La vera storia dei Baschi

di Paolo Maltagliati


La scelta di K'rg

K'rg era partito con il suo popolo, i suoi armenti e i suoi cavalli da una terra lontana, a oriente. Era una terra dura e fredda, raccontavano gli anziani. Numerose tribù si contendevano pascoli sempre più magri. Il padre di K'rg, quale capo, dovette prendere una decisione: abbandonare le loro ancestrali dimore per fuggire in cerca di erba fresca e verde per il bestiame. Aveva sentito che in direzione delle porte del mattino vi era acqua in abbondanza, prati e foreste a non finire. Ma il volere della sciamana era inflessibile: il luogo era maledetto. Prova ne era che chi, per fame, aveva provato a dirigersi in quella direzione, non aveva più fatto ritorno. Ma la situazione era troppo grave. Ios aveva ritirato da un pezzo la sua generosa mano da quel luogo, e non si poteva fare altrimenti. In direzione delle porte del tramonto tutto pareva morto e freddo, mentre più si correva verso il mattino, più i campi sembravano recuperare la vita. Il padre di K'rg venne allora maledetto dalla sciamana, che gli gettò per l'ira le ossa per le predizioni addosso. Il giovane figlio del capo prese però la parola: “Io, K'rg ho udito la voce di mio padre che mi chiama all'obbedienza verso la mia famiglia. Io, K'rg ho udito la voce della sciamana che mi chiama all'obbedienza verso gli dei. Sia la sorte a stabilire da chi dovrò essere maledetto!”. Detto questo, narravano gli anziani, il ragazzo si chinò, raccolse le ossa da predizione che giacevano ai piedi di suo padre e si girò, dando le spalle sia a lui, sia alla sciamana. Si mostrò poi nuovamente ai due. Aveva le braccia tese, e i pugni chiusi. Parlò nuovamente: “Ho nascosto un osso in ciascuna delle mie mani serrate. Sciamana, padre, scegliete una mano. Darò la mia fedeltà a colui il quale sceglierà la mano che nasconde l'osso più lungo”. Il capo si limitò ad annuire. La sciamana invece parlò: “Sta bene, giovane K'rg. Ma sappi che Ieu, nostro grande padre, troverà il modo di vincere anche se tu non lo desideri”. Il capo scelse. Suo figlio sapeva che quello era l'osso più corto. Allora, prima di aprire l'altra mano davanti alla voce degli dei, fece in modo, con la pressione del suo palmo, di spezzare l'osso a lei destinato. Voleva infatti seguire il padre, ma voleva che tutta la tribù sapesse che il volere di Ieu padre non era nelle parole della sciamana. Ma appena aprì anche l'altra mano un corvo piombò sul suo palmo aperto, lasciò cadere dalla bocca una lunga costola di cervo e ingoiò i due pezzi d'osso, rimanendo soffocato. Ieu aveva deciso: K'rg doveva obbedire alla volontà degli dei.

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Di coloro che avevano volto lo sguardo verso le porte del mattino

La tribù si separò: il capo, assieme alla sua famiglia andò a oriente, così come aveva deciso. K'rg restò indietro, con il resto della tribù. Ma non intendeva restare. Si arrischiò ad affrontare le terre morte a occidente. Attraversò terre fredde e terre calde, ma non riusciva a fermarsi. La sua gente lo implorava, ma lui era stato posseduto da un sacro spirito e fece voto di non fermarsi né voltarsi mai fino alla sua morte. Legò anche i suoi figli a questa promessa. I suoi eredi avrebbero camminato e camminato fino a che non avessero trovato la fine della terra e le porte del tramonto. Ma durante la marcia la sua gente crebbe. E ad ogni tappa qualche famiglia scuoteva la testa e diceva: “questo è il nostro posto. Qui dimoreremo fino a che la nostra carne e le nostre ossa non verranno consumate”. Alcuni raccontano che K'rg, l'ultima notte della propria vita infranse il proprio voto. Attanagliato dalla nostalgia di sua madre e suo padre, dei suoi fratelli e delle sue sorelle si volse indietro. Fece una cosa che non aveva mai fatto nessuno prima e che nessuno farà dopo per generazioni e generazioni. Si aggrappò alla schiena della più forte giumenta della tribù e vi salì sopra. La cavalla sentì un peso su di sé e spaventata si impennò e si mise al galoppo. K'rg non mangiò né bevve: Ieu padre gli aveva tolto fame, sete e fatica e aveva dato all'animale la velocità del suo fulmine. Divorò le distanze e si trovò in poco tempo nelle dimore ancestrali. Ma non si fermò. Giunse nelle terre verdi tanto agognate dal padre e vi trovò dimore di uomini. Ma non erano come i popoli che avevano trovato sul loro cammino e di volta in volta sconfitto e disperso grazie alla sua guida. Erano tante, tantissime e il numero di persone talmente grande da essere paragonabile a quello delle stelle del cielo. In mezzo alle loro enormi capanne c'era una ancora più grande, fatta della stessa pietra di cui erano fatte le montagne. Quegli uomini erano bassi e avevano strani occhi allungati. Si avvicinò lentamente alla capanna di pietra che svettava contro il cielo. Un uomo che pareva essere il capo di quella enorme tribù era morto ed era pronto a far volare il suo spirito verso il cielo con il sacro fuoco, proprio come facevano loro. Al luogo del funerale si stava avvicinando una processione di uomini con le mani legate dietro la schiena. Dovevano essere prigionieri di tribù sconfitte. Ad un ordine di uno che, con tutta evidenza, doveva essere il loro sciamano, i prigionieri vennero uccisi e buttati nel sacro fuoco. Allora K'rg pianse, perché comprese il destino maledetto che la sua famiglia aveva patito in quella terra così bella e rigogliosa. Senza guardare una seconda volta si issò nuovamente sulla schiena della sua giumenta e tornò all'accampamento senza che nessuno se ne fosse accorto. Il mattino seguente riunì gli anziani e raccontò la sua avventura, rammentando loro di tramandarla alle generazioni future. Essi pensarono fosse un assurdo sogno e non diedero peso alle sue parole. Ma la moglie di suo figlio minore udì, come il bambino che era nel suo grembo, che sussultò, immaginando sfrenate corse assieme ai puledri. A quel bambino fu dato il nome di Saka, e nella stirpe che da lui si generò la storia continuò ad essere ricordata.

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Il tradimento

K'rg aveva vincolato solo la sua propria famiglia al voto di marciare verso l'estremo occidente, ma non aveva esteso questo vincolo alla tribù, né biasimava coloro che decidevano di fermarsi. Ma accadde che dopo la sua morte, e la morte dei suoi figli, e quella dei figli dei suoi figli il suo giuramento si faceva lontano nel tempo. I suoi discendenti cominciarono a dire: “Cosa ci accadrà di male se ci fermiamo per qualche anno nello stesso posto? Il nostro amato antenato fuggiva da una terra arida ed inospitale, ma noi abbiamo tutto intorno buone terre in cui costruire i nostri accampamenti. E che dire, poi delle genti che si burlano di noi per il nostro incessante peregrinare. E' vero, pagano a caro prezzo le loro burle, uccidendo i loro guerrieri e prendendo le loro donne come schiave. Ma le parole di scherno sono entrate nelle nostre orecchie e non basta il sangue per farle tacere! Facciamo dunque come loro, costruiamo capanne solide e rimaniamo, dunque. Non infrangeremo il voto, sarà solo per qualche tempo!” La maggior parte dei discendenti di K'rg diede ascolto a questi pensieri, ma tra loro vi era anche un giovane che sospirò e decise di continuare il viaggio solamente con la propria famiglia ed il proprio seguito, anche se nessun altro li avrebbe seguiti. Ma gli anziani della gente di K'rg, che nel frattempo si era fatta numerosa, un giorno si avvicinarono al giovane e dissero: “ragazzo, sappi che abbiamo preso invidia della tua tenacia. Tu fai sfigurare di fronte a te tutti i capi delle tribù del popolo di K'rg e per questo non verrai perdonato. Fuggi presto da noi! Non permettere che i parlatori ti cavino la lingua, i forti ti spezzino le gambe o i coraggiosi ti sfidino! Ascolta le nostre parole. Il tuo gesto non sarà dimenticato facilmente: il tarlo roderà e roderà per generazioni e alla fine colpirà. Forse non i tuoi figli, forse non i figli dei tuoi figli, ma prima o poi colpirà. E per quel giorno il tuo popolo dovrà essere forte per affrontare la marea. Trova il modo per renderlo pronto”.

