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Non basta. Ci sono anche le due proposte di Paolo Maltagliati:
I Cumani, dopo la grande invasione mongola, dovettero sloggiare dalle loro terre a nord del Mar Nero. Molti di loro, valenti guerrieri e cavallerizzi, fuggirono a chiedere ospitalità presso il popolo che secoli prima avevano scacciato e che nel frattempo si era "civilizzato", diventando un grande regno, ossia l'Ungheria. I sovrani magiari accettarono volentieri, poiché avere uomini forti e valenti che controllavano i passi dei Carpazi settentrionali, poco abitati, se non da genti slave, di cui non si fidavano molto, faceva sempre comodo. La terra in cui si stanziarono, oltre il Tibisco, venne ribattezzata dai magiari Kunsag. Ora, nella nostra timeline i Cumani, pur mantenendo a lungo le proprie tradizioni (i re ungheresi concedettero che rimanessero della loro fede animista con una patina sincretico-musulmana), nel corso dei secoli finirono per magiarizzarsi completamente, pur lasciando qualche impronta linguistica sull'ungherese. Inoltre San Domenico di Guzman, pervaso da zelo missionario, voleva andare a convertire proprio i Cumani, ma Innocenzo III convinse lui e Diego Acevedo a prendere la via della Linguadoca per contrastare la diffusione del catarismo. Poniamo che Domenico non si lasci distrarre. Molto probabilmente il papa troverà qualcun altro da mandare in Occitania, in quel fiorire di movimenti religiosi che fu il periodo tra gli ultimi anni del XII e la prima metà del XIII secolo. Magari riciclerà i Valdesi, riabilitandoli. Comunque Domenico andrà dai Cumani e, essendo una persona intelligente, farà quello che hanno sempre fatto i santi intelligenti quando vogliono mettersi a convertire un popolo: imparare la lingua e tradurre la bibbia, chiedendo dispense particolari al pontefice sull'uso del latino. Grazie al fatto di avere un testo scritto nella propria lingua e magari, almeno per un po', un rito liturgico particolare, la lingua e la cultura cumana non scompariranno. Certo, regrediranno, assimilandosi progressivamente sul lato ungherese, ma quello che perderanno a sudovest guadagneranno a nord-est, assimilando le popolazioni delle attuali Transcarpazia e Maramures. Il loro destino seguirà quello degli ungheresi fino al 1526, quando si sottometteranno volontariamente agli Asburgo. Nel 1918 cosa accadrà? l'ipotesi più probabile è che diventino uno stato indipendente, anche se magari "punito" a nord a vantaggio dei polacchi e a est a vantaggio dei romeni (anche se dipende da quanto presto si distaccano dal carro ungherese). Solita dittatura di stampo fascista tra le due guerre e solita occupazione da parte dell'armata rossa con annesso ingresso nell'orbita sovietica. Sarà comunque una tra le "baracche allegre del gulag", come le altre due repubbliche "asburgiche" in mano russa (non escluso un intervento cumano a favore degli ungheresi nel '56, poi represso). Nell'unione europea dal 2004 ma non nell'euro. La bandiera è a due strisce, azzurra sopra e verde sotto, con il simbolo antico del leone che ha sostituito la falce ed il martello dal 1989... (genialissima idea di Paolo Maltagliati)
E se invece i Peceneghi prima e i Cumani dopo non riescono ad eliminare totalmente i "magiari dell'est", quelli che non attraversarono i Carpazi? Mettiamo che rimangono almeno in parte nella regione che gli storici di Budapest chiamano Etelkoz, in una zona compresa tra il Siret ed il Dnepr, a sud-est della Volinia. Loro, a differenza dei cugini occidentali, diventano ortodossi, sottomessi alla Rus' di Kiev, poi, per resistere alle invasioni mongole e tatare, si alleano alla Galizia-Volinia. Si alleano o ne finiscono sottomessi? certo è che, dalla seconda metà del XIV secolo, finiscono nell'orbita Lituana prima e polacca poi. I Polacchi li usano come carne da macello per contrastare i tatari di Crimea, mostrando loro non troppa gratitudine, cosa per cui alla fine fanno come i cosacchi e passano alla sponda moscovita. Rimanendo doppiamente fregati, perché vessati sia dai russi, sia dai ruteni. Il loro sogno di indipendenza nasce nel 1918. Ce la faranno a ottenere uno stato loro, oppure rimarranno fregati come gli ucraini? (personalmente propendo per la seconda ipotesi) In ogni caso, idem come sopra: orbita/dominio sovietica/o. Nella speranza che non aiutino troppo i nazisti avanzanti per finire spazzati via come i tatari di Crimea, anche se temo che potrebbe andare proprio a finire così: immaginatevi i nazisti che si portano dietro una divisione dei "cugini" ungheresi d'occidente come liberatori. Oltretutto, non essendo slavi, non sarebbero neanche trattati così male come gli ucraini, anche se non saprei dirvi le perverse logiche delle SS come potrebbero considerare la questione. Forse riusciranno ad ottenere l'agognata indipendenza nel 1991, come "Repubblica di Etelchia". Quali e quante differenze linguistiche sussisteranno tra il magiaro orientale e quello occidentale? e tra questi due e il Siculo (ungherese di Transilvania) e lo Csango (ungherese di Moldavia)? Saranno mutuamente intelligibili oppure no?
Ecco queste cartine approssimative. In rosso /violetto (popolazione maggioritaria/presenza) Etelchia ( a ripensarci però forse ho un po' esagerato...); in Blu/azzurro (idem come sopra) Cumania.
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Rivoluzionario Liberale ci scherza su:
I Cumani non si assimilano e continuano a vivere in comunità loro, di allevamento e artigianato, e sono minoranza in Ungheria, Valacchia, Moldavia, Balcani. Poi arriva il XIX secolo e molti Cumani iniziano a migrare verso occidente: con la rivoluzione industriale il loro artigianato era già fuori mercato da tempo, e allora iniziano a vivere di furti. Il nazismo li perseguita in quanto popoli non ariani. Alcuni comuni adibiscono campi profughi per loro, al pari dei ROM, e spesso vengono confusi con essi, anche se parlano una lingua turca.
Poi arriva la Lega: « Bhhhhhhhhggggggrrrrr (la voce di Bossi), noi popoli padani non vogliamo questi invasori turchi, li rimandiamo a casa! » Alla stazione i bambini Cumani vanno a rubare il portafoglio alle vecchiette. Alcuni Cumani ubriachi con un SUV mettono sotto un vigile. Eccetera...
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Gli risponde Paolo:
Amaramente divertente (e quasi realistica, purtroppo...) Guarda, in effetti avevo pensato anch'io ad un'eventuale assimilazione con i Rom da parte degli occidentali...
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Bhrg'hros dal canto suo aggiunge:
Splendide ucronie! Sulle bellissime cartine solo un appunto: il Kunság storico si trovava proprio nel centro della pianura, nelle attuali province (megyék) di Bács-Kiskun (la Cumania Minore) e Jász-Nagykun-Szolnok (la Cumania Maggiore). In pratica la mia domanda è: perché ucronizzare la Cumania in Rutenia Subcarpatica?
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E Paolo Maltagliati chiarisce:
È dettato da una mia valutazione sulla posizione della Cumania Minore, derivata dal fatto che comunque davo per scontata una magiarizzazione della Cumania Maggiore. Poi anche perché non volevo togliere troppo spazio agli ungheresi...Evidentemente mi sono lasciato prendere la mano: ho spostato i Cumani "troppo" a nord, in un'area relativamente periferica per tutti, in cui questo popolo non interferisse "troppo" con la grande storia...
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Bhrg'hros annuisce:
Ah, ho capito. Per parte mia, pensavo soprattutto alla Cumania Minore come zona ideale di sopravvivenza, perché le modalità di insediamento (estensivo e rado) sul territorio comportano meno resistenza da parte di componenti locali preesistenti, mentre la Rutenia subcarpatica è paragonabile al Caucaso come persistenza delle Comunità etniche storiche (è una delle regioni europee - con l'Irlanda, il Galles, la Scandinavia, la Germania Settentrionale, i Paesi Baltici, il Paese Basco, Roma [in parte], l'Albania interna e l'Attica - in cui si ha continuità ininterrotta, senza sostituzioni di lingua, dalla Preistoria a oggi).
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Paolo allora ci lavora intorno di fantasia:
Si potrebbe immaginare una situazione carpatica paragonabile ai Balcani, o peggio, al Caucaso, con una tale parcellizzazione etnica da indurre quasi necessariamente a far diventare tutta la zona tra la pianura pannonica ed i carpazi un punto caldo, anzi, caldissimo. Basta trovare un pod (questa è la parte più difficile) che permetta la sopravvivenza di stanziamenti di molti popoli che sono transitati da quelle parti in epoca medievale.
1) "Pannoni". Non mi riferisco ai Pannoni antichi, ma ad una popolazione neolatina che riesca a sopravvivere (prove archeologiche di un volgare latino nella zona di Aquincum nel V secolo ci sono). Stanziamento maggiore nella selva Baconia?
