ESPERIENZE DI FISICA: IL PROBLEMA DELLA MISURA

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Con questa immagine comincia una lunga galleria di fotografie riprese dal sottoscritto o dai miei alunni in laboratorio di Fisica. Ed iniziamo con una esperienza preliminare, particolarmente semplice, da far eseguire al principio del corso: la verifica della proporzionalità diretta e inversa. Ecco il materiale occorrente: cilindri graduati in vetro, asta millimetrata e "bandierine" in plastica. La foto è della mia allieva Benedetta Rimola (V C ginn. a.s. 2005/2006).
Questa fotografia della mia allieva Francesca Piotti (V C ginn. a.s. 2005/2006) dimostra come verificare la proporzionalità diretta tra la quantità d'acqua versata in un contenitore cilindrico e l'altezza della colonna d'acqua, misurata con un calibro rudimentale ottenuto infilando le bandierine nell'asta millimetrata. Per misurare l'altezza della colonna d'acqua occorre però sottrarre i livelli della base e della sommità della colonna, tenendo conto che in questo modo l'errore assoluto si somma.
Ed ecco invece il semplice apparato sperimentale per verificare la proporzionalità inversa. In pratica si prendono tre cilindri graduati di diametro e capacità differenti, vi si versa la medesima quantità di acqua (in questo caso 50 ml di acqua) e si misura l'altezza da essi raggiunta nei tre cilindri; si misura poi il diametro interno di ogni cilindro graduato, se ne ricava l'area e si verifica con ottima approssimazione che il prodotto area x altezza è costante (tale prodotto è pari al volume).
Un altro metodo per verificare la proporzionalità inversa prevede di alimentare più resistenze in serie (vedi l'Armadio di Elettromagnetismo) usando una tensione il più possibile costante; aumentando la resistenza, la corrente che attraversa il circuito diminuisce, e il prodotto tra la corrente e la resistenza totale è pressappoco costante (per la Prima Legge di Ohm).
Per verificare invece la proporzionalità quadratica bisogna far ricorso a dei pendoli (vedi l'armadio di Meccanica). Infatti il quadrato del periodo di oscillazione dipende dalla lunghezza del pendolo, e quindi, ponendo la lunghezza in ordinate e il periodo in ascisse, si osserva che i punti descrivono un diagramma di tipo parabolico. La proporzionalità quindi è di tipo quadratico.
La Fisica è basata su alcune costanti fondamentali, non solo matematiche (come il pi greco, il suo quadrato, il numero e), ma soprattutto provenienti dall'esperienza, come la velocità della luce nel vuoto, il raggio terrestre, i pesi specifici di altri materiali. Tra queste costanti se ne trovano alcune che permettono la conversione da un'unità di misura all'altra, ad esempio da calorie a Joule, o da miglia marine in metri. In questa foto vedete alcune di tali costanti riprodotte sul retro di un regolo calcolatore di proprietà del mio amico Sergio Soldavini Stinco, che ringrazio per avermene inviato una foto!
Sarà banale, ma quest'immagine non poteva certo mancare in questa rassegna. Si vedono in essa un calibro ed un micrometro, entrambi utilizzati per misurare lunghezze e spessori con estrema precisione. Il primo è dotato di un nonio, un apparecchio in grado di determinare le misure di lunghezza con un errore assoluto minore rispetto ai normali righelli utilizzati per questo tipo di misurazioni; nel nostro caso l'errore risulta pari ad un ventesimo di millimetro (da cui il nome di calibro ventesimale), ed in Fisica una tale accuratezza risulta spesso indispensabile.
Questa fotografia illustra in modo chiaro il funzionamento del nonio. Come si vede, si pone l'oggetto da misurare tra le ganasce del calibro, e lo 0 del nonio non corrisponde esattamente ad alcuna taccatura del calibro: la misura "reale" è compresa tra 25 e 26 mm. Allora si va a vedere quale tacca del nonio corrisponde meglio a una tacca del calibro. L'ingrandimento mostra come si tratti della tacca numero 4; dunque, una misura più precisa è 2,54 cm, con un errore di 0,05 mm!
Ed ecco, ingrandito, il micrometro di cui si parlava sopra, accanto ad alcuni piccoli solidi utilizzati per insegnare agli studenti ad eseguire misure di grande precisione. Il micrometro centesimale permette di eseguire misurazioni precise al centesimo di millimetro: se la vite avanza di un millimetro ad ogni giro e la scala graduata presente sulla vite è suddivisa in cento parti, basta aggiungere questa misura a quella sulla scala solidale all'albero fisso per ottenere la misura cercata.
