Pharaon

di Lord Wilmore

"Le follie dell'imperatore" è il primo classico Disney del nuovo millennio, essendo uscito negli Stati Uniti il 15 dicembre 2000 e in Italia il 6 aprile 2001. Al botteghino non fu un grande successo, però incassò molte critiche positive e venne candidato all'Oscar alla migliore canzone per "My Funny Friend and Me", eseguita da Sting. Ambientato in Perù in un'epoca imprecisata, vediamo come apparirebbe questa vicenda se venisse invece ambientata nell'antico Egitto...

La morte prematura, a nemmeno cinquant'anni, del Faraone Seti I, avvenuta il 30 maggio del 1279 a.C., proietta sul duplice trono dell'Alto e del Basso Egitto il giovane figlio Ramses II ("Ra lo ha generato"), di soli 24 anni, viziato ed egocentrico, e sostanzialmente impreparato a governare quella che a quest'epoca è la maggior potenza mondiale, il cui dominio si estende dalla Siria fino alla Nubia. Completamente disinteressato alle pressanti questioni del governo, per il suo venticinquesimo compleanno vuole farsi costruire un'immensa città, Pi-Ramses ("Casa di Ramses"), nel delta orientale del Nilo, senza preoccuparsi del fatto che distruggerà decine di villaggi di poveri contadini per realizzare questo suo sogno. A costruire la città saranno ovviamente gli schiavi Ebrei, ridotti in quella condizione da suo nonno Ramses I e da suo padre. Egli convoca al suo cospetto Aronne, il capo degli Ebrei che dovranno edificare la città. Questi si mostra tutt'altro che entusiasta della decisione del Faraone, dato che la sua gente dovrà sgobbare duramente per mesi, ed anche la sua stessa casa verrà distrutta per lasciare spazio alla residenza del Faraone, ma Ramses II non sente ragioni e lo scaccia dalla reggia.

Frattanto Tiya, sorella maggiore di Ramses II e sua perfida consigliera, viene scacciata dalla corte perchè sospettata di volersi arrogare il potere effettivo, dato che suo fratello appare inetto al governo. Ella decide allora di sbarazzarsi del giovane per poter prendere il suo posto, avvelenandolo, ma l'altra sorella Henutmira, che è anche moglie di Ramses (per i Faraoni sposare sorelle o sorellastre era la regola), la convince a modificare i suoi piani. Al giovane Faraone viene fatto bere un potente sonnifero che lo fa cadere in un sonno profondo, quindi viene vestito da schiavo Ebreo e portato via dalla reggia mentre dorme; il mattino successivo, quando viene constatata la scomparsa del sovrano, Tiya ed Henutmira affermano che durante la notte egli è stato assunto in cielo tra gli déi, affermazione subito confermata dai sacerdoti tebani di Amon-Ra, ostili a Ramses perchè aveva deciso di abbandonare la grande Tebe a favore della nuova capitale Pi-Ramses, centro invece del culto di Seth (cui era devoto suo padre Seti, I, come il nome testimonia).