2) Popolazioni Germaniche. Propenderei per i Gepidi, assieme a resti di Eruli e Rugi che si Gepidizzano. Se sopravvivessero in qualche modo sarebbero oltretutto una manna per i linguisti, avrebbero una lingua germanica "orientale". Dunantul meridionale, sforando anche oltre la Drava, alle pendici dei colli Bilogora e Papuk?
3) Avari. Crearono un grande impero, ma rimasero arretrati per la loro tendenza isolazionistica, anti-cristiana e tradizionalista. Fossero stati più malleabili... Tra Danubio e Tibisco, spinti progressivamente a sud quando arrivano i Magiari?
4) Ungheresi. Quelli che storicamente sono risultati vincenti nella nostra TL, a conti fatti. Occuperanno la piana ungherese tra il Danubio e i monti Apuseni?
5) appunto, i Cumani. A Nord degli Ungheresi (la piana comincia ad essere piuttosto affollata...)?
Se poi contiamo a nord gli Slavi occidentali, a sud i Serbi ed i Croati, a est i Valacchi ed a ovest i prototedeschi, la situazione comincia a farsi confusa. Vogliamo fare uno sforzo masochistico e complicarla ancor di più? Ripescare, andando indietro, i celti, magari arroccati in qualche sparuta comunità montana stile allobrogico sui Tatra. Se avete altre idee... Nel frattempo proverò a pensare a quale pazza timeline potrebbe dare questo esito e quali le conseguenze dal punto di vista politico...
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Riprende la parola Rivoluzionario Liberale:
Sarebbe bella la sopravvivenza di un po' tutti questi, ad esempio mandati dagli ungheresi nella Transilvania che non si romanizza. Quindi ad esempio:
a)
sopravvivono i Daci, in alcuna zone
b) presenza romanza minoritaria, al pari degli Arumeni nel sud dei Balcani
c) sopravvivono i Gepidi, con la loro lingua germanica
d) colonizzazione Szekeli, magiara (come nella HL)
e) Cumani
f) Yazigi iranici
g) i rom si stabilizzano in alcune aree
h) colonizzazione sassone
Alla fine il territorio della Transilvania e del Banato non ha un ceppo prevalente. Con l'autonomia dell'Ungheria il governo di Budapest tenta di imporre l'ungherese a tutti. Si arriva a Trianon e l'Ungheria che ne ha posseduto l'area viene smembrata, ma la Romania la rivendica.
1) Trianon decide che la T. rimane ungherese e impone al governo di B. larga autonomia
2) La T. passa alla Romania che deve gestire un'area multietnica
3) La T. nasce come stato indipendente e multietnica, la lingua ufficiale torna il
tedesco
4) Nasce tutta una serie di stati.
Continuate voi...
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Bhrg'hros mette in ordine tutte queste idee:
Dunque, sinora abbiamo enumerato: tra le popolazioni prelatine, i Daci e i Celti; tra i Neolatini, i 'Pannonoromanzi' e i Valacchi; tra i Germani, Gepidi (+ Eruli e Rugi) e poi i Bavari; tra gli Slavi, i Serbi e i Croati; tra i Popoli delle Steppe, gli Avari, i Magiari, i Székelyek, i Cumani; infine gli Jazigi.
Faccio notare che abbiamo saltato tre etnie centralissime in Pannonia: i Pannoni appunto, gli Unni e i Longobardi (mi permetto di caldeggiarne la sopravvivenza; fra l'altro i Longobardi possono benissimo rimanere, così come i Goti di Crimea sono sopravvissuti almeno un Millennio più degli Ostrogoti, Visigoti e Gepidi).
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Non può mancare il nuovo contributo di Paolo:
Mi sono messo d'impegno e ho provato a raffigurare una situazione del genere su una cartina. Premetto che è piuttosto arbitraria, però è un tentativo che mi ha divertito molto.
Dopo le reazioni prodotte dalla discussione sull'"aumento del tasso di varietà locale" nell'ambito pannonico, proviamo a fare lo stesso discorso per quanto riguarda un'altra area interessante, il Baltico. Immaginiamo di raddoppiare il numero delle repubbliche baltiche sopravvissute al giorno d'oggi. Per la precisione, tre baltiche e tre baltofinniche (invece di due e una).
Baltiche: vado sul sicuro, Prussia, Lituania e Lettonia
Finniche: e qui mi sbizzarrisco, Livonia, Estonia, Ingria
Quali i punti di divergenza per arrivarci?
A livello generale, penso ad una prolungata fluidità ed instabilità politica della regione. Se invece di "egemonie" (Tedesca, Polacco/Lituana, Svedese, Russa) successive, una dopo l'altra, rimanesse area contesa a lungo.
In secondo luogo, implica una netta revisione del cammino della potenza moscovita: o un suo ridimensionamento anche molto forte, oppure una cornice completamente diversa delle sue direttrici espansionistiche. Se per esempio l'arrivo sul mar Nero fosse arrivato prima dell'espansione verso nord-ovest, idealmente l'omologo di Pietro avrebbe potuto costruire la sua capitale nell'attuale luogo in cui si trova Kerc. Comunque sarebbe una timeline che coinvolgerebbe in maniera diversa tutto il resto del mondo (Sopravvivenza dell'impero bizantino prolungata? Eliminazione anticipata di Kazan? e tantissimo altro).
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Ecco la risposta di Massimiliano Paleari:
Spunto ucronico molto interessante, anche se di difficile sviluppo:
Per ipotizzare l'esistenza odierna di queste 3 Repubbliche Baltiche in più mi pare che i pod più verosimili vadano collocati molto indietro nel tempo e collegati precisamente alle modalità di introduzione del Cristianesimo in queste terre. Per questi popoli infatti l'abbandono del paganesimo coincise con l'inizio di un processo di snazionalizzazione, dal momento che il Cristianesimo fu imposto sostanzialmente manu militari: il Cattolicesimo ai Pruzzi e ai Livoni dagli Ordini Cavallereschi (Portaspada e Teutonici) Germanici; il Luteranesino agli Ingri (già in parte Ortodossi) dai Finno/Svedesi. Se invece ipotizziamo una introduzione "più dolce" del Cristianesimo e legata in qualche modo alla creazione di "Chiese Nazionali" e di un Clero locale, allora questi popoli (forse gli Ingri no in ogni caso) avrebbero mantenuto maggiormente la propria identità etnica e linguistica. Lo sbocco più razionale sarebbe stato la nascita di una Federazione Baltica (entità statale che anche nella nostra timeline è realmente esistita anche se in maniera effimera durante il 1918 e sotto tutela tedesca) o al limite di due federazioni: una baltica propriamente detta (Pruzzia, Lituania, Samogizia, Curlandia, Semgallia, Latgallia) e una balto/finnica: Estonia, Ingria, Finlandia.
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A questo punto si intromette Iacopo:
Per quel che ho capito, non sarebbe stato ancora del tutto chiarito in che misura le affinità tra queste lingue, appartenenti a differenti rami di lingue indoeuropee, siano dipendenti da una "parentela" e quanto invece dalla vicinanza geografica dei popoli che le parlavano. Tu su questo tema che cosa pensi? E' possibile trovare in questa "lega linguistica" una lingua che potremmo considerare "centrale"? Ci sono tra queste lingue alcune che sono mutualmente intelligibili (per esempio, un serbo e un bulgaro, parlando ciascuno nella propria lingua, potrebbero capirsi)
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Subito Bhrg'hros gli replica:
La formula della Lega Linguistica Balcanica è, in sintesi, così riassumibile:
1) stratificazione dell’indoeuropeo preistorico (come nel resto dell’Indoeuropa), con espansione demica dall’Anatolia di Agricoltori Neolitici indoeuropei (7000-3500 a.C.) fra Cacciatori-Raccoglitori Mesolitici indoeuropei, poi con invasioni o comunque massicce infiltrazioni di Pastori Allevatori Calcolitici indoeuropei dalle Steppe Ponto-Caspiche (4200-2100 a.C.); questa è la lunga fase di selezione (rispetto al più ampio inventario dell’indoeuropeo comune) della maggior parte della grammatica e del lessico greco, illirico, baltoslavo-dacomisio-tracio (anche frigio), naturalmente anche veneto-istro-liburnico e celtico, nonché del fondo più antico del lessico ‘balcanico’ comune (quello diffuso in tutte o quasi le lingue balcaniche e anteriore al latino);
2) differenziazione – anche fonologica – dell’indoeuropeo balcanico (e delle regioni contermini) fra le classi greca, frigia, illirica, baltoslavo-dacomisio-tracia, veneto-istro-liburnica e celtica (II. millennio a.C.);
3) possibili migrazioni (‘pelasgica’, dorica, tirrenica &c.: ultimi secoli del II. millennio a.C.) e contatti con l’Anatolia e l’Egitto; ipotetica Lega Linguistica Paleobalcanica fra macedonico, illirico, tracio e dacomisio (e frigio?);
4) espansione coloniale e culturale del greco (I. millennio a.C., forse con inizio già prima), dal II. sec. a.C. – ma soprattutto nella prima metà del I. millennio d.C. – anche del latino; formazione della Latinità Balcanica (soprattutto il rumeno, ma non solo), Cristianizzazione e Fase Bizantina più antica (greco, protoalbanese, protorumeno, tracio [finché è rimasto], dacomisio [che partecipa alla trasformazione del baltoslavo meridionale in protoslavo]);
5) effimeri superstrati germanici orientali (anche con gli Unni); Slavizzazione del dacomisio (sotto l’egida politica degli Avari, di lingua altaica) e del tracio; espansione del rumeno (sotto l’egida politica dei Bulgari, discendenti degli Unni e linguisticamente multifarî fra turco-tataro, ’īrānico, slavo e balcanolatino). Sono i secoli (VI.-IX.) di formazione della Lega Linguistica Balcanica fra albanese, rumeno, bulgaro-macedone e serbo (con effetti visibili a livello sia lessicale sia grammaticale);
6) Missioni Bizantine fra gli Slavi, Fasi Paleoslava e (seconda) Bizantina (entrambe IX.-XIV. secolo) della Lega Linguistica Balcanica (greco, albanese, bulgaro-macedone e serbo, rumeno);
7) Turcocrazia (XIV.-XIX. secolo), Fase Ottomana della Lega Linguistica Balcanica (turco, greco, albanese, bulgaro-macedone e serbo, rumeno).
