Italia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, la Repubblica Francese, la Repubblica Federale Tedesca, il Regno del Belgio, il Regno dei Paesi Bassi e il Granducato del Lussemburgo. Nasceva prima di tutto un Esecutivo Unitario Europeo con un Consiglio di Presidenza della Comunità, composto dai capi di stato e di governo, che aveva il compito di assegnare la carica di presidente. Il mandato di quest'ultimo durata cinque anni, con possibile seconda rielezione, e aveva il compito di coordinare le politiche, soprattutto diplomatiche dei paesi europei. Nasceva l'Europa dei Sette. Ad Aquisgrana il Consiglio di Presidenza della Comunità votò all'unanimità il primo ministro italiano Alcide De Gasperi, si insediò ufficialmente a Palazzo Europa, a Strasburgo, capitale della nuova federazione, nel settembre successivo. Iniziava quindi la prima legislatura europeista. E in questi cinque anni De Gasperi completò l'abbattimento delle dogane fra le diverse realtà nazionali (come già aveva scritto Schuman nel suo protocollo), varò la simmetrica costruzione dello Stato Sociale Europeo, attuò la prima riforma scolastica ed universitaria comune, lanciò il piano per la costruzione di un tunnel sotto la Manica e di una serie di infrastrutture che dovevano unire il continente, inaugurò la stagione del nuovo eurocentrismo dove l'Europa ritornava ad essere protagonista delle scelte del mondo insieme agli Usa e dalla Russia. Nel 1954 il Consiglio di Presidenza della Comunità chiese all'unanimità la rielezione di De Gasperi alla presidenza ma quest'ultimo rifiutò per motivi di salute. Al suo posto andò il tedesco Konrad Adenauer che continuò l'opera di De Gasperi. Konrad Adenauer rimase in sella per ben dieci anni. Durante i due mandati, dal 1954 al 1964 continuò il processo interno di integrazione e iniziò un allargamento che avrebbe coinvolto altre realtà. Nel 1958 in seguito alla "rivoluzione delle croci" era caduto il regime di Franco e il governo di unità nazionale di Madrid, composto da cattolici e socialisti, presieduto dal vecchio Manuel Azana aveva avuto un colloquio con Adenauer dopo il quale si aprì l'iter per l'adesione della Spagna alla Comunità dell'Europa Unita, ufficializzata nel 1960. Lo stesso percorso avvenne in Portogallo dove una rivolta di ambienti progressisti dell'esercito posero fine alla dittatura di Salazar, nell'estate del 1962. Ma nello stesso autunno una rivolta popolare, coordinata dal socialista Mario Soares, fece cadere la "giovane" giunta militare di Lisbona e proclamò la repubblica. Nel 1964, dopo un lungo procedimento e numerose obbiezioni, il Portogallo aderì all'Europa Unita. Discorso diverso invece per la Danimarca, la Svezia, la Norvegia, la Finlandia e l'Islanda le quali già nel 1952 avevano stretto un accordo interno denominato Consiglio del Nord e successivamente tale organo aderì alla Comunità nel 1957. Và poi ricordata l'istituzione dell'Ufficio Europeo per il Coordinamento delle Politiche Economiche, detto anche Ufficio Adenauer. Nel 1964 il Consiglio di Presidenza della Comunità dell'Europa Unita scelse il francese Valery Giscard d'Estaing, ex-partigiano e fondatore del Movimento Popolare Repubblicano Francese. Giscard d'Estaing