3. Il libro dei perché

Racconto o visione della storia?
Dal circolo vizioso di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente si esce convincendosi che tutta la Sacra Scrittura rappresenta parola di Dio incarnata in un preciso momento della storia dell'uomo. La Genesi, come gran parte della nostra Bibbia, non è cioè un vero RACCONTO DELLA STORIA, cioè non è "storiografia" come la intendiamo noi oggi; è piuttosto una "VISIONE DELLA STORIA", come ha scritto in modo illuminante il biblista Mario Cimosa. In altri termini, è una STORIA RIVISITATA alla luce di un preciso progetto religioso e sapienziale. Nella Bibbia non mancano, beninteso, brani di vera storiografia, che anticipano di quattro o cinque secoli quella di Erodoto e di Tucidide. È il caso della storia della successione al trono di Davide, cioè le vicende di Assalonne, Salomone ed Adonia descritte alla fine del secondo libro di Samuele e all'inizio del primo libro dei Re; essa è un vero racconto storiografico, e vale la pena di leggerlo, perchè ci mostra come un contemporaneo ha descritto fatti cui egli stesso aveva assistito. Sotto il regno del re Salomone (circa 970-930 a.C.) si sentiva infatti l'esigenza di dare una legittimazione all'ascesa al trono di questo re dopo Davide, in quanto egli era solo uno dei TANTI figli di Davide, anzi nato da nozze peccaminose; uno qualunque dei figli di Davide poteva aspirare al trono, però solo Salomone l'aveva conquistato, e quindi sorgeva la necessità di dimostrare che lo aveva fatto a buon diritto, come legittimo erede al trono. Ed è per questo che i fatti, esattamente come si sono svolti, magari con qualche tocco encomiastico (com'era in uso allora) vennero narrati e messi per iscritto, per poi confluire in questi libri biblici al momento della loro redazione definitiva. Il brano citato è dunque un reportage che ci arriva direttamente da 3000 anni fa!

Già le narrazioni dei libri dei Re o dei libri delle Cronache, tuttavia, non sono più puramente storiografiche. Vi si legge, per esempio: "Nel tale anno del tale re di Giuda diventa re d'Israele il tale... regna per tot anni... sua moglie è la tale... compie queste imprese... muore di malattia o  in  battaglia... a lui succede quell'altro..." Subito dopo, però, leggete: "Ma egli fece ciò che male agli occhi del Signore, perchè diffuse il culto idolatrico... non rese gloria al Signore come si deve..." eccetera. Qui vedete già all'opera un'INTERPRETAZIONE DELLA STORIA, a fianco della storia vera e propria! Questa non è più storiografia nuda e cruda, perchè dalla storiografia lo storiografo dovrebbe essere ASSENTE. Lo stesso Giuseppe Flavio, il famoso storico giudaico che ci parla della distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C., non è uno storiografo imparziale, perchè è continuamente presente a dire la sua mano a mano che racconta i fatti cui ha assistito come testimone oculare.