In figura è rappresentato uno strumento davvero curioso: l'odometro, regalato al Museo Virtuale dal sig. Cardani, genitore di uno dei nostri alunni. In greco significa "misuratore della strada", ed infatti basta percorrere con esso una certa distanza per vederne apparire la misura sul display analogico, grazie ad un gioco di ruote dentate. Comunemente utilizzato un tempo dai geometri per realizzare mappe di abitazioni e di città, oggi è caduto in disuso, sostituito da strumenti assai più moderni e raffinati, ma conserva tutto il suo fascino e la sua valenza didattica per spiegare l'"ascissa curvilinea".
Questa foto mi è stata inviata dall'amico Findarato Anàrion, che ha lavorato per un certo tempo nella deliziosa città di Herborn in Assia, ed ha scoperto che è gemellata con dieci città del mondo, tra cui l'americana Post Falls, in Idaho, Ruhija in Tanzania ed anche l'italiana Este, in provincia di Padova. Come si vede, nel centro cittadino c'è un cartello che indica la direzione in cui si trovano le dieci città gemelle, ed anche le distanze in linea d'aria che le separano da Herborn, misurate lungo il meridiano terrestre. Ad esempio la distanza da Herborn di Este è di 963 km, e quella di Post Falls è pari a ben 7898 km. Tale distanze ovviamente non sono il risultato di una misura diretta, ma di una triangolazione lungo la superficie del globo.
Altro che gli strumenti di misura un po' datati riportati qui sopra: questo è un sensore digitale di posizione, che va interfacciato direttamente con il computer ed acquisisce i dati rilevati dentro un foglio di calcolo (Lotus o Excel). Il braccio, che può ruotare fino a 30°, ha una serie di fori per il collegamento al corpo mobile, come una molla che oscilla. Uno strumento veramente moderno, ma che richiede tanti computer portatili quanti sono i gruppi degli studenti.
La foto, scattata dal sottoscritto, mostra il semplice modo per eseguire una misura di volume di oggetti irregolari o comunque il cui volume è difficile da ottenere mediante misure lineari e le formule geometriche: il metodo per immersione. Si immerge il solido in un cilindro graduato in cui è stata immessa una quantità nota d'acqua, si legge il volume finale e poi si esegue la differenza. La misura è però resa difficoltosa dal menisco concavo che si produce alla superficie dell'acqua a causa di fenomeni di adesione. In questo caso si vuole misurare il volume di sferette metalliche.
Per misure di capacità è conveniente usare la vetreria, di cui qui è possibile vedere dei campioni. Oltre a becker e matracci, di capacità fissa, si vede il cilindro graduato già utilizzato nelle primissime esperienze di questa rassegna, ed anche un imbuto da utilizzarsi non solo per queste semplici esperienze, ma anche per altre più complesse, come per esempio riempire il manometro ad acqua per l'esperienza della verifica della legge di Stevin.
Un misuratore di capacità è utile anche in... cucina! Ho voluto inserire questo oggetto nella presente galleria perchè, come si vede, esso presenta ben tre scale graduate! La prima a sinistra è quella da usarsi per i liquidi, ed è tarata in centimetri cubi (mille centimetri cubi equivalgono ad un litro). Quella centrale è tarata in grammi, e serve per lo zucchero, il quale non si misura in litri ma a peso. Quella di destra serve per la farina. Come passare dalla misura di capacità a quella di massa? Per mezzo della densità, che nel caso dello zucchero e della farina varia in un intervallo piuttosto stretto!
Dopo le misure di lunghezza, quelle di massa. Ma, anziché una banalissima bilancia da laboratorio, ecco un'autentica chicca: una bilancia analitica risalente addirittura agli anni sessanta, un autentico pezzo da museo. Come si vede, essa è racchiusa dentro un'opportuna protezione in vetro detta edicola antivento, onde impedire che le correnti d'aria rovinino le misurazioni delicatissime; inoltre, una sorta di microscopio permette addirittura di ingrandire la scala graduata sulla quale si legge la misura, in modo da ottenere la massima precisione possibile. Pezzi che al giorno d'oggi è difficile trovare in un Liceo.