dovette affrontare la cosiddetta "crisi africana" del 1966 e riuscì a mediare una situazione che stava per scoppiare da un momento dall'altro. Durante il suo primo mandato la Repubblica Cecoslovacca e l'Austria decisero di aderire all'Europa Unita e fu istituito il Consiglio Europeo per la Ricerca Scientifica la cui sede fu individuata nel palazzo di via Panisperti, a Roma, dove negli anni Trenta Enrico Fermi aveva studiato la fissione atomica. Nel 1969 Giscard d'Estaing fu riconfermato, ma nel 1970 dovette dare le dimissioni per ragioni famigliari. Durante l'ultimo anno di presidenza aveva ricostruito l'intesa con gli Stati Uniti e con l'amministrazione Carter. Successe il tedesco Willy Brandt, il sindaco socialdemocratico di Berlino che aveva riunificato la capitale tedesca nel 1949. Brandt era stato poi eletto cancelliere della Germania Unita e nel 1970 fu scelto alla presidenza della Comunità; i suoi cinque anni da presidente sono importanti poiché egli riuscì a fermare la politica statunitense che con Reagan aveva avviato la produzione di nuove bombe atomiche in funzione anti-iraniana. Nel 1975 alla presidenza era stato scelto il primo ministro cecoslovacco Alexander Dubcek, leader del Partito dei Contadini Cecoslovacchi e la sua politica garantì una maggiore integrazione tra i paesi europei: nacque ufficialmente nel 1979 un Parlamento Europeo eletto a suffragio universale dai sedici paesi membri. Lo stesso anno chiesero di entrare la Polonia, l'Irlanda e la Bulgaria. Nel 1980 a sostituire Dubcek ci fu la britannica Margaret Thatcher, esponete del Partito Conservatore Inglese, la quale durante la sua presidenza non accettò la richiesta di adesione dei nuovi paesi. Nel 1983, durante una dura discussione al Parlamento Europeo, la Thatcher rassegnò le dimissioni e dopo un anno fu scelto lo spagnolo Felipe Gonzales, uno dei fautori della "rivoluzione delle croci" e fondatore del Partito Socialista Spagnolo. Gonzales coordinò l'operazione militare contro l'Iraq nel 1986 e la successiva ricostruzione del paese grazie ad una cooperazione tra l'Onu e organizzazioni non governative battenti bandiera europea. Nel 1988 fu riconfermato; va ricordata l'adesione della Polonia, della Bulgaria, della Federazione Jugoslava, della Grecia e dell'Irlanda. Era l'Europa dei ventuno. Nel 1993 alla presidenza dell'Europa Unita fu scelto l'italiano Mario Segni, esponente del Partito Popolare e fervente europeista. Egli presiedette la Conferenza Europea di Bruxelles che determinò la nascita del Sistema Monetario Europeo e l'adozione di una moneta unica europea, l'Euro. Fu fondato poi il Consiglio di Giustizia Europa, con sede a Lussemburgo, e la Commissione Permanente sull'Immigrazione. Nel 1998 Segni annunciò la nascita ufficiale dello Sme e lo stesso anno diede le dimissioni per la fine del mandato e la nomina a Governatore della nuova Banca Centrale Europa, con sede a Francoforte. Nuovo premier europeo divenne Tony Blair, primo ministro inglese e leader del Partito Laburista Britannico. Durante la sua presidenza avviò le trattative per l'adesione dell'Ucraina e della Repubblica Baltiche. Nel 2000 entrò in vigore l'Euro, e per questo Blair fu soprannominato "Mister Euro".