Così si può rispondere alle domande:
- le somiglianze fra albanese, greco, rumeno, bulgaro-macedone e serbo sono sia per parentela (indoeuropea; per bulgaro-macedone e serbo anche e soprattutto slava) sia per vicinanza, mentre le somiglianze del e col turco sono solo per vicinanza (contatto linguistico);
- le somiglianze che coinvolgono il turco sono una parte (minoritaria) di quelle dovute a vicinanza che coinvolgono soltanto albanese, greco, rumeno, bulgaro-macedone e serbo;
- le somiglianze dovute a vicinanza sono nel complesso minori di quelle dovute alla parentela indoeuropea e ovviamente molto minori di quelle fra bulgaro-macedone e serbo dovute alla parentela slava;
- a parte le lingue slave fra loro, le lingue che partecipano alla Lega Linguistica Balcanica (albanese, bulgaro-macedone e rumeno; greco, serbo e turco sono più marginali) non sono mutuamente comprensibili (si può capire qualche parola, ma meno che l’inglese per un italofono che non lo abbia studiato); fra bulgaro-macedone e serbo c’è più o meno la somiglianza che si ha fra italiano e spagnolo, mentre fra bulgaro e macedone è come fra toscano e còrso (anche se bisogna rilevare che macedone e bulgaro hanno l’accento di parola completamente diverso – che disturba notevolmente la comprensione immediata – e così pure la formazione dei cognomi);
- tuttavia (in parte proprio per queste ragioni), per molti secoli il plurilinguismo è stato la regola (tutti o quasi conoscevano il greco e/o il turco) e le appartenenze nazionali erano soltanto due, Musulmani (perlopiù Sunniti) e Cristiani (Ortodossi), percepite rispettivamente come Turchi e Greci (per cui un Albanese musulmano e un Albanese ortodosso si potevano benissimo parlare in albanese – ghego o tosco – ma si consideravano di Nazioni diverse), con l’aggiunta dei Serbi, che sono in gran parte sfuggiti all’identificazione coi Greci (mentre, per contro, moltissimi Rumeni erano annoverati fra i Serbi);
- questo significa che albanese, bulgaro-macedone e rumeno erano solo basiletti parlati a livello locale, da persone comunque bilingui col serbo o il greco e/o il turco (non c’era bisogno dell’intercomprensibilità, perché la comunicazione era garantita dal bilinguismo);
- hanno avuto un ruolo di lingua ‘centrale’, in ordine di tempo, il latino, il greco bizantino, il paleoslavo (non per i Greci) e il turco.
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Iacopo insiste:
Secondo te quali erano confini settentrionali del daco-misio-tracio? In particolare, esistono tracce di un tale sostrato anche oltre i Carpazi? In Galizia, in Polonia? Dovevano essere aree pochissimo popolare, ma si può ricostruire il percorso del confine tra area celtica, area balto-slava-daco-misia e area proto-germanica?
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Bhrg'hros non si fa certo pregare:
Le due principali teorie sulla Protopatria degli Slavi sono quella Occidentalista (prediletta in Polonia, perché sostiene che la Polonia sia la Protoslavia) e quella Orientalista (preferita in Germania, perché spostando la Protoslavia in Ucraina lascia disponibile la Polonia come parte della Protogermania). Queste sono le due scuole in cui ho studiato e da giovane ritenevo che la soluzione alla diatriba fosse semplicemente di unirle, dal momento che entrambe risultano incontrovertibili per la propria parte positiva né sono reciprocamente incompatibili (come invece vengono presentate). D’altra parte, il mio interesse era per il Bacino Danubiano e dunque per i Daci e i Traci (su cui la bibliografia è prevalentemente in bulgaro e rumeno) e così per molto tempo mi sono accontentato di perseguire, per quanto riguarda la Questione della Protoslavia, soltanto l’unificazione della Teoria Occidentalista e Orientalista.
All’inizio il problema più importante mi sembrava quello di distinguere con precisione il tracio dal dacio e dal getico e ho seguito l’insegnamento di Duridánov (quindi di Georgíev) soprattutto per questo aspetto; dopo di ciò, ho seguìto l’itinerario di Georgíev in relazione all’etrusco e infine sono passato, secondo il suo modello, all’Anatolistica. Poi però, verificando con più attenzione le varie teorie sui Daci e i Mesî, mi sono reso conto che le trasformazioni dall’indoeuropeo al dacomisio sono identiche a quelle dall’indoeuropeo allo slavo, ho recuperato gli studî di Duridánov sulla toponimia della Mesia e quelli di Mario Enrietti sulle solidarietà fra protoslavo e rumeno e infine ho appreso che il lignaggio genetico autosomico patrilineare degli Slavi Meridionali è in grandissima maggioranza diverso da quello comune agli Slavi Occidentali (Cechi, Slovacchi, Sorabi, Polacchi) e Orientali (Russi, Bielorussi, Ucraini). La conclusione che mi sono trovato obbligato a trarre è questa: l’unificazione delle Teorie Occidentalista e Orientalista sulla Protoslavia (ossia che la Protopatria degli Slavi andasse dalla Volga all’Elba) vale per gli Slavi Settentrionali (= Occidentali e Orientali), ma la Protoslavia si estendeva anche nel Bacino Danubiano-Carpatico e quindi era in parte ricompresa nell’Impero Romano. Non che i Russi o i Polacchi siano mai provenuti da Sud; è chiaro che rappresentano la continuità della popolazione (baltoslava) dell’Istmo Ponto-Baltico. Ma gli Slavi invasori di cui parlano le fonti bizantine sono semplicemente i Daci e i Geti e a Sud del Danubio si sono stanziati fra popolazioni (discendenti dei Mesî) che, come già sapevamo, parlavano la loro stessa lingua: in altri termini, nell’Impero Romano c’erano già gli Slavi ed erano nient’altro che i Mesî, i Daci e i Geti.
Certo, all’epoca dell’Impero Romano non parlavano ancora il protoslavo; parlavano appunto il dacomisio, che, come ci mostra la toponomastica, era identico al baltoslavo a Nord dei Carpazi. Tuttavia, è dai territorî già romani che sono partite le innovazioni che hanno più differenziato (insieme a quelle di origine ’īrānica: scitica, sarmatica e alanica) il futuro protoslavo dal resto del baltoslavo (ossia dal baltico). Ecco perché le principali innovazioni protoslave sono così simili alle trasformazioni dal latino classico al latino volgare (in particolare al latino balcanico): si sono diffuse dal latino volgare al dacomisio (tardo) e da qui al resto del protoslavo...
Quindi, per riassumere: la Protopatria degli Slavi si estendeva sì dall’Elba
alla Volga (unificazione delle Tesi Occientalista e Orientalista), ma anche a
Sud dei Carpazi (compresa la Bassa Pannonia), fino ai Balcani e alle Alpi
Dinariche. Così si capisce perché Strabone scrivesse che i Traci sono la nazione
più grande del Mondo: intendeva anche i Dacomisî e i Baltoslavi, che in effetti,
tutti insieme, occupavano mezza Europa (l’altra metà essendo invece perlopiù
celtica).
Dunque, visto da Sud e con la terminologia etnica greco-latina, i Traci erano
compresi fra l’Egeo e i Balcani, a Nord dei quali abitavano i Mesì fino al
Danubio, oltre il quale i Geti e, in Transilvania, i Daci (nei Carpazi i
Coestoboci, che erano dimostrabilmente Slavi nel senso più stretto del termine);
a Nord dei Carpazi la stessa comunione linguistica continuava con gli Slavi veri
e proprî e, più a Nord (fra il Baltico e la Moscova), i Balti. Non c’era quindi
un “sostrato”: come gli Indoeuropei danubiano-carpatici sono diventati i
Daco-Misî (e Geti), così gli Indoeuropei ponto-baltici sono diventati i
Baltoslavi e le trasformazioni linguistiche degli uni e degli altri sono state
le stesse, dopodiché quelle dei Daco-Misî e Geti a contatto con la Latinità
Balcanica hanno innescato le traformazioni dal baltoslavo al protoslavo (ciò
spiega perché i nomi delle città della Dalmazia risultano essere passati dal
latino volgare a una fase ancora baltoslava, a partire da cui hanno poi preso
parte a tutte le trasformazioni dal baltoslavo al protoslavo: non è che i
Baltoslavi si siano spostati fino all’Adriatico, sono semplicemente i Dalmati
dell’Entroterra che parlavano baltoslavo e poi si sono trasformati in Protoslavi).