Lamec uccide il suo antenato Caino, mosaici del Battistero di Firenze

Lamec uccide il suo antenato Caino,
mosaici del Battistero di Firenze

Questo vale per avvenimenti dei quali più o meno era noto come si erano svolti. Più o meno si conosceva qual era la successione dei re d'Israele, perchè erano rimasti dei documenti che attestavano tale successione; più o meno, si sapeva quali tappe aveva seguito il popolo ebraico nel suo esodo dall'Egitto a Canaan; e così via. Ma non si sapeva assolutamente nulla delle origini del mondo e dell'umanità! Quindi, alcune risposte di tipo teologico e sapienziale vengono incarnate in un racconto storico e proiettate all'origine dei tempi. Come vi dicevo in precedenza, la Bibbia tende a RIPORTARE ALLE ORIGINI le risposte a domande poste oggi. Per esempio: perchè esiste il male nel mondo? Appare ovvio: perchè il primo uomo ha commesso un PECCATO imperdonabile che poi, geneticamente, si è trasmesso di coppia in coppia a tutti gli uomini. Perchè noi uomini, pur essendo fratelli (perchè discendiamo da un'unica coppia), ci uccidiamo tra di noi? Perchè già i figli del primo uomo hanno commesso un gravissimo peccato: Caino ha ucciso Abele, e da allora questa tentazione omicida si è trasmessa, anch'essa per così dire "geneticamente", di padre in figlio. Pensate a Lamec, bisnipote di Caino, che urla: "io ho ucciso un uomo per una scalfitura e un ragazzo per un livido: Caino sarà vendicato sette volte, ma Lamec settantasette!" (Gen 4,23-24. Secondo alcuni l'uomo ucciso era il suo antenato Caino, come si vede nei mosaici del Battistero di Firenze). E non solo: Dio potrebbe stancarsi dell'umanità? A questa domanda, la Bibbia risponde costruendo il racconto del diluvio. Come mai gli uomini non vivono tutti assieme in pace, ma sono divisi in tanti popoli con tante lingue e tradizioni diverse, che si fanno guerra tra di loro? Risponde l'episodio della torre di Babele e della conseguente diaspora delle genti su tutta la terra.

Ecco a questo proposito quanto ha scritto il teologo Francesco Andrea Allegretti, della Pontificia Università Lateranense:

« In quale senso la Genesi è definibile "storica"? Essa è tale nel senso che l'"origine del mondo" non è da intendersi in senso cronologico ma in senso ontologico: il genere letterario della Genesi è quello dell'eziologia metastorica (o teologia narrativa), per cui la presentazione teologica della storia propone una risalita eziologica "fino al cuore dell'essere", come diceva Pierre Grelot. Il cuore dell'essere è infine propriamente Dio, e Mircea Eliade ha scritto: "Raccontando in che modo le cose sono nate, se ne dà la spiegazione e si risponde indirettamente ad un'altra domanda: perché sono nate? Il perché è sempre sottinteso nel come". Poiché dunque il perché delle cose è ravvisabile nella partecipazione a Dio, come insegna Tommaso d'Aquino, il come – ovvero la narrazione propria della Genesi – non sarà altro che la descrizione di come Dio abbia creato ciò che a Lui partecipa. La Genesi in definitiva, è dunque metastorica perché narra l'origine ontologica dell'uomo, ovvero la creazione da parte di Dio, al quale è orientata tutta la storia dell'umanità. »

Racconti mitici e racconti leggendari
Quindi, fino a Genesi 11, noi siamo in presenza di racconti che vogliono dare una risposta a precise domande. Ma non basta. Quelli che noi vediamo descritti in questi capitoli (per chi non se li ricordasse, li ho elencati tutti in questa pagina) sono avvenimenti che capitano ancor oggi, nella storia di ogni giorno. In qualunque giorno che noi viviamo, Caino uccide Abele (basti guardare le guerre in Bosnia, in Iraq, nella Repubblica Democratica del Congo, nella stessa Terrasanta!). Eppure, il racconto di Caino che uccide Abele è proiettato fino all'origine dell'umanità, proprio per far vedere che fin dall'origine tutto era così, e sarà sempre così, per causa di un peccato: un peccato ORIGINALE, che noi (alla luce di questo discorso) faremmo meglio a chiamare NATURALE, perchè connaturato in ogni uomo. Molto giustamente il grande Pascal diceva, al proposito, che "Adamo è MIO PADRE, sono IO ed è MIO FIGLIO"! Infatti cosa  signi
fica il nome "Adamo"? Di solito viene accostato alla parola ebraica "adāmā", "terra", essendo stato il patriarca formato con la terra del suolo. Alcuni suggeriscono una derivazione del nome dal sumerico "ada-mu", "padre mio". In realtà però il corretto significato  di  Adamo in ebraico è..."UOMO", cioè indica TUTTA l'umanità! Tutta l'umanità si è comportata come Adamo, si comporta come Adamo e si comporterà come Adamo; cioè disubbidisce a Dio per superbia, fa ciò che non dovrebbe fare perchè pensa che, se lo fa, diverrà simile a Dio; ed è così che nascono tutti i mali dell'uomo! Quindi, non è vero che noi ci trasmettiamo di generazione in generazione il peccato di un altro, perchè la teologia proprio non ci spiega come mai un peccato commesso dai nostri antenati debba essere scontato da noi! Ricordate che cosa hanno chiesto una volta i discepoli a Gesù, a proposito del cieco nato? "Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perchè egli nascesse cieco?" E Gesù risponde loro: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perchè si manifestassero in lui le opere di Dio." (Gv 9, 2-3) Uno non può peccare nel grembo materno, ovviamente, o essere punito per una colpa commessa dai suoi antenati. In realtà il nostro peccato è "naturale", perchè noi, vivendo, diciamo AUTOMATICAMENTE di no a Dio, ci comportiamo secondo modelli di vita sbagliati, pratichiamo la superbia, l'invidia, l'ira, l'accidia, la lussuria... Quindi, l'intento di Gesù è quello di redimerci da questo "peccato naturale", cioè insegnarci la vera via per riscattarci seguendo il Suo esempio, e non più  obbedendo ad una Legge! In questo senso Egli ha detto: "Io sono la VIA, la VERITA', la VITA" (Gv 14,6). E infatti, come dice giustamente Mario Pomilio nel suo bellissimo romanzo "Il Quinto Evangelio", Gesù "non ha lasciato una legge cui obbedire, ma un esempio da imitare"! Ecco, senza tenere in considerazione questo, non è possibile capire il vero senso del racconto della caduta nel peccato.