Poiché però una bilancia "normale" non può mancare nella nostra collezione, ecco una bilancia a piatti d'epoca con tanto di masse, tutte schierate in bell'ordine. Non val più la pena di utilizzarla, ma nell'Armadio Virtuale fa la sua figura!
Ed ecco la bilancia di precisione con la relativa masseria (assortimento di pesetti). Sulla destra si vede la "livella", uno strumento semplicissimo utilizzato per metterla in piano ed assicurare il massimo della precisione: contiene una bolla d'aria e bisogna regolare le viti senza fine dei piedini finché la bolla non si posiziona al centro. Si parla infatti di "messa a bolla"!
Oggi la bilancia a due bracci è superata dalla bilancia elettronica, uno strumento molto comodo dotato di un unico piatto e di un display digitale. Si pone l'oggetto da pesare sul piatto, ed il display indica immediatamente la sua massa con una precisione (in questo caso) di 0,01 g. Si noti che la bilancia dispone di un tasto per l'azzeramento automatico, che consente di riportare a zero il display qualunque massa vi sia posta sopra; ciò è particolarmente utile per apprezzare le variazioni di massa, specie se piuttosto piccole.
Per misurare la densità di un corpo se ne può misurare la massa ed il volume, e poi eseguire il rapporto, tenendo conto della propagazione dell'errore. Ma, in caso di liquidi, è possibile usare questi picnometri o densimetri, delle provette appesantite sul fondo con una zavorra metallica. Quando le si immerge nel liquido da esaminare, esse affondano più o meno a seconda per l'appunto della densità del liquido, secondo il principio di Archimede. La scala graduata riportata su di essi permette di ricavare immantinente la densità cercata.
Passiamo alle misure di tempo. Il più antico orologio conosciuto è certamente la meridiana, così detta dal latino meridies, cioè mezzogiorno, perchè in origine era utilizzata proprio per individuare la metà esatta della giornata. Le prime consistevano in un semplice bastone conficcato nel terreno; quelle posteriori (come questa, da me fotografata sulla facciata di una casa a Villette, Val Vigezzo (VB) prevedono invece un'asta o gnomone che proietta la sua ombra su un muro.
Anche questa foto è stata scattata a Villette (VB); sulla facciata del locale Municipio ce ne sono ben due, accompagnate da saggi motti latini. Ma... cosa sono quelle linee a forma di otto lungo le quali bisogna leggere l'ora, visibili anche nella fotografia precedente? Si tratta di analemmi. Per sapere cosa sono, cliccate qui.
Tra gli strumenti per la misura del tempo non può certo mancare una clessidra. Essa fu il primo strumento di misura del tempo indipendente da osservazioni astronomiche, ed è basato sulla caduta a ritmo costante di sabbia o di un fluido da un recipiente superiore a uno inferiore (letteralmente clessidra significa "ruba l'acqua"). Qui ne vediamo due esemplari, uno a sabbia del tipo al quale siamo più abituati, e uno contenente un liquido molto denso, disponibile presso il nostro laboratorio di Fisica!
Una curiosa fotografia, scattata dal sottoscritto dentro la Via Crucis della mia Chiesa Parrocchiale, mostra il vecchio meccanismo che regolava l'orologio meccanico del mio campanile: è visibile il bilanciere. Si tratta di un esempio eloquente di come una volta si cercava di misurare il tempo con la maggior precisione possibile.
Agli iniziali bilancieri, che regolavano l'avanzamento regolare delle lancette degli orologi come quello sopra fotografato, vennero presto sostituite delle molle a spirale (vedi), caricate di energia elastica tramite un'opportuna vita, che trasmettevano il proprio moto agli ingranaggi. Ciò permise la miniaturizzazione degli orologi meccanici: ecco l'esemplare ("cipolla") posseduto ai primi del novecento da mio bisnonno Enrico Mismirigo.
Quelli in figura sono cronometri elettrici di vario tipo per la misura moderna di brevi intervalli di tempo. L'istante iniziale e quello finale vengono registrati mediante sensori elettromagnetici e trasferiti al cronometro sotto forma di segnale elettrico. Altro che l'orologio meccanico della figura precedente!
Questo segnatempo di Bader con relativo alimentatore è uno strumento utilizzato per marcare intervalli di tempo tutti uguali durante l'esecuzione di esperienze di meccanica, del tutto analoghe a quelle con i carrellini che vedremo nell'Armadio Virtuale dedicato alla meccanica..
