Capoverde 1944

di Sandro Degiani


Sono stato in vacanza a Capoverde e questo spiega l’ambientazione ed anche i nomi che compaiono che sono di due carissimi amici incontrati laggiù… ci ho messo pure un accenno al mio paese, Portacomaro, e un oggetto che è preso di peso da un’altra cara persona… così questo è diventato forse il mio racconto più autobiografico.

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03/01/2007, 00.20

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Sognava di essere disteso sulla spiaggia di Crotone, il mare lo cullava con il rumore delle onde e della risacca sulla ghiaia, un dolce rumore alternato di sciacquio e di sassi che rotolavano.

Sentiva il duro contatto delle rocce contro la schiena attraverso l’asciugamano e la lieve brezza gli portava l’odore intenso di iodio e minute goccioline di acqua salmastra.

Ma spesse e veloci nuvole nere oscurarono il sole, la brezza diventò un freddo vento umido e rabbrividì….  svegliandosi di soprassalto.

Ancora prima di aprire gli occhi un acre odore di nafta misto a sudore, cibo rancido e muffa lo attanagliò alla gola e gli provocò un conato di vomito… portandogli  la dolorosa consapevolezza di  dove si trovava… a bordo di un sottomarino in navigazione nell’ostile ed immenso oceano Atlantico.

Il siluro su cui aveva messo la coperta per un turno di riposo puzzava di olio e di metallo, la coperta puzzava di muffa ed era umida e infeltrita… avrebbero dovuto imbarcare solo sommergibilisti privi di olfatto.

Un compagno gli passò una gamella acciaccata con una indecifrabile poltiglia tiepida e una fetta di pane rinsecchito e ammuffito… forse sarebbe stato il caso di lasciare casa anche il gusto oltre all’odorato, o scegliere chi amasse il sapore di nafta nella zuppa di fagioli.

Era il suo turno di guardia e lasciò il posto di riposo ad un altro marinaio, adesso c’erano otto ore da passare in camera di combattimento.

Rilevò le consegne da chi smontava, verificò il caricamento dei tubi prodieri uno e due a cui era addetto, ripetendo la sequenza di lancio e verificando l’apertura portelli e la pressione dell’impianto. Non era necessario ma non guastava verificarlo di nuovo, se si passava in allarme non ci sarebbe stato tempo per i controlli.

E poi otto ore sono lunghe con la sola compagnia di una dozzina di manometri e di volantini rossi da guardare.

 

Una leggera brezza arrivava dal portello stagno semiaperto. Dovevano essere risaliti in superficie e i ventilatori stavano aerando il sommergibile.

Il sordo pulsare dei diesel gli confermava la cosa, stavano ricaricando le batterie.

Tra due ore smontava e avrebbe avuto otto ore di libertà fuori branda.

Erano stati in immersione per quasi due giorni, le batterie dovevano essere scariche e la ricarica avrebbe preso molto tempo.

Questo voleva dire che, salvo imprevisti, quando sarebbe smontato che sarebbero stati ancora in emersione, l’orologio diceva che era pomeriggio, magari avrebbe ottenuto dal Sottocapo di poter salire in tolda e prendere un po’ di sole, asciugarsi un po’ e magari radersi la barba di due settimane.

Molti suoi compagni coltivavano in navigazione la barba come segno distintivo del sommergibilista in missione ma lui preferiva mantenere un aspetto civile e poi non aveva una bella barba, qualche punto del viso rimaneva scoperto e gli dava un aspetto tignoso.

Fece un rapido esame di coscienza, aveva rigato diritto per un mese, non aveva punizioni o consegna da scontare, il Sottocapo non gli avrebbe negato il privilegio.

La campana suonò la guardia e lui passò le consegna al suo compagno. Prese dalla sua cassetta personale il pennello,  un pezzo di sapone e il rasoio e poi attraversò il portello e si diresse verso il compartimento centrale.

Il Sottocapo stava verificando la ricarica delle batterie con l’occhio sull’amperometro, un rapido sguardo gli mostrò che la lancetta era ancora lontana dal settore verde di batterie cariche, almeno altre quattro ore in superficie…

“Sottocapo, sono in turno di riposo fuori branda, posso andare su a prendere una boccata d’aria?”

