GEOGRAFIA ASTRONOMICA: LO SPAZIO INFINITO  

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Stacchiamoci ora dal pianeta Terra per veleggiare verso lo spazio infinito, penetrando i misteri della geografia astronomica. Ecco una foto del telescopio riflettore un tempo montato nell'osservatorio di Brera, ed oggi visibile nel Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano. La foto è stata scattata dalla mia allieva Laura Nerito il 26/02/2005. I telescopi si dividono in rifrattori o galileiani e riflettori o newtoniani. Nei primi l'immagine arriva direttamente all'occhio dopo essere stata ingrandita da un sistema di lenti; nei secondi si riflette su di uno specchio concavo che la indirizza verso l'obiettivo.
Il primo link di questo Armadio Virtuale è dedicato ad un altro modo per scrutare il cielo, senza far uso di lenti: si tratta dei radiotelescopi che costituiscono il Very Large Array (VLA), il sistema di radiotelescopi più grande del mondo (sono ben 27), nel deserto del Nuovo Messico. Queste grandi parabole raccolgono le onde radio provenienti dallo spazio, e permettono di ricavare delle mappe dettagliate di galassie, nebulose, ammassi globulari ma anche degli asteroidi del sistema solare.
Parlando di meccanica celeste, nessuna classe liceale può prescindere da una visita al Planetario. Naturalmente per questa rassegna ho scelto quello di Milano, il più grande d'Italia, inaugurato il 20 maggio 1930. Nella foto si vede l'esterno dell'edificio che lo ospita e la sua cupola in alluminio, con un diametro di venti metri. Il sito è www.comune.milano.it/planetario/index.html.
Qui si vede ripreso invece il grande meccanismo in grado di proiettare sulla cupola del planetario (se ne vedono le mattonelle sullo sfondo) i moti del Sole, della Luna, dei pianeti e degli astri. La valenza didattica di questo impianto sta nella possibilità di osservare le costellazioni ed i moti planetari senza dover restare svegli una notte intera; inoltre è possibile "accelerare il tempo", facendo trascorrere una notte in pochi minuti, o addirittura giorni, anni e secoli, osservando così come muta il cielo visibile in seguito ai diversi movimenti del pianeta Terra. Davvero un'esperienza indimenticabile, da consigliare a tutti. 
Come si vede da questa fotografia, non è necessario andare al Planetario di Milano per studiare gli emisferi celesti. Lo si può fare anche a scuola, o addirittura a casa propria, utilizzando questo straordinario mappamondo che, anziché i continenti e gli oceani, rappresenta proprio le costellazioni proiettate sull'ipotetica volta celeste, e viste per così dire "dall'esterno". Sono chiaramente disegnati anche i contorni stilizzati delle costellazioni. Lo strumento però non mette in evidenza il fatto che quelle che a noi paiono gruppi di stelle legati tra di loro in realtà non lo sono affatto, se non per un gioco prospettico. Per esempio, le stelle dei Gemelli appaiono vicinissime, ma in realtà distano tra di loro assai più di quanto la più vicina dista dalla Terra!
Quest'altro magnifico globo celeste si trova al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano, che vi invito caldamente a visitare, e più che uno strumento scientifico è una vera e propria opera d'arte, con le costellazioni perfettamente disegnate sulla sua superficie. Le costellazioni sono in tutto 88, ma ogni cultura le rappresenta a modo suo; le nostre derivano dalla tradizione greca. Invece il Grande Carro rappresenta quasi dovunque un'orsa, e c'è chi dice che si tratti addirittura di un "fossile culturale" risalente forse alla cultura dell'uomo di Neanderthal!
Questo bellissimo modellino, realizzato con grande perizia dagli studenti del mio Liceo, vuole essere una rappresentazione plastica del dipinto "Concentric rings" di M.C. Escher (1953), ma vuiole anche visualizzare i celebri versi di Dante: « Surge ai mortali per diverse foci / la lucerna del mondo; ma da quella / che quattro cerchi giugne con tre croci... » (Par. I, 37-39). Dante, grande esperto di cosmologia tolemaica, vuole indicare il punto (foce) in cui si incontrano quattro cerchi celesti: l'equatore, l'eclittica (il piano in cui ruotano i pianeti), il coluro equinoziale (il meridiano che passa per il punto equinoziale) e l'orizzonte: i primi tre intersecano il quarto nel punto cardinale di levante, formando tre croci!
La foto scattata il 31 luglio 2006 da Lorenzo Mainini illustra lo straordinario orologio astronomico di Praga (in lingua ceca Staroměstský Orloj, "Orologio della città vecchia"), costruito nel 1410 dal Mikuláš z Kadaň e da Jan Šindel, uno dei monumenti più significativi della capitale ceca. È composto da tre elementi principali: il quadrante astronomico, che oltre all'ora fornisce le posizioni in cielo del Sole e della Luna ed altre informazioni astronomiche; il "Corteo degli Apostoli", un meccanismo che, allo scoccare di ogni ora, mette in movimento delle figure rappresentanti i dodici Apostoli; e un quadrante inferiore (il calendario) composto da dodici medaglioni raffiguranti i mesi dell'anno. Davvero un capolavoro di ingegneria!
Lo strumento che si vede qui a fianco è un cronometro intercontinentale realizzato su un sottile foglio di metallo da Aristide d'Ettorre negli anni '30 del secolo scorso, ed è di proprietà dell'amico Luciano di Caserta, che mi ha cortesemente spedito una sua fotografia e mi ha autorizzato alla pubblicazione. Esso serve per trovare l'ora di una qualsiasi città del mondo semplicemente ruotando la lancetta (nella metà destra della foto, che rappresenta il retro, sono chiaramente indicate le istruzioni per il suo utilizzo). Questo perchè nel 1884 a Filadelfia fu deciso di dividere il globo in fusi orari, in modo da agevolare i viaggi e le relazioni internazionali. Si tratta davvero di un pezzo da museo, che sono fiero di poter esporre in questo Aemadio Virtuale.
Questa foto ritrae l'amico Sandro Degiani nel 1992 "a cavallo tra Est ed Ovest", come lui stesso mi ha scritto; quella linea scura che scorre tra le sue gambe rappresenta infatti il meridiano zero o meridiano di Greenwich, a partire dal quale si contano le longitudini. Esso fu stabilito nell'ottobre del 1884 durante la Conferenza Internazionale dei Meridiani a Washington, alla presenza di 41 delegati provenienti da 25 paesi, incluso il Presidente degli Stati uniti d'America (la Francia però accettò di usare il meridiano di Greenwich solo a partire dal 1911).
Quello ritratto in questa immagine è il monumento funebre, che si trova nella Basilica di San Pietro a Roma, di Papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, (13/5/1572-10/4/1585). Cosa c'entra in questo armadio virtuale? C'entra eccome, perchè fu lui a realizzare la riforma del calendario giuliano, il quale prevedeva un anno più corto di quello solare di circa 11 minuti; questi, accumulandosi negli anni, avevano finito per provocare uno slittamento delle date degli equinozi di 10 giorni, con evidenti ripercussioni sul calcolo della data della Pasqua. Per risolvere il problema, questo Papa fece "saltare" dieci giorni, imponendo che al 4 ottobre segua immediatamente il 15 ottobre 1582. La riforma, studiata dall'astronomo gesuita Cristoforo Clavio, prevede che siano bisestili solo gli anni secolari divisibili per 400: nacque così il calendario gregoriano, oggi in uso.
L'astronomia è la scienza che studia il moto dei corpi celesti facendo ricorso alle leggi della Meccanica. Naturalmente in questo Armadio Virtuale non si può non includere questo ormai storico modello dei moti della Terra, che raffigura tutta la volta celeste su di un modellino di forma ellittica per via della Prima Legge di Keplero (se volete, scaricate da qui una presentazione dedicata alle Tre Leggi di Keplero). Il suo svantaggio è che si tratta di un modello bidimensionale.
Questo invece è un modellino davvero eccezionale di elioplanetario, cioè a tutti gli effetti un piccolo planetario in miniatura da mostrare agli studenti per illustrare i movimenti della Terra e quelli (apparenti) della volta celeste. Anche qui sono segnati i nomi e le forme delle costellazioni, e sono indicati anche i mesi dell'anno nei quali sono visibili dalle nostre latitudini. Davvero una chicca per gli studenti di geografia astronomica (e non solo!) Se volete, scaricate da qui una presentazione che illustra l'evoluzione dei modelli cosmologici nel corso dei secoli.
In questa duplice fotografia vedete l'elioplanetario soprastante, o meglio la calotta trasparente superiore, utilizzata con un semplice stratagemma per illustrare la disposizione in cielo degli asterismi senza bisogno di recarsi davvero in un planetario, come quello di Milano di cui si è parlato sopra. Mi è bastato appoggiare la suddetta cupola sopra il perimetro cilindrico di plastica nera dell'elioplanetario, rialzato per mezzo di un apposito supporto, e porre sotto di esso il mio smartphone con la torcia accesa. La sua luce è stata sufficiente per proiettare tutto ciò che era disegnato sulla cupola sul soffitto del laboratorio di Fisica, come si vede nella foto sottostante!