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Una nuova terra

Il ragazzo, ancor più risoluto dopo aver udito gli anziani, non perse tempo, raccolse le sue cose e le sue genti e partì, ancora e sempre verso occidente. Davanti a sé trovò una catena montuosa che si stagliava sulla pianura circostante. Senza curarsi del destino di coloro che si lasciava alle spalle la attraversò, per giungere in una terra nuova, in cui vi erano pochi grande pianure, molti monti e molte foreste. Vi era spazio a sufficienza e poi, del resto, forse poteva fare come le genti che lì abitavano: invece di essere custodi di branchi di cavalli e armenti, vivere dei frutti della terra. Ieu era un dio geloso, ma forse sarebbe stato in grado di convivere con una compagna. Dopo aver ucciso gli uomini e catturato le giovani, secondo il costume fiero dei veri guerrieri della stirpe di K'rg, decise di esplorare quella terra e farla sua. Non voleva tradire la promessa di non infrangere il voto, ma in quelle regioni seguire il corso del sole, che dispettoso si nascondeva tra i picchi innevati, le nebbie e i fitti boschi sembrava più arduo del previsto. Si ricordò anche del monito degli anziani di fare della sua stirpe un popolo numeroso e forte. Venne preso da uno strano torpore e fece strani sogni. Non quelli di battaglie e marce nel freddo e nel caldo. Quelli erano i sogni di Ieu pade. I ricordi delle avventure che aveva affrontato nel sonno svanirono appena aprì gli occhi. Ma di una cosa si ricordò: che non erano i sogni di Ieu. Doveva giungere alle estreme porte del tramonto che, sentiva, erano vicinissime, fare sua quella terra, far diventare la sua gente un popolo grande e temuto: non c'era che una via per riuscire in tutti e tre i compiti: abbandonare gli usi delle steppe e adottarne di nuovi. Per questo, come prima cosa, disse ai suoi figli: “Noi eravamo soliti mostrare il nostro valore disperdendo le genti che ci si paravano dinnanzi nelle grandi pianure. Ma qui non possiamo agire nel medesimo modo. Le genti di queste regioni traggono il loro nutrimento dalla terra e crescono rapidamente in numero, ma non sono capaci di combattere. Noi questo sappiamo fare, combattere, ma non siamo in grado di diventare numerosi, poiché le greggi danno sostentamento a malapena bastante per quanti siamo ora. Smettiamo perciò di ucciderli. Diventiamo piuttosto loro signori. Noi li difenderemo da qualsiasi pericolo e potranno così estendere i loro campi. Con grandi campi potranno provvedere a sfamare anche noi. In questo modo supereremo con i nostri guerrieri la somma dei guerrieri di tutte le tribù della stirpe di K'rg che ci siamo lasciati dietro”. Convinti dalle sue parole si misero a fare come egli (U'raap, questo il suo nome) aveva detto, e sotto i suoi figli, e i figli dei suoi figli crebbero. Ma Ieu padre era un dio troppo geloso, e aveva stabilito che prima o poi li avrebbe costretti a tornare alle antiche tradizioni. E dopo li avrebbe maledetti e distrutti.

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La strada delle stelle

Molte generazioni dopo i figli di U'raap si erano diffusi su tutta la nuova terra, lentamente sottomettendone le genti. Ma molte di esse, non volendo perdere la libertà si nascondevano in regioni sempre più impervie e inospitali, verso occidente in cui la stirpe di U'raap del popolo di K'rg non era ancora giunta. Ma il voto di giungere alle porte del tramonto era sempre valido e non passò molto tempo che una dopo l'altra, tutte le tribù recalcitranti venivano raggiunte. I K'rg però a questo punto avevano raggiunto le sponde del grande mare, in cui, ogni notte, il sole sprofondava. Essi si abituarono poco a poco alla vista del mare, come in precedenza si erano abituati alla visione delle alte montagne. Ma non riuscirono mai ad amare veramente né l'uno né le altre. Il loro cuore era ancora involontariamente legato alle sconfinate pianure. E su questo i popoli della nuova terra ancora liberi dal potere della stirpe di U'raap confidarono per nascondersi un'ultima volta: si rifugiarono infatti in una lunga serie di strette valli tra i monti che davano direttamente sul grande mare. Questi popoli chiamarono questa regione il “cammino degli astri”. Essi infatti veneravano le stelle ed erano in grado di predirne i moti. Le stelle erano come loro: piccole luci gentili e poco ingombranti. Non come il sole di Ieu padre, tanto forte e sicuro di sé da sovrastare ogni altro lume in cielo. Sull'estrema punta occidentale di questo cammino vi era una spianata, in cui essi costruirono il loro tempio più sacro e nascosto. Per loro, infatti, l'occidente era il punto di origine, la culla della vita. Proprio come per i K'rg le porte del tramonto rappresentavano la fine del viaggio.

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La fine ed un ennesimo nuovo inizio: la maledizione di Euskara