Sotto questa luce, è possibile operare una nuova suddivisione del testo biblico, diversa da quella delle cinque "storie" successive che vi ho nominato all'inizio:

Nessuno di questi è dunque propriamente "storico", per i motivi che ho spiegato prima: c'è sempre una ricerca del piano di Dio soggiacente agli eventi terreni, anche nelle descrizioni delle vicende di Abramo e dei suoi discendenti, che pure sono inquadrabili in un preciso contesto geopolitico (come diremo più tardi, sono "storicamente accertabili").

A questo punto, so che molti di voi si scandalizzeranno perchè ho osato adoperare parole come "mitologico" e "leggendario" a proposito della Bibbia. Bisogna spiegarsi bene: una LEGGENDA è un racconto che non ha fondamento storico, una piattaforma reale da cui partire, ma viene costruito per dare risposta ad alcune domande, che altrimenti resterebbero insolute, e quindi per soddisfare la curiosità dell'uomo. I racconti della creazione del mondo e dell'uomo, di Adamo ed Eva, della cacciata dal Paradiso Terrestre, di Caino ed Abele, di Lamec sono racconti di questo tipo, cioè vogliono dare delle risposte a problemi attuali, concreti. Per quanto riguarda invece i racconti MITICI, si sa  che  essi - a differenza delle leggende - hanno sempre al loro interno un  residuo di verità storica; solo che il famoso "nucleo storico" è talmente occultato che non si riesce più nemmeno a rintracciarlo. Sono tali il racconto dei giganti, del diluvio, della rigenerazione dell'umanità, della torre di Babele, nonché le genealogie dei patriarchi da Adamo a Noè e da Noè ad Abramo. Questo merita un discorso a parte, perchè qui si tratta di eseguire una "cerniera" tra dei racconti puramente sapienziali, come quelli della creazione (non solo del cosmo e dell'uomo, ma anche del male e dell'inimicizia tra gli esseri umani), e dei racconti più ancorati nella storia, come sono le avventure dei patriarchi, inquadrabili in un preciso periodo storico (dal XIX al XVII secolo a.C.), di cui ci restano testimonianze archeologiche concrete, e non nell'indefinita epoca delle fiabe. Questa cerniera è costituita dai MITI.