Ed ecco l'effetto della suddetta proiezione, da me effettuata l'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale 2022 per la mia 3 A a.s. 2022/23! Certo, il problema è che le aule scolastiche portano appese le luci al neon, e non è certo possibile smontarle per effettuare questa proiezione, però gli spazi tra le lampade sono sufficienti (spostando anche opportunamente la cupola di plastica trasparente) per tenere un'originale lezione sulle costellazioni e sui loro significati storici e mitologici, indicando di volta in volta le stelle e gli asterismi con un comune laser rosso!
Questo è un quadrante utilizzato per osservazioni e misurazioni astronomiche, realizzato nel 1667 da Carlo Renaldini e conservato nel Museo Galileo di Firenze, dove è stato fotografato dalla mia allieva Sara Scampini (5 G a.s. 2011/12). Esso serviva per misurare l'altezza angolare di un corpo celeste rispetto alla linea dell'orizzonte, e quindi era indispensabile per i marinai, oltre che per gli astronomi. Questo esemplare di grandi dimensioni era dotato anche di una bussola.
Anche la sfera armillare qui ritratta si trova al Museo Galileo di Firenze. Si tratta di un modellino della sfera celeste inventato da Eratostene, il cui nome deriva dal latino armilla ("braccialetto"), perchè essa è formata da cerchi metallici graduati rappresentanti i paralleli, i meridiani e l'eclittica, con la Terra al centro. Si tratta di un'evidente rappresentazione del sistema geocentrico; una sfera armillare è presente a tutt'oggi nella bandiera del Portogallo. Questo esemplare in legno dorato, proveniente dalle collezioni medicee, fu costruito nel 1593 da Antonio Santucci, per volere di Ferdinando I de' Medici.
I modellini dei moti celesti si sprecano. Questo è stato fotografato da Gaia Macchi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano, e consta in un ingegnoso meccanismo che sincronizza perfettamente il moto di tre piccoli globi, i quali rappresentano rispettivamente il sole, la terra e la luna; la manovella, chiaramente visibile sulla sinistra, serviva a mettere in moto tutto il meccanismo. Anche queste realizzazioni, spesso commissionate per potenti affatto digiuni di cultura diversa da quella militare, oggi ci appaiono più come meravigliose opere d'arte, piuttosto che come effettivi strumenti didattici.
Una versione gigante dei modellini precedentemente mostrati è ripresa in questa fotografia: lo spettacoloso marchingegno, in cui tutto è perfettamente in scala fuorché le dimensioni dei pianeti, è stato gentilmente messo a disposizione dal GAT (Gruppo Astronomico Tradatese). La cosa curiosa di questo sistema solare in miniatura, con tanto di sole che si illumina, è il fatto che Plutone è ancora annoverato tra i pianeti, nonostante il suo declassamento a "pianeta nano" avvenuto il 24 agosto 2006.
L'animazione, tratta dal sito della NASA, rappresenta la prova inconfutabile della Seconda Legge di Keplero. Infatti illustra il fenomeno delle librazioni della Luna, per il quale il satellite oscilla a destra e a sinistra come una bilancia (in latino libra). Ciò è dovuto al fatto che il moto di rotazione è uniforme, ma quello di rivoluzione no, perchè la Luna è più veloce al perigeo e più lenta all'apogeo, anche se entrambi hanno lo stesso periodo. Ciò spiega le curiose oscillazioni qui documentate!
Quest'altra animazione, tratta anch'essa dal sito della NASA, illustra magnificamente il fenomeno delle fasi di Venere, la cui scoperta, assieme a quella delle montagne della Luna, delle macchie solari e dei satelliti medicei di Giove, condusse Galileo a trovare le prove decisive a favore del sistema copernicano, da lui pubblicate nel "Sidereus Nuncius" (1610).
Il moto retrogrado dei pianeti (in questo caso Marte nell'estate 2003) fu uno dei fenomeni più difficili da spiegare per gli antichi astronomi; Claudio Tolomeo (II sec. d.C.) aveva introdotto gli epicicli proprio per cercare di interpretarlo tramite una combinazione di moti circolari uniformi. Copernico dimostrò che la spiegazione è assai più semplice se si ammette che Marte ruoti attorno al Sole più lentamente della Terra. Cliccate qui per vedere un'animazione che illustra questa spiegazione.
Riprendendo la posizione del Sole alla stessa ora ogni giorno, è facile accorgersi che esso cambia posizione. La linea tracciata da questo movimento nel corso dell'anno è chiamata analemma, ed è ben visibile in questa foto ottenuta combinando fotografie riprese in Ucraina dall'agosto 1998 all'agosto 1999 da Vasilij Rumyantsev dell'Osservatorio di Crimea. La curiosa forma ad otto è dovuta alla combinazione tra il moto di rivoluzione terrestre e l'apparente oscillazione dell'asse terrestre nel corso di un anno; naturalmente il Sole appare alla sommità dell'analemma in agosto e all'estremità inferiore in inverno. L'analemma cambia da un luogo all'altro della Terra e a seconda dell'ora del giorno scelta per riprendere il Sole. La conoscenza del fenomeno dell'analemma è fondamentale per la costruzione delle meridiane (vedi).
Il Sole, la nostra stella, è un'immensa palla di idrogeno con un raggio di 696.000 Km ed una massa pari a 333.000 volte quella della Terra. In questa foto scattata dal satellite SOHO nell'ottobre 2002 vediamo un'impressionante protuberanza, un filamento di fuoco che si stacca dalla superficie solare e segue le linee di forza del campo magnetico solare. Esso può essere lungo centinaia di migliaia di Km: quello in figura misura quanto 40 terre allineate!
Ed ecco una macchia solare, una depressione della superficie solare che risulta un po' meno calda e luminosa della materia circostante; sono provocate dal campo magnetico solare, che impedisce ai gas più caldi di entrare in esse. Naturalmente anche le macchie sono incandescenti, ma appaiono chiare rispetto alle regioni circostanti. Possono essere più grandi della Terra e di solito durano pochi giorni. Tutt'attorno si vedono i granuli, le sommità delle celle convettive nella calda materia solare.
Ed ecco il nostro azzurro pianeta che sorge dall'orizzonte della Luna, ripreso dagli astronauti dell'Apollo 8 Frank Borman, James Lovell e William Anders, i primi esseri umani della storia a girare attorno al nostro brullo satellite (nella notte di Natale del 1968 essi lessero nello spazio alcuni brani della Genesi). Questa fu la prima volta che il pianeta Terra venne visto da occhi umani nello spazio remoto: un regalo meraviglioso di Natale a tutta l'umanità.
Prima delle imprese astronautiche, la sfericità della Terra veniva asserita osservando l'orizzonte curvo e l'ombra circolare proiettata sulla Luna durante le eclissi; ma la prova definitiva venne solo al principio del XVI secolo con i viaggi di circumnavigazione. In questo pannello, realizzato dagli studenti del mio Liceo in occasione della mostra per il bicentenario della nascita di Charles Darwin, vediamo il periplo del globo compiuto dal grande scienziato fra il 27 dicembre 1831 e il 2 ottobre 1836 a bordo del brigantino "Beagle".
Questa straordinaria fotografia di Yuichi Takasaka dimostra la rotazione della Terra sul suo asse: una fotocamera fissata su un treppiede con l'otturatore aperto è in grado di registrare le scie di luce lasciate nel corso di una notte dalla stelle, dovute in realtà alla rotazione del nostro pianeta; la stella ferma attorno a cui tutte le altre girano è la stella Polare. Il fotografo però è riuscito a riprendere anche l'immagine di una straordinaria aurora boreale, perchè la foto è stata scattata ad alte latitudini, nel Territorio Canadese dello Yukon. Fantastico, non è vero?
Al planetario di Milano (vedi sopra) si può vedere questo schermo che illustra in ogni istante della giornata la parte illuminata e quella in ombra del pianeta Terra. La linea di separazione tra le due parti viene chiamata linea del terminatore. Questo gioiellino si deve ad una donazione della Lorenz S.p.A. di Milano, che ringrazio vivamente.
Si ha il solstizio (dal latino: "sole fermo") quando il Sole raggiunge la più bassa e la più alta declinazione nel cielo del nostro pianeta: in entrambi i casi, sembra "fermarsi" nel cielo per poi riprendere ad arrampicarsi o a ridiscendere lungo il cielo. Nel primo caso si parla di solstizio d'inverno (21 dicembre nell'emisfero boreale), nel secondo caso di solstizio d'estate (21 giugno). In questa bellissima immagine composita si vede il percorso in cielo del sole il giorno del solstizio invernale (quando il periodo di luce è il più corto dell'anno) del 2005, visto da Santa Severa, nel Lazio. Roba da togliere il fiato!