“Deve prendere aria anche il pennello o vuoi riverniciare la torretta?”

“Vorrei radermi, mi sento un po’ in disordine”

“Abbiamo ancora due mesi di crociera.. alla fine, se non finiamo in bocca ai pesci, non sarai solo in disordine, ma tua moglie non ti riconoscerà e scapperà via se non ti avvicini a lei sottovento!”

“Mia moglie mi abbraccerà anche se dovessi puzzare come una arringa!”

“Un arringa è un profumo di paradiso in confronto ad un sommergibilista di ritorno da una crociera! Persino le pulci e le piattole ci evitano e questo è il solo lato positivo della vita del sommergibilista rispetto alla fanteria! Vai su e manda giù Gennaro, e stato su un’ora e solo perché mi ha intenerito, dato che avrebbe due consegne da scontare!”

Si arrampicò lungo la scaletta e, passando dalla camera di comando, salì fino al boccaporto.

La luce abbagliante del sole tropicale lo accecò per alcuni secondi, e rimase fermo mezzo fuori e mezzo dentro aspettando di tornare a vedere.

“Marinaio, hai intenzione di bloccare il portello ancora per molto?” disse il Comandante in seconda.

Il tono era scherzoso ma era meglio levarsi di torno in fretta.

“Scusi Tenente, sono rimasto abbagliato ed avevo paura di inciampare….”

“Vai a prua marinaio e goditi un po’ di aria vera… fai la scorta perché non so quando riemergeremo così tranquilli”

Uscendo sulla torretta, girò lo sguardo sull’orizzonte e vide non molto lontano un isola a cono, a non più di due miglia dal sommergibile.

“Siamo così vicini a terra? Ma è sicuro?”

“Certo, siamo nell’arcipelago di Capoverde, territorio Portoghese e quindi neutrale, quella è Fogo, l’isola vulcanica delle isole Sopravento!”

“Un vulcano? Spento spero..”

“Affatto, ma per adesso non sono previsti spettacoli pirotecnici”

Il  Tenente gli porse il binocolo che aveva al collo.

“Dacci una occhiata, è una bella isola, ci sono un sacco di vigne sulle pendici di quel vulcano!”

Prese il binocolo ringraziando dell’onore e lo maneggiò con molta attenzione, era uno strumento prezioso e non immaginava cosa sarebbe successo se lo avesse fatto cadere, quindi per prima cosa si passò le corregge attorno al collo.

Un sorriso di approvazione del Tenente gli confermò che aveva fatto il gesto giusto, portò le lenti agli occhi e regolò la diottria.

L’isola si avvicinò dieci volte e vide le terrazze verdi sulle pendici del cono vulcanico e macchioline che si muovevano nei filari.

“Ma stanno lavorando nelle vigne!”

“E’ settembre e staranno vendemmiando…. A casa mia devono aspettare ancora un mese per farlo, ma qui il clima è decisamente migliore!”

“Lei da dove viene Tenente?”

“Dal Piemonte, un paesino vicino ad Asti… Portacomaro, facciamo del Grignolino veramente eccezionale, la Regina lo apprezza molto e si serva da noi!”

“Fornitori della Real Casa!”

“Non ci fregiamo del titolo ma lo siamo!”

“E qui chissà che vino fanno…”

“Un vino bianco, secco e profumato, lo chiamano “Sangre de Fogo”, non è male… ma non potremo assaggiarlo questa volta, dobbiamo entrare in azione il più presto possibile. Un convoglio inglese proveniente dall’India ha doppiato Capo Horn sei giorni fa’, dovrebbe passare tra queste isole l’Africa tra un giorno e per allora dobbiamo essere pronti all’azione”

“Ci sono rimasti solo quattro siluri signore… l’arsenale ne ha imbarcati solo otto e quattro li abbiamo lanciati senza successo la settimana scorsa “

“Li lanceremo tutti e poi faremo rotta verso casa… sarà una crociera breve ma cercheremo di portare a casa un bel bottino, sceglieremo bene, navi grosse e vulnerabili, petroliere o trasporti munizioni, bruciano e saltano in aria anche con un solo siluro, possiamo anche affondare quattro navi se la fortuna ci assiste, trentamila tonnellate vogliono dire un mese di licenza, o almeno un paio di settimane!”