Quando si risveglia, Ramses II si ritrova vestito da schiavo Ebreo sul carro di Aronne, che sta facendo ritorno al suo villaggio con un carico di paglia per fabbricare i mattoni della nuova città. Aronne lo riconosce e lo sbeffeggia, chiedendogli se ha ancora voglia di fare l'arrogante, ora che chissà quale congiura di palazzo lo ha accomunato alla sorte dei disprezzati Ebrei. L'imperatore ordina ad Aronne di riportarlo subito al suo palazzo, ma Aronne ribadisce che lo farà solo se egli accetterà di costruire la sua nuova capitale da un'altra parte, e di alleviare le corvée imposte agli Ebrei. Ramses non ne vuole sapere, e così salta giù dal carro e decide di avventurarsi da solo nelle campagne, ma si imbatte in un branco di leoni. Salvato da Aronne, Ramses accetta le sue condizioni per poter tornare a palazzo. Intanto, nel palazzo imperiale, Tiya celebra la divinizzazione del fratello e si fa proclamare Faraona, come aveva già fatto Hatshepsut più di un secolo prima, ma subito dopo viene casualmente a sapere da Hekanakht, amante della sorella Henutmira e Vicerè della Nubia, che Ramses è ancora vivo, e insieme partono per andarlo a cercare, nonostante Tiya tratti il complice con durezza e non perda occasione per insultarlo. Dopo varie disavventure vissute da Ramses e Aronne, l'incontro con Tiya ed Hekanakht avviene casualmente in una piccola locanda di Zau (la Sais dei Greci, futura capitale dell'Egitto); solo fortunosamente la nuova Faraona e il suo complice non si avvedono della presenza di Ramses. Aronnne, tuttavia, scopre le intenzioni di Tiya ed avverte il Faraone legittimo, ma questi si è convinto che il lungo viaggio che sta facendo sia un trucco dell'Ebreo per ritardare il suo rientro a palazzo, e così si rifiuta di ascoltarlo e se ne va. Proprio mentre sta per raggiungere Tiya ed Hekanakht, certo che essi siano in viaggio per ritrovarlo e riportarlo al suo palazzo, ascolta uno stralcio di conversazione tra i due e così, sconvolto, si rende conto del proprio sbaglio e si riconcilia con il disprezzato Ebreo.

Nel frattempo Tiya, avendo scoperto che Ramses era stato ritrovato da Aronne, si traveste a sua volta da Ebrea e, fingendosi una sua lontana parente in cerca di informazioni, si reca a casa del capo degli Habiru per cercare Ramses. La sorella di Aronne, Myriam, è però molto più furba e le tende una trappola assieme a Eleazaro e Itamar, i figli di Aronne, per far guadagnare del tempo a suo marito e all'imperatore, e permettere loro di arrivare per primi al palazzo reale. Tiya ed Hekanakht riescono però a fuggire, e così comincia un rocambolesco inseguimento. In maniera imprevista, la nuova Faraona e il suo muscoloso aiutante arrivano a palazzo per primi, nonostante siano caduti in un'antica tomba egizia durante il tragitto e siano stati superati da Ramses e Aronne. Tiya incarica Hekanakht di ucciderli, offendendolo per l'ennesima volta, ma a questo punto il suo aiutante e sua sorella Henutmira si ribellano alla Faraona, che li fa imprigionare. Tiya cerca di costringere Ramses a bere un veleno, ma Aronne decide di sacrificarsi per il sovrano, strappa la fiala dalle mani di Tiya e ne beve il contenuto. L'autoproclamata Faraona non ha altri veleni sottomano e sa che in uno scontro corpo a corpo all'arma bianca non la spunterebbe contro Ramses, più giovane e più muscoloso di lei, cosicché chiama le guardie personali del Faraone e le aizza contro il fratello, indicandolo come l'assassino dello scomparso imperatore. A Ramses non resta che fuggire.

A questo punto però arriva a palazzo Mosè, fratello di latte di Ramses, esiliato da Seti I dopo che aveva scoperto di essere un Habiru ed aver ucciso un guardiano egiziano che maltrattava un Ebreo. Rifugiatosi nel paese di Madian, nella penisola del Sinai, Mosè ha sposato Zippora, figlia del Sommo Sacerdote Ietro e, mentre conduceva al pascolo le sue greggi sul Monte Sinai, dentro un roveto ardente gli è apparso YHWH, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il quale lo ha incaricato di andare a liberare gli Ebrei dalla schiavitù in Egitto. Siccome Mosè è balbuziente, a parlare per conto suo sarà Aronne, che è in realtà suo fratello. Mosè è giunto nella residenza di Ramses II proprio per chiedergli di lasciar partire il suo popolo verso la Terra di Canaan, ma lo ha trovato in preda al caos. Avvistosi che Aronne sta morendo a causa del veleno ingerito, gli fa bere un emetico datogli dal suocero Ietro nel caso in cui qualcuno in Egitto lo volesse avvelenare, Aronne vomita il veleno ed è fuori pericolo. Tiya ordina alle sue guardie di arrestare Mosè ed Aronne, ma il primo lancia verso di loro il suo bastone, che si tramuta in un serpente. Anche i sacerdoti tebani di Amon-Ra, istigati da Tiya, riescono a fare la stessa cosa, ma il bastone di Mosè divora i loro, prima di tornare un bastone nelle mani del Profeta Habiru. Terrorizzate, le guardie fuggono. A questo punto i cortigiani, e in particolare la giovanissima e bellissima Nefertari, riconoscono che il presunto assassino di Ramses è Ramses stesso, ed Hekanakht ed Henutmira, liberati dal carcere, svelano il complotto ordito da Tiya ai danni del fratello. Ramses II riprende così possesso del titolo imperiale, e può indossare nuovamente la duplice corona dell'Alto e del Basso Egitto. Quanto a Tiya, è condannata all'esilio a vita.