Questo non è un disco volante, bensì una spettacolosa aurora boreale ripresa sopra la città canadese di Winnipeg, posta a 50° di latitudine nord, e quindi più a sud di Praga. Questo impressionante fenomeno è dovuto all'urto delle particelle del vento solare contro l'alta atmosfera terrestre.
Un fenomeno celeste davvero meraviglioso è l'eclisse di Sole, causata dal perfetto sovrapporsi della Luna sul Sole. Il fenomeno è possibile per una curiosa coincidenza: la luna è 400 volte più piccola del sole, ma è anche 400 volte più lontana, per cui essi in cielo hanno la stessa dimensione apparente e possono sovrapporsi perfettamente. Questa è un'eclissi ibrida, cioè appare totale da alcune regioni del pianeta (a sinistra), anulare da altre (a destra): solo il 5 % delle eclissi è ibrida.
Il 21 giugno 2001 ci fu un'eclisse di Sole visibile dall'Africa meridionale, e qui vediamo tutto l'evolvere dello straordinario fenomeno grazie ad una fotografia ad esposizioni multiple; le singole immagini sono state catturate a circa un minuto l'una dall'altra. La sequenza sembra quasi terminare tra le fronde di una grande acacia presso Chisamba, nello Zambia. Presso gli antichi il fenomeno veniva spiegato nei modi più fantasiosi; i Cinesi ad esempio erano convinti che l'eclisse fosse causata da un dragone che tentava di inghiottire il Sole, e per questo scendevano in piazza e facevano più fracasso possibile, per cercare di... spaventare il drago. Forse non ci crederete, ma ancora nel '900 durante le eclissi le navi della marina cinese sparavano in aria!
Qui invece vediamo alcune immagini dell'eclisse di Sole avvenuta venerdì 20 marzo 2015. Essa risultò totale solo per gli osservatori posti nelle remote Isole Svalbard, nell'Oceano Glaciale Artico, mentre alle latitudini italiane l'eclisse risultò parziale, e in buona parte rovinata dal maltempo. Sulla sinistra potete vedere le successive fasi dell'eclisse riprese dal mio studente Luca Casolo Ginelli in gita a Berlino, dove il cielo era limpido e la Luna ha eclissato maggiormente il Sole; sulla destra invece vedete la "falce di Sole" tra le nubi in uno scatto ripreso a Napoli e inviatomi dal mio amico Raffaele.
Così appare la Terra durante un'eclisse di Sole. Quella che si vede in questa fotografia ripresa dalla storica stazione spaziale russa Mir ("pace") durante l'eclisse dell'11 agosto 1999, visibile anche dall'Italia, è l'ombra proiettata dalla Luna sul nostro pianeta, ombra che si muove sulla superficie terrestre alla velocità di 2000 Km all'ora. Le zone che si trovano all'interno del circolo scuro vedono un'eclisse totale, quelle sui bordi vedono invece un'eclisse parziale.
Dopo l'eclisse di Sole, ecco una spettacolare eclisse di Luna ripresa in Grecia il 4 maggio 2004 da Anthony Ayionamitis. Il fenomeno è dovuto al passaggio della Luna dentro il cono d'ombra proiettato dalla Terra, ed è assai più frequente dell'eclisse di Sole. Si noti che, durante l'eclisse, la Luna assume un tipico colore rossastro a causa della rifrazione della luce solare attraverso l'atmosfera terrestre (lo stesso fenomeno che provoca il rossore al tramonto).
Sempre sullo stesso tema, mi sembra giusto aggiungere a questo Armadio Virtuale sei fotografie dell'eclisse totale di Lina del 3 marzo 2007, riprese dalla mia brillante studentessa Vanessa Guadagnin, che ringrazio per avermele inviate. Si vede in modo veramente nitido la luna che entra nel cono d'ombra prodotto dalla Terra, e diventa completamente rossa!
Lo strumento qui raffigurato si deve ancora una volta alla cortesia del GAT, ed è un dimostratore di eclissi. Si vede sulla sinistra il Sole, che si illumina quando il dispositivo ruota, sulla destra la Terra ed in mezzo la luna, in rotazione intorno alla Terra. Quando la Luna viene a trovarsi tra Terra e Sole, o quando è la Terra a interporsi tra il Sole e la Luna, si ha l'eclisse. In realtà non si hanno due eclissi per ogni rivoluzione lunare a causa dell'inclinazione del piano orbitale lunare sull'eclittica.
Ed ecco un altro modellino per eclissi di luna, assai più rudimentale del precedente ma comunque efficace, realizzato dagli studenti del mio Liceo. A sinistra si vede la Terra, al centro la Luna, a destra il Sole, rappresentato da una lampadina. Accendendo la lampadina è facile vedere come la Luna, in quella posizione, eclissa la Terra!
Questa è la Luna, il grande satellite della Terra (ha un raggio pari al 25 % di quello terrestre, anche se la sua superficie è inferiore a quella dell'Asia). Le ampie zone scure sono i mari, un tempo ritenuti oceani come quelli terrestri, ma oggi riconosciuti come bassopiani riempiti di lava effusa all'alba del sistema solare; al centro si vede il Mare della Tranquillità dove sbarcò l'Apollo 11. Questa bella foto scattata da Johannes Schedler del Panther Observatory ha questa caratteristica: le differenti colorazioni delle rocce lunari sono state esagerate per metterne in evidenza la differente composizione chimica: ad esempio, il blu indica zone ricche di titanio, che un giorno potrebbe diventare conveniente estrarre.
L'astronomo Anthony Ayiomamitis ha scattato nel giugno 2008 quest'incredibile fotografia della Luna piena, rossa come se fosse incandescente, che sorge presso capo Sounion, in Grecia, accanto alle rovine del Tempio di Poseidone. Com'è noto, la Luna appare molto più grande quando è vicina all'orizzonte rispetto a quando è alta nel cielo; si parla di "illusione lunare", e normalmente è spiegata considerando che presso l'orizzonte il cervello umana compara la Luna con gli oggetti sulla Terra, facendola apparire più grande, mentre quando è alta non ha termini di paragone, ed essa ci appare più modesta. 
Gli astronauti della missione Apollo 17, avvicinandosi al luogo del loro allunaggio, ripresero questa stupenda foto del cratere Copernico, uno dei più grandi del nostro satellite, originato miliardi di anni fa dall'impatto con un asteroide di notevoli dimensioni, e da allora rimasto tale e quale per l'assenza di attività tettonica e di atmosfera sull'unico satellite della Terra. Per saperne di più sulla geologia lunare, consultate il pregevole sito dell'amico Giuseppe Turdo.
Nel dicembre del 1972 gli astronauti Eugene Cernan ed Harrison Schmitt dell'Apollo 17 furono gli ultimi uomini, fino al momento presente, a mettere piede sul brullo suolo lunare, nella valle di Taurus-Littrow. Qui Cernan è fotografato da Schmitt sullo sfondo delle Colline Scolpite, mentre alla sua sinistra si vede il Lunar Rover con l'antenna ad alto guadagno a forma di ombrello. La missione fece ritorno con 110 Kg di rocce lunari: il canto del cigno dell'esplorazione umana della Luna.
A proposito di esplorazione lunare, ecco due magnifici modellini in Lego del Saturno V, il razzo che portò gli uomini sulla Luna, e del Lem (Lunar Excursion Module), il il lander delle navicelle spaziali Apollo. Entrambi i modellini risalgono alla seconda metà degli anni settanta, quando ormai l'esplorazione umana della Luna era stata abbandonata, e sono di proprietà dell'autore di questo sito.
Cos'è mai quella sfera arancione che emerge dietro l'orizzonte lunare in questa fotografia ripresa da Ron Dantowitz del Clay Center Observatory (Florida)? Si tratta del pianeta Marte, ripreso durante la grande opposizione dell'estate 2003 che lo portò vicinissimo al nostro pianeta, più vicino di quanto era mai stato negli ultimi 50.000 anni. Il polo sud ghiacciato di Marte è visibile immediatamente al di sopra dei dirupati crateri lunari: due mondi che sembrano andare a braccetto...
Questa immagine del pianeta Mercurio risulta dalla sovrapposizione di moltissime fotografie scattate tra il 1974 e il 1975 dalla sonda spaziale americana Mariner 10, che visitò anche Venere. Esso presenta un aspetto simile a quello della Luna, costellato com'è di crateri di origine meteoritica e vulcanica. I mari (il maggiore è il mare Caloris) appaiono solcati da corrugamenti, forse prodotti dagli enormi sbalzi di temperatura. Nonostante questa foto, il pianeta Mercurio risulta ancora in larga parte sconosciuto (è così vicino al sole che si dice Copernico non sia mai riuscito a vederlo!)