Per fare un paragone con l’Occidente: come non c’era differenza fra il gallico e
il britannico, così non ce n’era fra il dacomisio e il baltoslavo. Non è che i
Daci si estendessero a Nord dei Carpazi: erano gli Indoeuropei a Nord dei
Carpazi che si sono trasformati linguisticamente allo stesso modo degli
Indoeuropei da cui sono discesi i Daci, i Geti &c.
Dopo la fase indoeuropea preistorica si sono diffuse, da centri diversi, trasformazioni linguistiche reciprocamente alternative: certi dialetti ne accoglievano alcune, altri altre. I confini fra i dialetti indoeuropei che hanno accolto le innovazioni germaniche e quelli che hanno accolto quelle celtiche oppure quelle baltoslavo-dacomisie sono diventati i confini fra le classi linguistiche germanica, celtica e baltoslava(-dacomisia). Il confine celto-germanico andava più o meno dal Basso Reno ai Mittelgebirge, tendendo sempre più verso Sud-Est (al punto che la Baviera settentrionale era germanica); il confine germano-baltoslavo doveva andare, approssimativamente, dal Baltico lungo il bacino del fiume Oder fino all’alto corso dell’Elba. Celti e Baltoslavo-Dacomisî confinavano sul Medio Danubio (indicativamente fra Vienna e Bratislava), in Pannonia (la Pannonia Superiore era celtica, la Pannonia Inferiore baltoslavo-dacomisia, anche se i Celti Scordisci si sono poi spinti fino alla zona di Belgrado) e, più a Sud, fra Pannonia Superiore (appunto celtica) e Dalmazia (se non era, almeno in parte, illirica), fino ai Liburni (veneto-istro-liburnici) in prossimità dell’Adriatico. La costa adriatica veneto-istro-liburnica si è massicciamente latinizzata (data anche l’affinità linguistica), i Dalmati sono diventati Slavi e poi anche i Celti alpini sudorientali si sono a loro volta slavizzati, diventando gli Sloveni (da notare che hanno assunto il nome generale degli Slavi Meridionali, appunto Sloveni).
La presenza di Colonie Greche in Occidente in fase micenea (II. millennio a.C.) è accertata per Roma, fortemente indiziata per Napoli e la Sicilia nonché, nell’Adriatico, almeno per Traù e comunque ipotizzabile in generale per tutte le località in cui la Tradizione antica riporta la memoria di peregrinazioni di Eroi di ritorno dalla Guerra di Troia. In area specificamente baltolsavo-dacomisia, il ricordo di frequentazioni pre- e protostoriche è incorporato nei Miti relativi agli Iperborei (nome generico che, nella maggior parte dei casi, si riferisce a Dacomisî e Baltoslavi); in questo caso però si tratta solo di contatti, non di Colonie.
Un aspetto delicato che vedo (spesso trascurato) nei livelli di appartenenza ‘intermedî’ è la loro sovrapponibilità. Per esempio, un Valacco del 1500 poteva con ottime ragioni considerarsi ed essere qualificato come gallesco (‘valacco’), tedesco (in particolare... boemo), serbo o greco: la somma delle appartenenze coincide con le quattro Nazioni dell’Europa in epoca ottoniana (Greci, Latini, Germani, Schiavoni). riconoscere la coesistenza di identità (apparentemente) ‘alternative’ costringe a cercare una cornice comune sovraordinata, all’epoca ‘cristiana’ (somma di romano-germanica e greco-slava), oggi appunto ‘indoeuropea’.
Sulla formazione del rumeno a Sud del
Danubio non sussistono dubbi, data la toponimia locale e le attestazioni
storiche (v. cartina № 4.); si può discutere sulla continuità anche a Nord del
Danubio, del tutto verosimile nelle città: il punto cruciale è che il nome del
fiume Olt, anticamente (come registrato in latino) Ălŭtă, presuppone la
trasformazione slava (del IX. secolo) *Olŭtŭ (donde *Olŭt nel X. secolo) da *Ălŭtŭ
< *Ălŭtăs, mentre se il latino Ălŭtă si fosse conservato in rumeno suonerebbe,
nel migliore dei casi, †Altă (nel peggiore †Arătu). In altri termini, il nome
rumeno del principale fiume che attraversa e divide in due la Valacchia è stato
preso dallo slavo in rumeno dopo il IX. secolo.
D’altra parte, va osservato che proprio nel IX. secolo si è avuta la massima
espansione del Khānato Protobulgaro (anche in tutta l’attuale Romania), il quale
per parte sua era centrato sulle aree più latinizzate (quindi protorumene) a Sud
del Danubio (anche i nomi di alcuni suoi sovrani sono schiettamente latini, come
Sabino, Campagnano &c.). Non dimentichiamo, poi, che la formazione dello slavo
(necessariamente centrata sulla Dacia, altrimenti non avrebbe raggiunto il
baltoslavo meridionale a Nord dei Carpazi) implica la presenza rumena a stretto
contatto, dunque anche a Nord del Danubio. È quindi possibile che l’unificazione
del protorumeno, fra Nord e Sud del Danubio, si sia compiuta nel IX. secolo e
che allora sia avvenuta l’espansione anche nelle zone (a Nord del Danubio)
all’epoca compattamente slave.
È questa ampiezza di orizzonti che riconcilia le opposizioni e offre (come l’unificazione delle teorie sulla Protoslavia...) una soluzione ai conflitti di lealtà identitaria; la sua mancanza contribuisce, credo, ad alimentare i tentativi ipernazionalistici di riscatto dalla frustrazione di essere ‘prigionieri’ di una Nazione percepita come mediocre.
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Non possiamo non pubblicare qui questa cartina di Lord Wilmore:
Se i Visigoti si fossero stanziati nei Balcani Occidentali, ecco come essi potrebbero apparire oggi...
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Gli risponde Alessio Mammarella:
Potremmo pensare ad un un insediamento dei Visigoti in Italia dopo il sacco di Roma e lo spostamento proprio in Gallia (per esempio con Arelate come capitale) del baricentro dell'Impero d'Occidente. Nei secoli successivi l'Impero d'Occidente (o il Regno dei Franchi in sua sostituzione) che progressivamente riconquistano la penisola italiana. Presa tra le guerre contro i franchi e le prime scorrerie dei saraceni, gran parte della nobiltà gotica si sposta oltre le Alpi Giulie, in quella regione occidentale dei Balcani che è sempre meno controllata dall'Impero d'Oriente.
Chiaramente questi visigoti romanizzati avranno battuto avari e ungari così come altri popoli (slavi) intenzionati a migrare verso sud. Forse solo la Galizia subirà un influsso slavo e non a caso si chiamerà così, come una regione della non lontana Polonia. Con il tempo, le varie regioni del paese si differenziano, in particolare la Catalogna e la Navarra hanno rapporti commerciali e culturali con gli stati "franchi" a ovest dell'Adriatico, mentre invece nelle aree impervie dell'interno si arroccano i superstiti delle popolazioni illiriche preromane che ancora orgogliosamente persistono nelle loro tradizioni.
L'avanzata dei turchi rappresenta un problema per questa ricostruzione perché se i turchi avanzassero come in HL l'unità del paese sarebbe rotta per secoli e ripristinata non prima del XIX secolo. Potremmo al limite ipotizzare che il regno gotico sia forte e possa dover sacrificare la sola Andalusia. Per quanto riguarda le questioni dinastiche e le avventure militari, l'ingerenza degli aragonesi in Italia e in Grecia sarà favorita da uno scenario del genere, mentre invece non possiamo pensare ad esplorazioni oceaniche. Viaggi come quelli di Colombo partiranno comunque dalla Penisola Iberica, la cui organizzazione politica esula dal nostro discorso (anche se sarebbe interessante ipotizzarla).
Il passaggio del regno agli Asburgo sarebbe ancora più logico che in HL, vista la continuità del paese con territori come l'Austria e l'Ungheria. In assenza della Penisola Iberica e delle sue colonie oltreoceano, non so se Carlo V avrebbe diviso la sua eredità in due diversi rami, ma comunque la cosa rileva poco visto in un secondo momento si sarebbero riuniti. L'unica cosa che possiamo ipotizzare è che il mondo asburgico sarebbe stato meno potente militarmente, e quindi alcune guerre dei secoli XVI-XVII-XVIII sarebbero andate diversamente. In ogni caso, vicende politiche da definire avrebbero portato il regno balcanico a separarsi dal resto dei domini asburgici (forse l'unico rimasto monarchico, dopo che altri paesi vicini sono diventati repubbliche?)
Possiamo forse solo ipotizzare, per arrivare ai giorni nostri, che il dittatore Tito abbia svolto un ruolo paragonabile a quello di Franco in HL, predisponendo il ritorno alla monarchia dopo un periodo repubblicano seguito a una guerra civile.
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Lord Wilmore in seguito ci ha domandato:
Secondo te gli Unni coincidono davvero con gli Hsiung-Nu delle cronache cinesi?