“Se ci lasciano tornare, signor Tenente…”

“Non è segnalata scorta… dovrebbe essere una passeggiata, dobbiamo solo giocarcela bene!”

Restituì il binocolo con attenzione e ringraziò ancora, che strano che un ufficiale lo avesse messo al corrente delle strategie militari, di solito era radioscarpa che cercava di immaginare gli eventi futuri e la fantasia dei marinai era illimitata nell’ipotizzare nemici e convogli.

Un sola azione e poi a casa… un periodo di riposo con la moglie ed il figlio, una parentesi di serenità dopo solo un mese di missione, che fortuna inaspettata!

Era meglio che non ne parlasse in giro…. Il Sottocapo aveva prospettato ancora due mesi di missione, forse il Tenente aveva parlato troppo, meglio non inguaiarlo raccontando in giro la loro conversazione.

Quasi a confermare i suoi pensieri incontrò lo sguardo del Tenente mentre scendeva dalla torretta verso la tolda, era uno sguardo preoccupato… senza dir nulla, arrivato in fondo alla scaletta si voltò un istante e  si portò il dito indice davanti alle labbra come per caso, ma il gesto venne compreso, e ricevette in risposta dall’ufficiale un caldo sorriso ed un cenno del capo che lo confortò… si erano capiti al volo.

 

Erano in agguato a quota periscopio da sei ore… la tensione era alta ma tutto era pronto, adesso bisognava solo aspettare.

Gli ordini venivano trasmessi dall’altoparlante e tutto l’equipaggio poteva seguire l’azione, ma nessuno vedeva niente, strumenti e quadranti, La realtà era fatta di numeri, solo l’occhio del Comandante incollato la periscopio sapeva cosa c’era fuori.

“Aprire i portelli siluri”

Tirò le leve e gridò

“Portelli uno e due aperti”

“Due gradi a dritta, allagare i tubi uno e due”

Girò i volantini e gridò

“Tubi uno e due allagati e pronti”

“Due gradi a dritta eseguito, orientamento 145 gradi Nord”

“Assetto. Livellare!”

Rumori sibilanti di aria compressa e gorgoglii… una leggera vertigine che indicava uno spostamento.

“Livellato”

“Rilevamento distanza 2600, rotta 50 gradi Nord”

Il suo vicino si sporse e gli sussurrò nell’orecchio con voce da esperto “Ce l’abbiamo in rotta di fianco quasi perfetta, se non sbagliano il calcolo della velocità non possiamo mancarlo”

“Rilevamento velocità”

“Velocità 18 nodi”

“Due gradi a dritta”

“Due gradi a dritta eseguito, orientamento 143 gradi Nord”

“Fuori uno! Ricaricare immediatamente”

“Uno fuori” ripetè ad alta voce abbassando la leva di lancio. Un fruscio gorgogliante confermò il lancio e si accese la spia di tubo vuoto.

“Caricare tubo uno!” gridò aprendo il portello gocciolante.

Due compagni spinsero l’argano che teneva sollevato tra le sue ganasce il siluro e lo infilarono nel tubo. Sganciarono le ganasce e spinsero con forza il siluro dentro al tubo.

Chiuse il portello e allagò il tubo, quando la luce divenne verde segnalando il corretto caricamento gridò “Tubo uno pronto!”

“Bel lavoro ragazzi, meno di due minuti per ricaricare! Nemmeno i mangiasalsicce con i loro U-Boat ci riescono in cosi poco tempo!”

Dall’altoparlante arrivò un grido di esultanza e sopra tutte le voci quella  del Comandante che urlava “L’abbiamo presa in pieno…. Siluro a segno! Esplode… era carica di munizioni”

L’esultanza si spense immediatamente.