La prima carta geografica della storia
Chi legge i primi due capitoli della Genesi si accorge che l'uomo viene creato due volte: prima in Gen 1,26 e poi in Gen 2,7. Nel primo racconto, l'uomo arriva quando ormai il mondo è un giardino di delizie; nell'altro, viene catapultato in una landa desertica e senz'acqua. Per capire tutto ciò bisogna proprio tener presente che non è facile scrivere la storia di epoche delle quali non si sa assolutamente nulla. È come se noi volessimo scrivere la storia della Germania medioevale avendo a disposizione soltanto i poemi dei Nibelunghi e le favole dei fratelli Grimm! Ebbene, quando i redattori biblici hanno messo insieme tutte le tradizioni esistenti durante e dopo l'esilio a Babilonia, dando vita al Pentateuco (che dunque ha conosciuto una lunga trasmissione orale prima della definitiva messa per iscritto), si sono trovati nella medesima situazione: avevano a disposizione solo poche leggende popolari, e dovevano scrivere la storia di un popolo intero, se non addirittura dell'umanità! Qui, infatti, la narrazione coinvolge ancora l'umanità intera, mentre sarà solo con Abramo che entreremo nell'argomento particolare degli antenati del popolo ebraico. A confermarcelo viene un elemento su cui non posso fare a meno di sorvolare, perchè ci dimostra senza possibilità di equivoci la necessità di INTERPRETARE il testo della Genesi. Questo elemento è rappresentato dalla MAPPA contenuta nel capitolo 2, tra i versetti 10 e 14.

mappa del mondo descritto da Genesi 2, 8-14

Una mappa del mondo descritto da Genesi 2, 8-14

Proprio così: quella contenuta in questi versetti non è - come può apparire a prima vista - una descrizione lussureggiante e fiabesca del giardino dell'Eden, lo spazio vitale che Iddio creò per Adamo (probabilmente dal sumerico "Edin", "pianura"), bensì una rappresentazione poco meno che cartografica di tutto il mondo conosciuto ai tempi dell'autore biblico. Infatti al v.10 un fiume esce dal giardino e si divide in quattro, dirigendo i propri rami in direzione dei quattro punti cardinali, come potete chiaramente vedere nella ricostruzione in figura. Di tali fiumi ci sono forniti i nomi ebraici: Pison, Ghihon, Hiddekel e Phrat. Gli ultimi due sono immediatamente riconoscibili, perchè corrispondono ai nostri Tigri ed Eufrate (del primo infatti si dice  che "scorre ad oriente di Assur", cioè dell'Assiria). Gli altri, invece, risultano piuttosto misteriosi, e gli esegeti si sono sbizzarriti nell'identificarli. È probabile che il fiume Ghihon corrisponda al Nilo, visto che di esso si dice che "scorre intorno a tutto il paese di Cus", e che il paese di Cus, come vedremo più avanti, è solitamente identificato con l'Etiopia. È vero che il corso del Nilo non si avvicina mai meno di 1500 Km a quelli del Tigri e dell'Eufrate, ma a quei tempi le regioni al di là della Mezzaluna Fertile erano conosciute così poco, che secondo taluni geografi latini il Nilo nasceva nell'Atlante, ed il golfo Persico era formato dal mar Caspio! Certuni invece identificano il paese di Cus con quello dei Cassiti, popolo stanziato ad oriente del Tigri che conobbe un periodo di grande splendore fra il 1600 e il 1200 a.C., prima dell'ascesa degli Assiri. Il Ghihon allora sarebbe un affluente di destra del Tigri (tra i possibili candidati: il Grande Zab, il Piccolo Zab, l'Adh Adhaim, il Diala e il Karkheh).