Le avventure vissute hanno cambiato il Faraone, che smette di essere egocentrico e tirannico, sposa la bellissima Nefertari che si è innamorata di lui e rinuncia a costruire la sua nuova capitale proprio sopra i villaggi degli Habiru. Questi ultimi possono scegliere se restare in Egitto, stavolta come uomini liberi, e lavorare nella costruzione di Pi-Ramses come operai stipendiati, oppure seguire Mosè nella Terra Promessa. La maggior parte degli Habiru sceglie questa seconda opzione; Aronne sarà il primo Sommo Sacerdote di YHWH e, dopo anni di peregrinazioni nel deserto, gli Habiru arriveranno ad insediarsi nel paese loro promesso, dove il guerriero Giosuè sarà governatore della Terra di Canaan per conto di Ramses II. In tal modo il Faraone evita le proverbiali dieci piaghe d'Egitto; il primogenito di Ramses II e di Nefertari, Setherkhepshef ("Seth è con il suo forte braccio"), non muore nella decima piaga (la strage dei primogeniti), e succederà al padre con il nome di Seti II, evitando il declino del Regno Nuovo dopo la morte di Ramses II. Questi avrà il titolo di Ramses il Grande e sarà ricordato come il maggior costruttore di templi e palazzi dell'antico Egitto, ma per sé, dietro consiglio degli Habiru, si farà edificare una modesta abitazione là dove sorgeva il villaggio di Aronne e della sua famiglia prima dell'Esordo. Dopotutto infatti, come è scritto nella Bibbia degli Habiru, « l'orgoglio dell'uomo ne provoca l'umiliazione, mentre l'uomo modesto è coperto di onori » (Proverbi 29, 23). E, grazie a YHWH, dopo tante follie anche Ramses il Grande lo ha imparato.

Lord Wilmore

Pharaon

di Sandro Degiani

Non mi dilungo nella prefazione perché altrimenti rovino la lettura… ho messo invece una corta postfazione (si dice cosi?) da leggere quando poi il racconto lo avete finito.
L'Egitto è un argomento vincente per ogni scrittore... l'immaginario collettivo sulla civiltà egiziana ha dell'incredibile.... non si capisce perchè siamo così colpiti da una civiltà tutto considerato lontana, mentre i Romani o i Greci sono a noi più vicini.
Ma Il fascino dei monumenti, dell'arte e della civiltà egizia sono innegabili... 
Però al primo posto nella mia Hit Parade delle Civiltà Antiche ci stanno i Sumeri..... tutte quelle energie dedicate e orientate verso la morte degli Egizi mi inquietano. Era un popolo che viveva solo per prepararsi alla morte.... o almeno questo traspare da ciò che resta.
I Sumeri invece erano solari, ottimisti e goderecci... a parte l’assenza della tecnologia (che non è detto che sia un fattore poi così positivo e significativo della misura della civiltà di un popolo) la loro società era incredibilmente moderna come modo di pensare e comportamenti.