Quanti marinai come loro erano morti in quel momento? Quante mogli come le loro avrebbero atteso invano su un molo un nave che non sarebbe arrivata? Quanti orfani avevano fatto?

La guerra di mare è strana, non c’è odio,  non c’è l’adrenalina che scorre nelle vene, non vedi il nemico come il fante  in trincea, non combatti uomo contro uomo per la vita, non si sono duelli cavallereschi nel cielo azzurro come per i piloti, balletto mortale di rondini di acciaio, ma cannoni e siluri, e chilometri di mare tra te ed il nemico.

Basta un gesto, un azione ed è sentenza di morte per centinaia di marinai come te, fratelli delle onde, senza volto ma di cui conosci la vita nei dettagli perché la tua stessa vita. 

E poi la frase che ogni sommergibilista teme.

“Scorta, navi di scorta a prora! Due cacciatorpediniere puntano su di noi…. Giù il periscopio, immersione a trenta metri, rotta silenziosa, chiudere i portelli stagni!”

Mentre il pavimento si inclinava bruscamente in avanti prese una manciata di stracci li avvolse attorno agli attrezzi metallici sparsi sul pavimento per evitare rumori.

Poi si avvolse anche gli stracci attorno alle scarpe… ogni rumore poteva tradirli e farli individuare.

Con il fiato trattenuto iniziò l’attesa, eterna, in un silenzio surreale fatto di leggeri scricchiolii metallici mentre il sommergibile scendeva in profondità.

Un leggero battito in crescendo arrivò dalle profondità del mare… eliche in avvicinamento.

Se possibile si trovò a respirare ancora più piano con lo sguardo perso verso l’alto, verso il soffitto ricoperto di tubi, verso le lampade rosse di emergenza ammiccanti, come per vedere attraverso allo scafo e l’acqua il nemico che si avvicinava.

E poi il “ping” acuto del sonar….  Erano navi attrezzate alla ricerca dei sommergibili, non avevano scampo.

Il “ping” del sonar era sempre più frequente, sempre più vicino e forte… presto sarebbero arrivate le bombe di profondità e la fine di tutto.

“non voglio morire, non così, chiuso in questa bara d’acciaio senza poter far nulla che aspettare..”

“Che cosa daresti per la vita?”

Girò di scatto la testa ma il marinaio vicino a lui aveva gli occhi fissi al soffitto e lo sguardo perso. Non poteva essere stato lui a parlare.

“Facciamo un accordo?” ripetè la voce.

“Chi sei? dove sei?” disse e i vicini si voltarono a guardarlo e gli federo il segno delle forbici sulle labbra.

Ripetè la domanda mentalmente e la risposta arrivò nella sua testa.

“Posso fare un accordo con te… riportarti a casa da Fortunata e Alfonso, se tu lo desideri…”

“Se ti sento e non ti vedo o sono pazzo o sei uno spirito”

“Diciamo la seconda che hai detto..”

“Che garanzie ho….”

“Finora ho sempre mantenuto le mie promesse”

“Io sono un marinaio e di promesse e del loro mantenimento me ne intendo… “

“Le mie sono un vero contratto, io ti do una cosa e tu ne dai una a me, ma vedi di sbrigarti perché lassù sono svelti e non posso fermarli”

“Ci uccideranno?”

“Questo non ti riguarda se accetti le mie condizioni”

“Se sei chi io penso io non le voglio nemmeno sentire, io credo…”

“ … tu credi che cosa? In chi? Che ti salverai? Che Dio ti sta guardando e stendendo la Sua mano su di te? Come quei poveracci che avete appena fatto saltare in aria, ecco come ti proteggerà!”

“Io non sono più importante di altri miei compagni, perché tenti con me…”

“E perché credi di avere l’esclusiva, guarda quegli sguardi fissi al soffitto, non pensi che stia parlando anche con loro? Quanti pensi che abbiamo accettato il patto?”

“Non mi interessa…. Anche se tutti avesse accettato io sono libero di scegliere e scelgo di rifiutare ogni accordo con te!”