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Nota: Eccomi finalmente nella mia veste tradizionale, irenista e positivista. Questa ucronia voleva soltanto celebrare la nascita dell'Europa Unita, compiuta proprio con mezzo secolo fa con il Trattato di Roma e la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio. Ho voluto però far procedere, in maniera naturalmente più veloce, l'unificazione della nostra cara Patria Europa con strutture che riguardano già aspetti della politica nazionale già nell'immediato dopoguerra e l'istituzione di una vera e propria presidenza della Comunità. Studiamo in modo approfondito la Storia Contemporanea, ho potuto leggere attentamente l'evoluzione di ogni singola realtà europea, e per questo ho voluto determinare una serie di POD che hanno portato ad una situazione ben diversa da quella in cui oggi ci troviamo a vivere.

Demofilo

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E dopo aver descritto il nostro continente che vive le vicende della seconda metà del XX secolo senza Guerra Fredda e Muro di Berlino in "La Patria Europa", ecco cosa sarebbe successo dall'altra parte dell'Oceano Atlantico se le cose fossero andate diversamente.

La nuova Dottrina Truman
Con la fine dell'Urss finiva anche il cosiddetto "pericolo rosso" e lo "scontro freddo" tra Est ed Ovest. Il presidente degli Stati Uniti Harry Truman decise quindi di correggere la propria linea politica, secondo la quale gli Usa avevano il diritto-dovere di intervenire dove la democrazia era in pericolo: era necessario un disgelo e il rafforzamento dell'Onu, strumento che doveva svolgere il lavoro che la vecchia Società delle Nazioni aveva fallito. Parallelamente ad una politica estera dove gli Stati Uniti aveva creato con l'Europa Unita e con la Russia neozarista un'alleanza che puntava a difendere le prerogative delle Nazioni Unite, la politica interna fu caratterizzata dal cosiddetto "governo dello sviluppo" individualizzato nel mantenimento del libero mercato e la costruzione del primo Welfare State dialogando con i grandi industriali e le organizzazioni sindacali. Nel 1952 Truman riuscì a farsi rieleggere battendo il generale Dwight Eisenhower, candidato dai repubblicani, e il secondo mandato fu caratterizzato dalla lotta contro l'eversismo dei movimenti reazionari, conservatori e razzisti: da ricordare l'arresto, nel 1954, e la successiva condanna a morte del senatore repubblicano Joseph McCarthy, leader del Ku-klux-klan. Vanno ricordati poi i trattati contro il proliferarsi della produzione di bombe atomiche, formato da Truman, De Gasperi e Bucharin a durante la Conferenza di Roma nel 1955.

Kennedy e la nuova frontiera della democrazia americana
Nel 1955, la convention del partito democratico nel Vermont decise di candidare per le elezioni del 1956 il giovane John Fitzgerald Kennedy. Kennedy, cattolico economista di origini irlandesi, si presentò al paese come il rinnovamento che poteva continuare il processo di pacificazione intrapreso da Truman; e infatti riuscì a battere il repubblicano Richard Nixon e divenne presidente. Le opere più importanti fatte da Kennedy furono: la risoluzione delle tensioni in Vietnam dopo il ritiro del contingente francese, la firma del trattato di amicizia e di reciproca intesa con Cuba, la lotta contro le dittature autoritarie in Sud America e l'approvazione della legislazione civile e sociale in difesa degli statunitensi di colore. A Cuba infatti nel 1958 una rivolta capeggiata dal giovane avvocato cubano Fidel Castro aveva fatto cadere la dittatura del generale Battista ed era stata proclamata la repubblica. Ma la rivoluzione era stata "esportata" da Ernesto Che Guevera, medico argentino e amico di Castro, nell'America centrale e meridionale con la conseguente caduta di regimi e dittatori e la nascita di regimi democratici. Kennedy aveva deciso di incontrare subito Castro e, la firma del trattato sopraccitato rappresentò una nuova linea che Washington imponeva al continente americano: la lotta cioè contro i regimi autoritari e antidemocratici, per la libertà e la democrazia e la lotta alla povertà e allo sfruttamento. Per quanto riguarda invece la questione razziale, Kennedy decise di istituire una commissione federale, presieduta da Martin Luther King Jr con Malcom X segretario amministrativo che stilò il "Manifesto dell'Uguaglianza e della Libertà". Nel 1960 Kennedy sarebbe stato riconfermato alla guida della Casa Bianca: il partito dei democratici a stelle e strisce governava gli Stati Uniti d'America da più di vent'anni.

Gli anni Sessanta e la contestazione giovanile
Nel 1964 i repubblicani riuscirono a riprendersi la Casa Bianca con Nixon e in parte continuarono l'opera di Kennedy, in parte cercarono una riedizione della "prima dottrina Truman". In Africa infatti erano diffuse le repubbliche, nate dalla decolonizzazione, che si erano orientate verso l'Europa e Nixon, con il pretesto della salvaguardia della democrazia, decise di invadere la repubblica di Liberia, storicamente sempre vicina a Washington, che però aveva eletto presidente Wolge Tolbert, filoeuropeista. Fortunatamente però il conflitto, scoppiato con il bombardamento di Monrovia la sera del 7 ottobre 1966, durò una settimana: il segretario di Stato Henry Kissinger e il presidente Tolbert firmarono la fine dei combattimenti durante la conferenza di pace di San Pietroburgo, alla presenza dello zar Alessio II, del primo ministro russo Jurij Andropov e del presidente dell'Europa Unita Valery Giscard d'Estaing. Il mandato di Nixon si concluse purtroppo con due scandali: la scoperta di una rete di spie che controllavano i cittadini statunitensi violando la privacy e lo scandalo Watergate ai danni del partito democratico. La contestazione, soprattutto giovanile nata anche dal nuovo piano di riarmo annunciato da Nixon, durarono fino al 1968.