Lo strumento in figura è un frequenzimetro, ed è in grado di misurare la frequenza di un segnale periodico. Ma non solo di natura elettrica: anche la frequenza di un suono, che di per sé è un fenomeno meccanico, può essere convertita in un segnale elettrico, ad esempio mediante un trasduttore microfonico, e quindi misurata da questo strumento.
E le misure angolari? Esse vengono eseguite per mezzo di uno strumento chiamato goniometro, di concezione assai semplice, che tutti usiamo fin dall'epoca delle Scuole Medie (in figura si vede il mio che usavo appunto in prima media, la I G a Lonate Pozzolo, insieme alla mia squadra a 45° dell'epoca). Da notare che la suddivisione dell'angolo giro in 360° si deve ai popoli mesopotamici, probabilmente perchè l'anno è composto da circa 360 giorni, e quindi il Sole ogni giorno compie in cielo un cammino approssimativamente pari ad un grado. I gradi centesimali non hanno mai avuto successo.
Un'applicazione molto utile del goniometro è rappresentata dal tecnigrafo, un tavolo per il disegno tecnico dotato di un'asta scorrevole lungo le due estremità, sulla quale scorre questo goniometro, che regola l'inclinazione delle due righe millimetrate. Il tecnigrafo è caduto in disuso dopo la diffusione dei programmi come il CAD (Computer Aided Design), ma resta pur sempre un pezzo irrinunciabile della storia della tecnologia.
Parlando di misure angolari, non meno importante del goniometro è la livella a bolla d'aria, che serve per valutare in modo qualitativo la posizione angolare (orizzontale, verticale o a 45°) di un determinato piano. Come funziona?
L'uso della livella è dimostrato da questa fotografia, scattata con l'ausilio dell'ATA Michele Petrone, che ha gentilmente fornito lo strumento in questione. Essa contiene tra cilindretti pieni di acqua colorata, che però non la riempie completamente, restando una bolla d'aria. Quando la livella è appoggiata ad un piano che deve risultare perfettamente verticale, si fa in modo che la bolla d'aria contenuta nel cilindretto di destra nella foto precedente si trovi esattamente al centro del cilindretto, sfruttando il principio secondo il quale un liquido omogeneo in equilibrio si dispone con una superficie esattamente orizzontale. Allo stesso modo si verifica se un piano è orizzontale o si trova disposto a 45°.
Quest'altro strumento di misura è il manometro ad acqua, di utilizzo molto semplice. È formato da due rami ad U nei quali, per il principio dei vasi comunicanti, l'acqua si stabilisce allo stesso livello. Come si vede, però, il ramo di destra è collegato ad un tubicino nel quale la pressione è diversa da quella atmosferica. L'aumento di pressione fa sì che il livello dell'acqua scenda nel ramo di destra e salga in quello di sinistra; in base alla Legge di Stevin, noto il dislivello si risale alla differenza di pressione. Per pressioni maggiori si usa un manometro a mercurio (vedi) oppure dei manometri metallici.
Ed ecco invece un manometro a lancetta ed un termometro a lancetta di cui è corredata la caldaia della casa di proprietà dell'autore di questo sito. Il manometro funziona così: la pressione spinge una lamina rigida che comanda la lancetta dell'indicatore. Invece il termometro si basa sulla dilatazione termica di un'altra lamina metallica. In entrambi i casi si tratta di strumenti molto più precisi di quello precedente e del comune termometro a mercurio o ad alcool.
Quello qui visibile è uno sfigmomanometro, utilizzato per misurare la pressione del sangue. Il suo bracciale viene posizionato sul braccio e gonfiato fino a comprimere l'arteria brachiale, così da impedire al sangue di passare in essa. Posizionando uno stetoscopio sotto il bracciale nella parte interna del braccio, non si ascolterà alcun rumore. Se si inizia lentamente a sgonfiare la camera d'aria tramite una valvola, quando la pressione del sangue arteriosa equilibra la pressione esercitata dal bracciale, lo stetoscopio inizia a captare dei battiti, e la pressione indicata in quel momento dal manometro corrisponde a quella massima (sistolica) del paziente. Quando i battiti scompaiono, la pressione indicata sarà invece pari a quella minima (diastolica).