Una bellissima principessa U'raap, chiamata Euskara, decise che era giunto, al fine, il momento per la stirpe di K'rg di adempiere alla promessa: raggiungere le porte del tramonto. Questo per lei voleva significare conquistare il sacro tempio al termine del cammino degli astri, per aspergersi nelle acque del grande mare nel punto più occidentale delle terre emerse. Ma l'altare era difeso da una coraggiosa e altrettanto bella sacerdotessa. Ogni estate Euskara si poneva alla testa dei suoi guerrieri e dopo aspre battaglie veniva puntualmente respinta dai guerrieri della sacerdotessa. Un giorno le due si incontrarono sul campo di battaglia. La sacerdotessa, appena vide Euskara decise di parlarle faccia a faccia. Fece perciò un sortilegio e la intrappolò in una specie di strano sogno ad occhi aperti. Le due giovani erano sedute su un enorme prato pieno di papaveri che si estendeva a perdita d'occhio. La sacerdotessa aspettò pazientemente che l'altra si riavesse dalla sorpresa, poi le rivolse la parola: “Benvenuta, principessa Euskara. Non preoccuparti per i tuoi uomini, non perderanno la battaglia perché tu non sei alla loro testa. Quando finiremo questa piccola conversazione tra donne ti riporterò nell'esatto istante in cui ho incrociato il tuo sguardo sul campo”.
Furente, Euskara puntò il suo coltello alla gola dell'altra e rispose: “Brutta strega, dove ci hai portato? Rispondi o ti uccido!”
L'altra, senza perdere la calma ribatté prontamente:“Ma se mi uccidi, come uscirai dal mondo dei sogni?Siediti ti prego, e lascia che io ti insegni alcune cose. La sapienza del nostro popolo sta svanendo. Voi K'rg avete dato il vostro contributo, ma sarebbe comunque successo. L'unico modo per farla continuare a vivere è infonderla in un nuovo corpo, in un nuovo popolo custode che le dia nuovo vigore”.
Ma Euskara non si fidava della nemica:“Non ho capito bene le tue parole, strega. Ma se in alternativa allo sprecare del tempo ascoltandoti, il mio fato è passare l'eternità in questo campo di papaveri, allora non ti ucciderò. Ma non abusare della mia pazienza”.
“Non ne abuserò, te lo giuro”, fece la sacerdotessa. “Innanzitutto però ti dirò una cosa: sappi che dalla tua risposta qui dipenderà il destino del mondo. La mia vita è protetta da una maledizione. Una maledizione che il tuo stesso antenato U'raap ha trasmesso. E' stato lui a decidere di lasciar vivere i popoli di quella che voi chiamate nuova terra e noi terra di mezzo, invece di sterminarli. In cambio i suoi eredi, con la nostra arte sarebbero stati in grado di crescere in numero e forza e difendersi dalle orde egli eredi di coloro che U'raap si è lasciato dietro di sé. Anche tu sai questa leggenda, eppure vuoi sterminarci, con il rischio di far ricadere la maledizione sul tuo popolo. Perché?”
Euskara tornò alla carica:“Come tu hai detto, è una leggenda. Io voglio essere la serva di un'altra leggenda, raggiungere l'estrema punta dell'ovest, essere bagnata dalle acque del grande mare presso le porte del tramonto”.
Stavolta fu la sacerdotessa ad obiettare:“Disprezzi una leggenda, ma sacrifichi la tua vita ad un altra? Sappi che in ogni mito, a mio giudizio vi è un fondo di qualcosa di vero. Una saggezza perduta, un anelito che il nostro signore celeste ci hanno messo in cuore. Tu lo chiami Ieu padre, noi Iluvatar, ma, in fondo, la cosa non fa poi gran differenza. Il tuo desiderio di arrivare all'estremo occidente è lo stesso dei miei antichissimi antenati, che, le nostre leggende tramandano, vennero da una terra ad occidente del grande mare, che nella nostra lingua si chiama Atalante, anche se anticamente era detta Numenor. Deve essere un impulso con il quale sono stati creati tutti gli uomini che aspirano a vedere la luce di Iluvatar. O di Ieu padre. Solo che la modalità con cui tu vuoi raggiungere questa luce ti impedirà di vederla. Dopo che ci avrai sterminato, infatti, sarai ancor più inquieta, vagherai senza scopo e morirai infelice. Ti consegno la possibilità di creare un dominio saldo e duraturo sulla terra di mezzo, se accetterai quel che noi ti insegniamo”.
La principessa guerriera però si stava spazientendo. Non credeva ad una parola di ciò che la strega diceva. O forse no. Ed era per questo che non voleva sentire. Aveva paura che potesse essere vero. Comunque forzò se stessa a dire:“No! Non ho alcuna intenzione di sottomettermi a voi!”
“Non ho parlato di sottomettervi, Euskara”, fu la pronta risposta dell'altra. Ho parlato di insegnare, è differente. Molto è perduto, ma molto si può recuperare dai giorni antichi, se solo unissimo i nostri due popoli”.
“E se io rifiutassi?”
“Libera di crederci o no, allora la maledizione si compirà: nuovi popoli continueranno a giungere da oriente e soppiantarvi. Non solo. La tua stirpe, che da te prenderà il nome, si rintanerà negli stessi luoghi in cui ci siamo nascosti noi. Forse resisterà, non so, non riesco a vedere così lontano. Ma i popoli eredi di K'rg che prenderanno il vostro posto si dimenticheranno presto che voi siete mai stati imparentati con loro. La loro invidia cancellerà la vostra memoria. Penseranno che voi qui ci siete sempre stati, un popolo non di dominatori ma di sottomessi. Passeranno sette volte mille anni prima che qualcuno cominci a riconoscere la vostra parentela con le tribù che ora stanno attraversando le montagne nebbiose. Ossia gli eredi del popolo di K'rg delle tribù di Go'hid, Skla, Taal, De'hut, Dak, Llirr, e di Door. Nomi che anche i vostri vecchi tramandano, credo. E per giunta vi sono molte altre stirpi che sono nate nel frattempo. Scegli ora. Io ho parlato anche più del consentito. Tocca a te. Ah, un'ultima cosa. Perdonami, non mi sono presentata. Mi chiamo Atheasùle. Nella lingua dei miei antenati significa “spirito del bene”. Ricordati di questo nome, principessa, perché la tua gente avrà sempre bisogno di cercarlo, lo spirito del bene”.
Euskara rimase pensosa a lungo. Alla fine le venne da scuotere la testa. I misteri cui aveva accennato la sacerdotessa erano troppo grandi per essere veri. Troppo grandi per la testa di un uomo. Preferiva rimanere ancorata alla realtà semplice che aveva sempre incontrato. Era più facile. Le bastò quel cenno e tornò alla sua battaglia. La vinse, questa volta. Visse inquieta per il resto della sua breve vita, mentre nello stesso istante in cui si bagnava nelle acque del grande mare come aveva giurato di fare, Tuatha e Gael, della tribù di Go'hid attraversavano le montagne nebbiose a sud. Più a nord provavano la stessa avventura Galind e Sudin, gemelli della casa di Aes. 
Non sono gli anziani che raccontano questo perduto dialogo, ma solo il vento e i petali rossi di quel campo, nei giardini di Yavanna, in Valinor.

Paolo Maltagliati

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Diamo ora la parola a Basileus TFT:

GLI STATI SUCCESSORI

Per "stati successori", si intendono quegli Stati nati dopo la conquista di Costantinopoli del 1204, che hanno portato avanti la tradizione romea per circa 200 anni contro i "barbari".
Anche quando cadde l'impero occidentale ci furono vari tentativi da parte delle elite locali di creare un dominio romano, erede dell'impero, da contrapporre ai nascenti regno romano-barbarici.
Di tutti, il più noto è il dominio di Soisson, durato poche decine di anni.
Ma che accade se, parallelamente al mondo bizantino, anche gli Stati-successori dell'Occidente sopravvivono a lungo, se non tutti almeno qualcuno.

Ecco una lista dei possibili, fatti a memoria:

- Soisson: attorno all'omonima città francese, regno durato qualche decina d'anni e poi assorbito dai Franchi

- Impero d'Occidente riparato in Dalmazia: luogo di rifugio dell'Imperatore Nepote, che progettava la riconquista dell'Italia con 7-8000 soldati dalmati, ucciso poi da un traditore attorno al 480

- Regno di Pannonia: in Pannonia gli elementi romani, seppur non indipendenti, sopravvissero fino all'epoca di Carlomagno. Visto che la Pannonia era un grosso bacino militare, sarebbe ipotizzabile una sua resistenza in primis agli Ostrogoti

- Dominio dell'Ebro: Attorno alla valle dell'Ebro, in Spagna, si registrano almeno due tentativi di ribellione ai Visigoti, attorno al 480

- Regno di Volubilis: effimero dominio romano-moro nel nord del Marocco attuale, poi disperso dalle tribù berbere

- Regno Arturiano: Cornovaglia e Galles di romani e britanni, uniti contro i Sassoni, riescono a resistere

- Terra dei Bretoni: Bretagna romana, storicamente annessa ai Franchi

- Barbacini: poche migliaia di uomini semiromanizzati e pagani in Sardegna, che tuttavia si opposero con successo ai Vandali e godettero di autonomia formale sotto Bisanzio

Nota: Clodoveo invece non può essere annoverato in questa lista, nonostante avesse consiglieri romani, parlasse latino e governasse con l'aiuto della Chiesa e delle elite (gallo-)romane, perchè per "successore", si intende popolazione e elite locali che creano un dominio di continuità ideale col passato, in contrapposizione ai nuovi dominatori. Poco importa se Clodoveo fosse stato approvato da Costantinopoli, come effettivamente fu per Odoacre: sarebbe stato comunque uno straniero che occupava manu militari i territori romani ed era diverso per cultura e lingua.

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Gli risponde come al solito il grande Bhrghowidhon:

In parte si tratta di mera terminologia (che si chiamino «Stati Successori» o no, la sostanza non cambia), in parte di fatti concreti.

Parto da questi: la Romanizzazione linguistica fino al 395 d.C. è stata limitata alle Città (dove era iniziata solo da un secolo e mezzo; fino al 313 soltanto parziale), quindi la Britannia, abbandonata dalle Legioni nel 410, non vi ha preso parte; di conseguenza anche la Bretagna, la cui Romanizzazione è stata a sua volta interrotta nel V secolo, non è diventata neolatina. Questi Stati (che sono i Mūnĭcĭpĭă romani corrispondenti alle antiche Cīuĭtātēs tornate indipendenti) sono Alleati dell'Impero Romano, ma non hanno alcun titolo alla Successione, perlomeno non quanto i Bulgari o i Franchi, per esempio (si noti che il Primo Impero Bulgaro era, invece, di lingua latina, quindi ben più adatto a essere annoverato fra gli Stati Successori!).

Nella Penisola Iberica, il conflitto è stato fin dall'inizio fra Fŏedĕrātī germanici e Bagaudi: Roma era rappresentata dai Visigoti ecc., quindi o sono Stati Successori i Visigoti e gli altri Regni Romano-Germanici o non lo è nessuno (la Romanizzazione fra i Bagaudi era come quella dei Baschi: nulla o addirittura negativa, in quanto chi vi aderiva si deromanizzava se prima era stato Romano).