L'identificazione del Pison è invece legata a quella del "paese di Avila", che a sua volta non è certo facile da localizzare, anche perchè la descrizione che ce ne dà l'autore biblico richiama quella di un paese da favola, ricco di oro fino, di resina odorosa e di pietra d'onice. Secondo alcuni, si tratterebbe di una contrada mitica, da localizzarsi dalle parti dell'India oppure del bassopiano turanico, per cui il Pison verrebbe rapidamente ad identificarsi con l'Indo (o addirittura con il Gange o con l'Amu-Darja). Tuttavia in Arabia abitavano almeno due tribù arabe conosciute con un nome molto simile a questo, che i geografi arabi riportano nella forma Hawlan. Queste tribù semitiche avrebbero occupato la punta più meridionale della penisola arabica, attraversando da lì il Mar Rosso e giungendo sulla costa africana, dove Plinio il Vecchio e Claudio Tolomeo parlano della città di Avalis che sorgeva vicino al moderno stato di Gibuti, e che oggi sarebbe conosciuta con il nome di Zeila. In Genesi 25, 18 si dice di Ismaele che "abitò da Avìla fino a Sur, che è lungo il confine dell'Egitto in direzione di Assur". Siccome gli Ismaeliti erano sicuramente gli antenati degli attuali Arabi, appare probabile che Avila fosse una contrada dell'Arabia a sud dell'Eufrate. Isaac Asimov (1919-1992), il celebre scrittore di fantascienza di origini ebraiche, ha avanzato l'ipotesi che il Pison fosse un affluente dell'Eufrate, che si immetteva in esso da sudovest; con l'inaridirsi progressivo della regione arabica, in tempi storici esso sarebbe scomparso. Anzi, il famoso autore di fantascienza congettura che esso fosse già scomparso ai tempi dell'Autore Biblico, ma che ai suoi tempi il nome del Pison fosse ancora vivo nei racconti mitici uditi a Babilonia. Un'ipotesi interessante, ma assai difficile da dimostrare. Secondo altri, invece, Avila sarebbe da collocarsi anch'essa nell'attuale Etiopia (ma c'è chi parla di contrade africane ancora più meridionali!); tuttavia, anche  chi sostiene tale ipotesi continua a vedere nel Pison uno dei fiumi indiani.

Dunque, era proprio l'intero mondo abitato che l'ignoto autore di questo brano voleva descriverci! Ciò sta a significare che, nella sua mente, tutta la terra, prima della disubbidienza di Adamo e di Eva, era un paradiso terrestre!

Per ragioni di completezza, aggiungiamo un cenno alla teoria sostenuta da alcuni antropologi, e così sintetizzata dal già citato scrittore israeliano Yuval Noah Harari:

« Nella cacciata dall'Eden è possibile cogliere livelli di significato più profondi e antichi. Nella maggior parte delle lingue semitiche, infatti, "Eva" significa "serpente" o addirittura "serpente femmina". Il nome della nostra madre ancestrale nasconderebbe insomma un arcaico rito animista, secondo cui i serpenti non sono nostri nemici, bensì nostri... antenati. Numerose culture animiste sono convinte che gli uomini discendano dagli animali, tra cui i serpenti e altri rettili. La maggior parte degli aborigeni australiani crede che il serpente arcobaleno abbia creato il mondo. I popoli Aranda e Dieri ritengono che le loro tribù siano state originate da lucertole primordiali o serpenti, che si sono poi trasformati in umani. Ed anche i moderni occidentali pensano di essersi evoluti dai rettili. Il cervello di ciascuno di noi si è sviluppato attorno a un nucleo di origine rettile, e la struttura dei nostri corpi è essenzialmente quella di rettili modificati. La Genesi dunque conserverebbe una reminiscenza delle arcaiche credenze animiste nel nome di Eva. »

William Blake, Il fratricidio di Caino, Tate Gallery (Londra)

William Blake, Il fratricidio di Caino, Tate Gallery (Londra)

Ebrei vs Keniti
Vale la pena di dedicare due parole anche al racconto di Caino e Abele, contenuto nel capitolo 4 della Genesi. Caino è descritto come il primogenito di Adamo ed Eva, e quindi il primo uomo mai nato sulla Terra: « Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo grazie al Signore". » Il suo nome viene quindi spiegato con la parola ebraica Qayin, che significa "acquisizione". Dopo di lui viene partorito il fratello Abele, dall'ebraico Hebel, "respiro" e quindi, per estensione, "cosa breve". La storia è nota, ma contiene alcuni punti decisamente contradditori. Infatti, dopo che YHWH ha condannato Caino per il suo terribile fratricidio, questi appare pentito e gli risponde disperato:

« Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà! »