Anche lo strumento in questione è stato fotografato in una camera d'ospedale, e rappresenta un set d'infusione. Si tratta di uno strumento di misura molto particolare, che permette di tenere sotto controllo la portata in massa di un fluido attraverso un tubicino. Un sistema di controreazione fa sì che un allarme suoni se la portata scende sotto un certo valore preimpostato o supera un altro valore predeterminato. Questo è necessario negli ospedali perchè certi particolari farmaci devono entrare nel corpo via endovena solo ad una precisa velocità, pena gravi conseguenze sull'organismo del paziente.
Nella galleria degli strumenti di misura non possono mancare i comunissimi termometri, ad alcool o a mercurio, per la misura della temperatura, cioè dello stato termico di un corpo. Si noti che il termometro di destra, ad alcool, è tarato da un minimo di 20° sotto zero ad un massimo di 120°. Entrambi gli strumenti si basano sul principio della dilatazione volumica dei liquidi (vedi lo scaffale virtuale di Termodinamica).
L'immagine (invero non di qualità eccelsa) rappresenta un tipo più perfezionato di termometro, e precisamente un vecchio termometro di massima e minima. E' un comune termometro a mercurio, basato sulla proprietà della dilatazione termica di quest'ultimo, che però, come si vede, è incurvato su sé stesso e dotato di minuscoli cilindretti metallici che restano al loro posto, spinti dal mercurio, quando la temperatura raggiunge il valore massimo o minimo. Uno strumento spesso usato in meteorologia nei tempi andati per poter stabilire le famose "minime" e "massime" lette con grazia dalle annunciatrici TV!
Quello che si vede in figura è un termometro a mercurio un po' particolare: si tratta infatti di un termometro abitualmente usato per misurare la febbre. In esso è stata realizzata una strozzatura alla base della colonna, che impedisce al mercurio di rientrare quando la temperatura scende, perchè è stato estratto da sotto l'ascella (o da altra posizione peggiore). In tal modo esso segna sempre la temperatura massima del corpo. Per far tornare la colonnina di mercurio sotto i 35°, bisogna sbatterlo.
Dopo il sensore digitale di posizione, ecco un sensore digitale di temperatura. In pratica in esso si innesta uno spinotto dotato di termocoppia, in cui per effetto Seebeck si produce una corrente di bassissimo amperaggio; da questa è facile risalire alla temperatura registrata dal sensore, che viene immediatamente acquisita dentro un foglio di calcolo (es. MS Excel). In tal modo si possono registrare  le variazioni di temperatura di un gas o di un ambiente qualunque nell'intervallo compreso tra -30° e + 220° C: la tecnologia fa passi da gigante...
Questa figura illustra un vecchio pHmetro da me fotografato in mezzo a modelli biologici nel laboratorio di scienze naturali. L'attrezzo, di grande importanza nelle analisi chimiche, permette di risalire immediatamente al pH di una soluzione (cioè alla concentrazione di ioni OH- in essa presenti) senza bisogno di fare ricorso a indicatori come il tornasole o la fenolftaleina basati sul colore (se il pH è acido o basico assumono colorazioni diverse), e come tali necessariamente imprecise.
L'amico Pierluigi Guidi mi ha gentilmente inviato questa foto di un fotomoltiplicatore risalente al 1960. Si tratta di un rivelatore di luce talmente sensibile, da poter rilevare addirittura un singolo fotone! Esso è costituito da un tubo in vetro al cui interno è stato fatto il vuoto, in cui sono montati un anodo e diversi elettrodi. I fotoni passano attraverso una finestra di ingresso e colpiscono una superficie chiamata fotocatodo, ricoperta di uno strato di materiale che favorisce l'effetto fotoelettrico. A causa di questo effetto vengono emessi dei fotoelettroni che sono focalizzati da un elettrodo verso lo stadio di moltiplicazione: ciascun elettrone emesso da un elettrodo viene accelerato e provoca l'emissione di diversi elettroni dall'elettrodo successivo.
Ed ecco due voltmetri di grandi dimensioni, risalenti agli anni sessanta, i quali ci fanno capire che siamo passati alle misure elettriche (vedi la sezione di elettromagnetismo). Questi voltmetri sono detti "a bobina mobile", perchè funzionano grazie ad un avvolgimento che ruota di un angolo più o meno grande in un campo magnetico.
Si noti che i voltmetri della figura precedente sono dotati di scale intercambiabili; in altre parole, per eseguire misure con differenti fondoscala basta sostituire la scala ed il voltmetro permette misure fino a 100 V, a 10 V, a 1 V, a 0,1 V, ecc. Oggi invece, come si vede più sotto, gli strumenti sono dotati di uno switch che permette il cambio del fondoscala.