In Pannonia la situazione è ancora diversa: gli elementi neolatini rimangono addirittura fino alla fine del IX secolo, ma appunto attraverso Regni non romani, quindi se Clodoveo – che rappresenta il paradigma dei Re Romano-Germanici – non è considerato (qui si torna alla questione terminologica) «Stato Successore», non lo può essere nemmeno la Pannnonia (e a questo punto neanche l'Impero Bulgaro), perché in queste regioni la Romanizzazione è stata portata avanti sostanzialmente e completata proprio dai Regni Romano-Germanici.

È infatti poco noto che la maggior parte dei Paesi Romanzi è tale non solo né tanto per l'Impero Romano, quanto per i Regni Romano-Germanici: se non consideriamo questi ultimi «Stati Successori», certamente la Romanizzazione prosegue lo stesso ma non possiamo considerare Stati Successori neppure quelli dove la Romanizzazione è avvenuta o stava avvenendo per gli stessi motivi. In altri termini: se blocchiamo la formazione dei Regni Romano-Germanici in Pannonia ecc., non è che rimangano aree romanizzate, bensì aree preromane, che quindi diventano slave. La prova è che, dove non ci sono stati Regni Romano-Germanici, è puntualmente avvenuta la Slavizzazione, che la Toponomastica ci dimostra innestatasi direttamente sulle lingue preromane e non sul latino (tranne che in Dalmazia, dove però l'Impero Romano è rimasto).

Volubilis non è affidabile, perché se ancora al tempo di S. Agostino perfino i centri dell'Africa Romana erano ancora semilatlinizzati, figuriamoci che cosa poteva essere la Mauritania...

In breve, restano la Gallia e la Dalmazia. In Spagna, ciò che non è romano-germanico (o bizantino) resta basco o iberico o ispanoceltico; in Britannia, basta la Storia a mostrarci che cosa è successo (la Germanizzazione inizia soltanto a metà del VI secolo e su una base totalmente celtica); in Pannonia, ciò che non diventa romano-germanico è destinato alla Slavizzazione; in Mauritania, Libico-Berberi erano e tali rimangono. In Sardegna, se avviene una Riconquista Bizantina tutto va come nella Storia nota, altrimenti è come il Paese Basco.

Gli Stati Successori dell'Impero Bizantino invece sono stati tutti in aree greche da secoli; quelli dell'Impero d'Occidente in realtà ci sono stati davvero, solo che lo sono stati... dell'Impero Bizantino: Venezia, Istria, Dalmazia, lo Stato Pontificio, Gaeta, Napoli, Sorrento, Amalfi, Puglia e Calabria, Sicilia, Sardegna (adesso sì). Già la Gallia di Siagrio è un caso estremo e appena appena diverso dai Bagaudi per il fatto di essere filoimperiale e non antiromano (linguisticamente era invece allo stesso livello): nell'Orbe Bisantino, corrisponde agli Imperi Bulgari.

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Basileus TFT domanda:

Ora sarebbe da trovare come far sopravvivere queste nazioni all'Alto Medioevo.

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Bhrghowidhon non lo lascia certo senza risposta:

Come il Regno dei Franchi è stato un elemento di attrazione per quasi tutti i Germani (a parte Angli, Sassoni e Juti), così si dovrebbe immaginare un Impero Gotico-Gepidico che eserciti un’azione centripeta, bloccando l’Istmo Ponto-Baltico a ogni movimento dalle Steppe (una specie di Chānato dei Chazari, sempre centrato sulla Crimea, ma di matrice germanica orientale anziché īrānica turchizzata).

Nelle Glosse antico-altotedesche di Wessobrunn (seconda metà dell’VIII secolo) si legge «Gallia. uualholant. | Chortonicum. auh uualholant.» (auh = “anche”); nelle Glosse di Kassel «Germania franchonolant. Romani Uualha», nelle Glosse di Sankt Blasien «Rutuli Walcha, Itali, ab Italia»; il francese Gaule deriva da Walha, nome francone dei Celti, mentre l’inglese Wales (Galles) deriva da Wealhas, il nome anglosassone dei Celti. Si noti che, sempre nelle Glosse di Wessobrunn, si legge anche «Italia. lancpartolant. Auſonia auh lancpartolant.»

Tutto questo dimostra in maniera indubitabile che, almeno fino a dopo Carlomagno, accanto al nome dei singoli Regni Romano-Germanici sussisteva ancora la denominazione pregermanica e addirittura preromana della vasta area comprendente Britannia, Gallia Transalpina e Cisalpina, senza distinzione fra Bagaudi, Regni Britannici, Diocesi Galloromane ecc.: «Walha», in tedesco «Walholand». Se dunque veri e proprî Stati Successori dell’Impero Romano in Occidente (anche se non propriamente «dell’Impero Romano d’Occidente»; bensì di quello riunificato sotto Bisanzio) sono stati Venezia (con Istria e Dalmazia), Stato Pontificio, Ducati di Gaeta, Napoli, Sorrento, Amalfi, Puglia, Calabria, Sicilia (fino ai Musulmani) e Giudicati Sardi, una grande Nazione non germanica sotto i Regni Romano-Germanici (o Germanici tout court, nell’Eptarchia Anglosassone) per tutto l’Alto Medioevo è stata appunto la «Walha» (in italiano «Gallia», da non confondere con la Gallia in senso latino, che ne è un sottoinsieme; questa Gallia altomedioevale = «Walha» comprende anche il Galles, tant’è vero che l’aggettivo etnico è «gallese» – da «Gallia» – e non †gallesese, come propriamente sarebbe da «Galles»).

Questo spiega altresì come mai la Francia si chiami in latino «Francogallia» (in opposizione alla «Anglogallia» e alla «Lombardogallia», la Lombardia in senso lato, ossia tutta l’Italia tranne Roma, Venezia e gli altri Stati Successori dell’Impero Romano). La riprova di tutto ciò è che gli stessi Longobardi hanno visto mutare il proprio nome da Langobardī – come era in latino, regolarmente dalla forma germanica di partenza *Langabardōz “lunghe barbe” – a Longobardi con la /o/, che è un composto celtico realmente esistente, in irlandese longbard “poeta (che riceve il compenso) di (un) vasello” (long = “vasello” e “vascello, nave”): evidentemente, solo dei Celti potevano paretimologizzare il nome Langobardī in Longobardi (i Romani avrebbero piuttosto scelto di usare «Longibarbī»).

Quindi la leggenda di Re Artù Imperatore d’Occidente è uno dei miti nazionali del Walholand e allude al senso di appartenenza comune di tutti i Walhas, dalla Britannia alla Cisalpina (Bagaudi o no).

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Basileus TFT approva e rilancia:

Mi sembra una spiegazione eccellente. Il punto ora sarà far sopravvivere questi "Stati postromani non germanici".

Per quanto riguarda i britanni, i bretoni, i baschi dovrebbe essere relativamente semplice, ma per la Dalmazia, l'Ebro e Soisson, i vicini sono decisamente ingombranti.

Per quanto riguarda Venezia, Gaeta, Napoli e il resto, la loro autonomia arriva molto dopo, o ipotizziamo diversamente oppure dobbiamo spostarci almeno al 700?

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E Bhrghowidhon gli replica:

Se la Divergenza parte dalla permanenza dei Germani in Europa Centro-Orientale, che implica il mancato arrivo degli Unni (o il loro respingimento da parte di Ermanarico), il ruolo di questi ultimi dovrebbe essere dei Goti e dei loro Successori, alla duplice condizione che siano in grado di estendersi (come Attila) fino ai Franchi e di resistere (meglio dei Gepidi) agli Avari. A questo punto avremo una Germania stabile e salda fra il Don, il Mar Nero, il Danubio, il Reno, il Mare del Nord e il Baltico; contemporaneamente una sorta di “Grande Galles” ex-romano dalla Britannia alla Cisalpina (Walholand); Roma, Napoli, Venezia ecc. non saranno mai Stati Successori, perché rimarranno Impero Romano (riunificato dopo il 476). Ulteriori Protagonisti saranno, dalla prima metà del VII secolo, il Chānato dei Chazari (ma potrebbero essere invece ancora gli Avari se non addirittura gli Unni) e il Califfato degli ’Umayyadi.