“E lasciare a Fortunata la pensione di Guerra come ricordo e un figlio da crescere… bella dimostrazione di amore”

“Non tornerò dannato… piuttosto non tornerò…”

“Molto probabile, non ti resta molto tempo per decidere, sto chiudendo le offerte, caro mio, se non accetti resti fuori… peccato, uno stupido in meno sulla Terra, ed una vedova ed un orfano in più!”

“no, non ci sto… non ti voglio ascoltare….!!”

Si premette le mani sulle orecchie e subito dopo istintivamente prese tra le mani la medaglietta d’oro e smalto azzurro con l’immagine della Madonna che portava legata ad una stringa di cuoio al collo, la guardò con un dolce sguardo devozione e la baciò con trasporto.

L’aveva ricevuta in dono da un zio prete alla sua nascita e da allora era sempre stata al suo collo.

Tante volte in mare, durante le tempeste, nei momenti di disperazione aveva sentito il contatto di quel dischetto di metallo contro al suo cuore, il calore che irradiava, la calma che gli trasmetteva, e il pensiero allora correva alla Signora del Mondo, alla Madre di Dio, una preghiera gli saliva alle labbra e non restava mai inascoltata.

Alla nascita di suo figlio gliel’aveva passata come amuleto ma prima di imbarcarsi lo zio, adesso Vescovo, gli aveva fatto una sorpresa.

Era venuto con la lunga nera auto targata Città del Vaticano fino al molo dove stava attraccato il sommergibile in attesa di salpare ed aveva ottenuto dal Comandante che lui potesse scendere a riva pochi minuti per un saluto ed una benedizione.

Lo aveva abbracciato con affetto prima che riuscisse a baciargli l’anello e poi gli aveva dato una scatoletta di cartone azzurro con lo stemma pontificio.

“E la tua medaglietta… tuo figlio è al sicuro e la Madonna e  Fortunata veglieranno su di lui, tu invece hai bisogno di protezione ed aiuto per tornare da loro… l’ho portata a Roma e fatta benedire dal Papa, e lui l’ha unta con l’Olio Santo. Confida in Dio con l’intercessione di Maria e sarai sempre esaudito. Vai mio caro e torna… perché tornerai... nessuno si può perdere sotto la guida della Madonna!”

Erano salpati pochi minuti dopo, schierati sul ponte in uniforme da parata e l’ultima cosa che aveva visto era una macchia porpora sul molo che benediceva il sommergibile con ampi gesti della mano.

La medaglietta era diventata di nuovo la sua compagna inseparabile, la sua confidente, la sua consigliera.

Ogni volta che inseriva nel tubo un siluro, dopo aver chiuso il portello, portava la mano sul cuore e inviava una breve preghiere, sempre la stessa.

“Faccio il mio dovere Madonna, ma perdonami per il male che farò…fa’ che il siluro affondi la nave ma non uccida nessuno, che la mia mano non si macchi di sangue innocente… e se non puoi salvare gli uomini salva le loro anime, asciuga le loro lacrime, consola le vedove e gli orfani e fai che questa follia termini e si torni alle proprie case sani e salvi! Amen!”

Sempre di più, ogni volta che la guardava, gli sembrava che gli ingenui lineamenti della Madonna incisi nella medaglietta si confondessero con quelli di  Fortunata e il Gesù bambino che teneva tra le braccia assomigliava sempre di più a Alfonso, il suo bambino.

Si augurava di poterlo vedere crescere in un mondo senza guerre e nemici, di poter raccontare a lui le sue terribili esperienze, l’orrore di una guerra in cui aveva visto così tanti padri come lui morire tra i flutti, trascinati nel profondo mare dalle navi che affondavano, annegati, uccisi dai siluri che lui aveva lanciato.

Ricordi terribili che non avrebbe mai dimenticato. Sperava servissero almeno a crescere una generazione che avrebbe considerato la guerra per quello che era, non un modo per costruire un mondo migliore ma il modo per distruggere il mondo che si conosce.

Premette ancora con forza la medaglietta sulle labbra e rinnovò il giuramento.