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E Paolo gli ha risposto:
Non possono essere gli Xiognu per un semplice motivo... Perché anche quelli che i Cinesi chiamano così sono popoli sempre diversi tra loro e che i cronisti raggruppano in quel nome spesso impropriamente. Xiognu, del resto è un nome attestato già come minimo dal III secolo avanti Cristo. Gli Xiognu del II secolo DOPO Cristo certo non possono essere gli stessi.
A ciò si aggiunge il fatto che non potrebbero essere lo stesso popolo per una questione di distanza: un popolo delle steppe è come un'acqua con del colorante. Ogni goccia che aggiungi, cambia la composizione. Quindi nel tragitto da un punto A a un punto B magari il nome della confederazione rimane, ma composizione genetica e linguistica mutano anche molto.
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Il parere di Federico Sangalli è diverso:
"Xiognu" è un termine piuttosto generico (potrebbe equivalere al nostro "germani"). Sarebbe interessante capire etnolinguisticamente quale fosse la componente prevalente della confederazione Xiognu, ma linguisticamente è dura: ci sono tracce di mongolo, iranico, ceppo siberiano e naturalmente ogni scuola di pensiero nazionale riconduce tali spunti alla propria nazionalità. Geneticamente sembra che gli studi in proposito abbiano appurato un legame diretto con gli Unni, ma con un maggiore commistione con gli aplogruppi asiatico orientali e nord orientali e un minore influsso di quelli europei. La teoria prevalentemente è quinti che gli Xiognu fossero dei proto-unni nati dall'unione di popolazioni scite e siberiane e che, quando questi si divisero in Xiognu Settentrionali e Xiognu Meridionali, attorno alla seconda metà del I Secolo Dopo Cristo, i primi migrarono verso la Siberia Occidentale e formarono il nucleo della futura confederazione tribale unna, mentre i secondi rimasero legati all’influenza cinese e finirono per integrarsi in Mongolia (dove in effetti c’è un’alta percentuale di riscontro genetico tra Xiognu e mongoli odierni).
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E Franz Joseph von Habsburg-Lothringen aggiunge:
Da
questo interessante articolo si evince che gli Unni al di fuori del Bacino
Carpatico erano per metà di ascendenza asiatica orientale (ma sempre con una
componente minoritaria sarmatico-alanica), per l’altra metà di provenienza
totalmente diversa e in generale ‘pura’ (Germani Settentrionali, ’Īrānici –
Sarmati, Alani – e Pannoni); quelli nel Bacino Carpatico erano invece quasi
tutti misti (un solo ’Īrānico ‘puro’), con una componente asiatica orientale di
varia misura, ma in maggioranza sarmato-alanici.
Dal punto di vista fenotipico, mi pare notevole che tutte le componenti non
asiatico-orientali – ossia l’assoluta maggioranza – siano proverbiali per la
pigmentazione xantocroica (capelli biondi e occhi azzurri), decisamente il
contrario dello stereotipo degli Unni...
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Generalissimus propone:
Modu Chanyu, il fondatore dell'impero
degli Xiongnu, nel 192 a.C. ebbe l'ardire di chiedere in sposa l'Imperatrice Lü
della Dinastia Han.
Costei rimase estremamente scandalizzata dalla proposta, al punto che sondò la
possibilità di dichiarare guerra a quello che non vedeva altro che come un
barbaro inferiore, ma poi uno dei suoi consiglieri la portò a più miti consigli
quando le fece notare che l'esercito del capo degli Xiongnu era decisamente più
potente di quello cinese.
Ma cosa accadrebbe se invece l'Imperatrice Lü accettasse e i due imperi si
unissero?
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Ed è ancora Federico a rispondergli:
Particolare interessante: dopo la morte di Modu gli Xiognu svilupparono un sistema di governo dualistico tra il Chanyu (il Khan, in pratica), che regnava direttamente dalla capitale Longcheng (attuale Mongolia centrale) e sulla metà orientale della confederazione, e il Tuqi Wang (“Saggio Principe”), che governava l’altra metà della confederazione ed era usualmente l’erede al trono. Le regole di successione prevedevano anche che se l’erede diretto fosse troppo piccolo allora l’erede adulto, per esempio il fratello del re, assumesse il trono, cosa che alla fine portó alla nascita di numerosi rami cadetti che iniziarono a lottare per il potere.
Ora, immaginiamo che l’Imperatrice Lu accetti. Dovrebbe essere costretta, visto che in HL era tanto entusiasta da pretendere la guerra contro gli Xiognu. Forse gli stessi potrebbero infliggere ai cinesi una sconfitta ancora più umiliante a Baideng, otto anni prima, catturando o uccidendo lo stesso Imperatore Gaozu (in HL ci mancò poco). Dopo il matrimonio e l’unione dei due troni il sistema duale potrebbe svilupparsi con un Khan a Luangcheng e il Tuqi Wang a Chang’an, capitale della dinastia Han, o viceversa. Quando le lotte dinastiche inizieranno il principe che sarà meglio riuscito ad integrarsi coi costumi cinesi potrà guadagnare il loro supporto, sconfiggere i rivali e riprendere saldamente il trono, eventualmente introducendo lo successione alla cinese. L’Impero Sino-Xiognu si espanderebbe dall’Isola di Hainan al Lago d’Aral. Abbiamo tracce dei rami dinastici Xiognu almeno fino al 460 DC, per cui la nuova dinastia si guadagnerebbe un posto nella storia cinese con un regno di più di cinque secoli. Comunque sia, se diamo credito all’idea che gli Unni siano originatisi dagli Xiognu Settentrionali e sapendo che questi a loro volta si sono distaccati a seguito della guerra civile Xiognu, che qui non avverrebbe, al netto del fascino di vedere Attila al servizio di questo impero, è chiaro come anche la storia delle migrazioni “barbariche” ne risulterebbe sconvolta.
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William Riker ha avuto un'altra idea geniale:
Ardagasto, re degli Anti (Sarmati slavizzati), non viene sconfitto dall'imperatore Maurizio nel 585 durante la sua incursione in Tracia, ma anzi travolge le truppe bizantine al comando di Prisco e si stanzia stabilmente in quella che è la nostra Bulgaria, sottraendola all'Impero Romano d'Oriente. Che accade all'arrivo dei Bulgari? Questi ultimi dove si stanzieranno?
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E Bhrg'hros gli replica puntualmente:
Si sono fatte tantissime ucronie sulla persistenza dell'Impero Romano (che poi è realmente persistito, a Bisanzio), ma poche sulla persistenza degli Anti, certo meno celebri, ma altrettanto se non più importanti; non a caso, Paolo Maltagliati se ne è occupato nella sua grande Ucronia Gotica. Io proporrei questo schema di risposta: Austria (bavarese) fino a Belgrado; Boemia fino ai Carpazi; Bulgaria slava (col nome di Slovenia) estesa a tutta la Romania.
Ora però voglio sottoporvi una variante: non una vittoria degli Anti su Bisanzio, ma la mancata sovrapposizione degli Avari sugli Anti. Circa la loro affiliazione etnico-linguistica, una delle prospettive più diffuse (alle quale aderisco) è che fossero Slavi (magari mi atterrei a un più generico e prudente «Baltoslavi»). Da Boz, Booz, Box (ca. 376-380, citato da Giordane) = */Bōz(ĭ)s/ (cfr. lituano buožis, lettone buõzis ‘verga, zucca (nel senso di “testa”; termine infantile)’, in lotta con gli Ostrogoti, a Dabragezas (attivo nel 555–56) = "buon bastone" (cfr. paleoslavo žezlъ ‘bastone, asta’), che ha guidato la flotta bizantina in Crimea contro i Persiani, se non fossero giunti gli Avari era già formato un Impero protobaltoslavo che avrebbe dominato dal Danubio al Don, perfettamente in equilibrio fra Bisanzio e gli Alani (poi i Chazari).
Per me dunque la Slavia Orientale Meridionale è questa e vi associo l’ucronia seguente: verso l’830 d.C. il primo Voivoda dei Magiari («Tourkoi» nella narrazione di Costantino VII. Porfirogenito [905-959], Dē Ădmĭnĭstrăndō Ĭmpĕrĭō, capitolo XXXVIII), Lebedíās, invece di controproporre Almoútzēs o il figlio di quest'ultimo, Arpadḗs (in ungherese Árpád), accetta l’offerta del chagan dei Chazari di diventare Principe dei Magiari («Sábartoi ásphaloi»), nella regione di Atelkoúzou (ungherese Etelkőz), presso il Dnepr, dopodiché tutta la storia degli Ungari si svolge pressoché identica fino al 1867, ma in lingua rusina anziché magiara (questa sarebbe una Slavia Orientale... Sud-Occidentale). L’ucronia arrivava al trionfo del duplice Progetto Großösterreichisch e Austroslavista, all’orientamento dell’Impero Russo verso le due Direttrici Geopolitiche alternative al Panslavismo (Protezione degli Ortodossi ed Eurasismo) e con la Prussia nel «ruolo di Mediatrice fra la Germanità di Russia e la Componente Evangelico-Riformata in Germania (come alternativa al ruolo asburgico di Mediazione fra Slavia Romana e Componente Cattolica in Germania, oltre ovviamente all'Italia)» (con possibile disinnesco della Grande Guerra fra una Cordiale Intesa a due e la Santa Alleanza dei Tre Imperatori).
