Z.C. porta jella

Zumba Club porta jellaZio Cesare porta jellaZepto Coulomb porta jella


Presento a tutti voi la sfida che ci è stata lanciata dal Marziano:

Suggerisco/propongo un compito a tutti gli amici che si dilettano a scrivere. Una novella con il titolo « Z.C. porta jella ». Z.C. sono delle iniziali che vi invito a trasformare in parole estese. Z.C. può essere una persona (questa era la mia idea di partenza); un oggetto; un olio per robot; un lassativo; un telefilm; un romanzo; un corpo celeste; una specie animale o vegetale terrestre o aliena, etc. Insomma, FANTASIA A BRIGLIA SCIOLTA!

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La sfida è stata raccolta per primo da Findarato Anàrion:

Zumba Club porta jella

1. dicembre

"Amoreeeeeeee" urla Anna dalla stanza da bagno.
"Si.." le risponde Nicola che ha soltanto la forza di aprire mezzo occhio.
"Oddio, amore! Sono diventata una mongolfiera: così non può andare avanti, entrambi diventeremo…"
Anna continua per un tempo percepito di almeno un quarto d'ora con il discorso che Nicola conosceva a memoria, sui rischi di un BMI superiore a 30, di una vita sedentaria, di un'alimentazione ricca di affettati e povera di verdure, di quando tre anni prima lui aveva perso 20 kg in sei mesi, per poi riprenderli nell'anno successivo… tutte cose che Nicola avrebbe potuto ripetere con Anna, ma non lo fa per un misto di amore, consapevolezza di ascoltare una verità scomoda e inerzia… quando Anna comincia a discostarsi dal suo copione e…
"ho deciso di fare la Zumba!"
"La che?"
"Si, e dovresti farla anche tu!" è la non-risposta di Anna.
Nicola capisce di non avere margine di trattativa: dopotutto conosceva Anna oramai da trent'anni, di cui dodici di matrimonio e uno di fidanzamento, quindi ritiene più saggio richiudere gli occhi e godersi gli ultimi cinque minuti di riposo: quel giorno era il loro anniversario di matrimonio, e ogni anno in quel giorno, lui le faceva trovare la colazione pronta: per quanto il pensiero possa sembrare banale, a loro piaceva così: dopotutto Anna e Nicola erano amanti della semplicità: si erano fidanzati dopo che lui le pose la fatidica domanda "vorresti stare con me?" come oramai nessuno faceva più: lui alla sua laurea aveva comprato solo delle bottiglie da riempire con liquore al cioccolato fatto in casa, ed ovviamente si era stampato da solo i bigliettini dei confetti, come pure aveva stampato le partecipazioni di nozze… a questo pensiero, come ogni anno, gli torna un sorriso pensando al loro matrimonio organizzato in fretta e furia, ma non per il motivo che tutti credevano, ma a causa del…
"Amore, ma dai" la voce di Anna stavolta era piena d'amore e di gioia: già aveva dimenticato il BMI e i grassi, e si era sciolta, come aveva fatto quel burro sul pane appena tostato.
"Buon anniversario, vita mia" Nicola intanto si è alzato e da un bacio sulle labbra per sigillare gli auguri.
Nonostante il momento romantico, i due sposi non possono godersi il loro dodicesimo anniversario, perché sanno bene che i loro figli si sveglieranno da lì a pochi minuti e correranno da loro festanti.

2. dicembre

"Amore, guarda, su E-Bay Piccoli Annunci vendono un CD della Zumba a 15 Euro qui nelle vicinanze, lo vai a prendere tu?"
"Tesò, e che me lo chiedi a fare: dammi l'indirizzo!"
Nicola oramai non maledice neanche più il momento in cui la sua Anna aveva scaricato l'applicazione sul cellulare: in fondo non gli dispiaceva girare la Città in questo modo: aveva avuto modo di conoscere nuove strade, nuovi parchi… e poi l'idea di andare a casa di persone sconosciute, e che sarebbero tornate a essere tali un secondo dopo, non gli dispiaceva, come non gli dispiaceva di accogliere le persone che entravano in casa sua, cui serviva quello che a lui non serviva più. I pensieri di Nicola sono interrotti dalla suoneria che suo figlio maggiore ha creato per lui: diiiin. Il nostro amico legge la destinazione e...
‘Strano' pensò fra sé e sé ‘oggi non mi tocca attraversare il lago'.
Per qualche strano motivo, tutti quelli che vendevano sul sito abitavano nella zona a est dei laghi, mentre Anna e Nicola abitavano ad ovest; non solo: solitamente c'erano sempre almeno 10 km di viaggio. Il CD della zumba, invece, si trovava a solo quattro chilometri da loro, ed in direzione sud.
"Tesò ma è domani, non oggi?"
"No, amò, è lunedì dopo il lavoro"
"Uà, tesò, dopo il lavoro no, ja…" tentò di protestare Nicola, ma inutilmente: Anna aveva già preso accordi, ovviamente a nome del marito, di ritirare quel CD; ed aveva anche contrattato il prezzo, rispetto alla richiesta iniziale di 20 Euro!

3. dicembre

Il telefono vibra nella tasca destra del pantalone di Nicola, eseguendo sottovoce la marcia imperiale di Star Wars. Come ogni volta, Nicola lascia il telefono squillare un poco per sentire la suoneria, ma non troppo: sa che lo sta chiamando la sua Anna.
"Tesò?"
"Nicò, mi ha scritto la tipa di E-Bay, chiede perché non sei arrivato"
A Nicola non è mai piaciuto quando Anna lo chiama per nome: lui dal momento del primo bacio l'ha sempre chiamata Tesoro, mentre lei sostiene che gli piace il suo nome… e poi, per l'appunto, è il suo nome è quindi non è sbagliato: fatto sta che Nicola, a sentire la voce di Anna pronunciare il suo nome, gli assale sempre un misto di farfalle allo stomaco e una immotivata paura di aver contrariato il suo Tesoro.
"Guarda Tesò, non me ne parlare: a lavoro sono stato in mezzo ai casini e mi sono dovuto fermare un'ora in più, quindi adesso sto sul treno: mo la scrivo io alla tipa con la tua e-mail e le dico che faccio tardi"
Eh già, perché Anna aveva la sua e-mail che però non sapeva gestire, e gliela gestiva Nicola, il quale però non accede mai alla mail senza consultare, o per lo meno avvisare la moglie; alla stessa maniera, Nicola si rifiuta di aprire la posta della moglie senza prima aspettare il suo consenso, consenso che arrivava sempre, ogni volta con l'aggiunta che non ci sarebbe stato bisogno di chiedere.
Dieci minuti dopo squilla il cellulare di Anna:
"Nicola, dimmi"
"Tesò, non indovinerai mai: la polizia ha bloccato la stazione centrale e noi non possiamo muoverci: la tipa di E-Bay l'ho avvisata, ma dice che venderà il dischetto a un altro"
"Vabbè, non ti preoccupare: fai presto"
Ecco, se c'era qualcosa che irritava il nostro Nicola, è quel "fai presto" della moglie, che lei viveva come un innocente intercalare, ma nascondeva soltanto la voglia di avere suo marito al suo fianco, mentre per lui era l'unità di misura della sua frustrazione, visto che Anna era solita usare quella espressione in situazioni che sfuggivano al controllo di Nicola, per esempio sull'aereo che lo avrebbe portato a raggiungere la famiglia in vacanza, oppure se sull'autostrada era rimasto bloccato a causa di un incidente in cui fortunatamente non era coinvolto.