Questo versetto ci suona misterioso, visto che apparentemente sulla Terra non ci sono che Adamo, Eva e lo stesso Caino, e appare poco verosimile che i genitori vendichino la morte del loro secondo figlio uccidendo il primo. Secondo l'interpretazione rabbinica successiva alla formazione del testo biblico, Caino e Abele avrebbero avuto ciascuno una sorella gemella rispettivamente di nome Calmana e Debora, e ognuno avrebbe sposato la sorella dell'altro per ordine divino al fine di assicurare la sopravvivenza della specie umana, ma anche in questo caso appare poco credibile che ad eseguire la vendetta fossero la moglie o la cognata. E allora, come interpretare questo passo? Semplicemente, il racconto di Caino e Abele presuppone una terra già popolata, un culto, un codice di leggi (e in particolare la legge del taglione) Gli esegeti concordano sul fatto che all'inizio il brano in questione rappresentasse l'origine dei due popoli dei Keniti e degli Ebrei, di cui Caino e Abele sarebbero stati i capostipiti, onde giustificare tramite il fratricidio lo stato perenne di tensione, e talora di guerra aperta, tra i due popoli mediorientali. Com'è noto, gli Ebrei in origine erano pastori nomadi, proprio come Abele era pastore; al loro arrivo nella terra di Canaan, vi trovarono i Keniti già stanziati e dediti alla metallurgia. Guarda caso, Caino è il primo agricoltore, ed inoltre del suo sesto discendente, che si chiama Tubalcain, Gen 4, 22 dice:

« Silla a sua volta partorì Tubalcain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. »

Secondo alcuni la corretta etimologia del nome Caino sarebbe da ricondurre all'aramaico Qéní, cioè "fabbro", e questa sarebbe anche l'etimologia del nome dei Keniti, "i fabbri" per eccellenza dal punto di vista degli Ebrei. Inoltre in Gen 4, 17 Caino costruisce una città, ed è evidente che i Keniti, a differenza degli Ebrei, dimoranti sotto tende, vivessero in villaggi fortificati per proteggere i granai con i loro raccolti e i loro manufatti di metallo dai razziatori del deserto, proprio come ai loro occhi dovevano apparire i nuovi arrivati Ebrei. Anche il famoso "segno" che secondo Gen 4, 15 sarebbe stato imposto da Dio a Caino affinché chi lo incontrasse non lo uccidesse, sarebbe in realtà un tatuaggio rituale praticato dai Keniti, spiegato popolarmente retrodatandolo fino al loro antenato eponimo Caino. Normalmente si ritiene che i Keniti adorassero YHWH proprio come gli Ebrei, e ciò giustificherebbe la fratellanza fra Abele e Caino. Nel capitolo 24 del libro dei Numeri il profeta pagano Balaam pronuncia un oracolo contro i Keniti, il quale rafforza l'ipotesi della loro discendenza da Caino:

« Poi vide i Keniti, pronunciò il suo poema e disse: "Sicura è la tua dimora, o Caino, e il tuo nido è aggrappato alla roccia. Ma sarà dato all'incendio, finché Assur non ti deporterà in prigionia." » (Num 24, 21)

Secondo Giudici 1, 16 anche il suocero di Mosè, altrove detto Madianita, è definito "Kenita", e Giaele, colei che uccise a tradimento il generale Sisara, fiero nemico degli Ebrei, è detta « moglie di Cheber il Kenita » in Giudici 4, 17. A Tell Arad, località sul bordo del deserto del Negev abitata fin dal Calcolitico, in una località chiamata Horvat 'Uza l'archeologo israeliano Nadav Na'aman (1939-) dell'Università di Tel Aviv ha trovato tracce di una popolazione lì residente nel VII secolo a.C. e caratterizzata dal fatto che più del 60 % dei nomi contenevano il prefisso o suffisso teoforico "yahu"; è stato perciò naturale identificare tale sito con una delle città dei Keniti, simili alla mitica "Enoc" fondata da Caino per suo figlio, dato che in 1 Sam 27, 10 Davide afferma di aver fatto razzie « contro il Negheb dei Keniti ». Non si ha invece notizia che la terra dei Keniti fosse chiamata « il paese di Nod, a oriente di Eden » come in Gen 4, 16: questo sconosciuto toponimo riecheggia piuttosto l'ebraico "Nad", "errante", e quindi la condanna inflitta allo stesso Caino.