Ed eco una straordinaria fotografia composita, ripresa grazie al radar imbarcato sulla sonda Magellano della NASA, che mostra il pianeta Venere come apparirebbe se fosse priva di nubi. Enormi colate laviche si alternano a regioni fortemente montuose: un panorama spettrale, la cui temperatura è prossima a quella di fusione del piombo a causa dell'effetto serra: altro che pianeta dell'amore!
Questa fotografia è stata scattata dall'autore di questo sito la sera del 31 dicembre 2011. A sinistra si vede un suggestivo tramonto, con l'orizzonte del colore dell'oro, sopra il quale fa capolino il pianeta Venere; a destra il sole è già tramontato e il pianeta è ripreso in notturna. Entrambe le foto sono riprese dalla veranda della casa dell'autore di questo sito.
Anche quest'immagine è stata ripresa dall'autore di questo sito, la sera del 25 febbraio 2012, e mostra una magnifica congiunzione tra Luna e Venere. Naturalmente Venere è molto più lontana da noi del nostro satellite, ma i due mondi sembrano prossimi a toccarsi! Nel riquadro si vede un ingrandimento di Venere che mostra chiaramente una delle sue fasi (l'astro è prossimo ad essere pieno), ed è possibile scorgere anche il fenomeno della luce cinerina: tutta la rotondità lunare appare distinguibile grazie alla luce del Sole riflessa dalla Terra sul satellite e rimandata ai nostri occhi!
Questo è il terzo pianeta del sistema solare, Marte, definito da una trasmissione satirica "rosso pianeta bolscevico e traditor" per la sua colorazione rossa dovuta ai sali di ferro che predominano nel suo aspro suolo roccioso e sabbioso. La fotografia, ripresa dalla sonda Mars Global Surveyor, illustra l'arrivo della primavera nell'emisfero sud del pianeta. Già gli astronomi dell'ottocento avevano osservato che esso dispone di un ciclo stagionale simile a quello terrestre, e ciò aveva alimentato le ipotesi circa l'esistenza su di esso di una civiltà avanzata; ipotesi che è stata smentita dalle esplorazioni novecentesche.
Nel gennaio 2004 atterrarono su Marte i due robottini NASA Spirit e Opportunity, nell'ambito della Mars Exploration Rover Mission, e dopo due anni e mezzo essi, incredibilmente, funzionano ancora. Opportunity ha esplorato il Meridiani Planum, attraversando tutti i 13o metri del cratere Endurance; in questa foto possiamo vedere appunto i dirupati bordi del cratere. Entrambi i robottini hanno raccolto prove inconfutabili del fatto che un tempo su Marte esisteva acqua allo stato liquido.
Siamo abituati a planisferi che rappresentano la superficie terrestre nella sua totalità; invece, questo suggestivo planisfero ci mostra la totalità della superficie di Marte ripresa dalla sonda Mars Global Surveyor. Si vedono le calotte polari e l'immenso canyon Valle Marineris. Le "terre" coprono circa i due terzi della superficie del pianeta; il resto è occupato da zone oscure ("mari"), numerose soprattutto nell'emisfero australe.
Nel 1977 la sonda Viking I della NASA, in avvicinamento al pianeta Marte, fotografò quella che a molti apparve come la prova dell'esistenza di una civiltà evoluta sul Pianeta Rosso in tempi remoti: una colossale sfinge marziana nella pianura di Cydonia. Questa celebre foto scatenò l'entusiasmo di ufologi e ciarlatani i quali sostennero che anche la sfinge di Gizah era opera degli alieni, così come la maggior parte dei monumenti megalitici terrestri, che sembravano troppo imponenti per essere stati costruiti nell'età del rame o addirittura nell'età della pietra. Indubbiamente affascinante, ma...
...ma la realtà era ben diversa. Nel 2001, infatti, Mars Global Surveyor dimostrò che la presunta "faccia" aliena era in realtà una collina del tutto naturale, erosa dalle tempeste di sabbia che scuotono l'atmosfera di Marte. Si tratta insomma nient'altro che di un palese caso di pareidolia. E così ci ritroviamo ancora più soli nel sistema solare.
Ed ecco una ipotetica vista su Marte dei robottini genelli Spirit ed Opportunity, della NASA, che si posarono sul suolo marziano rispettivamente il 4 e il 25 gennaio e il febbraio 2004 (i loro nomi precisi sono Mars Exploration Rover-A e B). Il loro scopo, come detto, è quello di esplorare il suolo marziano e scoprire eventuali tracce di acqua nel passato del pianeta.
Marte ha due piccole lune, Phobos (fuga) e Deimos (Terrore), i figli del dio Marte secondo l'Iliade omerica. Sono molto irregolari, e ciò ha fatto pensare che siano due asteroidi catturati dall'attrazione gravitazionale del pianeta. Questa è Phobos, ripresa dalla sonda ESA Mars Express; essa dista dal pianeta soltanto 5.800 Km, e percorre ben tre rivoluzioni al giorno. Secondo alcuni essa è condannata a schiantarsi sulla superficie del pianeta, ma tra più di 100 milioni di anni.
L'asteroide Eros, con cui una sonda ha avuto un incontro ravvicinato nel 2001, è il primo nel suo genere esplorato da vicino da un manufatto della civiltà umana. L'impatto di un "sasso spaziale" di questo genere con la Terra spazzerebbe via ogni forma di vita dalla sua superficie.
Questa foto ripresa dallo Shuttle (se ne vede l'aletta in basso a sinistra) mostra il lago Manicouagan, nel Labrador, la cui forma tradisce chiaramente la sua origine, dovuta all'impatto con un meteorite di notevoli dimensioni avvenuto nell'Era Terziaria. I meteoriti orbitano attorno al Sole su orbite piuttosto allungate e, in casi eccezionali, possono impattare con i pianeti lasciando cicatrici come questa. Talora l'impatto con la Terra fu tanto catastrofico da causare delle estinzioni di massa.
Ecco una fotografia storica, che testimonia il più disastroso fra tutti gli eventi di impatto recenti. A Tunguska, nella Siberia Orientale, il 30 giugno 1908 una terrificante esplosione, 1000 volte più violenta di quella dell'atomica di Hiroshima, carbonizzò tutti gli alberi nel giro di 40 Km, come si vede nella foto. Si pensa che a provocare il disastro sia stato un meteorite di almeno 100 m di diametro, che scavò un cratere oggi occupato da un lago, il lago Cheko. 
In questa galleria non poteva mancare la foto di una vera meteorite, tra l'altro di dimensioni eccezionali, pesando oltre 15 Kg (di solito l'attrito con l'atmosfera le frantuma e le riduce a dimensioni piccolissime). Le meteoriti, in base alla loro composizione, vengono distinte in sideriti, costituite essenzialmente da leghe ferro-nichel; litosideriti, costituite per metà da leghe ferro-nichel e per metà da silicati di ferro e magnesio; aeroliti o meteoriti litoidi, costituite essenzialmente da silicati di ferro e magnesio. Alcuni sognano di "catturare" queste meteoriti per sfruttarle come inesauribili miniere di ferro!
Anche questo è un bell'esempio di meteorite ma, a differenza della precedenti, ha dimensioni davvero esigue: solo pochi centimetri. Si tratta in questo caso di una micrometeorite, cioè dell'ultimo frammento di una meteorite più grande, del tutto consumata dall'attrito con l'atmosfera. Si tratta ovviamente del tipo più frequente di "ciottoli spaziali". Questa è stata raccolta in Colorado nel 1940 e, come la precedente e la successiva, è stata fotografata durante la mia visita alla mostra "L'esplorazione del Sistema Solare" organizzata a Tradate (VA) dal GAT, e come il notevole meteorite della foto precedente è di proprietà del dottor Roberto Crippa, Presidente dell'Osservatorio di Tradate "FOAM13", che ringrazio vivamente.
Una foto eccezionale, che rappresenta nientemeno che un meteorite di origini marziane, trovato in Oman il 24 gennaio 2000, e la cui autenticità è stata comprovata da attenti studi (vedi per esempio qui). Anch'esso è di proprietà di Roberto Crippa. Esso è composto da un minerale chiamato shergottite, che sulla Terra non si trova. Come ha fatto ad arrivare sino a noi? Si pensa che un meteorite abbia colpito milioni di anni fa la superficie marziana, sollevando frammenti di roccia alcuni dei quali finirono in orbita a causa della bassa gravità marziana: dopo una lunga peregrinazione nello spazio, esso avrebbe finito per cadere proprio sul nostro pianeta!!
Non poteva certo mancare in questo Armadio Virtuale il celebre fotomontaggio di immagini riprese nel 1981 dalla sonda Voyager 2, passando in prossimità di Giove, il maggior pianeta del sistema solare. Qui si vedono tutti i satelliti Medicei, scoperti da Galileo nel 1610 e da lui dedicati alla famiglia Medici: da sinistra Io, Ganimede, Europa e Callisto. Ora li vedremo uno per uno nel dettaglio.