8. dicembre

L'inverno si preannunciava rigido a quelle latitudini: in una settimana aveva fatto molta neve in città, e si era già sciolto, rendendo la strada scivolosa. Il nostro Nicola entra finalmente in possesso di un CD della Zumba: stavolta aveva contattato da solo su E-Bay e voleva fare una sorpresa a sua moglie… mentre guardava il cd, pensando di nasconderlo in quel punto del suo armadio dove lei di solito non guarda, mentre assapora quanto renderà felice sua moglie, regalandole qualcosa di usato, si dimentica del marciapiede congelato, e in un attimo si ritrova con la schiena per terra…

17. febbraio

Telefonata del dopolavoro di Anna:
"Pronto, tesò?"
"Amore, non ci crederai mai: ieri sono andata a comprare un altro CD di zumba…"
"Ma come un altro CD di zumba?!" la interrompe Nicola "ne hai uno da due mesi e non l'hai ancora usato manco una volta!?"
"Sì, è vero, ma ho visto che i CD di Zumba Club sono quattro, e voglio fare la collezione".
Nicola si arrende sempre alla logica di sua moglie.
"Comunque?" incalza il marito
"E comunque non ci crederai, ma arrivata fuori la porta di quella, mi sono accorta di aver perso il portafogli"
"Come hai perso il portafogli? Pure i documenti, e le carte?"
"No, quelle no: le tengo nel portacarte"
Nicola si riprende dall'infarto che gli era preso: la moglie non va mai in giro con tanto denaro in tasca, e poi è provvista sia di portafoglio che di portacarte, se invece lui perdesse il suo portafoglio del Football Club St Pauli, sarebbe un problema: li dentro ci stanno soldi (ok, mai tanti), ma anche carte, documenti, patente…
"comunque amò, vedi un poco le coincidenze: a dicembre ti facesti male la schiena, e adesso ho perso i soldi" continua Anna
"Mih, che coincidenza" riesce solo ad aggiungere Nicola
"Adesso ti lascio: buon lavoro, ti amo" lo saluta Anna
"A stasera, ti amo".

29. maggio

Come tutte le mattine, Nicola guida i figli a prepararsi per la scuola: nonostante sia mattina presto, Anna è già a lavoro da un pezzo, e a lui tocca alzarsi alle 5 e mezza di mattina, quando Anna è già scesa di casa, per prepararsi ed essere pronto prima di svegliare i bambini, per poi scandire il tempo per i piccoli: "ragazziiii latte e sonnellino", "adesso un bicchiere d'acqua", "pipì, mani, denti…", "vestitevi presto, così rimane tempo per voi", e infine "mettetevi le scarpe, che si va in macchina!"
Già, la macchina… ieri è andato a prendere il terzo dischetto dello Zumba Club, ovviamente dall'altro lato del lago e, non trovando parcheggio, aveva lasciato l'auto in divieto di sosta, sperando nella velocità della compravendita, ma purtroppo per lui, un poliziotto è stato ancora più rapido della compravendita, e adesso gli toccherà pagare una multa: la sanzione dovrebbe essere di 15 Euro, "però succede sempre qualcosa quando prendiamo questi CD: prima scivolo sul ghiaccio, poi Anna perde il portafogli, adesso il divieto di sosta… mah!?" pensa Nicola mentre i figli salgono in auto e tutti insieme si parte in direzione scuola.

3. ottobre

"Amò finalmente ho comprato il CD di Zumba Club che ci mancava"
"E…?"
"‘E' cosa? Niente: adesso abbiamo la collezione intera!"
"No, tesò, non mi hai capito: e… sei caduta per le scale? Hai sbattuto da qualche parte? Hai perso la patente? Capita sempre qualcosa quando compriamo ‘sti CD!"
"Nicò, non sapevo che eri scaramantico, ma che dici?! Come fa un dischetto a portare male! Comunque no: non è successo niente, quindi vedi? Sei solo tu a esserti impressionato!"
"Sarà, ma io non mi fido: comunque, mo che abbiamo la collezione completa, vogliamo almeno provarli, ‘sti dischetti?"
"Si, amò, ecco: accendi la console"
"Tesò, ma che è, si è staccato il contatore?"
"No, perché? Le luci si accendono!"
"Prova a accendere la televisione?"
Nicola guarda con un gli occhi sbarrati la televisione accesa, si chiude la bocca spalancata con le mani, si siede arreso e continua:
"No, Tesò, non è possibile: prima sono caduto sul ghiaccio, poi hai perso il portafoglio, poi la multa e mo ci si è rotta la console: Zumba Club porta jella!"

Findarato Anàrion

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Anche Lord Wilmore ha voluto partecipare a questo gioco:

Zio Cesare porta jella

Mio Zio Cesare porta jella, su questo non ci piove. Poco dopo la sua nascita suo padre, che si chiamava Tiberio Claudio Nerone come lui, si schierò con Marco Antonio e, al tempo in cui il Secondo Triumvirato entrò in crisi, continuò a parteggiare per l'ex luogotenente di Caio Giulio Cesare; di conseguenza, quando Cesare Ottaviano non ancora Augusto riuscì a sconfiggere gli antoniani asserragliati a Perugia, egli fu costretto a fuggire con la coda tra le gambe, portando assieme a sé la moglie e il figlio, e a rifugiarsi in Sicilia e poi in Acaia. Fu così che lo Zio Cesare, trascinato dal padre in terre lontane tra mille peripezie, ebbe un'infanzia disagevole e infelice, fino a quando gli accordi di Brindisi permisero agli antoniani fuoriusciti di fare ritorno in Italia. Ed è solo l'inizio.