 

Lo scriba Khafra si alzò dallo scranno con un po’ di fatica, un leggero gemito gli usci dalla labbra quando il solito ginocchio scricchiolò distendendosi. Gli anni passavano e le sue giunture non erano più elastiche come quando la città era appena stata fondata e lui era un giovane scriba appena arrivato in quel lontano posto di frontiera.

Allora poche capanne di fango attorno ad un pozzo a pochi passi dalle rive al Nilo segnavano la presenza di un insediamento ed il Faraone lo aveva spedito lì per vigilare ed aiutare il duro compito di colonizzare e far crescere una splendida città affidato al giovane Vicerè.

Si portò verso la porta della stanza ed usci sulla terrazza ombreggiata da una stuoia su cui si adagiava una rigogliosa bouganvillea fiorita (*). Si sedette su un scranno e fece un cenno al servitore che subito gli portò una coppa di fresca frutta leggermente speziata.

Lasciò correre lo sguardo dal tetto sulla distesa di case orgogliosamente sfoggiati il benessere degli abitanti di quel luogo benedetto dagli Dei e caro ad Amon.

Erano stati anni duri ma intensi quelli che avevano visto i suoi vecchi e stanchi occhi. Anni in cui erano state tracciate le strade e le vie, dissodati ed irrigati i campi sulle rive del Nilo, costruiti faticosamente i primi edifici pubblici e le prime industrie.

Le piene del Nilo si erano succedute regolari e feconde, grazie ai templi consacrati agli Dei ed ai copiosi sacrifici a loro dedicati.

Il Vicerè si era dimostrato tanto pio quanto previdente, tanto clemente coi i deboli quanto spietato con i predoni, aveva edificato e difeso le conquiste della sua gente, onorato gli Dei, inviato tributi e doni al Faraone, organizzato truppe e incentivato arti e cultura.

Aveva un nome strano…. Mah The O… ma che sarebbe stato in futuro associato allo stesso concetto di prosperità e pace.

Il vecchio scriba si tolse la parrucca e la appoggiò sul basso tavolino istoriato dalle gambe in bronzo dorato che riproducevano sfingi, poi con un candido panno di lino si terse il sudore dal lucido cranio rasato che profumava di sandalo.

Una schiava si inginocchiò ai suoi piedi e gli tolse i sandali ponendo un catino di acqua con petali di rose accanto ai suoi piedi. Mentre immergeva i piedi nella fresca acqua lasciò di nuovo correre la mente ai giorni passati… quando la città oramai matura e ricca aveva deciso di eternare se stessa in un monumento che potesse sfidare i secoli, ed il Vicere aveva ordinato di costruire la Mastaba.

L’economia era stata modificata.. erano sorte fabbriche di mattoni sulle rive del Nilo, era stata coltivato più orzo per ricavare la paglia con cui impastare i mattoni. Erano stati costruiti lontano dalla città i forni per cuocere i mattoni e costruiti i magazzini per accumularli.

Occorrevano 30 milioni di mattoni per edificare la Mastaba, il calcolo lo aveva eseguito lui stesso trent’anni prima.

Ad oggi ne erano stati prodotti 28 milioni.. mancava poco oramai al traguardo, un anno, forse solo un pugno di mesi e poi ci sarebbe stata la Cerimonia di Santificazione della Mastaba alla presenza del Faraone.
Il nome della loro città sarebbe stato iscritto per l’eternità nella lista delle dieci città sacre dell’Egitto.

Lo scriba si riscosse dal torpore del caldo pomeriggio e dal vincolo dei ricordi… guardò per un attimo le sue mani, le sue dita, un tempo lunghe ed affusolate ed ora nodose e un po’ storte.

Il tempo passa per tutti… rifletté… un giorno non lontano anch’io dovrò pensare seriamente alla mia sepoltura…

Rivolse lontano lo sguardo dei suoi occhi scuri e bistrati, stringendo un po’ palpebre nella luce piena del pomeriggio. La città era uno sfolgorio di colori e di chiazze di verde.

Una leggera foschia attenuava la nitida prospettiva e la imponente massa marrone della Mastaba circondata dalle impalcature su cui si intravedeva una moltitudine formicolante di operai intenti all’immane lavoro di edificazione.