Dall'era di Carter alla rivoluzione di Reagan
Nel 1968 il democratico Jimmy Carter sconfisse Gerald Ford, candidato repubblicano, e divenne presidente. Carter per prima cosa dovette risistemare la politica estera statunitense: durante i quattro anni della presidenza Nixon infatti erano sorti forti attriti con l'Europa e la Russia, preludio forse di una possibile guerra fredda che fortunatamente non ci fu. Ad ogni modo Carter, con la Conferenza Atlantica di Lisbona del 1969 riedificò l'intesa a tre e ribadì l'importanza per una politica della stabilità e della pace. Parole queste che furono accolte bene da Giscard d'Estaing e da Andropov. Importante passo avanti fu l'opera di assistenza alle popolazioni dell'Africa: la famosa "campagna Carter" garantì al continente nero la costruzione di un'assistenza medica e sanitaria per combattere soprattutto l'HIV. Nel paese intanto si manifestarono alcuni malumori riguardanti lo sviluppo economico; il sistema infatti rischiava la saturazione completa. La manovra della "parità strategica" e il nuovo impegno statuale superò la saturazione nell'autunno del 1971 e l'opera di Carter gli garantì la rielezione nel 1972. Alle successive consultazioni vinsero però i repubblicani e Ronald Reagan divenne presidente. La sua presidenza passò alla storia come la "rivoluzione a stelle strisce": nel giro infatti di otto anni gli Stati Uniti fecero un'autentica inversione di tendenza dal punto di vista politico, economico e sociale. In primo luogo nella politica estera Reagan decise di smarcarsi dagli accordi precedentemente presi e famoso su lo "scambio di vedute" che l'inquilino della Casa Bianca ebbe con il presidente dell'Europa Unita, il tedesco Willy Brandt sulla possibilità di un riarmo nucleare in funzione anti-iraniana. Durante infatti la sua presidenza abbiamo la "crisi di Teheran" e la completa nazionalizzazione delle agenzie petrolifere iraniane, tale decisione fece venire i capelli bianchi a Reagan. L'Imperatrice Soraya infatti aveva stretto un patto con Enrico Mattei, neodirettore generale dell'Ente Europeo Idrocarburi, che assicurava solo al governo europeo prezzi speciali per l'acquisto dell'oro nero. Ad ogni modo furono lo stesso Brandt e il primo ministro russo Michail Gorbacev a risolvere la diatriba. Dal punto di vista della politica interna Reagan decise di avviare una nuova politica economica basata sull'assenza dello stato nell'economia, una riduzione dei servizi del Welfare State e una dottrina liberista pura. Questa scelta inizialmente fu estremamente popolare e confermò a Reagan la rielezione nel 1980 ma successivamente si manifestarono attristi e contestazioni da parte dei sindacati, degli studenti e del ceto medio. Il cosiddetto neoliberismo conservatrice di Reagan sarebbe però stato esportato anche nel vecchio continente con parecchie sorprese e numerose conseguenze.

La staffetta democratica Clinton-Gore-Kerry
Nel 1984, dopo dieci anni di amministrazione Reagan, le elezioni presidenziali furono vinte dal giovane democratico Bill Clinton che agli statunitensi aveva ribadito il valore del pensiero keynesiano esposto da Roosevelt, da Truman, da Kennedy e da Carter. La sua azione politica era rivolta soprattutto all'economia poiché la ricetta reganiana aveva cominciato a evidenziare gli errori madornali del neoliberismo sfrenato mentre la diplomazia puntava ad una ricucitura delle alleanze con Europa e Russia. La strategia dell'"amministrazione comune e solidale" inaugurata da Clinton durante l'incontro con il presidente dell'Europa Unita Felipe Gonzales e il primo ministro russo Boris Eltsin a Boston nella restaurata Conferenza Atlantica fu subito adottata nel conflitto in Medio Oriente scatenato dal dittatore iracheno Saddam Hussein contro l'Iran. In quella sede infatti, dopo una settimana di bombardamenti su Bagdad, un commando multinazionale dell'Onu riuscì ad arrestare il dittatore, il quale sarebbe stato giudicato dal Tribunale Internazionale per crimini contro l'umanità. Nel 1988 Clinton annunciò alla convention democratica di Altlanta la sua impossibilità per un secondo mandato e fu allora scelto il suo fido secondo, Al Gore che riuscì a superare il governatore del Texas George Bush, candidato dei repubblicani. Gore governò per ben dieci anni gli Stati Uniti continuando l'opera del predecessore e riprendendo le iniziative umanitarie di Carter, tra cui la famosa "People for Africa" che sarebbe stato il suo cavallo di battaglia delle presidenziali del 1992, vinte con una largo margine sul repubblicano Colin Pauel. Ma nel 1996 Gore fu nominato segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e il partito democratico candidò il governatore del Vermont John Kerry che riuscì a spuntarla sul magnate del petrolio, il repubblicano George W. Bush. Durante il suo mandato sono da ricordare la politica estera basata su operazioni antiterroristiche, come ad esempio l'arresto del terrorista islamico Osama Bin Laden e lo smantellamento della rete terroristica da lui costruita in Afganistan.