Zio Cesare aveva tre anni quando Cesare Ottaviano si incapricciò di divorziare da sua moglie Scribonia per prendere in sposa proprio mia bisnonna Livia Drusilla, per la quale si era preso una cotta degna di quella di Didone per Enea. Al triumviro non si poteva dire di no, per cui Livia fu costretta a divorziare dal marito, che amava molto, nonostante fosse incinta di mio nonno Druso. Zio Cesare restò con il padre fino alla sua morte, e quando andò a vivere con la madre e con il suo nuovo marito, scoppiò violentissimo il conflitto tra Ottaviano ed Antonio. Secondo me, anzi, Cesare Ottaviano avrebbe perso ad Azio la contesa con Antonio e Cleopatra d'Egitto, se a comandare la sua flotta non ci fosse stato il genero Agrippa, che per mio zio Cesare provava quella che si può chiamare una via di mezzo tra una sincera antipatia e un odio viscerale. Durante il trionfo per le vie di Roma, nel corso del quale Ottaviano veniva festeggiato per una vittoria non sua, Zio Cesare precedeva il carro del vincitore, conducendo il cavallo di sinistra, mentre Marcello, nipote prediletto di Ottaviano e suo coetaneo, montava quello di destra; e guarda un po', Marcello, che avrebbe dovuto succedere all'Imperatore, morì a soli diciannove anni durante un'epidemia che si abbatté su Roma!

Zio Cesare aveva diciassette anni quando fu mandato in Spagna con zio Druso per partecipare alla guerra cantabrica e farsi le ossa come comandante militare; ed anche quella campagna si sarebbe risolta in un disastro, se non fosse intervenuto di nuovo Vipsanio Agrippa a salvargli le palle. Nominato questore dell'annona, si trovò a dover fronteggiare una gravissima carestia dovuta a una piena del Tevere che aveva distrutto buona parte dei raccolti nelle campagne laziali, impedendo anche alle navi onerarie di giungere fino a Roma con le loro le derrate alimentari. Ottaviano Augusto allora decise di mandarlo a conquistare l'Armenia, caduta sotto il dominio dei Parti dopo la sconfitta di Antonio, ma quando lui arrivò Artasse, il re armeno cliente dei Parti, era già stato eliminato dai suoi sudditi filoromani, egli dovette limitarsi a formalizzare la riduzione dell'Armenia a Provincia Romana, ma i Parti giudicarono quell'atto come una provocazione bella e buona, e si rifiutarono di restituire le insegne e i prigionieri di cui si erano impossessati dopo la vittoria su Crasso nella battaglia di Carre. Iniziò allora quel clima di guerra fredda con loro che, tra scaramucce e provocazioni varie, dura tuttora, e ci ha impedito di pacificare definitivamente le province orientali. Un bel colpo davvero.

Devo riconoscere invece, benché mi costi parecchio affermarlo, che Zio Cesare ottenne grandi successi in Pannonia e in Germania, ma sono certo che ciò fu dovuto alla protezione degli déi su mio nonno Druso, almeno all'inizio più forte della jella che perennemente accompagnava suo fratello. Mio nonno infatti ottenne successi straordinari e giunse fino all'Elba, ma a questo punto la sfortunaccia che perseguitava lo zio Cesare si abbatté anche su di lui, ed egli morì a soli 28 anni per i postumi di quella che pareva una banale caduta da cavallo. Se ciò non fosse accaduto, sarebbe stato nonno Druso a succedere ad Augusto molti anni dopo: ah, se gli déi avessero voluto che fosse così! Toccò allo zio portare a termine la conquista della Germania. Ma la jella continuava ad accompagnarlo come le Erinni accompagnavano dovunque il matricida Oreste: Ottaviano Augusto lo costrinse a divorziare dalla moglie, Vipsania Agrippina, figlia del grande Agrippa, nonostante fosse di lei sinceramente innamorato, per sposare sua figlia Giulia, che non solo non lo amava affatto, ma anzi aveva più amanti intorno di quante pulci possono esserci su un vecchio cane. Un matrimonio infelice, che portò sfortuna alla stessa Giulia: arrestata per ordine del padre con l'accusa di adulterio, fu esiliata sull'isola di Ventotene, dove finì i suoi giorni in infelice solitudine. Quanto allo zio Cesare, si vide preferire nella linea di successione ad Augusto Lucio e Caio, i figli che Giulia aveva avuto dal secondo marito Agrippa ed egli, offeso, si ritirò a Rodi in volontario esilio, dove restò per dieci lunghi anni.

Ma la jella dello zio colpì anche Lucio e Caio, che morirono giovani nel giro di un paio d'anni; le malelingue dicono che essi furono avvelenati per ordine di mia bisnonna Livia Drusilla, che voleva così spianare la strada a suo figlio verso l'ascesa al trono. In ogni caso zio Cesare fu richiamato a Roma, ma bastò che egli fosse nominato ufficialmente erede al trono per provocare il disastro di Teutoburgo, dove tre legioni sotto la guida di Quintilio Varo caddero in un'imboscata e furono sterminate dai Cherusci di Arminio. Augusto quasi impazzì dal dolore e non si riprese mai veramente da quella tremenda disfatta. Negli ultimi giorni della sua vita, andava dicendo che aveva adottato zio Cesare come figlio e successore solo per farsi maggiormente rimpiangere dopo la sua morte, e certo non parlava così per colpa della demenza senile. Nonostante il grande Augusto sia morto alla veneranda età di settantasei anni e dopo una lunga serie di malanni, che io attribuisco alla jella lanciatagli addosso indovinate un po' da chi, ci fu chi disse che il mio prozio Cesare lo avesse avvelenato, addirittura iniettando arsenico negli pomi del frutteto da lui curato quando erano ancora appesi agli alberi. Ma che bisogno c'era di assassinarlo, dal momento che la sfortuna di suo figlio adottivo sarebbe stata sufficiente per far cadere l'impero di Alessandro Magno, se mai il Macedone avesse avuto modo di incontrarlo di persona?