La colorita folla vociava allegra nei mercati pieni di merci esotiche e oggetti di alto artigianato. Saltimbanchi e giocolieri si esibivano nelle aree piastrellate di vivaci mattonelle agli incroci, mentre dalle scuole di danza arrivava il suono degli liuti ed i ritmico battito dei tamburi.

Era proprio una bellissima città, era una gioia viverci, un dolore quando la si doveva lasciare per un viaggio, una emozione ogni volta che si tornava e la ritrovava cresciuta. abbellita, ingrandita.

Il Vicerè era stato il motore e la mente di questo miracolo, ma, senza immodestia ed orgoglio, anche io ho fatto la mia parte, pensava lo scriba. Tutti abbiamo lavorato per la gloria dell’Egitto e per il nostro futuro… ed adesso ne godiamo i frutti!

Mentre stava ammirando i giochi d’acqua e gli arcobaleni generati delle fontane nei giardini di fronte al Tempio di Iside, Khafra colse con la coda dell’occhio uno sfarfallio nella luce che sorse da Oriente… poi come un lampo le nere fauci di Anubis si spalancarono ed inghiottirono il mondo intero.

Khafra non fece in tempo nemmeno ad alzarsi per affrontare la fine in piedi, da uomo, sentì il suo corpo dissolversi ed esplodere in una miriade di atomi e poi venne il nulla.

***

“Mamma..!!!!!! Non avevo salvato il livello...”

“Matteo, è la terza volta che ti chiamo per pranzo.. te lo avevo detto che se non rispondi alla terza chiamata ti stacco il Computer dalla presa….!”

Nota dell'Autore:

Chi non ha giocato a Pharaon (il gioco di simulazione di civiltà della Sierra) si perde un po’ il fascino di questo racconto… perché molto forti sono i richiami al gioco… al punto che si può dire che il racconto ed il gioco sono la stessa cosa!
Lo so che è sbagliato, c’è un grosso errore… ve ne siete accorti??? La Bouganville non può esistere nell’Antico Egitto... ma è troppo bello il pensiero di una rigogliosa Bouganville che fa tanto Africa....
Allora vediamo di renderlo possibile… ecco la mia spiegazione:

In realtà la Bouganville è una pianta originaria della foresta del Niger, i cui semi arrivarono in Egitto con le piene del Nilo. I navigatori egizi del 2500 a.C., inviati verso l'Oceano Atlantico dal faraone Kaykhet Menkaura, meglio noto ai greci come Micerino, l'autore della terza Grande Piramide, nonché appassionato di esplorazioni, portarono con sé in Florida, il Paese Verde, i semi della pianta, che da qui si espanse in tutto il continente Americano grazie alle culture Azteca ed Inca.

Nel 1750 a.C. con l'invasione degli Hyksos la pianta venne sistematicamente estirpata fino alla completa estinzione, dato che era identificata con la nazione egizia. Da allora fu il Loto a impersonare lo spirito vitale dell'Egitto.

Nel 1768 Louis Antoine de Bougaville riportò la pianta sul continente Europeo dandole il suo nome...

P.S. non è vero.. ma sarebbe credibile, no????

Sandro Degiani

 

 

Ulysses

di Sandro Degiani

Ulisse di avventure ne ha vissute tante… ma questa gli mancava!
Anche lui fa un po’ pena… senza un nemico da affrontare la sua astuzia non serva a nulla…
Il racconto è brevissimo perché penso che tirarla per lunghe fa contenti gli editori e i commercianti di carta ma sovente non giova all’idea inventiva.
Quanti romanzi da ombrellone, sempre superiori alle 600 pagine, si basano su una idea così esile che proprio non c’è? Tolte le scene d’effetto in luoghi esotici o famosi, le schermaglie amorose più o meno erotiche, le interminabile lotte o inseguimenti, resta il titolo e basta!
Un film di James Bond in fondo è solo questo… azione dal primo minuto all’ultimo. Se ci devi cercare un messaggio o farne una lettura approfondita allora hai comperato il biglietto nel cinema sbagliato.
L’ho intitolato Ulysses perché in italiano il nome dell’eroe Omerico suona un po’ fiacco...