Demofilo

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E ora, una postilla di Massimiliano Paleari:

Bella ucronia! Per conto mio, io sono convinto che molto dei guai del Medio Oriente si sarebbero potuti evitare in una linea del tempo in cui il Primo Ministro Iraniano Mossadeq non viene messo da parte dallo Shah Reza Palehvi nel 1953. Cerco di argomentare questo assunto:

Che ne dite?

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Passiamo alla proposta di MattoMatteo:

In argentina gli immigrati italiani (e i loro discendenti) sono l maggioranza della popolazione; l'unico motivo per cui l'italiano non è mai diventato la prima lingua del paese, è che al tempo delle emigrazioni quasi tutti gli italiani (compresi quelli rimasti in italia) parlavano solo in dialetto; comunque l'italiano ha fortemente influenzato lo spagnolo parlato nel paese. Tra gli argentini con antenati italiani c'era anche Juan Peron, presidente tra il 1946 e il 1955 (e tra il 1973 e il 1974, anno della sua morte).

Che succede se Peron, vista la notevole presenza di immigrati europei in argentina, apre un canale privilegiato (politico ed economico) con l'europa, evitando quindi la crisi economica argentina che portò alla sua cacciata e alla presa di potere dei militari? E' possibile che, quando verrà fondata nel 1957, la CEE comprenda anche l'Argentina?.

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Gli replica Bhrghowidhon:

Due domande che non vogliono influenzare la discussione sull'ucronia:

1) oltre ai discendenti degli "Italiani", anche i discendenti degli Spagnoli si possono considerare europei (altrimenti, se vigesse il principio che dopo due o tre generazioni non si è più "oriundi", allora anche l'italianità degli "Italiani" sarebbe ormai svanita) e dunque l'europeità dell'Argentina vale per tutta l'America (non solo Latina) e in generale per tutte le Neoeurope (significativamente chiamate appunto così: Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda ecc.), di conseguenza potremmo impostare ucronie del genere per qualsiasi Stato, dall'Alaska alla Tasmania, no?

2) Dal momento che i cosiddetti "dialetti" (tecnicamente si chiamerebbero "basiletti", per evitare confusione coi "dialetti", che sono un'altra nozione, qui non pertinente) dell'Italia (questo interpreto con "italiani", altrimenti sarebbero solo le lingue dal corso/sardocorso al siciliano passando per la Penisola Appenninica) includono - sia in generale sia per quanto riguarda specificamente gli Immigrati in Argentina - molte lingue (dal sardo al "gallo-italico" o "padano" al friulano) che non solo differiscono dal fiorentino più di quanto ne differisca il castigliano, ma addirittura più distanti dal castigliano che quest'ultimo dal fiorentino, allora l'immigrazione non iberoromanza in Argentina e altri Paesi dell'America Latina può essere considerata, anziché una specifica italianizzazione (che per quanto riguarda il fiorentino, appunto, non è avvenuta dal momento che la massima parte degli Immigrati non lo parlava né leggeva e per quanto riguarda il cosiddetto "dialetto" non sussiste quando quest'ultimo non è italoromanzo, cioè compreso fra corso, toscano, laziale-umbro-marchigiano, meridionale medio e salentino-calabrese-siciliano), piuttosto un'estensione all'intera Neolatinità, per cui i Paesi Iberoamericani (Ispanoamericani / Brasile) diventa veramente "Latinoamericani" senza ulteriore specificazione, giusto?
Se sì, l'appartenenza dell'Iberoamerica all'Europa - già effettiva al 100% e che vale altrettanto per tutte le Neoeurope (anche anglosassoni ecc.) - si trasformerebbe, in questa ucronia, in 'dissolvimento' dell'ibericità (di fatto ispanità per l'Ispanoamerica e lusitanità per il Brasile) verso una più generale neolatinità e potrebbe contribuire a orientare verso un'unificazione veramente 'nazionale' i Paesi di lingua romanza in Europa.