L'atmosfera di Giove è squassata da terribili turbolenze. La più famosa di tutte è la grande macchia rossa, un sistema di circolazione atmosferica che turbina da quasi 400 anni; nessuno finora è riuscito a spiegare la persistenza di una simile tempesta extraterrestre. Quello che è certo è che essa potrebbe contenere tranquillamente tre Terre. Altro che "tempesta perfetta"!
In quest'immagine ho fotografato la congiunzione di Giove e Venere visibile sopra casa mia (se ne intravede il tetto in basso a sinistra) la sera di sabato 10 marzo 2012. I due astri più splendenti del nostro cielo dopo il Sole e la Luna si sono fatti compagnia dopo un lungo avvicinamento durato tutto l'inverno 2011/12, e da me seguito passo passo. La foto è stata scattata con una fotocamera da 12 Megapixel a 7 ingrandimenti montata su treppiede. Enjoy it!
Ed ecco un'altra foto scattata dal sottoscritto il 17 dicembre 2020, che riprende la congiunzione di Giove e Saturno visibile in quei giorni.  Oltre alla straordinaria congiunzione sono riuscito a catturare la falce di Luna, crescente e illuminata al 12 %, e addirittura il fenomeno della "luce cinerina", che fu interpretato per la prima volta da Galileo. L'immagine ci dà un'idea di quale spettacolare fenomeno astronomico probabilmente annunciò ai Magi la nascita di Gesù Bambino!
Ecco a voi una fotografia di Giove e dei suoi satelliti ripresa dal mio allievo Mattia Lavarda (5 G a.s. 2011/12) con il suo telescopio. L'immagine è "mossa" perchè i corpi celesti si sono mossi nel cielo durante l'esposizione. La striscia a sinistra è Ganimede, quella sopra il pianeta è Callisto, quella a destra è Europa, e quella parzialmente offuscata dalla luce di Giove è Io, il più vicino al suo pianeta. Complimenti al fotografo!
E questo è Io, il più famoso dei satelliti medicei di Giove, ripreso dalla sonda Galileo. La sua superficie appare gialla a causa dello zolfo eruttato dai vulcani di cui Io è butterato, e che fanno entrare questo satellite poco più grande della luna terrestre nel ristretto club dei corpi geologicamente attivi del sistema solare. Ma come mai?
Ecco un ingrandimento di uno dei maggiori vulcani di Io, denominato Culann Patera. Oggi sappiamo che la forte attività vulcanica del satellite è da imputarsi al potentissimo influsso gravitazionale del vicino pianeta gigante, che in pratica attira un emisfero più dell'altro e provoca un tale attrito, da fondere le rocce e produrre queste esotiche eruzioni!
Lanciata nel 1989, la sonda Galileo esplorò il sistema gioviano dal 1995 al 2003, con risultati eccezionali. In particolare la sonda ha confermato l'ipotesi formulata dopo le osservazioni di Voyager 1 e 2, e cioè che, sotto la crosta ghiacciata che ricopre il satellite Europa, si nasconda un profondo oceano di acqua salata, mantenuto liquido dall'attrito causato dalle potentissime forze mareali del pianeta Giove. Purtroppo nuove missioni verso Europa sono state cancellate dalla NASA per mancanza di fondi, e così, come ha scherzato un astronomo, per gustare le trote di Europa ci sarà ancora da aspettare...
Ganimede è il nome del bellissimo fanciullo troiano che fu rapito in cielo da Zeus per diventare il coppiere degli dei. Come canta Dante: « Ed esser mi parea là dove fuoro / abbandonati i suoi da Ganimede, / quando fu ratto al sommo consistoro » (Purg. IX, 22-24) Ganimede però, con i suoi 5262 Km di diametro, è anche il maggiore di tutti i satelliti del sistema solare, ed è più grande persino di Mercurio: un vero pianeta! Ganimede presenta un'alternanza di regioni chiare e scure; quelle scure sono assai craterizzate, quindi molto antiche, mentre quelle chiare presentano una serie di scanalature molto somiglianti alle linee di faglia terrestri; esse potrebbero dunque essere la traccia di un'antica attività geologica.
La serie dei satelliti medicei finisce con Callisto ("bella bocca"), nome di una ninfa amata da Zeus. Esso sembra avere la stessa età di Io, ma la sua superficie fortemente craterizzata rivela differenze enormi rispetto a quella del suo fratello cosmico. La superficie di Io infatti è molto giovane, senza crateri da impatto, continuamente ricoperta dalla lava dei suoi vulcani, mentre quella di Callisto è antichissima, in pratica si tratta di un unico, immenso oceano ghiacciato e presenta la più alta densità di crateri da impatto dell'intero sistema solare. Anche questa foto è stata scattata da Galileo.
Così, dopo un viaggio interplanetario durato sette anni, il magnifico pianeta Saturno, il "Signore degli Anelli", apparve agli occhi della sonda Cassini, frutto di una collaborazione tra NASA, ESA ed Agenzia Spaziale Italiana. Oggi sappiamo che Saturno non è l'unico pianeta ad avere anelli: si tratta anzi di una struttura comune a tutti i giganti gassosi. Nessuno tuttavia può vantare degli anelli così splendidi, larghi 270.000 Km eppure spessi solo qualche chilometro!
Ogni luna di Saturno sembra avere il suo mistero da risolvere. Questa è Rea, la seconda luna di Saturno dopo Titano, ed il suo mistero consiste nelle insolite strutture circolari a grande raggio sulla sua superficie, ripresa dalla sonda Cassini. Oggi sappiamo che Rea è composta soprattutto da ghiaccio d'acqua; forse ha anche un piccolo nocciolo roccioso. Si noti che Rea volge sempre la stessa faccia a Saturno, e che l'emisfero opposto al pianeta è assai più craterizzato dell'altro. Strano, eh?
Titano, qui ripreso nell'infrarosso dalla sonda Cassini, è sicuramente uno dei corpi celesti più singolari dell'intero sistema solare. Si tratta del maggiore dei satelliti di Saturno, ma sicuramente si tratta di un vero e proprio pianeta: è più grosso di Mercurio ed è dotato di una vera e propria atmosfera, assai spessa e densa, fatta di idrocarburi che sulla superficie di questo strano mondo danno probabilmente vita ad un ciclo simile a quello dell'acqua.
Il 14 gennaio 2005 la sonda Cassini ha sganciato nell'atmosfera di Titano il modulo Huygens, realizzato dall'Agenzia Spaziale Europea, che è giunto fin sulla superficie del satellite e ci ha trasmesso immagini spettacolari, tra cui questo panorama visto dall'alto: si vede una fitta rete di fiumi che confluiscono in veri e propri oceani di idrocarburi allo stato liquido (una specie di catrame). Qui è in atto un vero e proprio ciclo del metano analogo al ciclo dell'acqua terrestre! 
Ed ecco un'immagine ripresa da Huygens al termine della propria discesa nell'atmosfera titaniana, dopo essersi posato sul suolo del pianeta: la "cartolina spaziale" ci rivela un paesaggio incredibilmente simile a quello marziano. Quelli fotografati però probabilmente non sono sassi ma blocchi di idrocarburi congelati, visto che la temperatura superficiale di Titano è prossima ai - 190° C! Se volte, scaricate da qui il lavoro di una mia studentessa dedicato alla missione Cassini-Huygens.
Nel novembre 2005 la sonda Cassini ha compiuto un'altra scoperta straordinaria: anche Encelado, altro satellite di Saturno, ha dei "vulcani", che (grazie alla bassa gravità del satellite) "sparano" nello spazio delle fontane di... acqua liquida. Si pensa che queste particelle contribuiscano ad alimentare l'anello E di Saturno. La cosa più strana sta nel fatto che Encelado ha solo 500 Km di diametro, ed è una specie di "palla di neve cosmica". Si pensa che Encelado sia ancora geologicamente "vivo" perchè scambia materiale ghiacciato proprio con l'anello E e subisce il tremendo influsso gravitazionale di Saturno.
Prima di cambiare pianeta non possiamo fare a meno di osservare un magnifico modellino (alto più di due metri) della sonda Cassini, la quale ha fornito le stupende immagini precedenti, migliorando di molto la nostra conoscenza del più bello tra i pianeti del sistema solare. Esso è stato fornito dall'ASI, l'Agenzia Spaziale Italiana, che con la NASA e l'ESA ha collaborato per il progetto e la riuscita della missione. Lanciata da Cape Canaveral il 15 ottobre 1997, impiegò quasi sette anni per raggiungere il pianeta con gli anelli, poiché sfruttò le spinte gravitazionali di Venere (due volte), della Terra e di Giove per giungere a destinazione risparmiando il più possibile sul carburante. Il 1 luglio 2004 si inserì con successo nell'orbita saturniana, per poi sganciare, come si è detto, su Titano il modulo Huygens. La missione (questo il suo sito) si è rivelata uno straordinario successo, ed è previsto che duri fino al 2008, anche se gli scienziati sperano di poterla prolungare!