Il meccanismo dovrebbe essere: Bisanzio anticipa i Sāsānidi ‘dirottando’ contro questi ultimi gli Unni Neri, in una morsa a tenaglia insieme agli Unni Bianchi (inizio del V secolo); fra V e VI secolo l’Impero Romano si riunifica, ma nel frattempo i Germani (Impero Gotico) lo attaccano giovandosi anche della collaborazione degli Unni Neri; Bisanzio riconosce la completa indipendenza del “Grande Galles” (si chiamerà «Ĭmpĕrĭŭm Găllĭārŭm, Hĭspānĭārŭm ĕt Brĭtănnĭārŭm», dal nome delle Prefetture da cui nasce) fino all’Ītălĭă Ănnōnārĭă compresa e insieme respingono i Germani, mentre in Oriente si accorda con gli Unni Bianchi contro gli Unni Neri. Questi alla fine del VI secolo vengono sostituiti dagli Avari e all’inizio del VII dai Chazari (che eventualmente spingono gli Avari e i Bulgari contro gli Unni Bianchi), mentre nello stesso VII secolo gli Arabi approfittano del contrasto fra gli Unni Neri (e i loro Successori, Bulgari Avari e Chazari) e Bisanzio per espandersi, come nella Storia nota, arrivando all’inizio dell’VIII secolo fino in Spagna, dove vengono a fatica rallentati e fermati dal Walholand. Gli Avari prima e i Chazari poi tengono sotto pressione i Germani (che includono anche tutti gli Slavi).

In questo modo, il sistema è a sette Potenze: Bisanzio, il Walholand, i Germani, i Chazari, i Bulgari, gli Avari e gli Arabi. Chazari e Arabi sono praticamente identici alla nostra Storia, rispetto alla quale Bisanzio conserva anche tutta l’Ītălĭă Sŭbŭrbĭcārĭă, forse Ravenna e Venezia, probabilmente l’Istria e sicuramente la Dalmazia; il Walholand corrisponde al Sacro Romano Impero con la Spagna Settentrionale e la Britannia, ma senza la Germania a Est del Reno, che invece rimane nell’Impero Gotico (sempre fra Baltico, Mare del Nord, Reno, Danubio, Mar Nero e Don). Molto diverso è invece il ruolo degli Avari e dei Bulgari, che si stabiliscono nell’Īrān Settentrionale e Orientale fino ai Ghaznavidi.

Dal X secolo arriveranno nuove sfide (Germani Settentrionali, Magiari, Peceneghi, poi Cumani), che colpiranno soprattutto i Britto-Galli del Walholand, l’Impero Gotico e i Chazari. Se Roma e Bisanzio resteranno in Comunione Confessionale, temo che d’altra parte uno Scisma sia inevitabile con Milano e tutta la Cristianità Celtica. Le affiliazioni religiose dovrebbero essere: Bisanzio Cattolicesimo Ortodosso, Walholand Cattolicesimo Gallicano (Milano), Goti Arianesimo, Chazari Ebraismo, Califfato ’Islām, Avari e Bulgari forse Manicheismo e Nestorianesimo?

Se sui Brittogalli continua a regnare la Dinastia Arturiana, potrebbe portare il titolo di Brigantini; nell’Impero Gotico è invece possibile che giungano al potere i Germani Settentrionali (come nella Rus’).

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Diamo ora la parola a Iacopo Maffi, che ha realizzato questa immensa e geniale:

Successione ininterrotta dei sovrani degli Sciti d'Occidente

Bandiera degli Sciti d'Occidente (da questo sito)

PRIMA PARTE, L'ORO UNITO

Dinastie Semileggendarie
Targitao (cfr. Herakles?): mitico sovrano degli Sciti di epoca imprecisata, fu padre del successore.
Colaxai (da correngere in Skolaxai? "Re degli Sciti): minore dei figli del precedente. La leggenda vuole che quattro oggetti d'oro (un aratro, un giogo, una scure e una coppa) caddero dal Cielo, e che solo lui fu in grado di maneggiarli, divenendo dunque primo Re degli Sciti e Padrone di Ciò che Scende dal Cielo (e non di Ciò che Sta Sotto il Cielo come vogliono alcune versioni più recenti e politicizate)

Re degli Sciti
? 750 - ? BC: abbiamo notizie di un sovrano che portava il nome di "Capo dei Quattro" e che non può essere il seguente. Dato che si tratta di un "Capo" e non di un "Padrone", e che il titolo non è più stato usato, è evidente che i Quattro in questioni non potevano essere gli Ori, ma dovevano essere persone o popoli (Sciti, Massageti, Issedoni e Cimmeri?)
Išpakāya (*Spakāya), ? – 676 BC: guidò gli Sciti e in Cimmeri oltre il Caucaso, conquistando ampie porzioni dell'Altopiano Iranico. Fu ucciso in battaglia dagli Assiri, dopo che questi ottennero la neutralità dei Cimmeri.
Bartatua (ass.) Protothyes (gr.) (*Pr̥ϑutavah o *Pr̥tatavah), r. 676 – c. 665 BC: figlio del precedente, si alleò con gli Assiri e ne sposò una principessa.
Madyes il Grande (*Mādava), r. c. 650 – 625 BC: all'inizio del suo regno i Cimmeri (uniti ai Traci) invasero l'Anatolia, distrussero la capitale della Lidia, Sardi, e ne misero a morte il sovrano Gige. Madyes attaccò i Cimmeri e li sconfisse, assimilandoli al suo regno. Conquistò anche l'Armenia e l'Assiria, e giunse fino a Ascalona, dove fece radere al suolo il Tempio di Afrodite Urania e ne trafugò l'Oro. (Secondo alcuni questa è la vera origine dei Quattro Tesori). Sulla via del ritorno fu tradito e assassinato dal Satrapo Ciassarre che assunse poteri regali in Media. L'Oro che viaggiava col legittimo sovrano fu però tratto in salvo e riportato nelle Steppe.
Spargapeithes (*Spargapaiϑah), r. c. 610 BC: sposò una principessa dei Sauromati, fece costruire molti sepolcri per gli Sciti morti in Siria, di cui riottenne le spoglie (è forse il Pargapitto citato nella Commedia?).
Lykos (*Lū̆ka), r. c. 600 BC: sposò una donna greca e concluse trattati di amicizia con le colonie greche del Mar Nero.
Gnouros, r. c. 575 BC: distrusse i Tauri che si erano ribellati agli Sciti. Insieme ai suoi Satrapi del popolo dei Sindi invase la Dacia e l'Iperborea, e tutte le terre fino all'Istria.
Sauaios o Saulios, r. c. 550 BC: al suo tempo l'oro che navigava sui Quattro Fiumi era tanto che gli zoccoli dei cavalli che li guadavano rimanevano incrostati di metallo per un anno. Egli inviò Abari come ambasciatore in tuta l'Ellade e in Sicilia, con una freccia d'oro come segno della sua autorità. Per un affronto personale distrusse le città greche di Kremnoi e Pantikapeion, ma risarcì le madripatrie dei coloni.
Idanthyrsos (*Hiϑāmϑrauša), r. c. 530 – c. 510 BC: al suo tempo il satrapo ribelle Dario di Anshan, che si faceva chiamare Re del Mondo pur non possedendo i Tesori venuti dal cielo, varcò l'Istro alla guida di ottocentomila uomini. Gli Sciti e il loro Re rifiutarono la battaglia, ma dopo un anno di permanenza delle forze persiane nel loro regno, dovettero accettare di sottomettersi al grande Re e consegnargli l'Oro, a patto che esso fosse conservato presso il Caucaso, al confine della loro satrapia.

Re dei Re di Persia e del Mondo
Dario 522–486 BC: ricevette l'Oro dal precedente. Attaccò la Grecia, ma ne fu respinto.
Serse I 486–465 BC: invase la Grecia e fu sconfitto.
Artaserse I 465–424 BC
Serse II 424–424 BC
Sogdiano 424–423 BC
Dario II 423–405 BC
Artaserse II l'Empio 405–358 BC: minacciava di portare i Tesori nel Tempio di Anahit (alcuni dicono che volesse gettarli nel Don). Contro questo progetto si ribellarono i suoi Satrapi, che dopo molte fatiche riuscirono, come si vedrà, a mettere in salvo i Tesori.