Il Principato dello zio, poi, è stato un disastro. Sul fronte del Reno si sarebbe messa male per noi Romani se mio padre, il prode Germanico, non avesse messo in mostra tutto il suo valore sconfiggendo il fellone Arminio prima nella piana di Idistaviso e poi di fronte al Vallo Angrivariano, sulla riva destra del fiume Visurgi, permettendoci di recuperare la Provincia di Germania. Il trionfo di mio padre fu così fastoso, che zio Cesare, geloso di lui e timoroso che i molti senatori cui stava cordialmente antipatico lo rovesciassero per sostituirlo con il vincitore di Arminio, lo spedì nel lontano Oriente a combattere i Parti, sempre aggressivi e sempre desiderosi di recuperare l'Armenia e di aprirsi uno sbocco sul Mare Nostrum. Ma là lo raggiunse la maledizione gettatogli addosso dalla jella di nostro zio e, proprio quando si preparava a sferrare ai Parti l'attacco decisivo, egli morì ad Antiochia fra atroci sofferenze. Anche in questo caso mia madre, Agrippina Maggiore, accusò Pisone, fedelissimo di zio Cesare, di averlo avvelenato per sbarazzarsi di un pericoloso concorrente. Ma che bisogno c'era di veleno, dico io, quando si è il nipote di un imperatore perseguitato da una tale scalogna che si riverbera su tutti coloro che lo avvicinano? Basti dire che il Senato si era rifiutato di intitolargli il mese di Settembre, nonostante avesse già dedicato Quintile a Giulio Cesare e Sestile ad Augusto, per timore di farlo diventare il mese più disgraziato dell'anno!

Non poteva andare meglio a Druso, unico figlio carnale dello zio Cesare, che morì in circostanze misteriose pochi anni dopo. In seguito si seppe che ad eliminarlo era stato Lucio Elio Seiano, il Prefetto del Pretorio che aveva saputo conquistarsi la fiducia dell'Imperatore, nella speranza di potergli succedere dopo aver fatto fuori tutti i possibili successori. Prostrato dalla morte del figlio, colpito da una malattia che lo aveva sfigurato in viso, e consapevole del fatto che la malasorte non lo avrebbe abbandonato mai, neppure nell'Averno, decise di ritirarsi in volontario nella sua villa di Capri. Seiano rimase padrone dell'Urbe e vi concentrò tutte le nove coorti pretorie, in precedenza distribuite tra Roma ed altre città d'Italia, in modo da avere a sua disposizione un esercito privato e fedelissimo. Dopo una lunga serie di crimini sanguinari - il bieco prefetto tentò di assassinare pure me - la maledizione dello zio Cesare colpì pure lui: avvisato per lettera che Seiano voleva assassinarlo e prendere il suo posto, l'imperatore lo fece brutalmente eliminare. E la malasorte si accanì anche contro i famigliari di Seiano. Infatti i pretoriani di Sutorio Macrone andarono da mio zio Cesare ad informarlo che non potevano giustiziare la figlia minore di Seiano, poiché la legge romana proibisce di condannare a morte le vergini, ma lo zio replicò a muso duro: "Allora qualcuno di voi si preoccupi di farla diventare signora!"

Si riapriva intanto il problema della successione, che aveva già turbato la vecchiaia di Augusto. Escluso Claudio, il fratello di mio padre Germanico che tutti ancora oggi considerano un inetto intellettuale inadatto al governo, ed escluso Tiberio Gemello, che molti sospettano di essere figlio di Elio Seiano e non di Druso Minore, l'unico possibile erede restavo io, Caio Cesare Germanico; ed infatti due anni fa fui ufficialmente adottato come figlio dallo zio Cesare. Ma a questo punto la proverbiale scalogna del mio augusto prozio colpì anche me, e in maniera irreparabile.

E dire che tutto era cominciato durante un bel pomeriggio di primavera, quando il Sole, pigramente appoggiato alla cupola trasparente del firmamento, rendeva ancor più dolce, se mai è possibile, il paesaggio marino visibile dalla villa di zio Cesare sull'isola di Capri. Egli stesso mi narrò che, mentre era intento ad una dotta discussione filosofica con il suo storico di corte Quinto Curzio Rufo e con il filosofo greco Dionigi l'Areopagita, improvvisamente il cielo si oscurò come se una muraglia di nubi nere come il terrore si fossero interposte tra la Terra e il dio Sole, gli uccelli smisero di cantare, persino lo sciacquio delle onde contro il bagnasciuga parve cessare, e il suolo e il mare furono percorsi da un tremito, simile a quello di un terremoto che, in un luogo molto lontano, aveva scaricato sulle rocce tutta la sua potenza distruttrice. Durò solo pochi minuti, ma tutti ebbero la sensazione che in quei momenti di buio tutto l'universo si fosse messo a piangere a dirotto, vestendo il colore del lutto per la morte di un essere possente che sta a noi uomini come noi uomini stiamo ai lombrichi della terra. Ricordo che zio Cesare mi riferì le parole pronunciate in quell'occasione da Dionigi, membro illustre dell'Areopago di Atene: "Mio sovrano, qui o soffre un Dio, o il mondo va in rovina!" Così veloce com'era giunto, però, quell'attimo di puro sgomento passò, il cielo tornò azzurro e sereno e l'ombra calata sui loro cuori parve scomparire per sempre. Ma era un'illusione: lo zio Cesare cominciò a domandarsi cosa poteva aver prodotto quel fenomeno, e consultò più volte il suo medico personale Aulo Cornelio Celso, che ha la fama di uomo erudito e versato in ogni scienza, per cercare una spiegazione logica di quel gemito improvviso che aveva fatto piangere di dolore il cosmo intero.