Lasciamo il "Signore degli Anelli" e raggiungiamo Urano, pianeta che non era noto agli antichi perchè non è visibile ad occhio nudo o comunque è ai limiti della visibilità di un "occhio di falco". Infatti, dopo essere stato più volte osservato e catalogato come stella, fu riconosciuto come pianeta da Wilhelm Herschel nel 1781. Le prime osservazioni ravvicinate di Urano furono compiute dalla sonda americana Voyager 2 durante il suo flyby del 24 gennaio 1986; le fotografie (come quella in esame) ci rivelarono un corpo dalla superficie quasi perfettamente uniforme, a differenza di Giove e Saturno, e circondato da anelli.
Da Terra erano stati scoperti i cinque maggiori satelliti di Urano, cui vennero dati i nomi di celebri personaggi di opere di Shakespeare: Miranda, Ariel, Umbriel, Titania ed Oberon. Voyager 2 nel 1986 scoprì altri dieci satelliti. Oggi, con l'aiuto del telescopio spaziale Hubble, si conoscono in tutto 18 lune di Urano. In quest'immagine d'insieme dall'osservatorio dell'ESO di Paranal, in Cile, si vedono ben sette satelliti del più piccolo tra i quattro giganti gassosi del sistema solare. È da notare che il suo asse di rotazione giace praticamente sul piano dell'eclittica, per cui è stato definito "il pianeta ruzzolante!"
Nettuno, l'ottavo pianeta del sistema solare, fu scoperto dall'astronomo berlinese Galle nella notte tra il 23 e il 24 settembre 1846, grazie ai calcoli di U. Le Verrier e J.C. Adams. Le immagini ravvicinate del quarto ed ultimo tra i giganti gassosi del sistema solare ci sono state inviate dalla sonda statunitense Voyager 2 durante il flyby del 25 agosto 1989; questa è una mappa dell'emisfero sud del pianeta, composta di varie fotografie riprese da circa 17.000 Km di distanza. La temperatura superficiale è di circa - 218° C, simile a quella di Urano che però è assai più vicino al Sole. Ciò ha fatto pensare che Nettuno abbia una sorgente interna di calore; perchè questo pianeta ce l'abbia e Urano no, è ancora un mistero.
Due ore prima del massimo avvicinamento a Nettuno, Voyager 2 riprese questa fotografia eccezionale, che mostra lunghe nubi azzurre simili ai cirri terrestri nell'alta atmosfera del pianeta. Si riescono ad intravedere persino le ombre proiettate da queste nuvole! L'atmosfera di Nettuno è composta in massima parte da idrogeno ed elio, anche se il colore azzurro intenso è dato dalle impurità di metano. L'ottavo pianeta vanta inoltre i venti più veloci di tutto il sistema solare: oltre 2000 Km all'ora!
Questa foto scattata da Voyager 2 costituì una vera e propria sorpresa per gli astronomi: infatti, benché Nettuno riceva soltanto il 3 % della luce solare che raggiunge Giove, anch'esso ha un'intensa attività atmosferica, come dimostra questo gigantesco ciclone, grande come l'intera Terra e chiamato "la grande macchia scura". Nel 1994 questa vasta tempesta era sparita, ma ne era sorta un'altra nell'emisfero settentrionale. Che cosa rende così turbolento questo gelido e remoto mondo?
La notte del 10 ottobre 1846 l'astronomo William Lassel, che cercava un anello intorno a Nettuno, vi trovò invece un satellite gigantesco, che battezzò Tritone. Anch'esso venne fotografato da Voyager 2 nell'agosto 1989; la sonda scoprì un suolo veramente esotico, definito "simile alla buccia del melone", composto di strani vulcani che eruttano ghiaccio anziché lava, probabilmente a causa delle interazioni gravitazionali con Nettuno. Tritone ruota intorno ai poli di Nettuno anziché attorno al suo equatore, e ciò ha fatto pensare che sia stato catturato dal pianeta. Forse ha qualche lontana parentela con Plutone.
La serie dei pianeti del Sistema Solare si chiudeva un tempo con Plutone, ma il 24 agosto 2006 esso è stato declassato a "pianeta nano". Nel maggio 2005 sono state scoperte due nuove lune di Plutone, oltre alla già nota Caronte che con Plutone forma un vero e proprio sistema doppio (Plutone e Caronte si voltano sempre la stessa faccia), poi battezzate Idra e Notte, nomi di due macabri personaggi della corte di Plutone. In seguito sono state scoperte altre due lune, Cerbero e Stige. Però questo non basta a considerarlo un pianeta, perchè anche molti asteroidi noti hanno satelliti, mentre Mercurio non ne ha.
Plutone è così lontano, che anche con i migliori telescopi non si riesce ad apprezzare alcun dettaglio della sua superficie. Abbiamo potuto saperne qualcosa di più solo il 14 luglio 2015, quando la sonda New Horizons della NASA ha sorvolato il pianeta nano e il suo satellite (ecco un filmato del sorvolo). Il colore bianco che lo domina è dovuto al ghiaccio d'acqua di cui esso è ricoperto, colorato però dalla presenza di azoto allo stato solido. Oggi sappiamo che Plutone è solo uno dei principali rappresentanti di una vasta famiglia di oggetti distanti e ghiaccianti (qualcuno li chiama "plutini"), che costituiscono la cosiddetta Fascia di Kuiper.
Ed ecco il responsabile del declassamento di Plutone a pianeta nano: è Eris, il maggiore tra i corpi conosciuti degli Oggetti della Fascia di Kuiper (in inglese KBO), scoperto nel 2003 e di poco più grande dell'ex nono pianeta. Come Plutone, anch'essa è ricoperta di metano ghiacciato ed ha un satellite, Disnomia, visibile sulla destra. Cerere, Plutone ed Eris sono oggi i tre "pianeti nani" del sistema solare. L'esatta denominazione è (136199) Eris. In seguito al declassamento anche Plutone è stato ribattezzato (134340) Pluto, con una designazione numerica (come tutti i corpi non planetari).
Una foto storica, ripresa il lontano 14 marzo 1986 dalla sonda Giotto dell'ESA: la sonda fu la prima della storia ad avvicinarsi al nucleo di una cometa, la cometa di Halley, che ritorna verso il Sole ogni 76 anni. In tal modo essa poté svelare che il nucleo cometario altro non è se non un gigantesco iceberg orbitante, fatto di ghiaccio e polveri. Quando si avvicina al Sole, il vento solare fa sublimare il ghiaccio producendo i paurosi getti di gas visibili in questa fotografia!
Il vento solare fa evaporare il nucleo cometario, e così si formano la chioma e poi la coda, un getto che può essere lungo milioni di chilometri anche se la materia che la compone è assai poca. La coda è sempre rivolta in direzione opposta al Sole e talora è doppia, come accadde alla grande cometa Hale-Bopp, qui fotografata il 6 aprile 1997 sopra la Joshua Tree National Forest in California. Un tempo le comete erano considerate segnali di malaugurio: secondo il famoso Arazzo di Bayeux (XI secolo) fu l'apparizione di una cometa ad annunciare nel 1077 la sconfitta e la morte di re Harold nella battaglia di Hastings!
L'esplorazione del Sistema Solare può essere eseguita non solo da terra, attraverso telescopi e radiotelescopi, ma anche direttamente mediante sonde automatiche e mediante spedizioni astronautiche. Lo Space Shuttle statunitense, lanciato per la prima volta il 12 aprile 1981, è stata la prima navetta riutilizzabile, che parte come un razzo ed atterra come un aereo. In figura si vede la partenza dello Shuttle Discovery da Cape Canaveral (Florida) il 26 luglio 2005. Purtroppo ben due Shuttle saltarono per aria: il Challenger alla partenza, il, e il Columbia in fase di atterraggio, il 1 febbraio 2003.
Un'altra fotografia eccezionale, che riprende alcuni frammenti di mattonelle termiche dello Space Shuttle Columbia (purtroppo esploso durante il rientro dallo spazio il 1 febbraio 2003, con i sette astronauti dell'equipaggio). Lo Space Shuttle è interamente ricoperto di mattonelle ceramiche di questo tipo, atte a resistere al terribile attrito con l'atmosfera durante il rientro dallo spazio. Proprio il deterioramento delle suddette mattonelle provocò la distruzione del Columbia durante il disastro spaziale appena ricordato, l'ultimo di una lunga serie cominciata fin dagli anni sessanta! Anche questi frammenti sono di proprietà del dottor Roberto Crippa, che ringrazio vivamente per avermi dato il nulla osta alla loro pubblicazione.
La prima vera stazione spaziale della storia dell'astronautica è stata la sovietica Mir (in russo "pace"), entrata in funzione il lontano 19 febbraio 1986, ancora durante l'era comunista, che restò in funzione fino al 23 marzo 2001, quando si disintegrò entrando nell' atmosfera terrestre. Pesava 137 tonnellate, misurava 29 per 30 metri , ospitò 104 astronauti e in quindici anni di onorato servizio compì in tutto 86.331 orbite intorno alla Terra. Qui la vediamo agganciata allo Shuttle Atlantis nel 1995.