Satrapi di Scizia sotto l'alta sovranità persiana
Scopasis, r. c. 513 BC
Taxacis (*Taxšaka), r. c. 513 BC
Argotas ?, r. c. 510 – c. 490 BC: espanse i confini del regno fino all'Ellesponto
Ariapeithes (*Aryapaiϑah), r. c. 490 – c. 460 BC: si ribellò contro Serse, ma fu tradito e ucciso dal satrapo degli Agatirsi.
Scyles (*Skula), r. c. 460 – c. 450 BC: figlio del precedente e di una donna greca. Sposò una greca, costruì una grande casa, e cintosi il capo di edera danzava suonando i cimbali e gridando evoè in onore di Dioniso. Per questo fu cacciato dal suo regno e fuggì in Tracia.
Octamasadas (*Uxtamazatā), r. c. 450 – c. 430 BC: fratello del precedente, si ribellò a lui per la sua empietà e combattè i Traci per averlo. Accordò al Re dei Traci un confine lungo il fiume Danubio.
Eminakes ? (*Aminaka), r. c. 420 BC ?: Poco dopo la morte di Octamasadas l'Impero Persiano (detto dagli Sciiti "Achemenide" in segno di dispregio) cadde in un periodo di guerre civili e lotte intestine, dalle quali sarebbe emerso come sovrano Artaserse l'Empio. Le lotte coinvolsero anche la Scizia, che cadde nel caos, con diverse fazioni che lottavano per il trono. In questo periodo l'unico sovrano che detenette i Tesori fu un certo Emnakes o Eminako, di cui non si sa nulla tranne che il nome.
Ateas o Ataias il Grande, il Glorioso o lo Sventurato (*Haϑaiya), r. 359 – 339 BC: secondo alcuni era un Greco di Olbia. Verso la fine del suo regno Artaserse l'Empio cercò di traslare i Tesori al Tempio di Anahit, scatenando la rivolta di alcuni Satrapi fedeli a Dio. La rivolta fu domata nel sangue grazie al tradimento di Mitridate di Cio, che uccide anche suo padre Ariobarzane. I Tesori furono in ogni caso trafugati e riportati in Scizia, dove furono affidati a Ateas, già anziano veterano della guerra civile della generazione precedente. Egli circonfuso del prestigio dato dai Tesori e abile nella guerra, riunificò tutta la Scizia, dalla Pannonia ai Monti Iperborei. Ormai anziano marciò contro Filippo di Macedonia e fu da lui sconfitto e ucciso.
Dopo le vittorie di Filippo, l'Oro viene offerto a Mitridate di Cio il Malvagio

Re del Ponto
Mitridate di Cio 338-302: tenne con sé i Tesori ma non osò reclamare il titolo di Re degli Sciti. Non osò nemmeno, memore della sorte di Artaserse, trasportarli fuori dalla Scizia. Li conservò in segreto nella fortezza di Bathys.
Mithridates I Ktistes (302)-281–266 BC: Nel 281 fondò il Regno del Ponto, e si fece incoronare coi Tesori, reclamando anche il titolo di Re degli Sciti.
Ariobarzane 266–250 BC
Mithridate II c. 250–220 BC
Mithridate III c. 220–185 BC
Farnace I c. 185 – c. 170 BC
Mithridate IV e Laodice c. 170 – 150 BC
Mithridate V Evergete c. 150 – 120 BC
Mithridate VI Eupatore 120–63 BC
Farnace II 63–47 BC: primo Re del Ponto e degli Sciti cliente di Roma.
Dario 47–37 BC
Arsace 37 BC
Polemone I 37–8 BC
Pythodorida 8 BC – 38 AD
Polemone II 38 AD – 62 AD: Fu spinto ad abdicare dall'Imperatore Nerone, e si ritirò nel Regno del Bosforo Cimmerico. Egli aveva avuto due mogli, Giulia Berenice (ebrea) e Giulia Mammea (emesena, monoteista). Erano entrambe morte da tempo quando Polemone giunse nel Bosforo, ma avevano lasciato all'anziano sovrano una importante eredità, nella forma di due comunità monoteiste che si trasferirono insieme a lui e ai Tesori. Il ritorno dei Tesori in Scizia destò grandissimo interesse tra le popolazioni locali, che ricordavano ancora la grandezza degli antichi sovrani. I monoteisti locali si riunirono alla corte di Polemone, e in poco tempo si fusero con gli Ebrei e gli Emeseni, dando vita a una nuova comunità, detta degli Hypsistiani o Ipsistari, ciò Devoti dell'Unico Dio.
Alla morte di Polemone essi presero in custodia i Tesori, ma molte erano le voci che chiedevano un nuovo sovrano: l'Oro brama un Padrone. Dopo meditazioni e ordalie, fu consultato l'Oracolo del Signore, che diede un responso incerto: "cercate" diceva "un sovrano veridico". Interpretando veridico, o verico, come nome proprio, essi cercarono a lungo finché non trovarono il seguente.

Re dei Goti e dei Sarmati
Berig prima metà del primo secolo
Gauti? Primo secolo
Gaudarico (Gautrekr) fine del primo secolo
Filimero inizio del secondo secolo
Gapt Canabo l'Amalo secondo secolo
Ostrogotha fine secondo secolo
Hunuil inizio terzo secolo
Athal con Cniva terzo secolo: il secondo Benedetto dai Tesori conquistò il Regno del Bosforo Cimmerico e con le navi lì sequestrate portò la devastazione nel mare dei Romani. Saccheggiò il Tempio di Artemide a Efeso e lo diede alle fiamme, e alcuni sbagliano ritengono che l'Oro degli Sciti venga da lì.
Hulmul fine terzo secolo
Augis inizio quarto secolo
Amal quarto secolo
Hisarnis
Achiulfo e Oduulfo
Ansila, Ediulfo, Vultuulfo e Ermanarico: si divisero il dominio, e secondo alcuni anche i Tesori.
Ermanarico -376; unì i diversi popoli dei Goti per resistere alla pressione unna che andava montando, ma non poté portare a termine il suo progetto.
Vithimiro 376: fu scelto per difendere il Regno dagli Unni e dai ribelli Alani, ma sconfitto in tre battaglie e infine ucciso.
Viderico, Alateo e Safrace 376: non erano Padroni dei Tesori, si occuparono solo di trasmetterli al successore.

Re degli Unni, dei Goti e degli Sciti
Balamber 376-395
Kursich e Basich c. 395 – 400
Uldin c. 400–409
Charaton c. 412 – ?
Octar e Rugila c. 420s–430
Rugila 430–435
Attila e Bleda 435–445
Attila 445–453
Dengizich e Ernak 453–469
Ernak 469–?
Tingiz
Belkermak
Djurash
Tatra
Boyan Chemir
Chinialon fl. 551
Sandlich e Zabergan fl. 558: rivali, combatterono per il dominio delle steppe pur non essendo Padroni dell'Oro.
Anagai?
Akagas? regina?

Turchi Blu (ramo occidentale) Ashina
Ashina Tuwu Illyog: era un fabbro al servizio del Qahan dei Rouran Anagui. Avendo perso il suo oro al gioco con un mercante sogdiano, non poteva ripagare il riscatto per liberare i suoi figli dal servizio del Qahan. Quindi viaggiò in Occidente e rubò l'Oro a un Re degli Unni. Tornto in patria lo presentò al Qahan, che accettò di liberare i suoi figli. Illyog però, ritendendo l'Oro più prezioso dei suoi stessi figli, volle avere anche due figlie del Qahan. Questi adirato li scacciò dalla sua tenda. Illyog e i suoi figli combatterono per molti anni contro Anagui, finché non lo sconfissero ponendo fine al suo regno.
Illyog divise le spoglie di guera tra i suoi figli: a Bumin, il maggiore, andò l'Oriente e il bronzo degli Unni, mentre al minore, Istami, andò l'Occidente e l'Oro degli Sciti. Egli agì così perché sapeva che se il signore supremo fosse stato anche Padrone dell'Oro, nulla avrebbe potuto opporsi al suo dominio, e i turchi si sarebbero infiacchiti non avendo più battaglie da combattere
Istami (fratello di Bumin, alto sovrano) 553-576: su ordine del fratello varcò il Volga e sottomise tuti i popoli della regione. Davanti a se spingeva i vagabondi espulsi dal suo regno. Egli si rivolse così ai popoli delle Steppe: "decidete ora, o voi Sciti, Greci, Goti, Anti e Unni, se unirvi a questi vagabondi e invadere l'Occidente, o unirvi a noi. Ma badate a chi detiene l'Oro, e in quale direzione scorre il Volga! Forse che i vagabondi hanno con s'è ciò che cadde dal Cielo? Cosa accadde quando il Volga scorreva a occidente? E il Cielo non ha dato un solo Padrone all'Oro e al Fiume?"
Tardu 576-603
Niri?
Heshana Qaghan 604–611
Shikui Khagan 611–618
Tong Yabghu Qaghan Ziebel 618–628: quando i cinesi attaccarono la Sogdiana, fuggì oltre il Volga. Tornò poi in forze ma fu assassinato, ma non prima di aver trasmesso l'Oro al suo nipote e successore.