Ma, se davvero il fratricidio di Caino rappresenta in realtà la motivazione dell'antagonismo tra Ebrei ancora nomadi e Keniti già stanziali, perchè essi si trasformarono nei primi due figli di Adamo ed Eva? La risposta è semplice: l'autore biblico proietta il fratricidio di Caino alle origini dell'umanità, per dimostrare che la natura umana è viziata dal peccato fin dalla radice, e la storia dell'uomo, fatta di stragi e di omicidi efferati, non poteva che cominciare con un assassinio a sangue freddo fra due fratelli.

Questa conclusione è rafforzata dal fatto che, dopo il fratricidio di Caino, viene narrata la genealogia di quest'ultimo, ed essa, attraverso alcuni personaggi i cui nomi somigliano a quelli dei discendenti di Set citati nel capitolo seguente, porta a Lamec, un sinistro personaggio il cui nome è posto in relazione all'arabo yalmak, "possente". Egli è l'inventore della poligamia:

« Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Silla. » (Gen 4, 19)

Ma è ben noto soprattutto per aver superato abbondantemente, quanto a crudeltà, il proprio antenato Caino:

« Ada e Silla, ascoltate la mia voce; mogli di Lamec, porgete l'orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette! » (Gen 4, 23-24)

"Settantasette volte", nel linguaggio biblico che non conosce termini astratti, indica un numero veramente grande. Secondo leggende ebraiche posteriori, l'uomo ucciso "per una scalfitura" sarebbe proprio il suo avo Caino. Questo canto selvaggi è stato composto secondo alcuni in onore di un eroe del deserto di possente corporatura, terribile in battaglia e spietato anche in tempo di pace; la sua bestiale violenza secondo l'Autore Biblico è testimonianza della violenza crescente dei discendenti di Caino ed è più che sufficiente a giustificare il diluvio universale, che sarà deciso nel capitolo 6 della Genesi. Ma non basta. Di Lamec infatti si citano ben quattro figli:

« Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a sua volta partorì Tubalcain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubalcain fu Naamà. » (Gen 4, 20-22)

Le tre caste degli allevatori di bestiame, dei musicisti e dei fabbriferrai sono così legate a tre antenati fratelli tra di loro: Iabal, Iubal e Tubal(Cain), i cui nomi fanno assonanza e richiamano i mestieri dei loro discendenti: Iabal dalla radice JBL, "condurre"; Iubal da "Jobel", "tromba" (da cui anche la parola "Giubileo", che veniva annunciato con il suono di una tromba), e Tubal dal nome di un popolo del settentrione, che troveremo citato anche in Gen 10, 2, famoso per la lavorazione dei metalli (l'aggiunta -cain serve presumibilmente a distinguerlo dall'omonimo figlio di Jafet, inscrivendolo fra i Cainiti). Nulla sappiamo di Naamà ma, siccome il suo nome significa "graziosa", alcuni esegeti hanno suggerito che ella fosse l'antesignana delle donne di piacere (anche se la tradizione giudaica posteriore ne farà invece la moglie di Noè). Come si vede, i discendenti di Caino il maledetto si dedicano ad attività materiali e terrene, che provvedono alle comodità e ai piaceri della vita urbana, sconosciute ai cacciatori-raccoglitori ed ai pastori nomadi. Si noti che la stessa condanna della vita urbana la si ritroverà nel racconto della Torre di Babele e in quello di Sodoma e Gomorra. Alla dinastia dei lavoratori, tutti dediti ad attività manuali, l'Autore Biblico avrebbe inteso contrapporre quella dei discendenti di Set, al contrario dediti alla preghiera e alla contemplazione, come suggerisce Gen 4, 26: « Anche a Set nacque un figlio, che chiamò Enos. A quel tempo si cominciò a invocare il nome del Signore. »