Quella in figura è la International Space Station (ISS), la Stazione Spaziale Internazionale la cui costruzione è iniziata nel 1997 ed è ancora in corso, ritardata dagli incidenti subiti dagli Shuttle. Essa rappresenta l'avamposto cosmico della razza umana nello spazio; a parte le sei scarpinate lunari dei primi anni settanta, non siamo finora riusciti ad andare molto al di là della nostra atmosfera, poiché orbita ad appena 400 Km di quota, ma essa potrebbe costituire la testa di ponte per le esplorazioni future.
Questa fotografia mostra l'astronauta italiana Samantha Cristoforetti che entra nel nostro Liceo venerdì 12 aprile 2019, invitata a parlare agli studenti delle nostre quinte. Nata a Milano il 26 aprile 1977, la Cristoforetti si è laureata in ingegneria aerospaziale a Monaco di Baviera ed è ufficiale dell'Aeronautica Italiana. Oltre ad essere stata la prima astronauta italiana di sempre, la Cristoforetti (popolarmente nota come Astrosamantha) ha trascorso ben 199 giorni nello spazio nell'ambito della ISS Expedition 42/43 Futura, tra il 10 novembre 2014 e l'11 marzo 2015, raggiungendo la Stazione Spaziale Internazionale a bordo di una Sojuz.
Quando si parla di spazio, non può non venire in mente la fantascienza; e così, in questa galleria di immagini "spaziali", ho voluto includere questa magnifica riproduzione della Death Star ("Morte Nera" in italiano), realizzata con i Lego® dal mio studente Giorgio Martinelli (2 E a.s. 2020/21). Si tratta del sinistro vascello imperiale che compare nel franchise di "Star Wars" ed è in grado, con i suoi potenti getti di energia, di distruggere un intero pianeta. Sarà mai possibile costruire un'astronave del genere, per di più dotata di gravità artificiale? Gli esseri umani sono esploratori instancabili, si sa, ma le difficoltà non dico nel colonizzare, ma anche solo nel costituire un avamposto umano su un altro pianeta, ci fanno propendere per il no.
Le foto che vedete a fianco me le ha inviate il mio studente Federico Sottocorno (3 H a.s. 2019/20), il quale nel giugno 2020, passeggiando per le vie di Solbiate Arno, il suo paese, ha notato una targa coperta da piante che commemorava l'astronomo Ercole Dembowski (12 gennaio 1812 – 19 gennaio 1881), il quale trascorse nel suo comune gli ultimi anni della sua vita. Incuriosito, ne ha cercato la biografia: figlio di un barone che aveva avuto un ruolo importante nella nascita del Regno d'Italia, si dedicò all'astronomia e, fra le altre cose, allo studio delle stelle doppie. Per i suoi studi ottenne la Medaglia d'oro della Royal Astronomical Society nel 1878. Inoltre fu il grande Schiaparelli a tenere la sua commemorazione funebre. La sua importanza fu tale che un cratere sulla luna porta il suo nome. La sua pietra tombale nel cimitero di Solbiate Arno è costituita dal basamento del suo telescopio.
Lasciamo ora il sistema solare ed inoltriamoci nelle profondità dell'universo. Quella in figura è un'eccezionale nebulosa planetaria, così detta non perchè contiene pianeti, ma perchè è eruttata da una stella giunta agli ultimi stadi della sua vita, e circonda la stella morente come l'orbita di un pianeta circonda la sua stella madre.
Chi non conosce la Nebulosa Testa di Cavallo nella costellazione di Orione? Si tratta in effetti di una nube di polvere scura, nota anche come Barnard 33, che si staglia contro una nube di gas che emette luce per via dell'attivazione da parte della vicina stella Sigma Orionis. Fu scoperta per la prima volta alla fine dell'800 mediante lo studio di una lastra fotografica.
30 Doradus è uno splendido miscuglio di stelle in formazione, gas ionizzati e resti di Supernovae che splende al di fuori della nostra galassia, nella Grande Nube di Magellano. Dite, non somiglia ad una ciclopica decorazione natalizia?
La nebulosa Carina è qui ripresa dallo HST (Hubble Space Telescope) come una vera e propria immagine tridimensionale. Questa famosissima nbulosa si trova ad 8000 anni luce da noi ed appare formata da nubi di polvere che si espandono tumultuosamente nello spazio; anch'essa è illuminata dalle stelle brillanti avvolte da questo impressionante guscio di polveri.
Una stella ad uno stadio ancora più avanzato della sua esistenza è Eta Carinae, almeno 100 volte più massiccia del nostro sole, e quindi candidata a diventare una supernova e poi un buco nero. 150 anni fa Eta Carinae cominciò a brillare così tanto da diventare in breve tempo una delle stelle più luminose dell'emisfero australe; come si vede, oggi è circondata da una nebulosa veramente bizzarra. Potrebbe esplodere in supernova domani o tra un milione d'anni. Quando accadrà?
Ed ecco uno dei più impressionanti fenomeni celesti: l'esplosione di una supernova vicino al centro della galassia M51, nella costellazione dei Cani da Caccia. Per breve tempo, una singola stella diventa luminosa quanto l'intera galassia che la contiene, e porta alla nascita di una nebulosa. Ma cosa provoca un simile spettacolo cosmico?
Una stella vive sotto l'azione di due forze contrapposte: il peso degli strati più esterni, che tenderebbe a farla collassare, e la pressione di radiazione dovuta alle reazione nucleari nel suo nocciolo, che invece la farebbero esplodere. Per quasi tutta la durata della sua vita, la stella resta in equilibrio ma, quando ha terminato il combustibile nucleare, l'azione gravitazionale inizia a prevalere e si contrae. Il riscaldamento che ne consegue genera nuove reazioni nucleari, per lo più esplosive; la stella diventa così una Nova, e poi una Supernova. Il risultato è una spettacolare nube di gas come questa, nella costellazione della Poppa.
A tremila anni luce di distanza dalla Terra, una stella si è incamminata verso le fasi finali della sua esistenza, espellendo gli strati esterni di materia che la circondavano. L'immagine dello HST ci mostra la Nebulosa Occhio di Gatto, una delle più complesse "nebulose planetarie" conosciute.
Nell'anno 1054 i cinesi videro accendersi in cielo una nuova stella e la registrarono nei loro annali: era una supernova. Quello che ne resta oggi è la nebulosa del Granchio, o Crab Nebula, così detta per la sua forma; le nebulose altro non sono che gli strati più esterni della stella sparati nello spazio dall'immane esplosione. Il suo cuore, che ospita una stella di neutroni, è qui fotografato nella regione del visibile dallo Hubble Space Telescope.
Ma cos'è mai una stella di neutroni o pulsar? Se una stella supermassiccia esplode in supernova, la materia rimasta dopo l'esplosione collassa perchè non c'è più una reazione nucleare che lo impedisca, fino a che gli elettroni degli atomi non reagiscono con i protoni a formare una stella di neutroni, così densa che un cucchiaino della sua materia pesa un miliardo di tonnellate! Il principio di esclusione di Pauli impedisce ai neutroni, che sono dei fermioni (particelle a spin semintero), di collassare ulteriormente, poiché due fermioni con tutti i numeri quantici uguali non possono occupare lo stesso stato quantico.
Sulla pulsar c'è un punto luminoso che invia radiazioni nello spazio; per la conservazione del momento angolare, in seguito alla contrazione la stella ruota velocissima su sé stessa, e così si comporta come un radiofaro cosmico: tutte le volte che il treno di onde intercetta la Terra noi avvertiamo un segnale pulsante, da cui il nome di "pulsar". Qui vediamo la pulsar della Vela ripresa dall'osservatorio Chandra nei raggi X: essa gira su sé stessa 11 volte al secondo!
Se però la stella originaria era supermassiccia, allora il collasso gravitazionale può durare all'infinito, in quanto i neutroni si "impacchettano" e danno vita a particelle bosoniche, che non rispettano più il principio di esclusione. Cade così l'ultima difesa del Principio di Pauli e la stella collassa all'infinito, finché la velocità di fuga non supera quella della luce; è così che nasce un buco nero, il corpo celeste più misterioso dell'universo.
La materia che si avvicina ad un buco nero viene da esso risucchiata a velocità così alta da formare attorno ad esso un disco di accrescimento, tanto caldo da emettere un'intensissima radiazione X. È dunque vero che quanto supera l'orizzonte degli eventi di un buco nero non può più fuoriuscire, ma il buco nero è un'intensa sorgente X. Quest'immagine mostra il rafronto tra una stella di neutroni con superficie solida ed un buco nero dotato di orizzonte di non-ritorno.