In questo caso viene invece a mancare la sovrapponibilità alla Storia reale (perlomeno quella fino al 1867): la persistenza dell’Impero degli Anti nelle proprie sedi (a fronte di Avari, Bulgari, Chazari, Peceneghi, Cumani, Tatari, se non nelle stesse forme dei Principati Russi) impedisce – come nell’ucronia di Ardagasto – la formazione della Romanìa neolatina (perché si slavizza) e della Croazia e Slovenia slave (perché vengono germanizzate), unita all’ucronia di Lebedìa (visto che stiamo ragionando per obiettivi e non per singoli Punti di Divergenza) vede la slavizzazione (rusina) della Pannonia (anziché in lingua ceca come nell’ucronia di Ardagasto), per cui alla fine avremo una Slavia Occidentale (Boemia e Polonia), una Slavia Nordorientale (Rutenia e Moscovia) e una Slavia Sudorientale (Antia e Sabartia/Rusinia), quest’ultima dall’Ungheria all’Ucraina (e alla Bulgaria).
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Anche Lord Wilmore ha voluto dare il suo contributo a questa discussione:
Successione ininterrotta dei sovrani d'Ungheria
Sovrani mitologici
1) Oghuz Qaghan, leggendario
figlio di Kara Khan e di Ay Khanbikeh, visse in un'epoca imprecisata ed è
considerato l'antenato leggendario di tutti i popoli Turchi e di tutte le
nazioni dell'Asia centrale
Chanyu degli Xiongnu
2) Touman (220–209 a.C.), lontano discendente
dell'ultimo sovrano della dinastia cinese Xia, fu contemporaneo di Qin Shi
Huangdi, il primo unificatore della Cina, e a sua volta riunificò le trbù
turco-mongole fondando il Qaghanato Xiongnu
3) Modu Chanyu (209–174 a.C.), assunse per
primo il titolo di Chanyu, equivakente a "Khan"
4) Laoshang Chanyu (174–161 a.C.)
5) Junchen Chanyu (161–126 a.C.)
6) Yizhixie Chanyu (126–114 a.C.)
7) Wuwei Chanyu (114–105 a.C.)
8) Er Chanyu (105–102 a.C.)
9) Xulihu Chanyu (102–100 a.C.)
10) Qiedihou (101/100–96 a.C.)
11) Hulugu Chanyu (96–85 a.C.)
12) Huyandi Chanyu (85–68 a.C.)
13) Xulüquanqu Chanyu (68–60 a.C.)
14) Woyanqudi Chanyu (60–58 a.C.)
15) Huhanye Chanyu (58–31 a.C. )
16) Fuzhulei Ruodi Chanyu (31–20 a.C.)
17) Souxie Chanyu (20-12 a.C.)
18) Juya Chanyu (12-8 a.C.)
19) Wuzhuliu Chanyu (8 a.C.-13 d.C.)
20) Wulei Chanyu (13–18 d.C.)
21) Huduershidaogao Chanyu (18–46 d.C.)
22) Wudadihou Chanyu (46 d.C.)
Chanyu degli Xiongnu
Meridionali
23) Sutuhu (46–55)
24) Qiufu Youti (55-57)
25) Yifa Yulüti (57–59)
26) Xitong Shizhu Houti (59–63)
27) Qiuchu Julinti (63)
28) Huxie Shizhu Houti (63–85)
29) Yitu Yulüti (85–88)
30) Tuntuhe (88–93)
31) Anguo (93–94)
32) Shizi (94–98)
33) Wanshishizhudi (98-124)
34) Wujihoushizhudi (124–128)
35) Xiuli (128–144)
36) Cheniu (144)
37) Hulan Ruoshi Zhujiu (144–147)
38) Jucheer (147–158)
39) Tute Ruoshi Zhujiu (158–178)
40) Huzheng (178–179)
41) Qiangqu (179–188)
42) Chizhi (188–189)
43) Yufuluo (189–195)
44) Huchuquan (195–216)
Xianbei
45) Kebineng (216-235), sconfisse l'ultimo dei
Chanyu degli Xiongnu e fondò il Qaghanato degli Xianbei
46) Tufa Shujineng (235-279)
47) Murong Tuyuhun (269-317)
48) Murong Hui (317-333)
49) Murong Huang (333-348)
50) Murong Ke (348-352)
Qaghan degli
Unni
51) Kama Tarkhan o Grumbat (352-358),
re dei Chioniti o Unni rossi (i Kian-yun dei cinesi), di lui parla lo storico
Ammiano Marcellino. Lasciate le steppe del Kazakistan, migrò con il suo popolo
nelle regioni del Mar Caspio
52) Balamber o Valamiro (358-370),
luogotenente di Grumbat, sottomise i Sarmati e gli Alani
53) Alypbi (370-386), altro luogotenente di
Grumbat, di lui si sa poco o nulla
54) Uldino (386-412), Khan degli Unni Occidentali,
si alleò con l'imperatore romano d'oriente Arcadio, ma poi tentò invano di
attaccare Costantinopoli
55) Donato (386-411), Khan degli Unni Orientali, fu
il primo Qaghan degli Unni a convertirsi al cristianesimo, nella versione
ariana. Fu ucciso a tradimento dagli ambasciatori bizantini, come narra lo
storico Olimpiodoro di Tebe
56) Charaton (411-412), luogotenente di Donato,
tentò di raccoglierne l'eredità, ma fu sconfitto da Rua
57) Octar o Uptar (412-430),
"coraggioso", figlio di Uldino, in diarchia con il fratello Rua fino al 430, fu
ucciso in battaglia dai Burgundi
58) Rua o Rugila (412-435),
in diarchia con il fratello Octar fino al 430, si spostò verso occidente e prese
come ostaggio il generale romano Flavio Ezio, di cui poi divenne amico. Secondo
la tradizione, morì colpito da un fulmine
59) Bleda (435-445), figlio di Mundjuk, fratello di
Octar e Rua, in diarchia con il fratello Attila fino al 445. Secondo lo storico
bizantino Prisco di Panion fu ucciso dal fratello con l'aiuto di Arderico, Re
dei Gepidi e suo tributario
60) Attila o Idil (435-453),
figlio di Mundjuk, in diarchia con il fratello Bleda fino al 445, fu
soprannominato "il Flagello di Dio" per la sua ferocia. Con lui l'impero unno
giunse al suo apogeo: il suo dominio si estendeva dall'Europa centrale al Mar
Caspio, e dal Danubio al Mar Baltico, unificando Germani orientali, Slavi ed
Ugro-finni. Incassò dal generale Flavio Ezio la sconfitta dei Campi Catalaunici,
ultima grande vittoria dell'impero romano d'occidente, ma dopo l'assassinio di
Ezio puntò su Roma per saccheggaiarla. Temendo di restare intrappolato in
Italia, accettò un ingente riscatto da parte del carismatico Papa Leone I Magno
e si ritirò. Morì durante una notte d'amore in circostanze mai chiarite
61) Ellac (453-454), figlio di Attila e di Kreka,
fu ucciso nella battaglia del fiume Nedao dal re dei Gepidi Arderico, e l'impero
unno cominciò a sgretolarsi
62) Tuldila (454 457), figlio di Attila, fu
eliminato dai fratelli
63) Dengizic (457-469), figlio di Attila, morì in
battaglia contro i bizantini
64) Ernac (469-482), figlio di Attila, fu alleato
dell'impero bizantino. Alleato con i bizantini attaccò il Re dei Goti Teodorico
il Grande, ma fu sconfitto e ucciso
65) Tingiz (482-498), figlio di Attila, governò sui
territori dell'attuale Ucraina
66) Belkermac (498-509), figlio di Attila, morì in
battaglia contro gli Alani
67) Djurash (509-517), figlio di Ernac, di lui si
sa poco o nulla
68) Tatra (517-536), luogotenente di Djurash, diede
il nome ai monti tra i quali fu sepolto
69) Boyan Chelbir (536-547), usurpatore, fu
l'ultimo Qaghan del popolo Unno unito
70) Sandilch (547-551), Qaghan degli Utriguri, orde
del Don orientale, da lui discendono gli Ungari
71) Zabergan (547-552), Qaghan dei Kutriguri, orde
del Don occidentale, da lui discendono i Cumani
Qaghan
dei Göktürk
72) Bumin (552), figlio Asjina Tuwu,
sconfisse gli Unni e fondò il Qaghanato dei
Göktürk ("Turchi azzurri")
73) Yabghu (552–575), fratello minore di
Bumin, sconfisse gli Eftaliti, fondò a sua volta il Qaghanato Göktürk
occidentale
74) Tardu (575–602), figlio di Yabghu, sconfisse lo