Una spiegazione però mio prozio credette di averla trovato quando Ponzio Pilato, governatore della Provincia di Giudea, una delle più povere e arretrate dell'intero impero, gli comunicò che il corpo di un uomo, da lui condannato a morte mediante crocifissione con l'accusa di ribellione a Roma, era improvvisamente sparito dalla tomba, e i suoi discepoli andavano in giro a dire che era risorto ed asceso al cielo come un dio. "Impossibile! La legge romana non prevede la resurrezione dei morti!" fu il primo commento di zio Tiberio, e ricordo che allora io, che ero ancora un ragazzo, gli avevo risposto: "Zio Cesare, se in Giudea i morti resuscitano, allora io mi faccio Giudeo!" Ovviamente scherzavo: lungi da me l'idea di vivere come un pastore di pecore e di adorare un Dio che non si può nemmeno rappresentare in forma umana. Ma ve lo vedete, Caio Cesare Germanico circonciso come un Ebreo? Appena entrato nudo nelle Terme, tutti mi riconoscerebbero e si metterebbero a sghignazzare! Per questo, suggerii allo zio di lasciar perdere: sicuramente i seguaci di quel predicatore galileo avevano trafugato il corpo del loro maestro, inventandosi che era risorto dai morti per proseguire la loro sovversiva ribellione contro l'Impero. Scommetto che quegli impostori sono pagati dai Parti, per mettere in dubbio i fondamenti della nostra civiltà e la divinità dell'Imperatore! Purtroppo però lo zio, che irradia la jella intorno a sé come l'incenso disperde all'intorno i suoi effluvi, non mi volle dare retta, essendosi reso conto che la data della sparizione del corpo di quel crocifisso coincideva o quasi con il giorno in cui il cielo si era fatto di colpo buio, l'universo freddo e il suo cuore arido come le pietre del deserto di Giudea.

Tito Valerio Tauro e Ponzio Pilato nel film "L'Inchiesta" (1986) di Damiano Damiani

Tito Valerio Tauro e Ponzio Pilato nel film "L'Inchiesta" (1986) di Damiano Damiani

Per questo zio Cesare spedì a Gerusalemme un investigatore di sua fiducia, Tito Valerio Tauro, per fare luce sulla sparizione del corpo di quel predicatore di fandonie. L'inchiesta che egli condusse durò anni, e regolarmente egli spediva missive all'Imperatore per tenerlo informato sui suoi progressi. Narrò come Ponzio Pilato cercasse in ogni modo di ostacolare la sua inchiesta, convinto che quell'ispettore non fosse stato inviato a ritrovare il corpo di un mago ignorante, ma a giudicare il suo operato, già considerato sospetto per la ferocia con cui reprimeva le ribellioni nella sua provincia. Narrò di essere stato invece stato aiutato dalla moglie di Pilato, la nobildonna Claudia Procula, lontana parente dello stesso zio Cesare, che gli aveva mostrato la tomba vuota del condannato e gli aveva riferito di averlo sentito predicare con le sue orecchie, senza che egli pronunciasse mai una parola contro Roma o a favore dei Parti. Narrò di essere stato di persona a Nazaret, piccolo villaggio di origine del predicatore, per questo chiamato il Nazareno, e di avere incontrato sua madre, la quale gli avrebbe confidato di averlo concepito per partenogenesi, senza conoscere alcun uomo. Narrò di aver parlato con un certo Lazzaro, che il predicatore avrebbe richiamato in vita dai morti per l'affetto provato nei suoi confronti e in quelli delle sue sorelle. Narrò la bestiale violenza di Saulo di Tarso, un Ebreo nato Cittadino Romano che aveva giurato di sradicare con ogni mezzo la setta dei seguaci del Nazareno, e che invece si era improvvisamente convertito alla loro fede dopo non so quale visione avuta lungo la via per Damasco. E narrò persino di una sarta di Giaffa di nome Tabita, morta di una malattia misteriosa, che sarebbe stata risuscitata da un certo Simone, capo dei discepoli del Nazareno. "Bah! Sciocchezze! Superstizioni!" andavo ripetendo a zio Cesare quando, seduti all'ombra dei lecci, mi faceva leggere quei dispacci segreti. Egli però non mi voleva dar retta, pareva stregato da quel cumulo di farfanterie inventate di sana pianta, mi ripeteva che quel Simone avrebbe potuto liberarlo dalla maledizione e dalla malasorte che pareva perseguitarlo fin dai primi giorni di vita, e soprattutto che quel nuovo culto avrebbe potuto cementare l'Impero ben più saldamente di quanto poteva fare il culto della divinità dell'Imperatore, troppo spesso più bestemmiato che benedetto, o quello degli déi dell'Olimpo, alla cui esistenza ormai credevano solo i mitografi come Virgilio ed Ovidio.

A questo punto, non potevo restare con le mani in mano: sapevo, dalle missive di Tito Valerio Tauro, che il predicatore galileo dal nome impronunciabile predicava l'uguaglianza di tutti gli uomini, la liberazione dalla schiavitù, l'amore verso i propri nemici e la cessazione definitiva di ogni guerra. Ma come potrebbe andare avanti, il nostro Impero, senza la manodopera servile? Come avrei potuto essere ricordato per sempre io, una volta divenuto imperatore, se non avessi portato a termine gloriose ed epiche campagne militari, ad esempio contro la Britannia o contro la Partia? Ma soprattutto, come poteva chiedere, quel Nazareno, di amare i propri nemici? Il volgo odia i propri nemici, e noi sfruttiamo quest'odio, ad esempio incanalandolo non contro di noi, ma contro i Parti e i Germani di là dall'Elba; e i filosofi dicono che l'uomo saggio dovrebbe anzitutto odiare se stesso. Insomma, altro che incoraggiato, come voleva fare zio Tiberio: quel culto andava cancellato il più presto possibile dalla faccia della Terra. Per questo, spedii a Ponzio Pilato un dispaccio nel quale gli ordinavo di eliminare immediatamente Valerio Tauro e di fare in modo che il suo corpo non venisse mai ritrovato. E qui la malasorte dello zio cominciò ad infierire contro di me: Pilato mi rispose che Tauro era sparito senza lasciare traccia. Presumibilmente si era convertito al nuovo culto e si era unito ai seguaci del Nazareno in clandestinità. Pazienza, pensai io: a quell'ispettore da strapazzo avrei pensato più tardi, una volta divenuto imperatore. Ma prima dovevo diventarlo, imperatore; e nonostante avesse già superato l'età di suo padre adottivo Augusto, zio Tiberio era in buona salute e non pareva affatto intenzionato a levare l'incomodo. Era evidente che l'opera di Madre Natura aveva bisogno di una mano. Ieri sera stessa ordinai ad alcuni liberti fidati di raggiungere la camera da letto dello zio a Capri e di soffocarlo nel sonno sotto i cuscini; in cambio, avrei dato loro posizioni di prestigio nel mio governo. Quelli partirono, ed io mi stesi nel mio letto, fiducioso che il lavoro sarebbe stato eseguito a regola d'arte. Certo, i soliti dietrologi di fede repubblicana sarebbero andati in giro a sbandierare che mio zio lo avrei assassinato io per succedergli, ma si sa che le voci popolari sono come la nebbia: si infilano dappertutto, ma si dissolvono al sorgere del Sole. E il nuovo Sole ovviamente sarei stato io.