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MattoMatteo torna alla carica:

Sul punto 1 sono d'accordo; in argentina c'è stata, nel corso degli anni, una fortissima immigrazione da tutta l'europa (tra il 1869 e il 1971 oltre 9 milioni di persone; rispetto agli usa sono meno, come valore totale, ma molti di più in percentuale della popolazione iniziale), al punto che la popolazione di origine europea è attualmente quasi il 90% di quella totale. Ho menzionato espressamente solo gli italiani per due motivi: primo sono i più numerosi, secondo Peron aveva antenati italiani. Ok, diciamo tre motivi, c'era anche l'orgoglio nazionale.

Il punto 2 ammetto di non averlo capito... La domanda "chissà come sarebbe cambiata la storia italiana, in presenza di una colonia stabile?" sorge spontanea, dopo altre nostre discussioni su Eritrea, Somalia, e Libia. Visto che gli emigranti più numerosi erano stati quelli italiani, sarebbe stato bello (e anche credibile) che la lingua nazionale argentina diventasse l'italiano... poi però sul Web leggo che gli italiani non erano un gruppo linguistico omogeneo, all'epoca, e crolla tutto il sogno. A questo punto, però, scopro che il famoso presidente Peron aveva antenati italiani, e nasce l'ucronia... ma con l'Argentina che forgia legami con tutta l'europa, e non solo con l'Italia.

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Prova a puntualizzare Paolo Maltagliati:

Se posso permettermi, caro MattoMatteo, Bhrghowidhon voleva specificare in primo luogo che non si potrebbe parlare di Argentina ‘italiana’ in senso stretto, ma più propriamente ‘romanza’, semplicemente perché gli immigrati provenienti da ciò che politicamente è definibile ‘Italia’ non parlavano per la stragrande maggioranza una lingua assimilabile all’italiano e non ne erano nemmeno suoi dialetti.

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E Bhrghowidhon annuisce:

Sì, sì, proprio così e grazie anzi per la precisione! Con la prima considerazione intendevo appunto questo: l'Argentina e tutti i Paesi non solo Latinoamericani, ma l'America in genere e l'Australia - Nuova Zelanda sono tutti già europei per il fatto di essere colonie iberoromanze e anglosassoni rispettivamente (nonché francesi dove è il caso), no? Non è che una immigrazione otto-novecentesca in più, da ciò che oggi è l'Italia (e nemmeno, di per sé, la provenienza degli antenati di Perón; fossero stati andalusi o lussemburghesi o ucraini non sarebbe cambiato niente da questo punto di vista), li renda più europei di quanto già erano (a meno di convenire che si è più europei se si ha un apporto continuo dall'Europa, ma anche in questo caso non è che l'immigrazione dal Regno d'Italia sia più europea che quella dalla stessa Spagna o dall'Austria-Ungheria o dalla Russia). Per questo pensavo che, quanto a europeità dell'Argentina e di tutto il resto del Continente, non c'è ucronia, è già realtà.

L'ucronia provocata dall'immigrazione dal Regno d'Italia scatterebbe invece, appunto, non tanto sull'europeità (che resterebbe tale e quale, né più né meno), quanto piuttosto sulla polarizzazione 'nazionale' dell'Argentina (in questo caso la situazione può cambiare da Stato a Stato, quindi prendiamo in considerazione la sola Argentina): da Paese in tutto e per tutto castigliano (quale è) si sarebbe potuto trasformare in qualcosa d'altro. In cosa, precisamente? Questa era la seconda considerazione:

a) verrebbe da dire «in più italiano e meno castigliano»,

b) ma siccome una genetica italiana unitaria non esiste, una religiosità italiana è indistinguibile da quella per esempio della Spagna e la Storia d'Italia, come ben sappiamo, è composta - per limitarsi all'epoca moderna - da un pezzo di Storia di Spagna, un pezzo di Storia di Francia e un pezzo di Storia della Germania e dell'Austria (con l'aggiunta delle Storie 'regionali' di Venezia e del Papato, se si può definire 'regionale'...)