Shah Sasanide Bahram VI. Cercò di riunificare tutti i Goktürk sotto il suo comando, ma
fu sconfitto e ucciso
75) Heshana (604–611), figlio di Niri, pronipote di
Bumin, visse in un periodo di guerre civili e finì giustiziato
76) Sheguy (610–617), figlio di Tulu, figlio di
Tardu, anch'egli morì in battaglia
Qaghan degli Onoguri
77) Organa (617-632),
sovrano delle tribù degli Onoguri (dal turco Onoq, "le Dieci Frecce"),
si rese indipendente dai Göktürk
78)
Kubrat (632-665), nipote di Organa, comandante degli Unni e dei Proto-bulgari nella regione a nord
del Mar Nero, fondò la Grande Bulgaria nei territori dell'attuale Ucraina
79)
Batbajan (665-668), primogenito del Khan Kubrat
Qaghan dei Cazari
80) Busir Glavan (690-715), sconfisse e sottomise gli Onoguri; una parte di loro
migrò verso i Balcani, dando vita alla nazione bulgara europea,
un'altra migrò verso nord e diede vita al Khaganato dei Bulgari del Volga. I
restanti rimasero nell'attuale Ucraina e furono gli antenati degli Ungari
81) Barjik (715-732) figlio di Busir Glavan, sconfisse il Califfato Omayyade di
Damasco
82) Bihar (732-736), figlio di Barjik e padre di Tzitzak, consorte
dell'imperatore bizantino Leone III Isaurico
83) Prisbit (736-737), sorella di Bihar
84) Bulan (737-763), fratello di Bihar e Prisbit, "alce" in lingua turca, decise
la conversone dei Cazari all'Ebrraismo per evitare di essere assorbiti dagli
Arabi o dai Bizantini
85) Baghatur (763-786), figlio di Bulan, in turco "figlio di Dio"
86) Obadia (786-809), figlio di Baghatur, scambiò ambasciatori con il Califfo
Hārūn al-Rashīd, protagonista delle "Mille e una Notte"
Interregno (809-825)
87) Khan-Tuvan Dyggvi (825-840), salì al trono dopo un periodo turbolento a
causa dell'opposizione di alcuni nobili Cazari alla conversione al Giudaismo
88) Tarkhan (840-845), eliminò Khan-Tuvan Dyggvi e gli succedette
Sovrani degli Ungari, dinastia
degli Árpád
89) Levedi (845-851), unificò per primo le sette tribù magiare ed incaricò il suo
vassallo Álmos di trovare una nuova patria per il suo popolo, non volendosi
convertire all'ebraismo
90) Álmos (851-896), luogotenente di Levedi, lasciò la Cazaria e guidò gli Ungari in Transilvania,
iniziando la penetrazione nel bacino pannonico, ma morì assassinato
91) Árpád (896-907), figlio di Álmos e capo delle sette tribù magiare, fondò il
primo stato ungherese tra il Danubio ed i Carpazi, e iniziò una serie di
scorrerie contro i territori del Sacro Romano Impero
92) Zoltán (907-948), figlio di Árpád
93) Fajsz (948-955), nipote di Zoltán
94) Taksony (955-972), figlio di Zoltán
95) Géza (972-997), figlio di Taksony
96) Stefano (997-1038), figlio di Géza e di Sarolta, nell'anno 1000 ottenne da Papa
Silvestro II il titolo di Re Apostolico d'Ungheria, ma morì senza eredi
Re d'Ungheria non
dinastici
97) Pietro Orseolo (1038-1041, 1° regno), figlio del doge Ottone Orseolo e della
sorella di Stefano I, salì al trono ma fu deposto dalla nobiltà ungherese
98) Samuele (1041-1044), cognato di Stefano I
97) Pietro Orseolo (1044-1046, 2° regno), rimesso sul trono dall'imperatore Enrico III, fu
deposto a seguito di una rivolta pagana
Re d'Ungheria della dinastia
degli Árpád
99) Andrea I il Cattolico (1046-1061), nipote di Stefano I, fu esiliato dal fratello
Béla
100) Béla I (1060-1063), fratello di Andrea I
101) Salomone (1063-1074), figlio di Andrea I
e di Anastasia di Kyiv, regnò in conflitto con i cugini Géza e Ladislao
102) Géza I (1074-1077), figlio di Béla I e di Richeza di Polonia
103) Ladislao I il Santo (1077-1095), figlio di Béla I, alla morte del fratello Géza
I fu eletto re dai nobili ungheresi al posto del cugino Salomone
104) Colomanno (1095-1116), figlio di Géza I e di Sinadene di Bisanzio
105) Stefano II (1116-1131), figlio di Colomanno e di Felicia d'Altavilla, morì senza
eredi
106) Béla II il Cieco (1131-1141), nipote di Colomanno e cugino di Stefano II
107) Géza II (1141-1162), figlio di Béla II e di Elena di Rascia
108) Stefano III (1162-1163, 1° regno), figlio di Géza II e di Eufrosina di Kyiv,
regnò in contrasto con gli zii Ladislao e Stefano
109) Ladislao II (1162-1163), figlio di Béla II e zio di Stefano III, spodestò il
nipote con l'appoggio dell'imperatore bizantino Manuele I Comneno
110) Stefano IV (1163-1165), figlio di Béla II e zio di Stefano III
108) Stefano III (1163-1172, 2° regno), fu rimesso sul trono dall'imperatore Federico
Barbarossa, ma morì senza eredi
111) Béla III (1172-1196), figlio di Géza II e fratello di Stefano III
112) Emerico (1196-1204), figlio di Béla III e di Agnese d'Antiochia, regnò in
contrasto con il fratello Andrea
113) Ladislao III (1204-1205), figlio minorenne di Emerico e di Costanza d'Aragona,
la reggenza del regno venne affidata allo zio Andrea
114) Andrea II il Gerosolimitano (1205-1235), figlio di Béla III, zio di Ladislao
III.
115) Béla IV (1235-1270), figlio di Andrea II e di Gertrude di Merania, ricostruì il
regno dopo l'invasione mongola del 1241
116) Stefano V (1270-1272), figlio di Béla IV e di Maria Laskarina
117) Ladislao IV il Cumano (1272-1290), figlio di Stefano V e di Elisabetta di
Cumania
118) Andrea III il Veneziano (1290-1301), nipote di Andrea II, alla sua morte senza
figli si estinse la dinastia degli
Árpád
Re d'Ungheria
Non dinastici
119) Venceslao (1301-1305), Re di Ungheria, di Boemia e di Polonia, fu costretto ad
abdicare
120) Béla V (1305-1307), giovane figlio di Enrico XIII di Witelsbach e di Elisabetta,
figlia di Béla IV, fu spodestato ed esiliato
Re d'Ungheria della dinastia
d'Angiò
121) Carlo I (1308-1342), figlio di Carlo Martello d'Angiò, a sua volta figlio di Carlo II di
Napoli e nipote di Stefano V
122) Luigi I il Grande
(1342-1382), figlio di Carlo I e di Elisabetta di Polonia, fu anche Re di
Polonia
123) Maria (1382-1385, 1° regno), figlia di Luigi I e di Elisabetta di Bosnia
124) Carlo II il Breve (1385-1386), figlio di Luigi di Durazzo e di Margherita
Sanseverino, ultimo erede maschio del remo ungherese della dinastia angioina, fu
anche Re di Napoli e salì al trono dopo aver spodestato Maria, ma morì
avvelenato dopo due mesi
123) Maria (1386-1395, 2° regno), fu rimessa sul trono, ma il governo fu affidato di
fatto al marito Sigismondo di Lussemburgo
Re d'Ungheria elettivi
124) Sigismondo I di
Lussemburgo (1387-1437), consorte di Maria e discendente
di Béla IV tramite sua madre Elisabetta di Pomerania e suo padre Carlo IV di
Lussemburgo, fu anche Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Boemia
125) Alberto d'Asburgo (1437-1439), genero di Sigismondo I, fu anche Duca d'Austria, Re
di Germania e Re di Boemia
126) Ladislao V Jagellone (1440-1444), re di Polonia, fu proclamato re dalla nobiltà
ungherese.