Dal quasar GB1508+5714, distante da noi 12 miliardi di anni luce, si è scoperto emergere un intensissimo getto ad altissima energia, lungo almeno 100.000 anni luce (quasi quanto la nostra Galassia!). L'unica spiegazione per questo fenomeno è l'esistenza nel suo cuore di un buco nero supermassiccio, come spiegato subito sopra. È ormai comprovata l'esistenza di un simile buco nero al centro di quasi tutte le galassie, e naturalmente anche della nostra.
Confrontiamo due immagini della medesima galassia NGC6240 (a 400 milioni di anni luce dalla Terra) riprese nello spettro del visibile dallo HST (a sinistra) e dall'osservatorio orbitante a raggi X Chandra (a destra). Mediante questo confronto, per la prima volta sono stati osservati non uno ma due buchi neri supermassicci nel cuore di una galassia, a 3000 anni luce di distanza l'uno dall'altro. Un giorno essi si fonderanno in uno solo, dando vita ad un'esplosione di potenza inaudita!
La foto rappresenta il centro della nostra galassia, dove si ritiene si trovino vaste nubi di gas oscuro, ammassi di stelle luminose, anelli di polveri e soprattutto un buco nero supermassiccio, formatosi assieme alla galassia. Questa immagine è stata ripresa nell'infrarosso dal satellite MSX, i colori sono artificiali e sono stati aggiunti per marcare le diverse frequenze emesse.
Ed eccola dunque, la nostra galassia (dal greco "latte"), detta anche Via Lattea perchè gli antichi ritenevano che si trattasse di una poppata sfuggita dalla bocca di Zeus in fasce. Naturalmente nessuno la può vedere così perchè noi ci troviamo al suo interno, e per la precisione nel braccio di Orione. Recentemente si è scoperto che essa è più vasta di quanto si era creduto sin qui: forse raggiunge i 130.000 anni luce di diametro. Tutt'attorno inoltre si trova un alone invisibile di materia oscura.
La foto in questione rappresenta una delle galassie più vicine alla Via Lattea, la Grande Nube di Magellano, così detta perchè il grande navigatore portoghese fu il primo ad avvistarla durante la sua circumnavigazione del globo avvenuta tra il 1519 e il 1523. Un tempo creduta solo una nuvola di gas (da cui il nome), oggi è invece riconosciuta come una galassia nana di forma irregolare e distante da noi circa 180.000 anni luce. In essa avvenne la più vicina esplosione in supernova dei tempi moderni.
Oramai abbiamo lasciato l'ambito stellare per entrare in quello delle galassie, e così ecco un collage di i principali tipi di "universi-isola" di forma spiralata. Dall'alto in basso e da sinistra a destra: M61 nella Vergine (a spirale), NGC 449 (a spirale irregolare), NGC 4725, NGC 5068 (a spirale barrate), NGC 5247 (vista di fronte), NGC 5774 e 5775 (viste di taglio).
NGC 4631 (così chiamata perchè è la galassia numero 4631 del New General Catalogue) è una grande galassia a spirale che noi vediamo esattamente di taglio; dista 25 milioni di anni luce dalla Terra e si trova nella costellazione dei Cani da Caccia. Gli astronomi americani l'hanno battezzata "The Whale Galaxy". Il rigonfiamento al centro è un super-buco nero.
M87 si trova nell'ammasso della Vergine a circa 50 milioni di anni luce da noi, ed è una galassia ellittica, a differenza della nostra che è spiralata. Inoltre essa rappresenta un esempio di radiogalassia: il telescopio spaziale ha dimostrato che nel suo nucleo vi è un disco a spirale di gas bollente in rapidissima rotazione, che emette un lunghissimo getto di particelle ad alta velocità. Circa una galassia su un milione è una radiogalassia e costituisce una fortissima sorgente di onde radio.
La galassia M106 si trova nella costellazione dei Cani da Caccia a circa 21 milioni di anni luce dalla Terra; la sua particolarità sta nel fatto che è un bell'esempio di galassia di Seyfert. Le galassie di questo tipo hanno un nucleo luminosissimo, che presenta tutte le caratteristiche di un Quasar: la radiazione infrarossa da esso emessa è pari a migliaia di volte quella di una galassia ordinaria. L'analisi spettrografica mostra che il gas incandescente attorno al nucleo si sta muovendo a una velocità abnorme; ciò suggerisce che potrebbe trovarsi in orbita attorno a un colossale buco nero
I Quasar sono intensissime sorgenti di energia la cui natura è ancora ampiamente sconosciuta; vista la la loro enorme distanza da noi, c'è chi pensa possa trattarsi di nuclei di galassie ancora in formazione. Insomma, sarebbero i "feti" degli "organismi" che noi vediamo splendere adulti nello spazio! Quello qui rappresentato è il quasar 3C279 visto ai raggi gamma.
Se i nostri occhi potessero vedere nello spettro dei raggi gamma anziché del visibile, ecco come noi vedremmo il cielo. Le sorgenti gamma sono assai più rare di quelle visibili, e non di tutte si è riusciti a stabilire la natura. Molte sono associate a quasar e a buchi neri, stellari o supermassicci, come detto subito sotto.
A proposito di raggi gamma, ecco una testimonianza di uno dei fenomeni più misteriosi dell'universo: i Gamma-Ray burst, gigantesche esplosioni accompagnate dall'emissione di una quantità incredibile di queste radiazioni. Gli astrofisici non hanno ancora le idee chiare in proposito. Secondo alcuni sono associati alla formazione di buchi neri supermassivi. Certo è che, come mostrano le foto a lato scattate dall'HST, essi sono sempre collegati alla presenza di galassie ricche di stelle assai massicce.
La galassia ellittica NGC 720, che si trova ad 80 milioni di anni luce da noi nella costellazione della Balena, qui fotografata nei raggi X dall'osservatorio Chandra, è avviluppata da una nube cosmica alla temperatura di 7 milioni di Kelvin. Ciò rende impossibile confinarla nei pressi della galassia facendo ricorso alla sola attrazione della materia visibile. Questo rappresenta dunque la prova che attorno a NGC 720 si trova molta materia oscura non visibile. Qualunque cosa essa sia (c'è chi parla di microbuchi neri, chi di esotica materia supersimmetrica), essa è di gran lunga più comune nel cosmo della materia visibile.
Ed ecco uno degli oggetti più grandi visibili nel cielo: ognuno di questi globi luminosi è una galassia, facente parte dell'ammasso di Perseo, uno dei più grandi ammassi di galassie dell'intero universo. Esso è visibile attraverso un tappeto di stelle della nostra galassia Via Lattea, ed è parte del grande superammasso di Perseo-Pesci, un colossale ammasso di materia che si estende per ben 15° di cielo e contiene oltre mille galassie. Al centro dell'ammasso di Perseo si trova NGC 1275, qui visibile sulla sinistra dell'immagine, una grandiosa sorgente X. L'immagine qui raffigurata copre più di sette milioni e mezzo di anni luce!!
Ormai la nostra avventura sconfina nell'astrofisica, e così tanto vale sbizzarrirci. L'eccezionale immagine qui a fianco mostra un panorama dell'universo così come si presentava appena 300.000 anni dopo il Big Bang, allorché esso divenne trasparente e la luce cominciò a svincolarsi dalla materia. I grani visibili sono forse i "semi" delle future galassie. Dobbiamo questa straordinaria testimonianza dell'infanzia del cosmo al satellite Boomerang.
Qui si possono vedere i risultati di anni di ricerca del progetto DMR a bordo del satellite COBE, che a partire dal 1990  ha misurato lo spettro di corpo nero cosmologico nella banda dei 53 GHz. Ad una temperatura di 2,7 Kelvin, la prima immagine mostra uno spettro perfettamente isotropo. Si cominciano ad osservare disuniformità solo se si arriva ad una risoluzione dell'ordine del milli Kelvin, ma i "semi" delle galassie attuali compaiono solo con una risoluzione del microKelvin!
Il lavoro del satellite COBE è stato notevolmente migliorato nel 2006 dal satellite Wilkinson, che ha "scattato" questa "fotografia" dell'universo appena 380.000 anni dopo il Big Bang. Le zone verdi rappresentano la misteriosa materia oscura, mentre quelle azzurre rappresentano l'ancor più enigmatica energia oscura, responsabile dell'espansione accelerata.
Quest'ultimo fenomeno di accelerazione dell'espansione è noto come inflazione (è stato preso a prestito un termine dall'economia) e fu postulato dal fisico Alan Guth nel 1979; il satellite Wilkinson della NASA ha però dimostrato in via definitiva la veridicità di quest'ipotesi, le cui cause (l'antigravità prodotta dall'energia oscura) restano invece avvolte dal mistero a causa dell'assenza di una teoria quantistica della gravitazione. Lo schema mostra la storia evolutiva del nostro universo.

Molte di queste immagini si trovano sul sito antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/astropix.html, che ringrazio vivamente

 

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