“Tornerò a casa se Dio lo vorrà, e morirò se così Lui ha deciso, ma non verrò a patti per salvare la mia vita contro la Sua volontà, vai lontano a me, Satana! Con me non attacca… “

“Rinunci quindi a rivedere tua moglie ed il tuo bambino…? Sei più stupido di quanto pensassi…!”

“Tu non puoi decidere il mio destino… puoi solo farmi credere di poterlo fare e dannarmi per l’eternità… lo stupido sei tu se pensi che io crederò alle tue parole!”

“Va bene, sia come tu desideri… addio stupido mortale, ci rivedremo molto presto!”

Il rumore di un secco scatto metallico arrivò attraverso le pareti d’acciaio e subito dopo una esplosione terribile lo scagliò contro al siluro facendogli perdere i sensi mentre una colonna d’acqua nera e schiumosa lo travolgeva, gli riempiva la bocca e schiacciava i suoi polmoni e facendogli uscire il fiato una colonna di bollicine… poi il nero nulla lo inghiottì…

Il MAS di Luigi Rizzo al rientro dalla missione della baia di Buccari, dipinto di Sandro Degiani

 

“Hey man, you’re a fucked lucky bastard…!!”

“Che strano” pensò “ il diavolo parla inglese….”

Sentiva un bruciore terribile ai polmoni e agli occhi.. nelle orecchie fischiavano mille treni impazziti e una galassia di stelle multicolori vorticava nei suoi occhi.  

Se si sentiva così male allora non era morto….

“Dove sono, chi sei...?” mormorò.

“Hey, he’s an italian sailor… quale era nome di tuo U-boat?”

“Barbarigo… ero sul sommergibile Barbarigo!”

“What’s Barbarigo… is the name of your wife?… tua moglie?”

“No mia moglie si chiama Fortunata”

“Fortunata… No, you’re a lucky bastard… tu fortunato! Si tu molto fortunato, guerra finita per te! Tu torna vivo a casa!”

Qualcuno gli cacciò una sigaretta accesa tra le labbra… lui non che non aveva mai fumato tirò una boccata, tossi e  apri gli occhi.

Vide tra le mille faville che danzavano un volto chino su di lui, un volto cotto dal sole e con le rughe dell’uomo di mare scolpite attorno agli occhi e sulla fronte, occhi un azzurro profondo, amichevoli e ammiccanti.

“Yes you’re lucky, you’re the only survived, you jump up the sea like a fucked plug, and you may rest alone in the sea if we don’t see a blue light among the wawes… luce blu tu capisce? Maybe is this thing that have reflect light… questo fatto specchio.. tu capisce?”

E dicendo queste parole il marinaio prese tra le dita callose una medaglietta smaltata di blu attaccata ad un filo di cuoio e gliela porse con un sorriso…

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Nota dell'autore:

Ho buttato lì il nome del sommergibile e ambientato la vicenda a Capo Verde per via delle mie ultime vacanze. Ma ho eseguito una ricerca storica, il cui risultato è stato che il sommergibile italiano RSMG "Barbarigo" nell'Ottobre del 1942 era effettivamente al largo delle isole di Capo Verde in attesa di un convoglio inglese. La sua unica missione al di fuori della zona "A" dove era di stanza, nell'Atlantico Settentrionale.
Ho sbagliato la data, ma dovevo pensare che con l'armistizio ogni azione bellica della marina doveva cessare.
Nella nostra realtà il "Barbarigo" fini poco gloriosamente trasformato in sommergibile da trasporto e scomparve nel Giugno 1943 durante il viaggio verso il Giappone con 130 tonnellate di materiale bellico a bordo e tre marinai. Il suo motto era: "Non è degno di vivere chi teme la morte".


Volpiano Sud

Un nuovo. Breve racconto… intimo devo dire perché fruga in un momento della mia vita sentimentale del lontano passato.
Ma il pudore non ha senso di esistere, è una cosa bella, pulita, che ricordo con piacere e quindi condivisibile e spero, comprensibile, da tutti quelli che hanno avuto un Grande Amore al Liceo.
Nato in un’ora e di getto… ditemi se ho fatto bene a metterlo giù o era meglio se la lasciavo nel Limbo.