127) Ladislao VI d'Asburgo il Postumo (1445-1457), figlio di Alberto e di Elisabetta
di Lussemburgo, fu anche Duca d'Austria e Re di Boemia, ma morì senza eredi
128) Mattia I Hunyadi il Giusto (1458-1490), eetto re d'Ungheria, morì lasciando solo
un figlio illegittimo, Giovanni, a cui non fu permesso di succedergli sul trono
129) Ladislao VII Jagellone
(1490-1516), nipote di Ladislao VI, Re di Boemia, fu eletto
re d'Ungheria
130) Luigi II Jagellone (1516 1526), figlio di Ladislao VI e di Anna di
Foix-Candale, fu anche Re di Boemia. A soli vent'anni sconfisse gli Otomani
nella Battaglia di Mohács, impedendo loro di conquistare il paese, ma cadde
durante la stessa battaglia e non lasciò eredi diretti
Re d'Ungheria della dinastia
Zápolya
131) Giovanni I
Zápolya (1526-1540), figlio di Stefano Zápolya e di Edvige
di Cieszyn, alla morte di Luigi II fu eletto Re d'Ungheria e sconfisse
Ferdinando I d'Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero e cognato di Luigi
II, che aspirava al trono ungherese
132) Giovanni II Zápolya (1540-1570), figlio di Giovanni I e di Isabella Jagellona,
lottò duramente contro gli Ottomani ma morì senza figli
Re d'Ungheria della dinastia
Báthory
133) Stefano VI Báthory (1570-1586),
Stefano Báthory e di Caterina Telegdi, eletto dalla Dieta
ungherese, fu anche Re di Polonia. Sua cugina era la famosa serial killer
Erzsébet Báthory, che egli fece imprigionare dopo aver scoperto le sue malefatte
134) Sigismondo II Báthory (1586-1613), figlio di
Kristóf (fratello di Stefano VI) e di Elisabetta Bocskai
Re d'Ungheria della dinastia
Rákóczi
135) Giorgio I Rákóczi (1613-1648), figlio di Sigismondo
Rákóczi e di Anna Gerendi, partecipò alla Guerra dei Trent'Anni dalla parte dei
cattolici
136) Giorgio II Rákóczi (1648-1660). figlio di Giorgio I Rákóczi e di Susanna
Lorántffy
137) Francesco I Rákóczi (1660-1676), figlio di Giorgio II Rákóczi e di Sofia Báthory,
strinse alleanza con il Re Sole
138) Francesco II Rákóczi (1676-1735), figlio di Francesco I Rákóczi e di Ilona
Zrínyi, assediò Vienna nella speranza di conquistare il titolo di Sacro Romano
Imperatore, ma fu sconfitto dal re di Polonia Giovanni III Sobieski. Concentrò
allora tutte le forze contro l'ormai declinante impero ottomano e conquistò
Belgrado e Sarajevo. In Ungheria oggi è considerato un eroe nazionale
139) Giorgio III Rákóczi (1735–1756), figlio di Francesco II Rákóczi e di Carlotta
Amalia d'Assia-Wanfried, partecipò alla Guerra di Successione Austiaca ma perse
quasi tutti i territori conquistati dal padre. Non avendo figli, adottò come erede Miklós
József Esterházy, che avviò una nuova dinastia
Re d'Ungheria della dinastia
Esterházy
140) Miklós I
Esterházy il Magnifico (1756-1790), figlio di József Simon Esterházy e di
Maria Octavia von Gilleis, fu il principale mecenate di Haydn
141) Anton Esterházy
(1790-1794), figlio di Miklós I e di Maria Antonia di Wittelsbach, si
rappacificò con gli austriaci e combattè a fianco della Prima Coalizione contro
i rivoluzionari francesi
142) Miklós II Esterházy
(1794-1806, 1° regno), figlio di Anton e di Maria Cristina d'Asburgo-Lorena
(figlia di Maria Teresa d'Austria e di Francesco Stefano di Lorena), è ricordato
per le ingenti spese del suo regno, che mandarono lo stato sul lastrico.
Sconfitto da Napoleone nella Battaglia di Austerlitz, fu costretto ad andare in
esilio a San Pietroburgo
143) Giuseppe Bonaparte
(1806-1813), fratello maggiore di Napoleone I, fu designato dal fratello al
trono di Budapest, ma fu estremamente impopolare perchè straniero e perchè fece
abbattere molte chiese e conventi. Contro di lui si sollevò una guerriglia che
costituì una spina nel fianco per l'Empereur. Dopo la sconfitta del fratello
nella Campagna di Russia e l'invasione dell'Ungheria da parte degli alleati, fu
costretto alla fuga
142) Miklós II Esterházy
(1813-1833, 2° regno), restaurato sul trono dal Congresso di Vienna, portò
avanti una politica più cauta del suo primo regno e aderì alla Santa Alleanza
144) Paolo I Esterházy
(1833-1866), figlio di Miklós II e di Maria Ludovica d'Austria-Este,
inizialmente governò come un monarca assoluto, ma nel 1848 rischiò di essere
travolto dalla rivoluzione capeggiata da Lajos Kossuth. Per evitare di perdere
il trono fu costretto a concedere una Costituzione e a regnare senza governare;
Kossuth divenne il primo Cancelliere della nuova Ungheria. Sotto di lui
l'Ungheria partecipò alla Guerra di Crimea accanto a Regno Unito, Francia e
Sardegna
145) Miklós
III Esterházy
(1866-1894), figlio di Paolo I e di Maria Augusta di Sassonia, il suo regno vide
l'industrializzazione del paese e la costruzione di ferrovie ed infrastrutture.
Attraverso il porto di Fiume il regno intraprese anche una politica coloniale in
Africa ed Asia
146) Miklós IV Esterházy
(1894-1920), figlio di Miklós III e di Elena d'Orléans, con lui l'Ungheria aderì
alla Quadruplice Intesa con Francia, Regno Unito e Russia. Dopo l'assassinio di
Alessio, figlio dello Zar Nicola II, e lo scoppio della Grande Guerra,
l'Ungheria fu invase dalle truppe austriache e tedesche, e Miklós IV fu
costretto all'esilio in Grecia, per poi far ritorno in patria in seguito alla
sconfitta austriaca
147) Paolo II Esterházy
(1920-1940, 1° regno), figlio di Miklós IV e di Beatrice di Borbone-Spagna, salì
al trono 19 anni e subito dovette affrontare la rivoluzione comunista di Béla
Kun e la secessione in armi della Croazia (appoggiata dall'Italia). Nel 1940 il
paese venne invaso dai nazisti e Paolo II fu rinchiuso nel Palazzo Reale di
Gödöllő, essendosi rifiutato sia di abdicare che di lasciare il paese
Interregno (1940-1945), durante
il quale l'Ungheria fu governata dalle Croci Frecciate di Ferenc Szálasi, un
filonazista fantoccio di Hitler che mandò miglia di ebrei allo sterminio. Molti
di loro si salvarono grazie all'eroismo dell'italiano Giorgio Perlasca, che si
spacciò per console spagnolo e tenne nascoste centinaia di Ebrei nel palazzo
dell'ambasciata
147) Paolo II Esterházy
(1945-1989, 2° regno), tornò sul trono alla sconfitta dei nazisti. L'Ungheria fu
liberata dai sovietici, ma nella spartizione dell'Europa decisa a Yalta fu
assegnata alla sfera d'influenza americana, anche se dovette cedere vari
territori orientali alla Romania comunista. Grazie al Piano Marshall il paese
conobbe una rapida crescita economica e aderì alla NATO. Un tentativo di
rivoluzione comunista di János Kádár nel 1956 portò all'assassinio del
Cancelliere socialista Imre Nagy, ma fu stroncato dalle truppe dell'Alleanza
Atlantica. Nel 1973 l'Ungheria aderì alla CEE. Paolo II morì il 25 maggio 1989,
poco prima della caduta del Muro di Berlino
148) Paolo III Esterházy
(1989-2025), figlio di Paolo II e di Mafalda di Savoia (morta nel campo di
concentramento di Buchenwald), con lui l'Ungheria conobbe la rivoluzione di
Internet e fece il suo ingresso nel Terzo Millennio. Morì il 22 settembre 2025
all'età di 88 anni
149) Paolo IV Esterházy
(2025-in carica), figlio di Paolo III e della campionessa di nuoto e ungherese
Andrea Gyarmati, nato il 18 febbraio 1986, siede oggi sul trono di Santo Stefano
150) Miklós (V) Esterházy,
figlio di Paolo IV e della famosa attrice ungherese Alexandra Borbély, nato il 5
maggio 2023, erede al trono d'Ungheria
.
E ora, la nuova proposta di Paolo:
Uno dei miei chiodi fissi è la rilatinizzazione della valle del Danubio, alla stregua dei valacchi in Dacia. Una multietnicità essenzialmente quadruplice(slavi, tedeschi, latini, magiari) incapace di creare un regno unitario. Principati feudali in lotta tra loro e lo sviluppo di un'area urbana da caratteristiche fiamminghe, molto fiorente, anello di congiunzione tra la pianura padana, l'Europa settentrionale e il mar nero e Costantinopoli. Lo so, lo so, è molto poco fattibile, però immaginare gli elementi per la creazione di qualcosa del genere mi affascina...
.
Gli risponde il solito Bhrg'hros:
Non mi sembra affatto "poco fattibile": basta dosare gli elementi che hanno causato lo stesso fenomeno sul Basso Danubio, il che per l'attuale Bulgaria è semplicissimo, ossia consiste nella nomina del Vescovo Legato Formoso (poi Papa Formoso, 891-896) o del Diacono Marino (poi Papa Marino I, 882-884) ad Arcivescovo di Bulgaria da parte di Papa Adriano II (867-872) entro il Quarto Concilio di Costantinopoli (870). Più complicato sarebbe per l'attuale Ungheria, dove in teoria sarebbe più facile postulare una mancata conversione dei Magiari (né con Santo stefano né poi), altrimenti una loro confluenza in una Compagine Politica locale già non solo cristianizzata da Clero Romano, ma in particolare dalla Missione di Aquileia (o, se da quella di Salisburgo, con prevalenza in quest'ultima dell'elemento ladino su quello marcomannico in Baviera).
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Se volete farci conoscere la vostra opinione in proposito, basta che scriviate al Webmaster...
Successioni ininterrotte di sovrani ucronici Imperatori di tutta l'umanità – Re di Roma – Imperatori Romani 1 – Imperatori Romani 2 – Imperatori Romani di Britannia – Ostrogoti – Israele – Sparta – Italia – Baviera – Valacchia – Danimarca – Svezia – Norvegia – Ungheria – Russia – Babilonia – Persia – Yavana |