Khazari Ashina
Böri Shad 628- c.630: combatté contro i Persiani e vendicò lo zio.
Chorpan Tarkhan c. 630:
Irbis Seguy c. 630–650:
Khalga? 660s
Kaban, 660s
Busir (Ibuzir Glavan) c. 690–715
Alp Tarkhan 700s?
Barjik 715–731/732 ?Barsbek'
Bihar c. 732
Tar'mach c. 730
Hazer Tarkhan ?–737
Prisbit inizio 730s regina, ultima associata a Barsbek
Bulan Sabriel c. 740: fondatore della dinastia Bulanide
Baghatur c. 760 Ras Tarkhan

Khazari Bulanidi
Obadiah c. 786–809
Hezekiah
Manasseh I
Chanukkah
Isaac
Zebulun
Manasseh II
Nisi ben Menasseh
Zachariah c. 861
Aaron I c. 900
Menahem
Benjamin c. 920
Aaron II c. fine 920s–940
Joseph 940–965
David c. 986–988
Georgius Tzul (a Kerch) ?–1016

Cumani
Osen ?
Girgen?
Iskal/Eskel fl. 921
Tugorkan 1028-1096
Sharukan il Vecchio fl. 1067-1107: sconfisse i Russi nella battaglia del Fiume Alta, ma poi fu da loro preso prigioniero.
Maniak fl. 1107
Aepa/Ayapa/Ayyub fl. 1108
Syrchan e Otrok figli di Sharukan fl 1107-1125
Konchek il Grande, figlio di Otrok, 1150s-1223: inflisse severe sconfitte ai russi, inventò il fuoco greco e numerose armi da assedio.
Köten figlio di Konchek 1205–1241: dopo la distruzione del regno conseguente alla Tragedia del Fiume Kalka, fuggì con i suoi uomini e i suoi tesori oltre i Monti Carpazi.
Baçman fl. 1229–36

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SECONDA PARTE, L'ORO DIVISO

Prima parte dell'Oro

Dinastia Asen del Secondo Impero Bulgaro
Ivan Asen II 1218 - 1241: la prima parte dell'Oro venne portata a Tarnovo, dall'Imperatore dei bulgari, che era Cumano imparentato con i sovrani dei Cumani. Ivan porta la sua Parte d'Oro nella Battaglia di Klokotnica, assicurandosi una vittoria folgorante.
Kaliman Asen I (Colomanno) il Bambino 1241 - 1246: al suo debole regno seguì una guerra civile con diversi imepratori, tra i quali prevalse l'unico Padrone della Parte, il successore.
Costantino Tikh Asen 1257 - 1277
Michele Tikh Asen II 1272 - 1279: inizia un periodo di torbidi.
Ivan Asen III 1279 - 1280

Dinastia Terter del Secondo Impero Bulgaro
Giorgio I 1280-1292
Teodoro Svetoslav 1292-1321: Zar di bulgaria solo dal 1300, ma Padrone della Parte dalla morte del predecessore, suo padre.
Giorgio II 1321-1323

Dinastia Shimsha-Sratsimir del Secondo Impero Bulgaro
Michele Asen III 1323–1330
Ivan Stefano 1330–1331
Sratsimir il Despota: genero di Michele
Ivan Alessandro 1331–1371
Ivan Shishman, a Tarnovo 1371–1395 e Ivan Sratsimir, a Vidin 1356–1397
Costantino II 1397–1422: ottenne la Parte dopo la caduta di Vidin in mano Ottomana, e la usò per tutta la vita per fomentare rivolte, passandola infine al fratello.
Fruzhin 1422-1460: continuò la guerriglia anti ottomana, ma infine sconfitto dovette riparare con la sua Parte dell'Oro presso quei Cumani che si erano rifugiati sotto la protezione del Re d'Ungheria. Qui venne trasmesso ai Magnati delle famiglie Kiszombor, Iloncsuk e Csertán, che lo custodirono per quasi un secolo. Con la Battaglia di Mohacs l'Ungheria cadde nelle mani della Sublime Porta, e l'Oro, insieme alla Corona di Santo Stefano, fu traslato a Vienna, dove divenne proprietà degli arciduchi d'Austria. Nei secoli seguenti gli Asburgo furono in grado di respingere l'invasione ottomana, e asegnarono l'Oro in loro possesso ai comandanti della frontiera militare che portavano il titolo di Ispan di Temeswar. Nei mesi concitati della dissoluzione dell'Impero Asburgico nessuno badò troppo all'Oro, che rimase nella disponibilità della Repubblica del Banato. Alcuni osano affermare che è solo grazie alla buona fortuna grantita dall'Oro se la Repubblica Cantonale del Banato è riuscita, contro ogni previsione, a sopravvivere alla convulsioni novecentesche. Se davvero così è, i due Copresidenti Dominic Fritz e Igor Mirović hanno compiuto una scelta scellerata quando hanno "restituito" il loro Oro alla Repubblica Ucraina, durante la loro visita nel Maggio 2022. Ma forse l'adesione alla Nato operativa dal 2016 costituisce una difesa sufficiente (e forse gli Ucraini avrebbero preferito una bandiera azzurra a un cimelio antico).

Seconda Parte dell'Oro
Quando la compagine Khazara era collassata per lasciare il posto ai Cumani, non tutti i membri della classe dirigente si erano riciclati nel nuovo regime. Alcuni Ashina si erano spostati verso sud, fondando o rifondando quelle città sulla costa della Crimea che erano state la culla del Regno del Bosforo. Qui si trovarono in stretto contatto con quanto rimaneva delle sette monoteiste filoebraiche, unendosi a esse e apportando la loro forma di ebraismo. L'Oro fu portato quindi in una delle sinagoghe degli Ebrei di Crimea, dove per secoli funse da perno del Rotolo della Legge. Quando queste terre furono conquistate dall'Impero Russo, molti ebrei di Crimea furono spinti a trasferirsi verso nord. I russi bramavano l'Oro più di ogni altra cosa, e sottoposero gli Ebrei tutti, ma in particolare quelli di Crimea, a prolungate pressioni e indegnità, con lo scopo di ottenerlo. Le attenzione dei russi si puntarono in particolare sui Caraiti, ebrei non rabbinici di antichissima origine. Essi non sapevano che l'Oro era invece custodito dai Krymchak, ebrei rabbinici, minoritari in Crimea. Un nutrito gruppo di essi si era trasferito nella città di lituanana di Trakai, e in una data imprecisata vi fu anche trasferito l'Oro. La comunità ebraica di Trakai sopravvisse ai pogrom, ma fu sterminata dai Nazisti. Dei Krymchak di Trakai sopravvissero poche unità. L'Oro a quanto pare cadde in mani tedesche, ma fu recuperato da Abba Kovner in un momento imprecisato tra il 1942 e il 1945. Giunto poi alla sua residenza definitiva nel Kibbutz di Ein HaHoresh, Kovner si mise in contatto con i pochi Krymchak che erano riusciti a trovare rifugio in Israele e restituì loro il Tesoro. Questa parte dell'Oro fu dunque donata alla Sinagoga Krymchak di Tel Aviv, sotto la custodia del suo Rabbino, dove si trova ancora oggi. La Sinagoga Shel Zahav è ancora attiva e tiene servizi in lingua tatara, seppure la sua comunità sia composta da meno di 300 fedeli.