Ho trascorso una delle notti più tranquille della mia vita, sognando il momento in cui il Senato mi avrebbe acclamato nuovo Princeps. Finalmente, allora, il popolino di Roma avrebbe smesso di chiamarmi beffardamente Caligola, per via dei ridicoli calzari che mi costringevano ad indossare quando ero bambino. Sarei stato io, l'arbitro della vita e della morte di tutti i sudditi dell'Impero, e la mia giovane età non avrebbe più suscitato buonumore e barzellette, non appena mi sarei messo a firmare condanne a morte a danno di tutti coloro che mi avevano giudicato inadatto al governo! « Che mi odino, purché mi temano! » sarebbe stato il mio motto. In particolare avevo già in mente un tiro beffardo contro quell'aristocrazia senatoria che mi aveva sempre sbeffeggiato: avrei nominato Senatore il mio cavallo Incitato, per dimostrare a quei parrucconi che persino un animale era più in gamba di loro. E non solo: avrei cancellato ogni traccia dell'antica Repubblica, e imposto una monarchia assoluta di stampo orientale, della quale io sarei stato Principe, Imperatore, Autocrate e Dio. E i seguaci del Nazareno avrebbero imparato, che cosa vuol dire rifiutarsi di adorare la mia statua, preferendole la croce di un falegname galileo!

Ma tutto questo non sarà mai, e le statue di marmo che avrebbero dovuto celebrare il mio Impero resteranno intrappolate dentro i blocchi di marmo di Caristo, non ancora estratti dalle cave sull'isola di Eubea che partorirono i grandi blocchi dai quali furono modellati i Fori e le Terme dell'Urbe. Infatti poco fa il mio fedele liberto Callisto è venuto ad avvisarmi che i sicari da me inviati ad assassinare lo zio Cesare hanno fallito. Poco prima di penetrare nella sua camera da letto, infatti, sono stati affrontati ed eliminati da Tito Valerio Tauro, tornato di nascosto dalla Giudea per avvisare l'Imperatore che io tramavo contro di lui, dopo aver dato ordine a Ponzio Pilato di eliminarlo. Già è partito l'ordine di rimuovere immediatamente Pilato dalla sua carica e di massacrare tutti coloro che erano in combutta con me e con lui. E, naturalmente, tra poco arriveranno i pretoriani del prozio Cesare ad arrestarmi e a porre termine ai miei sogni di gloria. Sarà Tiberio Gemello a succedergli al trono con il nome di Tiberio II quando lo zio morirà, eventualità che però non si verificherà certo quest'oggi. Alla fine hai vinto, Galileo! Ti sei vendicato di tutti coloro che si opponevano a te ed ai tuoi seguaci, e non stento a credere che, dove oggi celebrano i loro sacri riti le Vestali, un giorno saranno i sacerdoti cristiani, ad officiare i loro assurdi sacrifici ad un Dio pendente dalla croce.

È un'alba color rosso sangue, quella che spunta su Capri. Tentacoli di nubi si avvolgono come spire di serpenti velenosi sopra la ringhiera dell'orizzonte, e sembrano preannunciare il pianto dirotto del Divo Giove dal cocuzzolo dell'Olimpo. Una polvere di uccelli, neri come il silenzio della notte, rotea nell'aria dando vita a figure spaventose, che mi ricordano i fantasmi della mia mente, fantasmi di un Impero che avrebbe potuto essere e non spunterà mai. So che il Prefetto del Pretorio Sutorio Macrone tra poco verrà a mettermi in catene, per cui mi conviene sbrigarmi a bere l'estratto di cicuta che, per ogni evenienza, porto sempre con me, essendo nato e cresciuto in una famiglia in cui l'intrigo e il tradimento sono all'ordine del giorno. Una sola certezza mi consola: non sarò l'ultima vittima della jella che sempre circonda lo zio Tiberio Cesare, e che sempre si è abbattuta su chi lo circondava, permettendogli di superare indenne ogni avversità. E forse, prima che l'ultima pagina della gloriosa storia di Roma venga scritta, io, Caio Cesare Germanico, ritornerò tra i marmi dei suoi Templi e dei suoi Fori. Tornerò con un altro volto e con un altro nome, ma ritornerò. Perchè quelli come me non se ne vanno mai realmente. L'uomo è troppo cattivo per non volere prima o poi un Caligola come suo sovrano, e i demoni dell'inferno sono degli illusi, se sperano di far diventare l'uomo peggiore di quanto non sia già.

Lord Wilmore

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Da segnalare che il grande Bhrihskwobhloukstroy ha scritto quanto segue, come ideale introduzione alla novella precedente:

Tiberio Giulio Aspurgo Filoromeo, Cittadino Romano, Re del Bosforo Cimmerio, figlio di Asandro
al Re dei Re Arsace XXIX detto Tiridate, Filoromeo

Nobile Sovrano, Fratello di Elezione, Erede dei miei Antenati, l’epistola, che acclusa vedi, è stata fatta leggere alla mia Consorte e Regina Gepepiri, Principessa dei Traci, da sua Madre, Antonia Trifena, già Regina di Tracia, Grande Armenia e Cilicia, alla quale indirizzata era da suo cugino germano Gaio Giulio Cesare Germanico.

Non dubitavo che Tu sapessi come Germanico sempre i consigli ascoltasse dell’Ircano Gotarze Gevio, adottato qual figlio dall’Usurpatore del Tuo Regno, Artabano, che si fa chiamare Arsace XXVIII, Evergete, Giusto, Epifane, Filelleno. Ora considera, Fratello mio, quanto Ti ho scritto. I miei giorni volgevano oggimai al termine e i lunghi anni della mia vita ben si possono chiamare felici: sempre ho tenuto fede ai patti, sempre ho onorato i miei Antenati, sempre ho lealmente agito per la grandezza di Roma, che come un figlio Ti ha nutrito; ai miei figli lascio terre felici, regni splendidi e l’amicizia del Popolo Romano, che anche fra venti secoli della Pace fra le nostre Nazioni sarà Garante e Altrice. Anche allora l’Aspurgico Regno sarà ricordato e onorato e il mio nome vivrà nel ricordo dei Posteri.