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Stavo andando al mio paesello nel Monferrato e avevo preso l’autostrada Torino-Milano per uscire a Chivasso Est e proseguire sulla Statale.

Guidavo rilassato, c’era poco traffico e viaggiavo lentamente nella corsia più a destra lasciando vagare lo sguardo.

A un certo punto ho visto come un ombra sopra di me… e ho istintivamente alzato lo sguardo (di solito guardo avanti in autostrada e anche negli specchietti…).. un enorme cartello incombeva su un portale in ferro a cavallo delle corsie “VOLPIANO SUD” diceva in lettere enormi, bianche su fondo verde, ed annunciava la prossima uscita.

A destra, un 500 metri più avanti, infatti una lunga rampa portava a un enorme cavalcavia che si perdeva nella nebbiolina…

Non l’avevo mai visto, ignoravo che Volpiano, un piccolo paesino della cintura torinese, si potesse permettere anche una uscita SUD oltre alla sua classica, eppure sono quasi quaranta anni che percorro quella autostrada.

“Eppure l’avrò visto centinaia, migliaia di volte solo che la mia mente non ha mai memorizzato la cosa” e con questo pensiero mi misi in pace la mente che aveva iniziato a gabolare…

Però le mie mani avevano agito autonomamente… avevo messo la freccia, ulteriormente rallentato e adesso ero già sulla rampa di uscita.

Vabbè, pensai, facciamoci un giro a Volpino, l’ho visto una volta sola per una Mostra di Modellismo e mi era sembrato un simpatico piccolo paesino, magari c’è un bel mercato…

Una piazza porticata coperta di ombrelloni e bancarelle… colori e profumi, urla e grida, folla e spintoni, anche se un mercato è uguale a tutti gli altri mercati è la gente il vero spettacolo, sempre diverso, sempre uguale, le mille sfumature di comportamento, di modo di camminare, di esaminare la merce, di contrattare e persino di pagare… c’è chi estrae una banconote e la porge con noncuranza e chi fruga nel borsellino alla ricerca degli spiccioli… io in queste cosse mi perdo sempre un po’...

Una voce alle mie spalle:

“Ma non dovevi essere a un Corso di Formazione??”

“Pa… Pa... Patty !?!?”

“Già… marini il corso, vieni qui a blinblanare al mercato a due passi da casa e adesso fai pure lo stupito… “

“Io… io… “

“Asino mio..! Dai vieni a casa a prendere un caffé caldo… con ‘sto freddo e umido.. c’è nostro figlio a casa con l’influenza, stamattina aveva 39 di febbre..”

“Nostro figlio…?”

“No… il nano che vive con noi… stupido! Dai andiamo che mi sono ghiacciata le ossa!”

Mi prese sottobraccio e si strinse a me come faceva quando tornavamo a casa dal Liceo appoggiando la testa sulla mia spalla.

Cinque minuti eravamo davanti ad una graziosa villetta, nel cortile c’era la mia Vespa.. la mia mountain bike era appoggiata al muro!

Il resto è un sogno… noi che prendiamo il caffè seduti ai due lati del tavolo della cucina guardandoci in silenzio negli occhi, lei che sorride con un angolo della bocca maliziosamente come la ricordavo… un passaggio nella stanza dove dorme “nostro” figlio e una dolce carezza alla sua testolina di capelli ricci (tutto suo nonno mi sono ritrovato a pensare….)… poi io che trovo una scusa e me vado… un dolcissimo, lungo e tenero bacio su quelle labbra che non avevo mai baciato, un abbraccio e poi via… senza voltarsi!

L’uscita “VOLPIANO SUD” è ricomparsa ancora qualche volta nella mia vita, ma non mai più imboccato quella rampa...

Sandro Degiani

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Novelle di Sandro Degiani

Il Console Pharaon Ulysses Kursk 1943 Capoverde 1944 New York 1946 Jevah Ritorno al Passato La minaccia del Krang Il Bianco muove e dà matto in tre mosse Gatto di Bordo Pilota Anche gli Dei devono morire Il Valore di un giorno Viaggio di un secondo Briciole Breve Storia del primo McDonald su Marte Volpiano Sud

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