Dopo i voltmetri, ecco degli amperometri, anch'essi d'epoca, di grandi dimensioni e a scopo chiaramente didattico. Tutti gli strumenti fin qui visti si dicono analogici perchè non hanno un display digitale ma una lancetta che si muove con continuità lungo una scala graduata. Anche questi amperometri lavorano sulla base del principio della bobina mobile e funzionano tuttora.
Ecco dei tester, strumenti che fanno sia da amperometri che da voltmetri. Si noti che si tratta di strumenti a zero centrale: possono dunque essere adoperati anche nelle misure in cui il verso della corrente può invertirsi, ed in tal modo risulta facilmente rilevabile anche il verso istantaneo della corrente elettrica.
Altri strumenti d'epoca, oramai molto consunti: si tratta di altri voltmetri, anch'essi funzionanti in base al principio della bobina mobile. Quello a sinistra, in particolare, è molto simile ai modelli che useremo per le esperienze di elettrologia, ma risale ai lontani anni cinquanta. Quello a destra presenta più scale, non intercambiabili come quelle viste sopra, ma regolabili per mezzo di un apposito switch.
Uno strumento di misura davvero interessante è questo wattmetro, che sfrutta il principio in base al quale la potenza sviluppata da un passaggio di elettroni è pari al prodotto dell'amperaggio per il voltaggio, cioè della corrente elettrica per la differenza di potenziale (legge di Joule). Lo strumento esegue l'integrazione dell'amperaggio sul voltaggio, e restituisce immediatamente la potenza dissipata dalla corrente. Si noti l'aspetto molto simile a quello di amperometri e voltmetri testé presentati.
Ecco invece un magnifico esemplare di cosfimetro, di proprietà dell'Isis Andrea Ponti di Gallarate, utilizzato per misurare l'angolo di anticipo o di ritardo tra la tensione, ai capi di un circuito, e la corrente che transita in essto. Se si misura il coseno di tale angolo (cos φ, da cui il nome) si ha un cosfimetro, se si misura direttamente l'angolo si parla di fasometro. Visto che il valore più comunemente misurato è intorno a 1 (per il cosfimetro) o all'angolo di 0° (per il fasometro), questo strumento ha, di solito, questi valori al centro della scala. Non è raro trovare uno strumento dove sono riportate entrambe le scale, una al di sotto dell'arco percorso dall'indice, e l'altra al di sopra di esso.
Questo invece è un moderno tester per esperienze di elettrochimica. Come si vede dal display, esso permette di eseguire misure in corrente alternata e continua, con voltaggi compresi tra 0,2 e 200 V ed amperaggi compresi tra 20 e 2000 mA. A sinistra è presente una rotella collegata ad un motorino: a seconda della velocità con cui gira, è possibile stimare la corrente che lo alimenta. Lo spazio bianco sottostante è quello dove si alloggiano le strumentazioni di elettrochimica per eseguire esperimenti di elettrolisi, galvanostegia, eccetera (per questo si veda l'Armadio virtuale di Chimica).
Questo spinterometro rappresenta un antico strumento per misurare d.d.p. elevate. Se il campo elettrico tra le armature diventa troppo forte, l'aria diventa in grado di condurre l'elettricità, e ciò provoca l'innesco di una violenta scarica tra gli elettrodi dello spinterometro. L'elettrodo (qui assente) può essere spostato avanti e indietro, onde regolare con molta precisione lo spazio fra gli elettrodi e quindi ottenere una buona misura della distanza alla quale avviene la scintilla. Nota la posizione relativa dell'elettrodo mobile da quello fisso, è possibile ricavare la differenza di potenziale del dispositivo.
Un sensore digitale millamperometrico consente di misurare piccole intensità di corrente con portate di 100, 5000 e 1000 milliAmpére, registrando immediatamente i dati in un grafico disegnato da un apposito software. La resistenza d'ingresso è di 0,01 Ohm per tutti e tre gli ingressi. In figura si vedono le due boccole (positiva rossa, negativa nera) dove vanno innestati i cavetti attraverso cui fluisce la corrente da misurare. Il milliamperometro digitale va collegato in serie al circuito (di qui la bassa resistenza in ingresso), e rappresenta la versione anni novanta dei milliamperometri versione anni sessanta raffigurati qui sopra.