Ora è giunto il tempo che a Te venga restituita la dignità del Dominio dei nostri Antenati: non Ti è nascosto come, quale Socio e Amico del Popolo Romano, Tu sarai realmente Re dei Re e le Aquile dei Romani e degli Ariani domineranno dal Mare Oceano al Fiume Gange. I Germani e i Garmani, gli Sciti e i Seri, gli Iperborei e gli Etiopi porteranno ori e doni; la terra donerà latte e miele e la Felicità dei Tempi non avrà fine. Questo solo, Fratello, Ti prego di considerare sempre nella mente: la Pace dimora solo nell’Unità dell’Impero. Di ciò volevo che avessi contezza.

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Nota: il Testo del Webmaster è un Capolavoro, un vero modello di Ucronia e anche, se mi posso permettere, di Letteratura. Grazie davvero perché è stato un Colpo da Maestro! La lettera introduttiva vuole solo sviluppare il lato ucronico (Protettorato Romano sui Parti) senza abbandonare del tutto lo stile epistolare...

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È ora il turno di Sandro Degiani di cimentarsi con questo gioco. E lo fa in maniera originale, come lui solo sa fare.

Questa volta la fonte di ispirazione è una notizia dell'8 novembre 2009... eccola qui sotto (cliccate per leggere l'originale)

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Ma l'uccellino non poteva entrare nei 27 chilometri sotto vuoto dell'anello dell'LHC, per cui le righe sotto il titolo sono solo un parere del giornalista che evidentemente non conosce tecnicamente l'oggetto di sui parla.

Qualcuno ha ipotizzato che il pane proviene dal futuro e che era il futuro stesso a sabotare la macchina del CERN che doveva trovare il bosone di Higgs (la scoperta di quest'ultimo è stata poi annunciata da Fabiola Gianotti il 4 luglio 2012).

Altri dicevano che era Dio stesso che si opponeva alla scoperta (il bosone di Higgs è noto impropriamente come "la particella di Dio") perché si stava ripetendo la vicenda della Torre di Babele. Usando le briciole di pane e non un fulmine o un meteorite, Dio avrebbe dimostrato comunque un notevole humor, tanto fair-play e un marcato spirito ironico.

A me invece è venuta in mente un'altra ipotesi...

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Briciole...

ovvero

Zepto Coulomb porta jella

Ding dong… ding dong… lo scampanio dolce della sveglia lo stava riportando nel mondo reale.

Si stirò sbadigliando girandosi sulla schiena, poi si rannicchiò per godere ancora qualche minuto di tepore del letto e gli evanescenti ricordi dei sogni. Mmm.... nel torpore del risveglio arrivava alle sue narici il profumo della pancetta che friggeva misto al dolce profumo della vaniglia dei dolci e del pane appena sfornato.

Non era poi troppo pesante il suo lavoro di ricerca, le lunghe ore di laboratorio spese ad esplorare i confini della fisica se il risveglio la mattina era così dolce e piacevole...

Dalla finestra arrivavano già i raggi di sole che filtravano tra le rosse foglie dell'acero che cresceva davanti alla sua villetta.

Piantato quando lui e Rachele si erano sposati, adesso sorpassava il tetto, e ricordava a tutti con la sua crescita e con il cambiare del colore delle sue foglie che il tempo passava inesorabile, ma generoso e benevolo con gli esseri viventi.

Al di là il sole illuminava un dolce territorio di collina, boschetti e verdi prati con mucche e pecore al pascolo. Le prime auto collettive a idrogeno stavano dirigendosi verso il grigio nastro di asfalto che correva nella valle, lì avrebbero agganciato la fonte di energia principale per il trasporto e proseguito automaticamente alle destinazioni programmate.

Indossò una leggera vestaglia sul pigiama, infilò le pantofole e con attenzione scese gli scalini della scala di legno che portava verso la spaziosa, solare e calda cucina.

La colazione era già in tavola e Rachele stava dedicando la sua attenzione a Miriam, la loro figlioletta di quattro anni che sembrava più attratta da cosa accadeva al di là della finestra che della colazione.

Nella notte era caduta un po' di neve, la prima dell'anno, e adesso scintillava ghiacciata della prima luce del mattino.

Un gruppetto di passerotti stava saltellando sulla neve e Miriam non staccava loro gli occhi d'addosso.

"Buongiorno, caro…. Ti abbiamo svegliato?"

"No… anzi, sì… il profumo della tua colazione risveglierebbe anche un morto!"

"Miriam invece preferisce qualsiasi cosa piuttosto che affrontare la colazione… prima il gatto, poi la neve, e adesso gli uccellini..!"

"Mangerà quando avrà fame, è ancora troppo presto per pretendere che il suo stomaco ragioni guardando l'orologio…!"

"Ma deve imparare… fra un anno dovrà iniziare a socializzare a scuola e abituarsi a ragionare pensando che le sue esigenze non possono condizionare gli altri e dettare legge!"

"Lo imparerà come hanno fatto tutti, con il buonsenso e la ragione… ma per adesso lasciamo che l'istinto per un po' la guidi!"

"Ti aspetta una dura giornata oggi in laboratorio, caro?"

"Non come la tua qui a casa, a cercare di fare qualcosa inseguendo quel demonio biondo!"

"È il mio mestiere, è duro ma non lo cambierei con un altro, non adesso per lo meno.. crescono troppo in fretta e ti accorgi dopo che non te sei goduti quando potevi farlo."

"Hai ragione, devo prendermi una vacanza e passare un po' di tempo con te e Miriam, sono tre mesi che non ci prendiamo una pausa.. che ne dici di scappare al caldo?"

"Egitto? Sai che Miriam non regge più di tre ore di volo..."

"Direi di si… magari la costa mediterranea, c'è molta spiaggia e non c'è l'affollamento del Mar Rosso"

"Niente che ti trattiene in laboratorio?"

"C'è sempre qualcosa, ma tutto può attendere il mio ritorno... la mia priorità siete voi!"

"Non mi hai parlato più del tuo lavoro... Sai che mi piace sapere in che angolo frughi!"

"Sai, cara... è successo un fatto molto insolito su cui dovremo indagare a lungo, praticamente la nostra ricerca è tutta puntata in quella direzione, e non solo quella del nostro laboratorio!

Ricordi la nostra mascotte di reparto, Pedrito? Si il pappagallo cacatua... quello che imprecava come un marinaio in dieci lingue.. tutti si divertivano ad insegnargli parolacce nella loro lingua e siamo in dodici diversi gruppi linguistici in laboratorio.