 

Ancora un giorno come ieri…. quanti ne erano passati oramai?

Il Capitano si sporse a prua della nave e strizzò gli occhi scuri circondati da una fitta ragnatela di rughe cercando di vedere qualcosa di più in quella malsana nebbia.

Nulla… solo la piatta ed immobile distesa di quel mare biancastro, increspato da pigre onde oleose.

Lontano lontano, velata da una foschia anche lei biancastra, quella terrificante, altissima linea costiera, incredibilmente liscia ed a picco sul mare. Usciva da un lato dell’orizzonte e terminava sfumando nell’altro, apparentemente infinita e di una regolarità che non era naturale.

Da giorni remavano senza sosta, dandosi il cambio solo per mangiare e tentare di dormire qualche ora. Da giorni la costa era immobile, sempre là, sempre alla stessa distanza apparente.

Pareva sfidarli a raggiungerla, pareva sfuggire ed allontanarsi da loro man mano che si avvicinavano.

Dove erano finiti? Che demoniaca vendetta aveva escogitato Nettuno per punirli del loro sacrilegio?

Il Comandante abbassò lo sguardo sulla sua corazza di bronzo.

Un giorno quella corazza aveva mandato bagliori di fuoco sotto le mura di Troia, aveva terrorizzato i nemici, lo aveva protetto dalle frecce di Paride, era stata bagnata dal sangue dei figli  di Priamo.

Adesso era opaca e striata di colature verderame… quella mefitica atmosfera, quell’aria dolciastra e greve l’aveva ossidata come se fossero passati i secoli.

Rivolse lo sguardo ai suoi compagni di viaggio, quelli con cui aveva condiviso mille rischi ed avventure. Non avevano mai tremato, né davanti ai Ciclopi, né davanti a Scilla e Cariddi.

Adesso erano prostrati e silenziosi, irsuti i capelli ed ispide le barbe, da giorni remavano ma non con l’energia di chi fugge o di chi ha una meta da raggiungere, avevano la stanca e lenta remata di chi non sa dove andare e ha perso ogni speranza… e rema solo per riempire lo spazio vuoto del tempo.

Non parlavano nemmeno più di Itaca, delle famiglie, di cosa avrebbero fatto al ritorno… non brontolavano e non si lamentavano… remavano, remavano… e basta!

Eppure il cuore di Ulysses non si rassegnava, non si piegava la sua ferrea volontà, non cessava di lavorare la sua mente che mille astuzie e mille trabocchetti aveva escogitato.

Ci doveva essere un modo per uscire da quella situazione… se solo avesse potuto agire, se solo ci fosse stato qualcosa da fare, un pericolo da affrontare, fossero pure mille demoni assetati di sangue, ma non quel limbo, quella totale assenza di eventi!

E l’evento arrivò, ma di una entità tale che il genio di Ulysses poté non solo affrontarlo e sconfiggerlo ma solamente comprenderlo.

Senza nessun preavviso il mare biancastro si sollevò schiumeggiando in una ondata immane, la nave con tutto l’equipaggio ancora attaccato ai remi venne scagliata da una forza divina oltre la barriera dell’orizzonte in un immane volo verso l’ignoto e l’oblio.

***

“...Ma mamma.....!!!!!!  Il mio latte...!!!”

“Sei proprio un maiale….! Ma non hai visto che c’era una bestia che ci nuotava dentro?”

Sandro Degiani

 

Novelle di Sandro Degiani

Il Console Pharaon Ulysses Kursk 1943 Capoverde 1944 New York 1946 Jevah Ritorno al Passato La minaccia del Krang Il Bianco muove e dà matto in tre mosse Gatto di Bordo Pilota Anche gli Dei devono morire Il Valore di un giorno Viaggio di un secondo Briciole Breve Storia del primo McDonald su Marte Volpiano Sud

 

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