c) per cui l'italianità del Regno d'Italia consiste essenzialmente in fiorentinità linguistica

d) soprattutto se, per definizione, stiamo parlando di territorî (Argentina) non compresi nelle strutture statali del Regno d'Italia (nel Regno d'Italia l'italianità può consistere anche in identità burocratica, legislativa ecc.)

e) e d'altra parte, come giustamente osservato fin da sùbito, la fiorentinità linguistica interessava solo una minima parte (il 2%, al di fuori della Toscana) dei Sudditi sabaudi (sia prima sia dopo il 1859-1870)

f) allora ciò che hanno in comune tutte le lingue (i cosiddetti "dialetti") degli Emigranti dal Regno d'Italia è solo l'origine latina (niente invece di specificamente italiano, che escluda Francia, Spagna, Portogallo ecc.)

g) perciò un'ucronia che vedesse l'Argentina meno castigliana (non per minor apporto di Castigliani, ma per un più duraturo apporto di ex-Sudditi sabaudi e affini) produrrebbe, in prima approssimazione, un'Argentina più 'neolatina' (generica);

h) sorge allora la questione di quale lingue ufficiale verrebbe adottata: sempre il castigliano? Direi di sì, perché almeno quello è la lingua di maggioranza relativa in quanto già usata dalla popolazione locale, fosse anche minoritaria (dato che gli ex-Sudditi sabaudi non hanno una lingua in comune)

i) e in tal caso cambierebbe poco, se non forse il fatto che l'Argentina potrebbe diventare il primo esempio di Nazione dichiaratamente "neolatina generica", che potrebbe diventare un modello per l'Europa neolatina.

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Chiudiamo per ora con il contributo di nanwe01, tratto da questo sito e tradotto per noi da Generalissimus:

La Comunità Europea è l’entità quasi federale (almeno nel 1966) che comprende la maggior parte dell’Europa continentale. Creata nel 1956 dopo la ratifica del Trattato di Parigi con la creazione della Camera Popolare Europea, è un’organizzazione con aspetti sia economici che politici che contiene anche la Comunità Europea di Difesa e la CECA. La CE è ancora in divenire: sebbene quest’unione abbia le sue Forze Armate, le EDF (Forze di Difesa Europee) e abbia fatto progressi abbastanza rapidamente nell’integrazione politica ed economica, c’è ancora molto da fare prima che la CE diventi qualcosa di simile alla Svizzera. Ad esempio, gli stati membri cercano ancora di lottare per il loro diritto di operare in modo indipendente sulle questioni di politica estera, anche se non hanno il controllo sulle questioni militari o commerciali, e alcuni aspetti delle forze armate, come la proliferazione delle armi nucleari, rimangono al di fuori della sua portata (attualmente esiste un progetto intergovernativo tra Francia, Italia e Germania). La CE si è legittimata grazie al suo status di secondo membro più importante della NATO e alla straordinaria crescita economica che l’Europa sta vivendo, che non si vedeva dalla Belle Époque ed è in corso dalla metà degli anni '50.

L’Europa è davvero fiorente, ma abbondano gli interrogativi su quanto sia giusta. La politica sociale è un settore che domina il dibattito politico europeo, poiché i paesi rimangono piuttosto reticenti a condividerla, date le loro differenze. Mentre la Francia desidera espandere il proprio modello di tutela dei diritti dei lavoratori in tutta la Comunità, la Germania e l’Italia sono restie, poiché la loro forza lavoro a basso costo è uno dei loro vantaggi comparativi. La Germania potrebbe accettarlo in cambio del processo di stabilizzazione monetaria e della convergenza in accelerazione, ma i francesi non ne sono troppo entusiasti. Ma il 1966 fu un anno segnato da conflitti sociali, perché in Italia, in Francia e anche in Germania, per non parlare del Belgio, fu un anno di richiesta di lavoro e conflitti di classe, con una quantità elevata di scioperi e conflitti sociali, come a Saarbrücken, e le autorità nazionali cercarono di placare questi movimenti cedendo alle loro richieste attraverso ulteriori finanziamenti sociali o mezzi legislativi.