Stavamo esplorando la generazione di un campo elettromagnetico ad inversione ciclica con un flusso di oltre 200 Tesla tra le tre bobine di campo a 120°, e lui si è messo a volare proprio nel punto focale!

Non si è bruciato nemmeno una piuma ma nel giro di una settimana è dimagrito a vista d'occhio; eppure sbafava le sue tre razioni di semi di girasole e di zucca al giorno.

Quindi abbiamo fatto gli esami di rito... sai, siamo scienziati e il risultato è sconvolgente!

Tutte le sue catene proteiche di amminoacidi erano state invertite! Erano diventate levogire, mentre nessun essere vivente su questo pianeta le possiede, sono tutte destrogire!

Per cui Pedrito era sanissimo, ma non era più in grado di assimilare alcun alimento, ed è morto di fame mangiando come un maialino.

Evidentemente il campo magnetico aveva invertito ogni sua struttura organica specularmene ma senza ucciderlo... interessante... deve quindi essere possibile una vita organica a catene destrogire, magari un intero pianeta o un intero Universo... è un campo di esplorazione veramente originale e intrigante!

"E voi cervelloni non avete pensato di fare lo stesso trattamento al cibo? Cosi sarebbe stato invertito anche lui e Pedrito lo avrebbe potuto assimilare!"

"Ho sempre pensato che saresti stata un eccellente mente scientifica, perché sai trovare soluzioni intuitive geniali… Certo… ci abbiamo pensato anche noi, anche se ci abbiamo messo un po' di più di quanto ci hai messo tu… ma tutto quello che abbiamo fatto passare attraverso al campo magnetico non ha subito il ribaltamento che hanno subito le proteine di Pedrito."

"Condizioni diverse?"

"Forse sì… non stavamo monitorano la macchina in quel momento, non erano in corso esperimenti, per cui non abbiamo una registrazione precisa delle condizioni al momento. Forse un giorno ci arriveremo, ma non subito. Pensa, per via del famoso « effetto farfalla », il cui significato non devo certo stare a spiegarti, basta un'oscillazione sulle bobine superconduttrici di una carica di sei zeptoCoulomb, cioè sei triliardesimi di Coulomb, quando su ognuna di esse c'è una carica mostruosa di oltre due Coulomb, per alterare completamente la polarizzazione del campo magnetico!"

"Avrete tentato anche con altri animali?"

"Si, anche se eticamente è sbagliato usarli in esperimenti che possono provocare la loro morte… ma la posta in gioco era molto alta. Poi un topo è stato invertito, ma al contrario, da dentro a fuori: non era un bello spettacolo, ed era ancora vivo! Da allora abbiamo sospeso la ricerca sperimentale e ci stiamo concentrando sulla parte teorica, anche perchè lo zepto Coulomb porta jella!"

"Lo zeptaCoulomb cosa?"

"Niente, è una vecchia fissazione di quando io e miei due compagni di università abbiamo dovuto ripetere l'esame di Fisica III per un errore dell'ordine dello zepto Coulomb in un problema. Anche gli scienziati come noi hanno le loro piccole superstizioni."

Le labbra di Rachele si incresparono in un sorriso. "Meglio così, queste sciocchezze vi rendono più umani. E comunque, riguardo alla vostra ricerca teorica, ci riuscirete di sicuro, siete sempre riusciti in ogni impresa che avete intrapreso giù al Laboratorio!"

"Ogni traguardo è raggiungibile, questione di tempo ed energia spesa… speriamo che sia un traguardo che vale il costo!"

"Papà... papà, gli uccellini continuano a saltellare davanti alla finestra… vieni a vedere…!"

Raccolse tra le mani un pezzo di croccante crosta dalla pagnotta tiepida che stava sulla tovaglia e la sbriciolò tra le dita.

Poi chiamò la figlia che stava aggrappata al davanzale e le disse:

"Metti la manine a coppa, Miriam!"

Le mise in mano le briciole e le disse:

"Miriam, guarda gli uccellini sulla neve... hanno fame... dagli le briciole della colazione, così mangeranno anche loro!"

Miriam trotterellò con la manine paffutelle chiuse sulla briciole verso la finestra, passò le mani davanti al sensore di apertura nel modo corretto e il vetro si spostò versò l'altro lasciando un paio di palmi di apertura.

"Cip... cip... cip... amici uccellini... ecco la colazione!" e le lancio giù sulla neve immacolata.

Una strana sfera azzurrina si era materializzata a mezz'aria proprio sotto la finestra:poco più grossa di un palloncino e leggermente luminosa.... trasparente e vibrante, con sinuose onde verdi che la percorrevano.

Miriam spalancò gli occhioni e la bocca, guardò stupita la sfera e le briciole che percorrendo la loro parabola cadevano attraverso essa verso il cortile... ma ne arrivarono poche sulla neve, le altre sparirono in lampo con la sfera!

"Oh no!" esclamò lo scienziato, incapace di credere ai propri occhi. "Lo avevo detto, io, che lo zepto Coulomb porta jella!"

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Al CERN di Ginevra il ciclotrone LHC emise un gemito in calando fino al silenzio totale mentre le luci di allarme si accendevano e le sirene suonavano. L'esperimento sulla ricerca del Bosone di Higgs era stato interrotto dal sistema di sicurezza: nei 27 chilometri del ciclotrone era stata rilevata la presenza di materia estranea e la procedura era stata abortita

I tecnici che andarono a indagare l'accaduto guardarono per molto tempo in silenzio e molto perplessi un mucchietto di briciole di pane dorate proprio nel bel mezzo del punto di focalizzazione del campo di energia. Chissà come erano finite lì...

Sandro Degiani

Nota: "zepto" (dal latino septem) è il prefisso del Sistema Internazionale di Unità di Misura che indica una potenza pari a 10−21 = (1/1000)7. Dunque uno zepto Coulomb equivale a un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di Coulomb!

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Novelle di Sandro Degiani

Il Console Pharaon Ulysses Kursk 1943 Capoverde 1944 New York 1946 Jevah Ritorno al Passato La minaccia del Krang Il Bianco muove e dà matto in tre mosse Gatto di Bordo Pilota Anche gli Dei devono morire Il Valore di un giorno Viaggio di un secondo BricioleBreve Storia del primo McDonald su Marte Volpiano Sud

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