Terza e Quarta parte dell'Oro

Mongoli
Batu Khan 1223 - 1255: aveva solo 18 anni quando, dopo il trionfo mongolo al Fiume Kalka, Jebe e Subotai si infinocchiarono davanti a lui e gli presentarono le due Parti dell'Oro che avevano strappato ai Cumani.
Nogai 1255-1300: alla morte di Batu l'Oro sarebbe dovuto passare a Berke, ma questi, pio musulmano, rifiutò di avere parte alla magia pagana che vi era legata. Lo cedette quindi al pronipote Nogai, che lo detenette fino alla morte, avvenuta per mano di Tokhta.
Tokhta 1300 - 1312
Uzbeg 1312 - 1341
Gani Bek 1341 - 1357
Berdi Beg 1357 - 1359
Mamai 1359 - 1380
Tokhtamysh 1380 - 1395
Edigu 1396 - 1419: perse uno dei tesori nel 1407 quando l'Ambasciatore di Moscovia Feodor Koshka lo fece ubriacare e ne rubò una delle Parti.

Terza Parte dell'Oro
La quarta parte viene così trasmessa:
Edigu combatè a lungo contro Qadir Khan, figlio di Tokhtamysh, che gli inflisse una serie di sconfitte. Non disponendo più di basi sicure nelle Steppe, Edigu fuggì in Siberia, dove morì per le ferite subite, non prima di aver trasmesso il suo Oro all'ultimo suo protégé, Hajji Muhammad Shaybani.

Shaybanidi di Sibir
Hajji Muhammad 1419 - 1428
Abu-'l Khayr Khan 1428 - 1468

Bukhara 1505-1598
Shah Bakht Muhammad Shaybani ibn Shah Budaq ibn Abu'l-Khayr Khan 1468 –1510
Suyunchuk Khwaja ibn Abu'l-Khayr Khan 1511–1512
Kuchkunchi Muhammad ibn Abu'l-Khayr Khan 1512–1530
Abu Sa'id Khan ibn Kuchkunchi Muhammad 1530–1533
Ubaydallah ibn Mahmud Shah ibn Shah Budaq ibn Abu'l-Khayr Khan 1533–1540
Abdullah I ibn Kuchkunchi Muhammad 1540
Abdul-Latif ibn Kuchkunchi Muhammad 1540–1552
Nawruz Ahmad (Baraq) ibn Suyunchuk Khwaja 1552–1556
Pir Muhammad I ibn Jani Beg ibn Khwaja Muhammad ibn Abu'l-Khayr Khan 1556–1561
Iskandar ibn Jani Beg 1561–1583
Abdullah II ibn Iskandar 1583–1598
Abdul-Mu'min ibn Abdullah 1598
Pir Muhammad II ibn Sulayman ibn Jani Beg 1598–1599

Khiva 1598-1742
Haji Muhammad I 1598–1602
Arab Muhammad I 1602–1623
Isfandiyar 1623–1643
Abu al-Ghazi Bahadur 1643–1663
Anusha 1663–1685
Khudaydad 1685–1687
Muhammad Awrang I 1687–1694
Chuchaq 1694–1697
Vali 1697–1698
Ishaq Agha Shah Niyaz 1698–1701
Awrang II 1701–1702
Musa 1702–1712
Yadigar I 1712–1713
Awrang III 1713 – 1714
Haji Muhammad II 1714
Shir Ghazi 1714–1727
Sarigh Ayghir 1727
Ilbars II 1728–1740
Tahir 1740–1742: scelto da Nadir Shah di Persia. Temendo il ritorno dello Shah, l'Oro venne traslato a Kokand.

Kokand 1742-1876
Abd al-Karim Biy 1742–1751
Irdana Biy 1751–1769
Sulayman Biy 1769–1770
Narbuta Biy 1770–1799
Alim Khan 1799–1811
Muhammad Umar Khan 1811–1822
Muhammad Ali Khan 1822–1842
Shir Ali Khan 1842–1844
Murad Beg Khan 1844
Muhammad Khudayar Khan 1844–1875: fu cacciato tre volte da Kokand, ma mantenne sempre il possesso dell'Oro.
Nasruddin Khan 1875-1876

Nel 1876, con la fine del dominio jochide, l'oro viene portato a Pietroburgo

Russia
Alessandro II 1876 - 1881: ucciso in un attentato
Alessandro III 1881 - 1894: morto di nefrite in Crimea un anno dopo aver toccato l'Oro
Nicola II 1894 - 1917: deposto e fucilato

Nel caos della Rivoluzione si perse traccia dell'Oro, finché Roman von Ungern-Sternberg non se ne impadronì per portarlo con sé come talismano in Asia Centrale.
Il Barone Pazzo credeva di ridare vita agli antichi imperi delle Steppe, e mal gliene incolse. Tramite lui in ogni caso l'Oro giunse a

Bogd Khan 1917 -1924: alla sua morte l'Oro non rimase in Mongolia, ma fu portato a Lhasa, in attesa di trovare la successsiva reincarnazione del Jebtsundamba Khutughtu.
Thubten Gyatso 1924 - 1933
Tienzin Gyatso 1935 -2016: il quattordicesimo Dalai Lama non offrì l'Oro al nono Jebtsundamba Khutuktu, ma solo al suonsuccessore, il decimo e seguente.
Jebtsundamba Khutuktu 2015 - oggi.

Quarta Parte dell'Oro
Feodor Koshka rubò la metà dell'oro a Edigu nel 1407, gettando la sventura sul fondatore dei Nogai.
Koshka tornò a Mosca ma non consegnò il maltolto al suo Zar, volendo tenerlo per sé e per la sua famiglia. Grazie ad esso i discendenti di Koshka, detti poi Romanov, iniziarono una rapida ascesa nelle gerarchie moscovite.

L'oro venne portato a Mosca e poi ripreso dai Mongoli nel rogo del 1571. In quel frangente infatti l'Oro non era conservato nel Cremlino, ma nella dacia dei Romanov, che andò distrutta con il resto della città. Fu solo per un puro caso che l'Oro fu trovato dai tatari Nogai prima che le fiamme lo distruggessero. Riconoscendo in esso in Tesoro appartenuto al loro fondatore, lo presero con sé, ma lo perdettero poche settimane dopo in un agguato cosacco.
L'Oro rimase conteso tra i Cosacchi e i Nogai, cambiando di mano ventitré volte in due secoli
Quando nel 1711, i Calmucchi distrussero il Khanato Nogai e lo conquistarono, tenero l'Oro con se sino alla loro fuga nel 1771, quando lo restituirono ai tatari.
Nel 1783, nel sedare la Ribellione Nogai, i Cosacchi se ne impossessarono nuovamente, ma non vollero consegnarlo all'Imperatrice. Di nascosto lo portarono quindi presso quei Cosacchi che avevano trovato rifugio nel Delta del Danubio, allora sotto dominazione ottomana.

Sic del Danubio 1775-1828: quando infine i Russi presero il controllo dei Principati Danubiani, la questione dell'Oro si rivelò determinante nelle reazioni tra i Cosacchi e l'Impero. I Cosacchi Danubiani non furono reintegrati nelle forze armate russe, ma resistettero con la loro proverbiale pervicacia. Infine l'Impero dovette accettare che i Cosacchi potessero ricollocarsi nei suoi territori senza cedere l'Oro.

Sic di Azov 1828-1862: l'Oro rimase ad Azov presso il governo indipendente Cosacco. Quando questo fu disciolto dopo la Guerra di Crimea, l'Oro fu ancora spostato.

Schiera del Kuban 1862-1917: allo scoppio della Rivoluzione i Cosacchi che detenevano l'Oro si riunirono a

Nestor Makhno 1918-1921: alla sconfitta dell'Esercito Insurrezionale Rivoluzinario d'Ucrana l'Oro andò completamente perduto. Alcuni dicevano che Makhno l'avesse portato con sé a Parigi, e che poi fosse stato trasmesso a Errico Malatesta, quindi a Buenaventura Durruti e da questi a Simone Weil. Altri sostenevano che un marinaio italiano lo avesse preso con sé, oer farne cosa nessuno lo sa. Recenti studi hanno svelato l'arcano: l'Oro fu portato a Harkiv da anonimi operai, dove fu nascosto nel più improbabile dei luoghi: le ricerche hanno dimostrato inequivocabile che all'interno del busto di Lenin che fa mostra di sé nella piazza di Cavriago, è nascosto l'Oro degli Sciti.

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Successioni ininterrotte di sovrani ucronici

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