Allo stato attuale, la CE è praticamente un sistema con un partito dominante, con la cristiano-democratica Unione dei Democratici Europei (UDE) come principale partito politico, che domina in ogni singolo stato membro, tranne Francia e Danimarca. Infatti il partito è stato al governo a livello europeo dal 1956, e a livello nazionale è praticamente stato al governo senza interruzioni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Unione è composta da diversi partiti nazionali federati, ma i più importanti sono la DC italiana e la tedesca CDU-CSU. Il nome politicamente vago è il risultato di un compromesso tra membri francesi e tedeschi, in quanto i primi non avrebbero accettato un nome chiaramente confessionale. L’attuale Presidente del Consiglio Esecutivo Europeo (CEE) è Pierre-Henri Teitgen, un francese, in precedenza ministro di vari governi francesi e noto per le sue convinzioni radicalmente europeiste, a volte in contrasto con quelle dei capi degli esecutivi nazionali.

A destra dello spettro è possibile trovare la Lega Liberale Europea (LLE), succeditrice dell’associazione Lega Economica Europea. Non è tanto un vero partito politico quanto un gruppo di vari partiti liberali e conservatori nazionali. L’LLE è relativamente scettica sull’integrazione europea, e mescola la retorica federalista con una prospettiva più nazionalista, in particolare in Germania. Il partito principale è il PRC francese (Partito Repubblicano di Centro), guidato da Roger Duchet, che sembra essere il più europeista di tutti. È anche il più anti-comunista e pro-libero mercato di tutti i gruppi, anche se fa causa comune con alcuni elementi dell’UDE.

La sinistra è molto divisa tra il Partito Socialista Europeo (PSE), forte in Germania e nel nord Europa, ma debole in Italia e Francia, e il Gruppo Comunista (GC), forte in Italia e Francia, debole altrove e bandito in Germania Ovest. Sebbene originariamente scettici sull’intero processo di integrazione europeo, denigrato dalla Sezione Francese dell’Internazionale Operaia come una “piccola Europa Gesuitica”, il suo internazionalismo, l’attenzione rivolta al welfare economico e sociale combinato con l’anti-comunismo, li ha trasformati. Aiuta anche il fatto che tra la generazione dei Socialdemocratici del dopoguerra ci sono molti europeisti (Spaak, Mollet, Saragat, ecc.). Infatti, il PSE è attualmente in una grande coalizione con l’UDE, a sostegno della CEE.

Inutile dire che i Comunisti, ancora legati a Mosca, non sono contenti di un’organizzazione che percepiscono come radicalmente opposta agli interessi di Mosca e ancora un altro strumento di oppressione capitalista. Beh, tranne per il PCI, che non lo ammette ancora, si stanno ammorbidendo grazie all’internazionalismo della CE. Soprattutto considerato il fatto che, una volta entrati, non si può uscire.

Il Raduno Radicale (RR) è un po’ strano, rappresenta gli ultimi resti della sinistra non marxista esistenti ancora in Europa. Fondamentalmente è un gruppo a tre, anche se in realtà è un gruppo guidato da un solo partito, dato che il PRS francese è molto più forte di qualsiasi altro partito radicale. Come i Liberali, sono un po’ scettici sul progetto europeo, ma sostengono con tutto il cuore le sue politiche di razionalizzazione industriale, modernizzazione e concentrazione. Soprattutto quando divenne chiaro che la Francia non sarebbe stata sorpassata dalla dinamica economia tedesca - per la soddisfazione di Mendès France.

Le elezioni del 1966 non costituirono un grande cambiamento, la stessa coalizione venne rielaborata (per l’ultima volta) al fine di avanzare ulteriormente nel processo di costruzione istituzionale ed espandere la base legittimizzante della CE. Teitgen avrebbe rinnovato il suo mandato elettorale, anche se non per molto tempo ancora; dieci anni al potere sono tanti. L’elezione è stata contrassegnata da un miglioramento dei democratici cristiani francesi, che portò l’UDE a chiudere a 19 seggi dalla maggioranza assoluta. Ma i problemi sociali presto distruggeranno questo quadro pacifico...

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Per farci sapere che ne pensate, scriveteci a questo indirizzo.


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