Il corrispettivo del precedente è rappresentato dal sensore digitale voltmetrico. Anch'esso ha tre portate diverse, di 2, 10 e 20 V. ed è dotato di boccole nelle quali inserire i cavi collegati al circuito; questo sensore però va collegato in parallelo, a differenza dell'amperometro. Infatti la sua resistenza di ingresso deve essere grandissima per disturbare il meno possibile il voltaggio da misurare: in questo caso supera il MegaOhm. I due apparecchi possono essere utilizzati assieme per la verifica sperimentale delle Leggi di Ohm o, in combinazione con il sensore digitale di temperatura, per verificare la Legge di Joule.
Questa invece è l'interfaccia universale usata per introdurre tutti i dati rilevati con i sensori precedentemente illustrati direttamente nel computer. Va bene per tutti i tipi di sensori, anche per quelli di pressione e di pH qui non ripresi.
In assenza di sensori digitali, i moderni computer possono essere utilizzati (nel caso dei miei studenti, per realizzare originali relazioni di laboratorio) anche in modo più semplice, ma non per questo meno efficace. Questo computer portatile, dotato di una webcam, è stato utilizzato dai miei studenti Filippo Puricelli e Cecilia Spampinato per realizzare filmati digitali di una esperienza che ho fatto condurre loro, la taratura di un calorimetro!
La bussola non può essere definita un vero strumento di misura, però essa è in grado di indicare con ottima approssimazione la direzione Nord-Sud. L'ago magnetico in figura, infatti, ruota sopra una storica rosa dei venti (per curiosità, i nomi dei quattro venti corrispondono alle direzioni da cui li si vede spirare dall'isola di Malta, al centro del Mediterraneo; così il Libeccio dalla Libia, cioè da sud; il Grecale dalla Grecia, cioè da est...) Da sfatare il mito che essa indichi "il polo Nord"; in realtà, esso punta verso il polo Nord magnetico. Ne vedremo un modello più moderno e preciso nello scaffale del magnetismo.
Il Variac, qui fotografato dal tecnico Elio Tagliaferro, è un'apparecchiatura utilizzata per regolare il livello di voltaggio di qualsiasi strumento ad esso collegato; questo è un modello piuttosto vecchiotto, tanto che contiene ancora delle valvole termoioniche!!.  Il problema nell'uso di una simile apparecchiatura stava proprio nelle valvole, che avevano una vita cortissima: invece nei moderni preamplificatori questa difficoltà non sussiste più.
Non sono veri e propri strumenti di misura, ma erogano correnti (alternate o continue) con un valore ben definito e regolabile: si tratta di due alimentatori in uso negli anni sessanta e settanta: un po' come il Variac della figura precedente, insomma. Gli strumenti in questione funzionano tuttora e fanno parte di un'ampia collezione prodotta dalla tedesca Leybold, specializzata nella costruzione di apparecchi di misura.
« Magnetfeldmeßgerät », recita la scritta su questo interessante dispositivo della ditta tedesca PHYWE, e cioè « strumento di misura del campo magnetico ». Detto anche Teslametro, serve a misurare direttamente l'intensità di un campo magnetico per mezzo di appositi sensori. Non sono in grado di dire se funzioni ancora oppure no, poichè debbo ancora testarlo, però fa un figurone in questo Armadio Virtiale del mio Laboratorio.
Se questo enorme complesso vi ricorda per certi versi gli strani simil-computer che si vedevano nel film di fantascienza anni '50, non siete andati troppo lontani dal vero. Infatti si tratta di una complicata strumentazione per fisica nucleare, da usarsi in abbinamento ai contatori Geiger ed agli altri strumenti che potrete visionare nell'apposito Armadio Virtuale.
La foto serve per illustrare un curioso esperimento per determinare la dimensione frattale di un oggetto. In pratica si realizzano palline di carta stagnola di varie dimensioni, le si pesa, si misura il loro raggio medio e poi si costruisce un diagramma bilogaritmico con il logaritmo del raggio in ascissa e il logaritmo della massa in ordinata. Il diagramma è rettilineo ma il coefficiente angolare NON è pari a tre, come avviene invece per una sfera piena: si tratta di un numero decimale compreso tra due e tre, il che dimostra che esistono oggetti (frattali) il cui numero di dimensioni è... decimale!!!
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